Solo silenzio e preghiera nella via crucis di Papa Francesco

In una piazza San Pietro vuota inizia il doloroso calvario di detenuti, educatori, poliziotti e familiari di vittime. Sono gli scritti di quattordici persone, che hanno meditato la passione di Cristo, ad interrompere il silenzio.

 

È Venerdì santo, 10 aprile 2020, inizia il cammino della Via Crucis. I testi delle meditazioni sono state curate da don Pozza, cappellano del penitenziario di Padova “Due Palazzi”; il sacerdote con la giornalista Tatiana Mario ha individuato 14 storie e solo dopo aver meditato alcuni passaggi del Vangelo, i due hanno incontrato le persone che hanno dato voce alle loro storie nella luce di Cristo. Nel percorso della Via Crucis due gruppi di cinque persone provenienti dal penitenziario e dalla Direzione sanità e igiene del Vaticano. Nel buio e nel silenzio della piazza simbolo della fede cristiana, c’è spazio, però per la speranza e il raccoglimento, non è un caso se Papa Francesco sceglie di non commentare i vangeli e di non pronunciare nessuna omelia. A raccontare il loro calvario sono uomini e donne, con storie di errori e di crimini commessi, di cadute e pesanti croci. I loro racconti sono pieni di dolore, ma anche di speranza, sono la testimonianza vera che anche chi ha commesso il male più atroce, può risorgere con Cristo.

La via crucis rappresenta il percorso della sofferenza umana e del male, della malattia, ma questo cammino, in tempo di Covid-19 diventa via lucis, nelle tenebre umane, e ci salva dal nulla e dalla morte, perché Dio è sempre con noi.

Le voci sono di un ergastolano, di due genitori ai quali hanno ammazzato la figlia,di detenuti, della mamma di un detenuto, di una catechista, della figlia di un ergastolano, di un’educatrice, di un sacerdote accusato e assolto, di un magistrato, di un frate volontario e di un’agente di Polizia Penitenziaria.

Quando, rinchiuso in cella, rileggo le pagine della Passione di Cristo, scoppio nel pianto: dopo ventinove anni di galera non ho ancora perduto la capacità di piangere, di vergognarmi della mia storia passata, del male compiuto

Il tempo non ha alleviato il peso della croce che ci hanno messo sulle spalle: non riusciamo a dimenticare chi oggi non c’è più. Siamo anziani, sempre più indifesi, e siamo vittime del peggiore dolore che esista: sopravvivere alla morte di una figlia

Non mi ero accorto che il male, lentamente, cresceva dentro me. Finché, una sera, è scoccata la mia ora delle tenebre: in un attimo, come una valanga, mi si sono scatenate contro le memorie di tutte le ingiustizie subite in vita 

Avverto la vicinanza della Madonna: mi aiuta a non farmi schiacciare dalla disperazione, a sopportare le cattiverie. Ho affidato a lei mio figlio: solamente a Maria posso confidare le mie paure, visto che lei stessa le ha provate mentre saliva il Calvario

La croce che mi hanno caricato sulle spalle è pesante. Con il passare del tempo ho imparato a conviverci, a guardarla in faccia, a chiamarla per nome: passiamo notti intere a farci compagnia a vicenda. Dentro le carceri Simone di Cirene lo conoscono tutti: è il secondo nome dei volontari, di chi sale questo calvario per aiutare a portare una croce; è gente che rifiuta la legge del branco mettendosi in ascolto della coscienza

Una vera giustizia, però, è possibile solo attraverso la misericordia che non inchioda per sempre l’uomo in croce: si offre come guida nell’aiutarlo a rialzarsi, insegnandogli a cogliere quel bene che, nonostante il male compiuto, non si spegne mai completamente nel suo cuore

Cristo, nella sua vita, ha scelto e voluto stare con gli ultimi: ha percorso le periferie dimenticate del mondo in mezzo a ladri, lebbrosi, prostitute, imbroglioni. Ha voluto condividere miseria, solitudine, turbamento. Ho sempre pensato fosse questo il vero senso di quelle sue parole: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36).

Ce la metto tutta per difendere la speranza di gente rassegnata a se stessa, spaventata al pensiero di quando un giorno uscirà e rischierà di essere rifiutata ancora una volta dalla società. In carcere ricordo loro che, con Dio, nessun peccato avrà mai l’ultima parola.

È arrivata, forse, l’ora di scendere dai piedistalli, l’ora di spogliarci dai pregiudizi, dalle parole vuote: è questo il momento di uscire dal buio delle nostre tenebre per rivestirci di speranza, oggi, la pietra del sepolcro è stata tolta, siamo vivi! Buona Pasqua

Testo integrale delle meditazioni: https://lifestyleslow.com/2020/04/11/via-crucis-di-venerdi-santo-10-aprile-2020/

Giovanna Angelino
©Corriere di San Nicola