Ti ricordi, mio caro papà, di questa poesia?

Te la dedico nel giorno della tua festa, che non celebriamo insieme da tanti anni... 


Te ne andasti, tanti anni fa, “accompagnato dal volo delle rondini, dal suono dei violini, dalla luce delle stelle”.
Ti spegnesti dopo aver vissuto una vita nell’umiltà, la dote che più hai conosciuto e che è stata l'emblema della tua esistenza.

Rileggerti i miei pensieri e i miei versi scritti per te quel giorno in cui ti abbandonasti, per l’ultima volta, tra le braccia dei tuoi figli è il modo con cui voglio oggi ricordarti. 

Il tuo sorriso è pronto. So che non ti perderai neanche una parola. Ascoltami.

Era
la notte di venerdi 18 ottobre 2002. Avvolto dal sonno eterno dalle prime ore di quella triste giornata, giacevi sul letto di morte.
Ero lì, accanto a te. Avevo chiesto a Giovanna, Arcangelo e Renato di vegliarti da solo. I miei fratelli, a malincuore, mi accontentarono: avevo troppo insistito. Il cuore mi dettò questi pensieri e questi versi. Sono stati, da allora più forte che prima, il vangelo della mia vita.


La tua umiltà mi ha ...rovinato la vita.
Avrei voluto diventare uno di quelli che contano, un irraggiungibile, uno di quelli che salgono solo le scale dei più alti piedistalli, un grande dal grande potere da usare per schiacciare le velleità degli altri, un meticoloso edificatore di una presunta immagine di sapiente da tramandare alla storia letta dai suoi simili...
Ma non sono riuscito a realizzare nulla di tutto questo.
Anche perché i presuntuosi non conoscono Dio.

La tua semplicità mi ha ...rovinato la vita.
Avrei desiderato diventare uno di quegli scaltri che studiano la notte per operare di giorno, un cultore assiduo dell’artifizio per risolvere le situazioni più complicate e pericolose, uno di quelli che vogliono tutto e fanno di tutto per ottenerlo, uno di quelli che non si accontentano mai, un felice e soddisfatto esploratore delle proprie virtù...
Ma mi ritrovo ad essere l’esatto contrario di tutto questo.
Anche perché gli oscuri si nascondono a Dio.

La tua bontà mi ha ...rovinato la vita.
Avrei dato tanto per acquistare quel poco di cattiveria che a volte basta per imporsi nella quotidianità, avrei tanto desiderato spingermi sempre in prima fila nelle occasioni in cui si blatera della solidarietà, avrei voluto rompere qualche volta gli argini della sincerità per non fare sempre la figura dell’ingenuo...
Ma sono sempre arrivato tardi.
Anche perché i burberi non hanno tempo per meditare Dio.

Grazie, papà, per avermi allontanato dagli errori.
Grazie, papà, per avermi insegnato tutto della tua vita.
Grazie, papà. La tua missione si è compiuta!


Quando un papà vola in cielo 


Quando un papà vola in cielo,
si alzano con lui le rondini:
perché un papà non può volare
da solo.

Quando un papà vola in cielo,
vibrano intorno a lui i violini:
perché un papà non può volare
nel silenzio.

Quando un papà vola in cielo,
si accendono per lui le stelle:
perché un papà non può volare
nel buio.

Ma ora che a volare sei tu,
papà mio,
ti accompagnino lassù
anche tutte le gioie,
tutte le ansie, tutti i desideri
e tutte le certezze
con cui hai riempito i miei vuoti
e celebrato il mio amore.

Suonerò sempre per te
un concerto di emozioni
per cercare il tuo volto 
tra i miei sospiri
e per rivivere ogni attimo
della tua dolcezza.

E quando, quel giorno,
si intoneranno per me
i cori delle rondini,
i fremiti dei violini
e il bagliore delle stelle,

ti donerò il mio cuore
per raggiungerti
e per stringerti in un abbraccio
che non avrà più fine. 


Espedito Ciaramella, il mio papà, visse 87 anni, dal 31 ottobre del 1915 al 18 ottobre 2002.
Nacque a San Nicola la Strada da Giovanni e Marianna Migliore; fu fratello di Egidio, Amedeo, Mario, Pasquale, Nicola, Vincenzo e Pina; fu adorato genitore, con la sua devotamente amata Adele Tranquillo, di Giovanna, Nicola, Arcangelo e Renato.
Dopo aver frequentato un periodo delle allora scuole medie, dovendosi affiancare il padre (“Giuvannin ‘o barbier”) nella conduzione dell’attività di barbiere esercitata nello storico salone ubicato nell’angolo sotto il vecchio Municipio (con una entrata sul lato di Via Santa Croce ed un’altra su Via De Gasperi, di fronte al Palazzo della Baronessa), umilmente rispose, lasciando gli studi a lui tanto cari.
Fu chiamato alle armi per il duro fronte della Tripolitania. Al ritorno, lavorò con il padre fino a metà degli anni sessanta, per poi continuare da solo nel vecchio stabile del Municipio fino alla sua demolizione e trasferirsi, quindi, agli inizi degli anni ‘70, in Via XX Settembre in un locale del palazzo Campofreda, dove rimase, prima di andare in pensione, fino al 1984. 
Fu uomo molto amato e stimato durante il dignitoso percorso della sua vita. 
La sua professione divenne per lui arte.
Mi ricordo di intere giornate passate, da bambino, a guardarlo mentre faceva la barba o i capelli ai suoi clienti: uno spettacolo, a volte molto lungo, perché aveva sempre l'ultimo colpetto di forbici da fare anche quando il signore da egli servito era già sull'uscio della porta per salutare. 
Ci metteva passione, amore, ansia di aver fatto bene e dubbio che poteva far meglio. 
Un'altra epoca. Un altro mondo.

Con lui, il 18 ottobre 2002, andò via un pezzettino piccolo piccolo, quasi invisibile, di quella piccolissima parte della grande storia di San Nicola la Strada fatta di tanti nomi che si confondono, di tanti volti che si scoloriscono. Fatta di tanti uomini umili, semplici e buoni che proprio per questo, forse, si dimenticano.
Lui fu uno di questi. Di questi ideali amava circondarsi. Di essi coronò la sua esistenza. Di queste virtù alimentò il suo animo. Questi valori ha saputo trasmettere ai suoi figli. Questi valori i suoi figli hanno saputo raccogliere.
Grazie, papà mio, per avermi fatto a tua immagine e somiglianza.
Grazie, papà, la tua missione si è compiuta.

Nicola