Con Franco Nigro la tradizione non muore mai
“La canzone di Zeza-Zeza“, “I Rurece mise”, antichi proverbi e “Tammurriata Bella Figliola” nel divertentissimo programma di "Carnavale è muorto pe' no' verè 'o stuorto" che si terrà domenica 19 febbraio nel Salone Borbonico di San Nicola la Strada.
A dispetto del titolo della manifestazione che si terrà domenica 19 febbraio, alle ore 19, nel Salone Borbonico, il Carnevale è più vivo che mai a San Nicola la Strada e con esso tutte le più sane e bellissime tradizioni locali. Tutto ciò grazie, come sempre, a Francesco Nigro.
«"Carnavale è muorto pe' no' verè 'o stuorto" -ci spiega l’illustre storico sannicolese, presidente della organizzatrice Associazione di Cultura e Tradizioni Popolari “Il Giardino”- è tratto da un verso di un canto locale carnevalesco, che richiama la morte di Carnevale per non assistere alle ingiustizie. Oggi Carnevale morirebbe tutti i giorni, anzi tutti i momenti. L'evento ha al centro alcuni pezzi forti del carnevale tradizionale: I Rurece Mise, le tammurriate, la canzone della Zeza. La canzone della Zeza, la farsa carnevalesca più nota della Campania, veniva recitata e cantata nel periodo di Carnevale da contadini, operai, artigiani che incantavano con la loro grinta e la loro armoniosa mimica. La popolazione assisteva con gioia e divertimento a questo evento tradizionale, i cui protagonisti erano sempre maschi, anche quelli che interpretavano ruoli femminili, in considerazione del fatto che nella società rurale di allora l'uomo esercitava un dominio sulla donna. Le conquiste in termini di emancipazione e di pari opportunità erano ancora di là da venire. Della Zeza, vi sono varie versioni interpretative, anche se similari, che cambiano da zona a zona. La versione che viene interpretata è quella che affonda le radici nella cultura popolare di San Nicola la Strada, un rito che si ripeteva ogni anno. I personaggi principali dell'operetta carnevalesca, la Zeza, sono: Pulcinella, con il camicione bianco e la maschera nera, marito e padre di una volta, che ritiene sua figlia ancora piccola ("muccusella") per diventare sposa; Zeza, moglie di Pulcinella, donna intrigante e pettegola, che a furia di spassosi sotterfugi riesce a combinare il matrimonio della figlia Vicenzella, giovinetta, con lo spasimante don Nicola, studente universitario di origine calabrese, che studia a Napoli, conosce Vicenzella e la vuole sposare; il caporale, burlesco personaggio, sgangherato militare, che comanda l'allegra "compagnia". La cantata popolare di Zeza-Zeza veniva eseguita all'aperto, nelle piazze e nelle vie del paese, nei vicoli e nei cortili. Il vero palcoscenico della rappresentazione carnevalesca erano i luoghi della vita. Ad apertura della canzone di Zeza, Pulcinella pronuncia le seguenti parole: "E' santa notte, signuri miei, verite a me che me succere...". In queste parole c'è già tutta l'anima popolare, religiosa e laica della nostra gente. La canzone di Zeza termina con la richiesta di concessione di perdono per gli scherzi fatti e con un finale corale beneaugurante: "Santa notte, santa notte padrune 'e casa, chisti scherze che nuie avimmo fatto, perdunateci pe' carità. Carnavale fernisce e Quaresima vene e ce verimmo all'anno che vene". Agli interventi cantati e recitati succedono macchiette improvvisate. Si tratta, insomma, di un pezzo di storia della cultura popolare delle nostre terre e dei nostri antenati che viene riproposto per tutelare le nostre tradizioni dalla scomparsa definitiva».
L'accompagnamento strumentale della “canzone di Zeza” è affidato a Sergio D'Errico (fisarmonica), Angelo Rizzi (putipù), Paola Pallisco (tammorra), Daniele De Filippo (flauto) e Franco Natale (chitarra). Gli interpreti sono Vittorio Di Tommaso (Pulcinella), Carlo Iengo (Zeza), Giuseppe Ossataro (Vicenzella) e Michele Serino (Don Nicola).
Questo il programma completo della manifestazione, alla quale sono invitati ad assistere, liberamente, tutti i cittadini:
-Proverbi, detti e motti;
-Antiche voci;
-I RURECE MISE;
-Tammurriata Bella Figliola;
-La canzone di ZEZA-ZEZA.
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