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Claudio Passilongo, la voglia di “esternare le idee e la propria creativitá”

Intervista, in esclusiva per il Corriere di San Nicola, al musicista “sannicolese”, ex docente all’Accademia Musicale Yamaha, che vive e lavora a Copenaghen.
Il 30 giugno terrà un concerto a Napoli.

 

Claudio Passilongo, compositore e pianista napoletano, vive a Copenaghen da oltre due anni.
Le sue composizioni sono eseguite in Danimarca, Svizzera, Serbia, Estonia, Germania, Regno Unito e altri paesi europei.
Le sue partiture sono state pubblicate in Italia (Sconfinarte) e in Germania (Bellman).
Ha all´attivo tre dischi: il primo Luna Di Seta (ed. PoloSud), il secondo in piano solo dal titolo Evening Sun e l´altro in trio, Life is beautiful (ed. ClapoMusic, 2014), acquistabili su iTunes.
Il suo curriculum artistico è ricco e prestigioso: ha vinto numerosi concorsi di composizione, tra i quali il concorso internazionale in Serbia con l’opera sacra Stabat Mater; è stato finalista al Premio Lavagnino come compositore di musica da film; è membro, per merito, delle più prestigiose associazioni danesi di compositori.
Sannicolese di adozione, ex docente di musica all’Accademia Musicale Yamaha di Mena Santacroce, ci ha rilasciato questa intervista esclusiva per il Corriere di San Nicola in occasione del suo “rientro in patria” per il concerto in Trio che si terrá il prossimo 30 giugno alle ore 21 al MusicArt in Vico S. Maria della Neve, zona Mergellina, a Napoli (la prenotazione è obbligatoria al 338 56 69 770 essendo i posti limitati).

-Cosa è cambiato per te in Danimarca?
«L´attenzione del pubblico. Quello danese dimostra una maggiore consapevolezza della musica che va ad ascoltare, e spesso dimostra di conoscere una quantitá di musica sinfonica e da camera non indifferente. Forse perché è piú preparato grazie anche al fatto che la musica nelle scuole viene insegnata in maniera attenta fin da subito, per cui la musica d´arte ha un seguito sicuramente maggiore.

La musica d´arte, per chi non lo sapesse, è tutta quella musica non commerciale che richiede uno sforzo del pubblico per essere apprezzata e compresa. Questo tipo di musica per essere accolta ha bisogno di uno scambio intellettuale ed emotivo tra chi suona e chi ascolta. In Danimarca questo “sforzo” da parte del pubblico è quasi naturale, scontato. Forse anche per questo i danesi sono molto esigenti e piuttosto selettivi».

-Come si pongono le istituzioni nei confronti della musica?
«Nella vita sociale danese le associazioni di categoria e i sindacati hanno un ruolo fondamentale. La forza dei sindacati è notevole, questo vale per qualunque categoria professionale. Ció comporta che non si è mai soli, si ha sempre un metro di confronto, una “comunitá” con cui confrontarsi e con la quale crescere e migliorare. La concezione scandinava, a differenza di quella di altri paesi europei, è di unione, di formazione di gruppi che lavorano insieme. Per gruppi non si intendono semplicemente delle band, ma veri e propri gruppi di categoria che periodicamente si incontrano, discutono, condividono esperienze e propongono soluzioni. Questo non vale solo per la musica, ma per qualsiasi professione in Danimarca. Ovviamente in questi gruppi occorre essere accettati, bisogna dimostrare competenze ma anche partecipazione e solidarietá con il gruppo stesso. Insomma non basta chiedere di entrare in una associazione ma occorre sposare la loro filosofia, il loro stile di vita e le loro regole».

-La lingua è un problema anche per i compositori e i musicisti?
«Dando per scontato che l´inglese debba essere perfetto, se si conosce la lingua del posto è un´arma in piú ovviamente, da non sottovalutare. Del resto in Danimarca, come nel resto della Scandinavia, l´inglese è la seconda lingua. Purtroppo in Italia l´insegnamento dell´inglese non è qualitativamente equiparato al resto d´Europa e sono pochi i musicisti italiani che parlano inglese a quel livello».

-Come sono visti i musicisti italiani all´estero?
«Fortunatamente grazie a Verdi, a Puccini e a Rossini godiamo ancora di buona reputazione, almeno nell´ambito della musica colta, anche se siamo ancora un po’ etichettati come operisti e legati ad una certa tradizione musicale; inoltre sono molti i direttori e gli interpreti italiani di fama internazionale che contribuiscono a tenere alto il nome del nostro Paese.

L´Italia a livello musicale non è piú il centro del mondo, ovviamente. Anche perché c´è tutta una tradizione di compositori nordici che viene eseguita continuamente nei maggiori festival nordeuropei e statunitensi. Ma anche lí qualche nome italiano di rilievo ogni tanto, per fortuna, esce fuori». 

-Composizione scandinava e composizione italiana... che differenza?
«Sicuramente la tradizione della “KirkeMusik” (Musica da Chiesa). È un argomento davvero interessante, da approfondire. L´Italia puó vantare di avere avuto Palestrina e i grandi compositori del 500, ma con il tempo, a causa di scelte ben precise, la musica artistica in Chiesa ha ceduto il posto alla musica leggera: l´organo e la polifonia sono stati sostituiti da chitarre e canzoncine.

In Danimarca, ed è una cosa molto bella a mio avviso, c´è una forte tradizione di musica da chiesa legata molto al periodo romantico e post romantico. Si canta a 4 voci. I salmi cantati fanno parte della tradizione scandinava in generale e di quella danese in particolare. Questo costituisce un volano per la musica corale in genere, tanto è vero che nel mondo il coro nordico rappresenta una vera e propria etichetta, un brand, uno standard con il quale confrontarsi. Pressappoco quello che accade oggi con la musica da film: il famoso Nordic Noir». 

-La cultura italiana all´estero è diffusa? In che modo?
«La cultura italiana sicuramente è molto diffusa, ma probabilmente il 90% riguarda l´enogastronomia. L´attrazione artistica del Bel Paese è ancora forte e attiene ai beni culturali: le cittá d´arte per intenderci. L´interesse è rivolto piú che alla musica o alla letteratura, ai paesaggi e alla architettura italiana, specialmente quella da Roma in su. Anche se ultimamente sta crescendo l´interesse verso l´Italia del Sud, Napoli e la Sicilia in particolare.

La prestigiosa Societá Dante Alighieri (di cui mia moglie, Maria D´Andrea, é membro responsabile) insieme all´Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen sono attivamente impegnati in questo senso. Io stesso ho contribuito musicalmente alla Conferenza su Napoli e Caserta ideata e diretta proprio da Maria lo scorso gennaio presso l´Istituto Italiano di Cultura. Con il progetto proposto abbiamo voluto mostrare un aspetto diverso della cittá di Napoli ed abbiamo voluto introdurre quei luoghi campani meno conosciuti come l´Anfiteatro e il Mitreo di Capua e il Cortile Borbonico di San Nicola la Strada, suscitando l´attenzione di molti danesi che ignoravano completamente l´esistenza di molte delle nostre “bellezze”».

-Cosa ti manca dell´Italia?
«La pizza napoletana! Scherzi a parte, gli amici, ovviamente, e gli affetti. Ma anche le montagne, probabilmente. Il paesaggio danese è decisamente piatto. Quello che forse mi manca è la differenziazione dei paesaggi, i paesini arroccati, la storia che si respira nei vicoletti. Parlo dei paesini dell´Umbria o della Lunigiana, ad esempio, ai quali sono molto affezionato». 

-Quali sono i tuoi impegni lavorativi al momento?
«Dopo alcuni concerti a Copenhagen e nello Jutland ed una esibizione alla Ambasciata Russa, tenuta poco prima di venire in Italia, sono in programma esecuzioni delle mie composizioni di musica da camera a Londra e in Olanda, nel prossimo ottobre.

Come compositore, a parte alcune commissioni di ensemble europei per nuove composizioni alle quali mi sto dedicando, sono impegnato nella realizzazione di un´opera-musical insieme ad un librettista inglese residente in Danimarca. È una esperienza davvero divertente anche perché si è creata una ottima sintonia e vediamo man mano l´opera prendere forma e vita senza quasi rendercene conto.

Insieme al violinista Kuno Kjærbye sto promuovendo un concerto che sta avendo un discreto successo e non solo in Danimarca. Frutto di uno studio incrociato sulle tradizioni danesi e italiane, sará rieseguito a Roma in data da definire».

-Ai tuoi ex allievi cosa consiglieresti?
«Ne approfitto prima di tutto per salutarli e per ringraziare Mena Santacroce e i miei ex colleghi per la bellissima esperienza all´Accademia. Ai miei ex allievi suggerirei, senza dubbio, di andare all´estero fin dalla giovane etá, perché è importante il confronto con altre culture musicali. Ti apre la mente e ti aiuta a rafforzare le tue radici. Il bagaglio culturale, infatti, si arricchisce giorno dopo giorno senza tuttavia offuscare le origini, anzi apportando il suo contributo dando vita ad una musica in continuo movimento e in continua evoluzione. Il consiglio è quello di studiare tanto e di sperimentare altrettanto; di osare, di non avere paura di esternare le idee e la propria creativitá. Di superare le barriere e i limiti che vengono posti dall´esterno andando oltre, viaggiando, facendo esperienze nuove immergendosi in nuove realtá senza pregiudizi e con la voglia di imparare».

(Nicola Ciaramella)






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