LE CONTRADDIZIONI DELL’ARPAC

Secondo l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale non sussiste una situazione tale da impedire l’attivazione della discarica Lo Uttaro, ma “ci vogliono venti anni per creare condizioni ambientali ottimali”...


Oggi a Caserta, San Nicola, Maddaloni e San Marco si vive una triste contingenza. Forse anche domani i tir provenienti dal Cdr di Santa Maria C. V. cominceranno a sversare tonnellate di rifiuti trattati ma non stabilizzati. La vicenda  “Lo Uttaro” si arricchisce di contraddizioni. Dapprima la prefettura che dichiarava la sua estraneità alla scelta pur essendo il primo organo investito dal commissario di governo e partecipe a tutte le decisioni finalizzate alla realizzazione della discarica. Successivamente è l’Arpac che sembra sostituirsi al ruolo del prefetto garante dell’idoneità della zona. L’Arpac diventa l’organo che conferma che nella cava Mastropietro non ci sono rifiuti sversati abusivamente in una sorta di coerente continuità con il primo gruppo di lavoro costituitosi con rappresentanti di prefettura ( Provolo, commissariato di governo (De Biasio), provincia di Caserta (Pirone) e commissariato di bonifica delle acque. L’Arpac si assume la responsabilità, attraverso un monitoraggio parziale della zona “Lo Uttaro”, di confermare che non ci sono condizioni ambientali da impedire che nella stessa area vengano sversati altri 450.000 mc. di rifiuti non stabilizzati. Quindi secondo l’Arpac non dovrebbe esserci percolato penetrato nel terreno e nella falda. Dove saranno finite le tonnellate di rifiuti denunciate dai prefetti precedenti e dallo stesso dirigente provinciale Spasiano che ha preferito in questa circostanza smentire se stesso? L’Arpac, che con i suoi rappresentanti Aulicino, Delle Femmine e Del Piano partecipa, l’8 febbraio, a un tavolo tecnico, avrebbe dovuto intraprendere, su richiesta della Provincia, una campagna di monitoraggio dell’intera area “Lo Uttaro” anche per la definizione  della situazione ante operam rispetto all’evoluzione che il sito registrerà a seguito delle  attività di smaltimento previste dalla progettazione. In quella sede viene messo a verbale che “dalla riunione è emersa la necessità di attuare un completo monitoraggio delle matrici ambientali dell’area Lo Uttaro, con particolare riferimento alle acque di falda”. Dalla relazione depositata al Tar Lazio (che, come noto, ha rigettato il ricorso dei Comitati –ndr) risulta che i tecnici dell’Arpac hanno monitorato tutta l’area tranne la zona attorno e di confine alla cava Mastropietro. Insomma nessuno finora ha perforato nella rampa o nelle pareti della cava per verificare se ci sono rifiuti sotterrati e se ciò che esaustivamente si era denunciato corrispondesse al vero. Inoltre l’agenzia regionale è intervenuta, o meglio non è intervenuta, su una discarica già in buona parte attrezzata. L’Arpac ha monitorato in tre date del mese di febbraio e mentre il direttore del consorzio Ce3, ingegner Limatola, si apprestava a sollecitarne l’intervento, l’agenzia effettuava l’ultimo monitoraggio datato 28 febbraio. Nel relazionare l’Arpac ammette che lo scarto che riempirà la discarica non è stabilizzato, che le geomembrane col tempo cederanno e che per ripristinare l’equilibrio ambientale della zona “Lo Uttaro” ci vorranno venti anni. Quindi, come si suol dire, un colpo al cerchio e uno alla botte. Per l’Arpac non sussiste una situazione ambientale tale da impedire la discarica, ma ci vogliono venti anni per creare condizioni ambientali ottimali. E i rilievi delle acque di falda, quali risultati hanno prodotto? Ma soprattutto in che modo è stato effettuato il monitoraggio e dove? La risposta a questi quesiti significherebbe trasparenza, una trasparenza che noi ci aspettiamo dall’agenzia regionale, il cui intervento sembra rivolto alla attenta valutazione degli impatti ambientali gravanti nell’area, condizione imprescindibile dettata dalla legge regionale 290 all’art. 5. Una valutazione che, senza ombra di dubbio, non c’è stata e che avrebbe potuto impedire la discarica.

Giuseppe Messina