“Papa Francesco, venga da noi!”


Fervente lettera di Don Antonello Giannotti al Sommo Pontefice: “Chiediamo il
Suo intervento volto a far conoscere a tutti i problemi della nostra martoriata terra”. Tra le tante motivazioni rappresentate, il parroco di Gesù Buon Pastore pone particolare attenzione al disastro sanitario-ambientale che sta colpendo le popolazioni tra Caserta, San Nicola la Strada, Maddaloni e San Marco Evangelista


E’ datata 29 ottobre. A scriverla, di proprio pugno, è don Antonello Giannotti, promotore della recente “marcia silenziosa” che ha visto confluire a Caserta oltre trentamila persone dall’intera provincia per esprimere, con grande senso civico, la disperazione che attanaglia la gente della “terra dei fuochi”. Si tratta di una lettera che il parroco di Gesù Buon Pastore di Caserta ha inviato a Papa Francesco. Questo il testo integrale, così come riportato dal sito internet della parrocchia.

Santità, in qualità di Vicario Episcopale per la Carità e per la Custodia del creato, Le scrivo la presente per chiederLe di voler fare un grande dono alla nostra Diocesi programmando nei prossimi mesi una visita pastorale.
Come comprenderà, mi rivolgo a Lei avendo ancora in cuore le emozioni vissute qualche mese fa in occasione del suo viaggio a Lampedusa, opportunamente definito dai media un pellegrinaggio verso le profondità del dolore; la Sua presenza in quei luoghi, oltre che un autentico raggio di luce per gli abitanti dell’isola e per i migranti in modo particolare, ha proiettato il loro problema su una scala planetaria.
La mia richiesta di volersi recare nella nostra terra, non più benedetta dalla presenza di un Vicario di Cristo dal maggio del 1992, ha ampie motivazioni: Santità, qui non si muore per il mancato approdo su una terraferma che offra la possibilità di una vita qualitativamente migliore ma si muore perché, ormai da decenni, siamo divenuti – utilizzo la metafora da Lei stesso usata a Lampedusa – come tanti “Adamo che hanno perso il loro posto nella creazione” ed abbiamo rinunciato al nostro ruolo di custodi del creato. In concreto, Le cito testualmente alcuni passi della lettera aperta scritta dal nostro Vescovo emerito mons. Raffaele Nogaro (il quale, a difesa dell’ambiente e della salute di tutti noi, ha sfidato per anni i poteri politici locali) il 16 aprile 2007: «Le nostre terre sono state interessate nei decenni passati dallo sversamento di quantità incalcolabili di rifiuti tossici. Sversamenti illegali in discariche illegali che ne hanno compromesso quasi definitivamente l’equilibrio ecologico con inquinamento mortale di acqua, terreni e ciclo alimentare. Da questo traffico la camorra ha ottenuto elevatissimi proventi. Si tratta di rifiuti di sostanze letali per gli esseri umani, tanto che in vaste aree della provincia di Caserta vi è una spaventosa insorgenza di tumori e di malformazioni genetiche, ormai statisticamente e scientificamente provate, con percentuali che ci fanno raggiungere un tristissimo primato europeo. A questo si è aggiunta una assenza di qualsiasi politica di gestione dei rifiuti urbani se non quella di realizzare immense discariche, una delle quali si trova nell’area denominata Lo Uttaro nel Comune di Caserta ma sul confine dei comuni di Maddaloni, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada (tutti nel territorio della Diocesi) al centro di una zona densamente popolata». Da alcuni mesi poi, questi 200 ettari della cosiddetta ‘Area Vasta Lo Uttaro’ risultano mappati tra i Siti di Interesse Nazionale perché a rischio ecologico e bisognosi di urgenti interventi di bonifica.
Ma la cosa ancor più sconcertante e preoccupante, Santità, è che il problema delle discariche costituisce solo un aspetto della catastrofe ambientale che incombe su di noi: la città di Caserta e l’intero territorio della Diocesi, infatti, fanno anche parte di quella regione martoriata – comprendente la parte più meridionale della provincia di Caserta e la periferia settentrionale di Napoli – ormai nota a tutti con il nome di ‘Terra dei fuochi’ come la definì in un suo libro un noto giornalista e scrittore corregionale. Il termine allude alla pratica di smaltire i rifiuti speciali bruciandoli, un fenomeno che – come è documentato ormai da anni – ha indubbiamente una matrice criminale, ma è anche imputabile alle numerose aziende che trovano conveniente smaltire illecitamente i rifiuti (ad esempio sversandoli direttamente nei corsi d’acqua) per abbattere i costi. In proposito, l’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti (in carica dal 25 luglio) ha affermato che «l’autorità giudiziaria ha cominciato ad affrontare il problema in maniera approfondita ed efficace dal 1993. Alla procura nazionale ci sono magistrati che si occupano specificamente di ecomafie; all’origine del problema tuttavia non c’è solo la camorra, come confermano le inchieste dalle quali emergono figure di personaggi non catalogabili come mafiosi ma che pure recitano ruoli di primo piano nelle attività di inquinamento». Intanto, l’emergenza non solo continua ma assume toni sempre più grotteschi, se si pensa ad esempio che persino i pneumatici abbandonati vengono sottoposti alla pratica criminale che li trasforma in materiale da innesco di roghi tossici; qui nel casertano, questi ultimi sono diventati particolarmente frequenti dagli anni 2007 e 2008, da quando cioè hanno potuto essere facilmente confusi con i roghi sprigionati dai cumuli di immondizia che, in più di una occasione, hanno invaso i nostri centri cittadini scatenandovi ‘l’inferno diossina’, la più abbondante tra le sostanze tossiche prodotte. Da allora, i danni sono davvero incalcolabili: dall’inevitabile biocidio rilevabile anche dai dati delle nostre parrocchie dei decessi causati da forme tumorali, alle ripercussioni sull’economia regionale dovute all’inquinamento di nostri prodotti meritevoli della Denominazione di Origine Protetta e dei quali i paesi esteri hanno bloccato o ridotto le importazioni. Dal 2010 infine, nelle nostre campagne sono stati sversati rifiuti industriali, anche di natura radioattiva, provenienti dal nord Italia e dal nord Europa. In questi giorni poi, in questo scenario già per nulla incoraggiante, le dichiarazioni di un noto ex camorrista, purtroppo supportate dal riscontro oggettivo del ritrovamento di rifiuti tossici nei luoghi da lui indicati, ha gettato le popolazioni della terra dei fuochi nella più pura costernazione, ed ha indotto molti a rivolgere numerosi ed accorati appelli anche a Lei perché intervenga personalmente nella questione.
Come vede, Santità, il problema che pongo alla Sua attenzione ha dimensioni assolutamente rilevanti; per questo, a titolo personale ma certo di interpretare il pensiero e il desiderio di tutti i miei confratelli parroci della Diocesi e delle Diocesi vicine, chiedo anch’io il Suo intervento – semplice e privo di formalità protocollari come quello di Lampedusa – volto a far conoscere a tutti i problemi della nostra amata ma martoriata terra campana.
Tutte le crisi ecologiche che affliggono il pianeta hanno un carattere prevalentemente etico già messo in rilievo dal Beato Giovanni Paolo II in occasione della 23a Giornata Mondiale della Pace; e Lei stesso, durante la Celebrazione inaugurale del Suo Pontificato, si è rivolto «a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà» esortandoli ad essere «custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente».
Santità, mi auguro davvero che presto Lei possa ripetere lo stesso accorato appello rivolgendosi specificamente ai nostri politici e ai nostri amministratori, richiamandoli ad un dovere che non riguarda solo noi cristiani dal momento che – e cito ancora le Sue parole – «la vocazione del custodire ha una dimensione semplicemente umana».

In attesa di un riscontro, bacio l’anello.