“FALCO HA FATTO IL SUO TEMPO”


A Roano la solidarietà anche di Felice Lombardi. Il leader dei Verdi di Maddaloni è categorico: “C’è bisogno di ambientalisti convinti che antepongano all’ambizione politica gli interessi delle nostre comunità martoriate ed avvelenate


Non si ferma l’ondata di solidarietà che da tutte le parti viene espressa a favore di Antonio Roano, “ex” segretario cittadini dei Verdi San Nicola, fondatore del comitato civico sannicolese contro la discarica Lo Uttaro, da qualche giorno “defenestrato”, ...a mezzo stampa, dal responsabile provinciale del partito, quel Falco contro cui tutti si stanno, giustamente, scagliando.
Ecco, certamente non ultima, la pregevole lettera scritta al riguardo dal capogruppo dei Verdi per la Pace di Maddaloni, Felice Lombardi, che giudichiamo meritevole di essere pubblicata integralmente:

«Improntare l’impegno politico o civile ispirandosi ai valori della tutela ambientale, della salvaguardia della salute pubblica e del rispetto della legalità è cosa virtuosa per chiunque, associazione o partito, voglia dare concretezza alle azioni. Ma, quando tali valori sono principi fondativi di un partito politico allora è obbligatorio, e, minimamente coerente, non metterli mai da parte quando si impegna il nome del partito. In sostanza, è quello che ha sempre fatto Antonio Roano nella vicenda di “Lo Uttaro”: convinto, come molti di noi, che la discarica è stata aperta in spregio alla legge, gestita nella illegalità, nell’indifferenza sorda e cinica delle istituzioni, che avvelena in maniera lenta e assidua l’ambiente, causa di morte – silenziosa ed inesorabile – di centinaia di cittadini per i prossimi decenni. Convinto di tanti malanni il verde di S. Nicola Roano non ha lesinato critiche anche ai vertici del partito per le assenze sull’argomento.

Ebbene, nell’esprimere la mia solidarietà ad Antonio ritengo che quei principi siano l’ordito che tiene insieme il partito dei Verdi e quanti in esso si riconoscono. I valori di un partito sono la linea maestra dell’azione a cui tutti devono adeguarsi, nessuno escluso,  e, a metterli in pratica non occorre il placet di nessuna gerarchia. E’ vero invece il contrario, chi dovendolo fare vi rinuncia per opportunismo non è degno di rappresentare un partito o movimento che sia.

Con rammarico faccio tali considerazioni per non fare da sponda a quanti pensano che i partiti siano ridotti a circoli chiusi fatti di parenti, amici e compagni di affari alle spalle dei cittadini che hanno risposto in essi la fiducia con il voto. Se si indulge in questa tesi si può comprendere, ma non giustificare, la insulsa reazione di chi, disturbato nei propri affari, vaneggia di un reato di lesa maestà in spregio ad ogni principio di comunità libera e democratica che fonda la propria sopravvivenza sulla critica e sul confronto.

L’insofferenza per l’attivismo genuino e convinto che ha dettato l’azione di Antonio e che, ribadisco perfettamente coerente con il programma politico dei Verdi per la Pace, è l’indice di un vulnus di una guida provinciale del partito che ha fatto il suo tempo e non più idonea a rappresentare le istanze dei cittadini e quelle degli iscritti e simpatizzanti.

Ho usato il termine ‘insulso’ non perché preso dalla foga ma ragionando da rappresentante istituzionale di un partito che misura il proprio successo in termini di decimali di punto. E allora mi chiedo: siamo forse noi Verdi  quel grande partito, ammesso che ne esista uno, che possa permettersi il lusso di cacciare via chi ha dato la ribalta al nome dei Verdi in provincia di Caserta? Grazie allo scandalo “Lo Uttaro”, se è concesso, i cittadini della provincia di Caserta hanno potuto apprezzare e conoscere l’impegno politico e civile dei Verdi in maniera ben più comprensibile della vicenda assessoriale, tutta degna di apparati e poltrone, alla Provincia.

Ma insulso anche perché non fa certo piacere che il partito sia sconfessato dalle associazioni ambientaliste alle quali dovremmo guardare con ben altro interesse. Ricevere una lezione politica dai movimenti non è lusinghiero per un partito che dovrebbe ricordare come in essi risieda l’origine costitutiva dei Verdi che, quando decidono di diventare partito, non riescono a recidere il legame con il movimentismo ambientale, e dall’altro non hanno mai ragionato fino in fondo della mancata convergenza degli stessi movimenti nel partito. Come colmare il solco tracciato dopo lo smacco subito non sarà facile senza preventivamente cambiare la guida del partito.

La vicenda “Lo Uttaro” va letta anche in tal senso: essa costituisce l’occasione per un rapporto proficuo tra partito, società civile ed associazioni per rimediare ad una carenza di visibilità e di consensi che mette in difficoltà anche un consigliere comunale come me che, nell’ambito di una coalizione di centro-sinistra, sente il dovere di esprimersi solidariamente contro la discarica accolta dall’amministrazione comunale come ‘male minore’. Una occasione mancata per miopia ed imperizia politica che sarà momento di dibattito nel prossimo congresso provinciale dove prioritariamente bisogna discutere di come realizzare la strategia politica per diventare un partito fatto di punti interi e non di decimali come indicato dal congresso di Fiuggi nel 2006.

Della questione di “Lo Uttaro”, come di un commissariamento infondato ed illegittimo, come della incapacità di fare sinergia con i nostri interlocutori privilegiati al punto da farci superare in proposte ed iniziative in campo ambientale occorre discutere in maniera pacata ed approfondita perché è lì, al congresso provinciale, che si decide cosa debba essere il partito, quale la guida. Si tratta di stabilire se il partito debba essere affidato ad una ristretto numero di persone che, seduti su poltrone comode e a volte ben pagate, parlano e decidono a nome di una collettività da loro distante e che non rappresentano, oppure, di chi sa stare vicino ed ascoltare la gente. Non abbiamo bisogno di segretari, di portavoce, di presidenti che sono verdi a chiamata intermittente, molto bravi ai proclami ambientalisti sulla stampa ma ancora più bravi a dismettere l’abito verde per indossare la livrea di turno al cospetto degli amministratori. Abbiamo invece bisogno di attivisti, di ambientalisti convinti, di cittadini che antepongono gli interessi delle nostre comunità martoriate ed avvelenate a quelli di politici che non esitano a scambiare la salute dei nostri figli per le loro ambizioni. Ma, soprattutto abbiamo bisogno di una guida politica autorevole, capace di rappresentare il territorio casertano perché radicata nel contesto, perché rappresentativa delle comunità, perché capace di attrarre consenso elettorale non limitato al voto della propria famiglia, perché capace di arrestare l’emorragia di consensi e di partecipazione, perché senta coerente e dignitoso il dovere di mettersi in campo al momento delle elezioni piuttosto che tentare inutili strategie da salotto per cambi di poltrone senza aver mai chiesto agli elettori se sono d’accordo.

Felice Lombardi
, Capogruppo Verdi per
la Pace Maddaloni».