Che cosa “diceva” il documento della Commissione Europea sul linguaggio inclusivo?

Perché le Linee guida per la comunicazione inclusiva sono state ritirate... cosa sono gli slogan e la Cancel Cult...

Verso fine ottobre la Commissione europea ha diffuso le Linee guida per la comunicazione inclusiva – UnionofEquality, un documento destinato ai funzionari, che racchiudeva diversi aspetti e che iniziava con la frase: L’uguaglianza e non la discriminazione sono valori fondamentali dell’Unione europea.
La commissaria europea per l’Uguaglianza, Helena Dalli, aveva sottolineato nell’introduzione: La Commissione europea deve dare l'esempio nella sua ricerca verso un'Unione di uguaglianza. Per farlo in modo efficace, dobbiamo offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti indipendentemente dal loro genere, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale.

Cosa è accaduto e perché il documento sul linguaggio inclusivo è stato ritirato dalla Commissione europea?

Cos’è uno slogan? Trattasi di breve frase acchiappa like, superficiale e priva di senso. Con tali strategie molte pagine social di noti personaggi scaldano i motori e diventano virali, invadono il web diffondendo punti di vista discutibili. Si fa leva sulla propria identità, sul sentimento patriottico, insomma, su temi largamente condivisibili; ma tali argomenti necessiterebbero, proprio perché tanto delicati quanto pericolosi per chi non li sa gestire, di essere approfonditi e compresi e non trasformati in slogan di facile uso e consumo.

La polemica sul documento dell’Ue ha acceso troppo gli animi e la macchina della gogna mediatica ha iniziato a correre più veloce della luce, tanto che il documento è stato ritirato.

Il quotidiano Wired titola in questo modo un suo articolo al riguardo: Un documento interno forniva una serie di linee guida ai funzionari per un linguaggio più inclusivo. Sul Natale chiedeva di ricordarsi anche delle altre festività religiose, ma i partiti di destra sono insorti e il testo è stato ritirato.

Se tutti leggessero bene, senza pregiudizi, si eviterebbero inutili perdite di tempo prezioso.
“Non possiamo più dire Natale” è stato uno tra i più squallidi slogan che hanno fatto il giro del web, ma la cosa più triste è che milioni di persone ci hanno anche creduto!

Nessuno cancella il Natale.

È diventata una moda ormai vedere il male anche dove non c’è, saltare dalla sedia, pensando che qualcuno vorrebbe toglierci la libertà; la libertà di dire Buon Natale, quella di fare un aperitivo o di uscire. La macchina mediatica, però, è molto più intelligente di quanto possiamo immaginare e sa troppo bene come funzionano le cose. E va a finire che slogan che inneggiano alle libertà (?) o che puntano il dito contro il cattivo di turno diventino un’arma perfetta per distrarre gli sprovveduti dai veri malintenzionati, dalle vere prigioni, dai veri meccanismi perversi che ci soffocano.

La mentalità a considerare una cultura predominante (perché appartenente alla maggioranza delle persone) non porta a nulla nell’Unione europea. La realtà dei fatti continua a dirci che siamo diventati multiculturali, multietnici e multi tante cose e il documento messo a punto dalla Commissione europea (per i funzionari) avrebbe voluto dare una serie di consigli, non obblighi, non leggi.

Dire Buone feste non è una frase criminale, perché non è detto che il nostro vicino sia cattolico; dire che una persona ha una disabilità significa non identificare un essere umano con la sua patologia, dicendo, invece, “disabile”.
L’Europa o una parte di essa, forse, non è ancora matura per il rispetto senza rinunciare alla propria identità, dobbiamo per forza sentirci minacciati e feriti da un linguaggio che tiene conto delle diversità, da frasi più sensibili verso il “Multi”, che sta diventando la nostra realtà. Le parole inclusione, unione, uguaglianza continuano a far paura, come se qualcuno volesse defraudarci di qualcosa.

Il documento europeo ha avuto vita breve, i tempi non sono ancora maturi, non siamo maturi come gran parte della politica, che grida allo scandalo, inventando slogan di facile presa, che potranno eccellere per forma, ma in realtà sono privi di contenuto.

Purtroppo, anche numerosi mass media nazionali di prestigio (almeno una volta) hanno rincalzato la dose, dimostrando mediocrità e scarsa visione d’insieme. Non menzioniamo i nomi delle testate in questione per non dar loro ulteriore visibilità.

“In Europa vietato dire Natale e perfino chiamarsi Maria”, “La parola Natale cancellata”, “Natale censurato” sono solo alcuni dei titoli ridicoli apparsi su quotidiani, che hanno la fama di essere autorevoli.

Siccome, fortunatamente, a noi piace approfondire gli argomenti, riflettere e andare a ricercare il significato delle cose, abbiamo scovato un interessante articolo apparso su Time, che parla della cultura della cancellazione, affermando che la Cancel Culture non esiste.

Ma che cos’è la Cancel culture, che in italiano vuol dire cultura della cancellazione o cultura del boicottaggio?
Pare sia usata per indicare una forma moderna di ostracismo (severa condanna da parte dell'opinione pubblica; messa al bando da parte di una comunità o da un ambiente), nella quale qualcuno diviene oggetto di indignate proteste e di conseguenza estromesso da cerchie sociali o professionali - sia online sui social media, che nel mondo reale o in entrambi i casi.

Ecco l’articolo di Time, per chi volesse approfondire il tema, e non fermarsi alle diverse forme di slogan abilmente studiati.

Giovanna Angelino 
©Corriere di San Nicola