Quel sacerdote polacco con la W...


Il Cav. Michele Petrone, ottantacinquenne cittadino di San Nicola la Strada, ci racconta...



Il 19 marzo del 1944 inizia l' odissea dei prigionieri italiani, quelli che dignitosamente avevano rifiutato di collaborare con i tedeschi.
Essi vennero imbarcati per essere avviati al Pireo e poi destinati, quattro mesi dopo, in Polonia; almeno quelli che avevano, a richiesta, documentato di essere infermieri qualificati.
Dovevano essere utilizzati in una specie di campo d' internamento di ufficiali italiani.
I qualificati, tra i quali c' ero anch' io, furono 19.
Dopo aver trascorso un' intera notte di veglia, digiuni pure da qualche giorno, iniziammo il lungo viaggio tra stenti e minacce.
Impiegammo circa quattro mesi, fino a giugno; un giorno il cui  mattino ci destò un inatteso e festoso suono di campane.
Fatti discendere dal mezzo che ci portava, stipati con altri prigionieri, ci accorgemmo che nei pressi vi era una chiesetta. Il portone di questa venne aperto da un individuo che poi venne avvicinato da uno di noi sedici con la speranza che avesse qualcosa per calmare la fame che quasi ci abbrutiva.
L' uomo si rivelò quale sacerdote; forse quello che aveva suonato le campane che ci avevano svegliato, probabilmente a compimento di una locale tradizione religiosa.
Come attratti da qualcosa, in contrasto certamente con le sofferenze, gli stenti e le visioni drammatiche dei nostri viaggi di prigionieri ribelli, entrammo tutti in quel luogo sacro.
Il sacerdote era in abito nero e ci accolse dicendo con gioia commovente ed in un italiano alquanto difficile a comprendersi "peccato, non ho nulla da potervi dare a sollievo della vostra fame, che si legge nei vostri tratti disperati e sconvolti".
Detto questo aggiunse: "Però posso darvi il pane" (costituito da pezzetti di grano scuro) e, riprendendo, "Questo pane appartiene al corpo di Gesù, mangiatene tutti".
Sorpreso dall' italiano e dalle parole sante del sacerdote, nonché da quanto offertoci da masticare (più che mangiare), mi affrettai a chiedere il suo nome e come mai conoscesse la lingua italiana. Mi guardò con un lieve sorriso sulle labbra e senza parlare scrisse su di un foglio qualcosa come un cognome con la “W” e altri appunti che non tutti sapemmo o potemmo riuscire a leggere e che io, adesso, non riesco a ricordare.
Improvvisamente avvertimmo al di fuori della chiesa il vociare secco e sprezzante delle SS tedesche. Entrate in chiesa, queste si rivolsero contro di noi e contro il sacerdote minacciandoci, anche con qualche colpo del calcio del fucile.
In quel momento avvenne qualcosa che noi prigionieri tutti non avremmo più dimenticato e che ricordo perfettamente oggi, ottantacinquenne, a distanza di sessant' anni e oltre. Il sacerdote, rivolto agli ossessionati tedeschi, disse, prima in un masticato italiano e poi in tedesco: "questa non è una caserma, ma la casa di Dio" e poi, sempre in tedesco, pressappoco: "Fra fructe menc scaiser". In italiano, era  "andatevene, puzzolenti!".
Udito ciò, una delle SS puntò il fucile contro il sacerdote per minacciarlo e fargli capire che aveva in pugno la sua vita. Poi, rivolto a noi, ci intimò di uscire dalla chiesa e di risalire sul camion che ci avrebbe portato alla stazione ferroviaria.
Nel viaggio di ritorno in Italia ci accolse la Croce Rossa Internazionale, nel giugno dl 1945, alla stazione Termini di Roma. Ci diedero un cestino di vivande, che non toccammo neppure, dato che eravamo stremati. Ci chiesero se eravamo in possesso di oggetti, dati, documenti o altro che potesse essere utile per dar loro notizie di altri prigionieri italiani, al fine di aggiornare le famiglie che ancora attendevano il ritorno dei loro cari di cui da tempo non avevano notizie. 
Lo facemmo prontamente ed io, in particolare, consegnai loro il foglietto sul quale aveva scritto i suoi dati e altre notizie il sacerdote polacco con la W, oggi Papa Giovanni Paolo Secondo!

(Cav. Michele Petrone, ottantacinquenne cittadino di San Nicola la Strada)

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Grazie, Cavaliere, per questa bellissima e.mail che ci ha inviato. Un commento sull’ episodio?...Nooooo, sig. Petrone, e chi può permettersi di aggiungere una sola parola a quanto ci ha raccontato? E poi, il Santissimo Padre non ne ha certo bisogno.
Lui agisce con le opere, i pensieri e la sofferenza: quanti, oggi, in questo mondo, ne sono degni?
Ma mi permetta di suscitarLe altri ricordi, egregio lettore. Le pubblico delle foto che la dicono tutta sull’ entusiasmo che Giovanni Paolo II sa trasmettere.
Il 24 maggio 1992, come tutti sanno e serbano nel cuore, il Sommo Pontefice si recò in visita a Caserta, transitando per Viale Carlo III: che bello ricordare tanta gente in trepidante attesa...Un po’ come oggi, mentre Lui è ammalato...Un po’ come sempre!

 

24 maggio 1992: diretto in visita a Caserta, Giovanni Paolo II è atteso dai cittadini sannicolesi su Viale Carlo III

Il Papa accolto nel capoluogo