MALINBA E LA FUNE MAGICA

-Fiaba di Gerardina Rainone-

Era una fredda mattina d'inverno quando Malinba, una fatina di luce verde, si svegliò e affacciandosi alla finestra notò nel suo giardino il fiore di lillà. Era un magico esemplare di fiore cangiante che, toccandolo, mostrava scenari diversi e gradevoli. Malinba aveva sempre desiderato averne uno, soprattutto da quando la sua vicina ne aveva mostrato un esemplare al villaggio.

Non era facile da trovare ma, suo marito, Elfo, Gran Giudice di Pollonia, il loro villaggio, ne aveva ordinato la ricerca da tempo.

La gioia fu immensa e Malinba corse ad abbracciare Elfo e, subito dopo, a toccare quel bel fiore divertendosi con gli scenari che gli mostrava.

La vicina di Malinba, Cloe, si congratulò con lei e, nello stesso momento, le mostrò un oggetto appena recapitatole dalla favolosa Isola del Mistero. Era un tappeto magico che, srotolato,faceva apparire mappe di lontani tesori da recuperare.

Malinba a quella vista restò estasiata, dimenticando velocemente il fiore di lillà.

Corse da Elfo e narrando la faccenda disse perentoria: "Sai che la vicina ha un tappeto magico? Mi farebbe piacere averne uno. Accontentami".

Il marito cercò di farla ragionare senza successo ricordandole le mille mirabilie in loro possesso. Fu Cloe che interruppe le loro discussioni bussando alla porta. Suo marito Puccio si era perso, come al solito, nella bolla temporale del vaso di Guardonia ma questa volta non era più rientrato dal suo vagabondare.

"Vi prego, aiutatemi a ritrovarlo", chiese Cloe ai suoi vicini.

"Ma come possiamo aiutarti, cara?" -disse Malinba- "Sei tu quella che possiede tutto!"

Elfo intervenne prontamente e si prestò a cercare il vicino. Con il tappeto volante partì alla volta di Guardonia.

Non ebbero più notizie nemmeno di Elfo le due fatine di luce verde e Cloe chiese a Malinba di aprire la sua Stanza dei desideri ove si trovava la famosa fune Sciogliattacca, un prodigioso laccio che aveva il potere di liberare dalle prigioni i buoni di cuore e legare i malvagi.

"Sono certa che sono prigionieri in qualche posto", disse Cloe a Malinba.

"Tocca a noi agire", ammise Malinba.

Presero con loro poche cose e partirono alla ricerca dei mariti, con la fune magica.

"L'ho sempre immaginato che potesse tornare utile", disse Cloe, parlando della fune, "ma non pensavo a me".

Malinba rise di quella riflessione e confidò alla vicina di essere stata sempre invidiosa di lei, pensando che avesse di tutto e di più.

Arrivate nella valle di Guardonia si videro circondate da unicorni alati, leggiadri, eleganti e con gli occhioni dolci. Uno di essi, con il corno più luminoso, si inginocchiò davanti a loro facendo capire chiaramente che dovevano salire in groppa. Tutto lo stormo si mosse in direzione di quello che sembrava un castello tra le nubi. Arrivati a destinazione entrarono facilmente perché il castello non aveva porte. Le accolse Zante, servitore del castello, e le invitò a seguirlo. Malinba teneva stretta la fune magica nelle mani ma questa non si mosse, segno evidente che costui non era un malvagio. Porgendo le sue scuse per non essersi presentato degnamente alle due signore disse di essere al servizio di Rufus, Signore del castello e che gli premeva trovare una soluzione per i due prigionieri, Puccio ed Elfo. Sapeva che li stavano cercando dalla sfera del tempo che possedeva e sperava che le fatine fossero in grado di sciogliere l'incantesimo di cui erano vittime da quando erano approdati anche loro al castello. Furono guidate nei meandri del palazzo mentre la fune Sciogliattacca cominciava ad agitarsi. All'improvviso apparve Rufus, proprio quando le fatine si trovavano di fronte alla porta della prigione e, con malvagità, cercò di spingerle nella cella. La fune schizzò immediatamente dalle mani di Malinba e, fulminea, si attorcigliò alle gambe di Rufus. Nello stesso istante Puccio ed Elfo si destarono dal sonno letargico. Rufus era imbestialito e cercò invano di strappare un capello a Malinba che gli serviva per un altro incantesimo malvagio. Era stato lui ad imprigionare Puccio ed Elfo desiderosi di portare con loro un unicorno alle fatine, per attirare queste e portargli via un capello. Il piano malvagio non era riuscito e, mentre Rufus era bloccato dalla saggia fune i 4 amici, con la complicità di Zante, ritornarono sani e salvi al loro villaggio. La paura era stata grande e le due fatine decisero che mai più avrebbero richiesto cose impossibili perché avevano compreso la lezione: il bene più grande era l'affetto e già lo possedevano.

Gerardina Rainone
©Corriere di San Nicola   

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