Otto contro otto


Il sindaco propone un “atto di responsabilità per il bene della città”. Il consigliere di maggioranza Schiavo assente alla votazione per le aliquote Irpef e Imu. A fine settembre il bilancio. Ora si rischia il dissesto finanziario e il commissariamento.

 

Cronaca del consiglio comunale del 16 settembre 2014


Ordine del giorno:
-Addizionale Comunale all'Irpef – Determinazione aliquota anno 2014;
-IMU e TARI – Approvazione Aliquote e Tariffe per l’anno 2014;
-Comunicazione variazione commissioni consiliari.

In apertura di seduta il consigliere di opposizione Pasquale Panico presenta una mozione che propone di non convocare i consigli comunali di mattina per permettere ai cittadini di potervi assistere, specialmente quando trattasi di argomenti importanti come il bilancio. Mozione approvata all’unanimità.

Punto 1 dell’OdG.
Dopo aver letto una nota in cui fa presente l’importanza delle cose in discussione, il sindaco Delli Paoli afferma di essere pronto a dimettersi se si approvano le aliquote proposte per il bene della città.

Il consigliere di opposizione Nuzzi critica aspramente l’amministrazione, la giudica incoerente sotto tutti i punti di vista e conclude: “Andiamocene a casa, maggioranza e opposizione. A questo punto è meglio che viene il commissario prefettizio”.

La consigliera di opposizione Annunziata si oppone a quest’atto di responsabilità giunto in questa seduta consiliare, “atto che doveva essere fatto già da tempo”.

Il consigliere di opposizione Mona afferma che questo atto di responsabilità è esclusivamente della maggioranza e non condivide che deve essere di tutto il consiglio comunale.

Il consigliere di maggioranza Schiavo ribadisce la sua "coerenza" a non votare le aliquote proposte.

Il consigliere di opposizione Della Peruta afferma che con questo aumento delle tariffe comunque non si risolve niente.

Gli risponde il sindaco per tranquillizzarlo, confermando che il recupero di queste somme è, invece, un atto di responsabilità verso la città per garantire tutti quei servizi indispensabili per il vivere civile.

Il consigliere di opposizione Della Peruta, non contento delle rassicurazioni del sindaco, chiede spiegazioni al responsabile dell’area finanziaria Meo per sapere l’entità dello sbilancio in caso di non approvazione delle aliquote. Chiede, inoltre, conferma che se approvate le aliquote il bilancio fosse in equilibrio. 

Meo risponde che lo sbilancio adesso è di 200mila euro e che se non si approvano le tariffe diventerà di un milione e mezzo.

Si passa alla votazione.

Il consigliere di maggioranza Schiavo è assente. 8 voti pro, 8 contro: la delibera non passa (ovvero resta in sospeso, potendo essa essere riproposta in altra seduta).

Punto due dell’Odg.
Il sindaco Delli Paoli afferma che altri comuni hanno aumentato al massimo e noi siamo al minimo e anche se controvoglia è costretto a proporre l’aumento dell’addizionale Irpef (dallo 0,6 allo 0,8) e l’ Imu seconda casa (dal 7,60 al 9,60). Ribadisce che è atto di responsabilità per il bene della città ed invita tutti, a mo’ di “buon padre di famiglia” e “con il cuore in mano”, ad approvare queste tariffe, altrimenti si rischia il dissesto finanziario. Il Primo Cittadino chiede il sacrificio a tutti e poi, per il bilancio di fine mese, si può collaborare per far sì che il tutto si sistemi, per evitare il commissariamento, il quale sarebbe una iattura per i cittadini, che si potrebbero vedere aumentare le tasse per i prossimi cinque anni. A soffrire potrebbero essere anche i dipendenti comunali, che vedrebbero le proprie posizioni contrattuali bloccate, come eventuali altre assunzioni.

Interviene la segretaria comunale Maciariello per confermare che queste due aliquote devono essere approvate per poter poi approvare il bilancio di fine mese, altrimenti si rischia o il commissariamento o il dissesto finanziario.

Si passa alla votazione.

Il consigliere di maggioranza Schiavo è ancora assente. 8 voti a favore, 8 contro: la delibera, come prima, non è approvata.

Punto 3 dell’Odg.
Non c’è votazione per le variazioni delle commissioni consiliari. E’ una semplice comunicazione.


Seduta terminata.


(nella foto: il sindaco Pasquale Delli Paoli, durante la seduta di martedi 16 settembre, con il presidente del consiglio comunale Paradiso e gli assessori Gentile, Sgambato e Santamaria)

 

Alcuni approfondimenti sul Dissesto finanziario: cos'è e come funziona.
Il dissesto finanziario è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano con l’articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989: in seguito questo istituto si è modificato, seguendo un’evoluzione che lo ha portato a trovare il maggiore equilibrio possibile fra i diritti dei cittadini e i diritti dei creditori dell’ente.
L’art. 244 del testo Unico 267 del 2000 stabilisce che si ha dissesto finanziario quando il Comune non è più in grado di assolvere alle funzioni ed ai servizi indispensabili oppure quando nei confronti dell’ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo strumento del debito fuori bilancio. Il dissesto finanziario di un ente locale non può essere equiparato al fallimento di un’impresa privata: l’ente locale non può cessare di esistere. In caso di dissesto, si crea semplicemente una frattura tra passato e futuro. Nel caso del dissesto, infatti, pur essendo sentita l’esigenza di tutelare i creditori dell’ente occorre sempre considerare la necessità di assicurare al Comune la continuità di esercizio nonostante il grave stato di crisi in quanto gli squilibri economici finanziari che hanno causato lo stato di crisi dell’ ente, non possono portare ad una forzata cessazione della sua attività. Gli oneri pregressi (compresi i residui attivi e passivi non vincolati), sono estrapolati dal bilancio comunale e passati alla gestione straordinaria. Un apposito Organo, nominato dal Presidente della Repubblica, si incarica delle insolvenze, attraverso la redazione di un piano di estinzione con il quale viene azzerata la situazione che ha creato il deficit, mentre l’Ente Locale con il suo consiglio eletto inizia una nuova vita finanziaria. La normativa sul risanamento prevede la sospensione della decorrenza degli interessi sui debiti ed il blocco delle azioni esecutive. Pertanto tutti gli Enti Locali che dichiarano il dissesto, devono provvedere con risorse finanziarie proprie. L’ente locale, una volta attivata la procedura del dissesto, deve obbligatoriamente adeguare le imposte, le tasse locali, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima prevista dalla legge. Per quanto riguarda il personale dipendente, l’Ente è tenuto a ridimensionare l’organico collocando in disponibilità gli eventuali dipendenti in soprannumero (la proporzione è di 1 dipendente per 93 abitanti). Per questi dipendenti, il Ministero dell’Interno garantisce un contributo pari al trattamento economico per cinque anni.
(da: http://www.coriglianocalabro.it/index.php/notizie/84-attualita/2948-dissesto-finanziario-cos-e-e-come-funziona)


Cosa succede quando il comune dichiara il dissesto finanziario?

 

Il dissesto finanziario di un comune è una procedura che coinvolge sia la politica che il mondo economico-finanziario.

 

Il dissesto è una cosa ben diversa dal fallimento di un'impresa privata in quanto non si può determinare l'estinzione del Comune proprio perché gli enti locali non possono cessare di esistere come una semplice impresa privata, ma bisogna garantire la continuità amministrativa.

 

Procedura che crea di fatto una frattura tra la precedente amministrazione e l’amministrazione controllata, permettendo al comune in dissesto di ripartire libero dai debiti, ma libero anche dai crediti e dal suo patrimonio, che verranno ceduti per consentire la liquidazione.

 

Tutto ciò che concerne il “pregresso” viene estrapolato dal bilancio comunale e trasferito alla gestione straordinaria che si occupa della liquidazione e che ha competenza su tutti i debiti correlati alla gestione entro il 31/12 dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, anche se venissero accertati successivamente.

 

QUANDO SI MANIFESTA IL DISSESTO?

 

Partiamo dal considerare una famiglia come un ente locale, l'art. 244 del Testo Unico sull’ordinamento locale stabilisce che si ha dissesto finanziario quando un ente non è più in grado di assolvere alle “ordinarie” funzioni ed ai servizi definiti indispensabili, quando nei confronti dell’Ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del riequilibrio di bilancio né con lo strumento straordinario del debito fuori bilancio.

 

La mancata definizione di un piano di rientro espone dunque un'amministrazione ai tanto temuti interessi passivi sul debito: giorno dopo giorno infatti, anche se non si contraggono nuovi debiti, l’esposizione debitoria aumenta, proprio per effetto degli interessi. I mutui vengono rinegoziati allungando i tempi di pagamento ma aumentando le rate, le finanziarie erogano prestiti ad interessi del 14%; insomma, più o meno ciò che succede a qualsiasi famiglia che abbia bisogno di liquidità.

 

COSA ACCADE IN CASO DI DISSESTO FINANZIARIO DELL'ENTE?

 

Nel momento in cui viene dichiarato il dissesto del comune, sindaco, giunta e consiglio resterebbero in carica ma verrebbero coadiuvati da una commissione espressamente designata dal Ministero degli Interni.

 

La commissione si occuperebbe del disavanzo pregresso, mentre l’amministrazione gestirebbe il bilancio “risanato” come è successo per l’Alitalia.

 

La sola ipotesi di commissariamento del Comune si verificherebbe nel caso in cui l’amministrazione non dovesse approvare il bilancio di previsione (la cui scadenza è alla fine del mese di maggio).

 

L’eventuale dichiarazione del dissesto di fatto congelerebbe invece la scadenza del bilancio stesso, mettendo in moto una procedura del tutto diversa per la definizione e l’approvazione del bilancio stesso; le conseguenze maggiori del dissesto finanziario si hanno sotto il profilo contabile.

 

Viene chiesto all’Ente locale di “contribuire” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali.

 

L’Ente dissestato è tenuto ad approvare un nuovo bilancio, basato principalmente sull’elevazione delle proprie entrate al livello massimo consentito dalla legge, vale a dire che tutte le tasse comunali (IMU, addizionale comunale, TARSU) saranno aumentate il più possibile fino ad arrivare al tetto massimo consentito dalla legge, basato, inoltre, sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese.

 

Spese comunali significa innanzitutto personale, la legge prevede che gli impiegati comunali devono essere nella misura di 1 su 93, pertanto da questa procedura scaturiranno esuberi di personale che verrà posto in mobilità.

 

Il comune è altresì tenuto a contribuire all’onere della liquidazione in particolare con l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio.

 

La dichiarazione di dissesto, in breve tempo, è parsa ai politici locali una negatività da evitare al fine di non essere costretti ad emanare provvedimenti così impopolari.

 

I provvedimenti da adottare in materia di personale e di tributi locali sono ritenuti così pesanti che gli enti arrivano il più delle volte alla dichiarazione di dissesto solo quando, a seguito delle azioni esecutive dei creditori che pignorano le somme della cassa comunale, non è più possibile pagare neppure gli stipendi al personale dipendente.

 

DOPO CHE IL CONSIGLIO COMUNALE DELIBERA IL DISSESTO COSA SUCCEDE?

 

La dichiarazione di dissesto produce tre ordini di effetti che riguardano: i creditori, la gestione ordinaria dell'ente locale e gli amministratori dello stesso ente.

 

Le conseguenze sui creditori operano fin dall'inizio; quelle sugli amministratori sono soltanto eventuali; quelle sulla gestione ordinaria (così come l'inizio dell'attività dell'organo straordinario di liquidazione) sono rinviate all'esercizio successivo nel caso in cui l'ente abbia già deliberato il bilancio di previsione per l'esercizio nel corso del quale è adottata la dichiarazione di dissesto.

 

A) Le conseguenze sugli amministratori sono limitate a quelli che la Corte dei conti ha individuato come i responsabili del dissesto imputando loro i danni per dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario.

 

Gli amministratori così riconosciuti responsabili non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali o di rappresentante di tali enti presso istituzioni, organismi ed enti pubblici o privati, quando, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, si accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile.

 

L'interdizione temporanea dai pubblici uffici può essere considerata una sanzione accessoria ed automatica a quella principale della condanna patrimoniale.

 

B) Le conseguenze sui creditori riguardano i rapporti obbligatori rientranti nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione e consistono nella cristallizzazione dei debiti, che non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, nonché nell'estinzione delle procedure esecutive in corso, con conseguente inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti, e nell'impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell'ente.

 

C) La dichiarazione di dissesto ha effetti sulla disciplina da applicare alla gestione durante il periodo intercorrente tra tale dichiarazione e l'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.

 

CHI PAGA GLI ERRORI CHE HANNO PORTATO AL DISSESTO?

 

Comunque vadano le cose, per l’amministrazione e per la cittadinanza si prospettano tempi tutt’altro che sereni.

 

La dichiarazione di dissesto finanziario rappresenterebbe senza dubbio un punto di svolta, ma a pagarne il prezzo sarebbe ancora una volta la cittadinanza.

 

L’ipotesi di bilancio da allegare alla delibera deve essere redatta sulla base di modelli ufficiali conformi alle disposizioni di legge e formulata in base:

 

a) alla previsione di aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni patrimoniali nella misura massima consentita dalla legge, con il recupero della base imponibile totalmente o parzialmente evasa quindi per l’imposta comunale sugli immobili l’Ente deve obbligatoriamente deliberare l’aliquota massima del 7 per mille e deve applicare e riscuotere con la massima speditezza i proventi derivanti dal rilascio delle concessioni edilizie inoltre deve determinare in misura tale da assicurare la copertura integrale dei costi di gestione del servizio per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani;

 

c) alla eliminazione dei servizi non indispensabili ed al contenimento degli altri livelli di spesa entro limiti di prudenza;

 

d) alle rate di ammortamento conseguenti al consolidamento dell’esposizione debitoria con la Cassa Depositi e Prestiti e con altri soggetti esercenti attività creditizia;

 

e) alle risorse assegnate dal Ministero dell’Interno per il trattamento economico del personale posto in disponibilità;

 

f) al contenimento delle perdite di gestione degli enti ed organismi dipendenti dall’Ente Locale nonché delle aziende municipalizzate, provincializzate, consortili e speciali, entro limiti compatibili con il bilancio riequilibrato dell’ente e sino al definitivo risanamento della gestione degli enti, organismi ed aziende;

 

g) per i servizi a domanda individuale l’Ente è tenuto ad approvare le tariffe che assicurino la copertura del 36 % dei costi complessivi dei servizi con i soli proventi degli utenti;

 

Contestualmente alla deliberazione dell’ipotesi di bilancio, l’ente deve deliberare ai livelli massimi di legge le tariffe relative a tutti i tributi (imposte, tasse, oneri di urbanizzazione e canoni o diritti), e ai canoni patrimoniali, con il conseguente recupero della base imponibile in presenza di fenomeni di evasione.

 

La manovra tariffaria relativa ai comuni dissestati non può limitarsi all’applicazione delle tariffe massime di legge, gli enti sono tenuti a trasmettere all’Ufficio Risanamento Enti Dissestati presso il Ministero dell’Interno, tutti i provvedimenti adottati al fine di accelerare i tempi per le riscossioni e per l’eliminazione dell’evasione.

 

L’Ente locale, inoltre, deve deliberare la rideterminazione della pianta organica qualora sia numericamente superiore alle unità spettanti sulla base del rapporto dipendenti/popolazione della fascia demografica di appartenenza secondo quanto previsto dalle norme. La mancata prioritaria rideterminazione della pianta organica può costituire pregiudizio ai fini dell’emissione del decreto ministeriale di approvazione dell’ipotesi di bilancio. La rideterminazione della pianta organica deve ispirarsi a criteri di funzionalità ed efficienza nell’erogazione dei servizi, assicurando prioritariamente quelli indispensabili.

(da http://batcomunica.blogspot.it/2013/05/trinitapoli-cosa-succede-quando-il.html)


Il dissesto finanziario

 

L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali - Il patto di stabilità interno

 

TITOLO VII

 

Il dissesto finanziario

 

Cap. I

 

La dichiarazione di dissesto

 

1. Lo stato di dissesto

 

Quando l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dello stesso crediti liquidi ed esigibili cui non si possa fare fronte secondo le disposizioni dell’art. 193, Tuel (riequilibrio del bilancio), nonché con le modalità di cui all’art. 194 (riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio) per le fattispecie ivi previste, si ha lo stato di dissesto finanziario (art. 244).

 

Le disposizioni ordinamentali relative al risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni (art. 244).

 

2.La deliberazione di dissesto finanziario

 

Secondo quanto previsto dall’art. 246, Tuel, il consiglio dell’ente locale, verificandosi le condizioni di cui al precedente paragrafo, deve adottare la deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario, con la quale valuta le cause che lo hanno determinato (l’obbligo di adottare la deliberazione dello stato di dissesto grava anche sul Commissario nominato per la temporanea gestione dell’ente nelle ipotesi di cui all’art. 141, c. 3, Tuel). Alla stessa deliberazione è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico-finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.

 

La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Deve essere trasmessa entro 5 giorni da quello in cui diviene esecutiva al Ministero dell’interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell’organo di revisione. La deliberazione è pubblicata per estratto sulla G.U. a cura del Ministero dell’Interno, insieme al D.P.R. di nomina dell’organo straordinario di liquidazione.

 

Il Consiglio di Stato (sez. V, 17 maggio 2006, n. 2837) ha ritenuto che sussiste la legittimazione a ricorrere, contro la delibera che dichiara il dissesto, di tutte le singole persone fisiche residenti nel comune nel caso di dichiarazione di dissesto finanziario dello stesso; tale dichiarazione costituisce la premessa per ulteriori provvedimenti sfavorevoli per i cittadini, contro i quali gli stessi non avranno modo di difendersi: riduzione dei servizi comunali, aumento delle tariffe di quelli restanti, aumento dell’aliquota dell’Imu.

 

Dalla data della stessa e fino all’emanazione del decreto del Ministro dell’Interno che approva l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato di cui all’art. 261, Tuel, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio (art. 248, Tuel).

 

Nel caso in cui, per l’esercizio in corso nel quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, sia già stato validamente deliberato il bilancio di previsione, il bilancio stesso esplica la sua efficacia per l’intero esercizio finanziario, divenendo operante, dall’adozione del provvedimento di dissesto, il divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge (art. 191, c. 5, Tuel). Gli ulteriori adempimenti ed i relativi termini iniziali stabiliti per il consiglio dell’ente e per l’organo di liquidazione sono differiti al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto.

 

Se, invece, al momento in cui viene dichiarato il dissesto è già stato approvato il bilancio per l’anno successivo, il consiglio provvede a revocare la relativa deliberazione ed il bilancio (art. 246, Tuel).

 

3.Compiti dell’amministrazione

 

Gli organi di governo dell’ente, dopo aver deliberato lo stato di dissesto, adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurare stabili condizioni di equilibrio alla gestione finanziaria, rimuovendo le cause e le situazioni strutturali che hanno determinato il dissesto.

 

I responsabili dell’organizzazione sono tenuti ad attuare le prescrizioni ed i provvedimenti per il risanamento della gestione stabiliti dalla legge, dal decreto di approvazione del bilancio riequilibrato e dalle decisioni degli organi dell’ente.

 

4. Le conseguenze del dissesto sui soggetti coinvolti

 

L’art. 6 del decreto n. 149/2011 ha previsto che gli amministratori locali che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile.

 

I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

 

Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari.

 

Ai sensi dell’art. 248, c. 5 e 5-bis, Tuel, fermo restando quanto previsto dall’art. 1 della legge n. 20/1994:

 

- gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione;

 

- qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari, nonché al Ministero dell’interno per la conseguente sospensione dall’elenco regionale dei revisori degli enti locali. Ai medesimi soggetti, ove ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione.

 

5. Le conseguenze verso i terzi

 

L’art. 248, Tuel, stabilisce le seguenti conseguenze della deliberazione che dichiara il dissesto:

 

- dalla data della deliberazione che dichiara il dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto per capitale, accessori e spese;

 

- i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità di legge;

 

- dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256, Tuel, i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. La stessa disciplina si applica ai crediti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, con decorrenza dal momento della loro liquidità ed esigibilità.

 

A seguito della dichiarazione di dissesto dell’ente locale, il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente stabilito dall’art. 248 del T.U. n. 267/2000, perdura sino alla data di approvazione del rendiconto dell’organo di liquidazione di cui all’art. 256 del T.U., e riguarda tutti i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, e cioè quelli maturati fino al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano o meno i requisiti per essere inclusi da detto organo nel piano di rilevazione della massa passiva formato ex art. 254 (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2003, n. 6801).

 

Si consideri, infine, che la dichiarazione di dissesto del comune non preclude la condanna giudiziale dell’amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice, ma impone soltanto l’instaurazione di una procedura concorsuale per il pagamento dei debiti assunti dal comune prima della dichiarazione dello stato di dissesto (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2004, n. 760).

 

Cap. II

 

La gestione durante la procedura

 

1.La gestione del bilancio: i limiti per impegni e pagamenti

 

Dalla data della deliberazione del dissesto e sino all’approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, l’ente locale non può impegnare per ciascun intervento somme superiori a quelle definitivamente previste nell’ultimo bilancio approvato e comunque nei limiti delle entrate accertate. I pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle somme impegnabili, escluse le spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L’ente applica principi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l’ipotesi di bilancio riequilibrato dallo stesso predisposta.

 

Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell’ultimo bilancio approvato manchino gli stanziamenti ovvero gli stessi siano previsti per importi insufficienti, il consiglio, o eccezionalmente la giunta con i poteri del consiglio, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell’ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni sono notificate al tesoriere (art. 250, Tuel).

 

2. La riduzione delle spese correnti

 

Gli organi dell’ente riorganizzano con criteri di efficienza tutti i servizi, per ridurre le spese correnti, rivedendo le dotazioni finanziarie destinate ad ogni attività ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l’esercizio di servizi pubblici indispensabili.

 

Emanano i provvedimenti necessari per il risanamento economico-finanziario degli enti ed organismi dipendenti e delle aziende speciali, secondo le norme vigenti (art. 259, c. 5, Tuel).

 

2.1. La spesa del personale

 

Per la riduzione delle spese l’ente locale ridetermina la pianta organica dichiarando eccedente il personale comunque in servizio di sovrannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti-popolazione, validi per gli enti in condizioni di dissesto, ai sensi dell’art. 263, comma terzo, del Testo unico e definiti dal D.M. 16 marzo 2011 (in G.U. 26 marzo 2011, n. 70) per il triennio 2011-2013, fermo restando l’obbligo di accertare le compatibilità di bilancio:

 

COMUNI

 

Fascia demografica Rapporto medio dipendenti/popolazione

 

fino a 999 abitanti 1/98

 

da 1.000 a 2.999 abitanti 1/130

 

da 3.000 a 9.999 abitanti 1/144

 

da 10.000 a 59.999 abitanti 1/122

 

da 60.000 a 249.999 abitanti 1/106

 

oltre 249.999 abitanti 1/75

 

PROVINCE

 

Fascia demografica Rapporto medio dipendenti/popolazione

 

fino a 299.999 abitanti 1/571

 

da 300.000 a 499.999 abitanti 1/452

 

da 500.000 a 999.999 abitanti 1/944

 

da 1.000.000 a 2.000.000 abitanti 1/810

 

oltre 2.000.000 abitanti 1/1062

 

Agli enti in condizione di dissesto spetta, in ogni caso, un numero di dipendenti non inferiore a quello spettante agli enti di maggior dimensione della fascia demografica precedente.

 

La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50% della spesa media annua sostenuta a tale titolo per l’ultimo triennio antecedente l’anno a cui l’ipotesi si riferisce. L’ente locale provvede alla rideterminazione della pianta organica ed al collocamento in disponibilità del personale eccedente in base alle disposizioni di legge vigenti. La rideterminazione della pianta organica è sottoposta all’esame della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, per l’approvazione.

 

Il mancato rispetto degli adempimenti sopra indicati comporta la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell’Interno. L’ente locale è autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell’ipotesi di bilancio un importo pari alla quantificazione del danno subito. È consentito all’ente il mantenimento dell’importo tra i residui attivi sino alla conclusione del giudizio di responsabilità (T.U., art. 259, comma 8).

 

2.2. Il personale eccedente le dotazioni organiche rideterminate

 

Al personale eccedente la dotazione organica rideterminata ed approvata dalla Commissione centrale si applicano le disposizioni relative al collocamento in disponibilità stabilite dall’art. 260 del Testo unico, le quali prevedono, fra l’altro, che il dipendente collocato in disponibilità può essere trasferito ad un posto vacante presso un’altra amministrazione secondo le ordinarie procedure di mobilità o d’ufficio. Il collocamento in disponibilità cessa dalla data di effettiva presa di servizio presso altra amministrazione. Nel caso di mancata accettazione del trasferimento da parte del dipendente ovvero quando non vi siano posti vacanti, l’amministrazione di appartenenza dispone la cessazione dal servizio a decorrere dal termine del periodo di disponibilità.

 

Il Ministero dell’Interno assegna all’ente locale, per il personale posto in disponibilità, un contributo pari alla spesa relativa al trattamento economico, con decorrenza dalla data della deliberazione che ha disposto il collocamento in disponibilità e per tutta la durata della stessa. Lo stesso contributo, per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all’ente locale presso il quale il personale suddetto assume servizio (art. 260, c. 2, Tuel).

 

Per il periodo di collocamento in disponibilità l’ente locale è tenuto al pagamento degli emolumenti spettanti ai dipendenti interessati dalla data della deliberazione e per tutta la durata della disponibilità, fermo restando il diritto al rimborso da parte dello Stato, su richiesta dell’ente da presentarsi entro 60 giorni dalla cessazione dello stato di disponibilità (art. 15, D.P.R. n. 378/1993, sostituito dall’art. 120, c. 3, lett. p, del D.Lgs. n. 77/1995, rimasto in vigore).

 

Al personale collocato in disponibilità si applicano le vigenti disposizioni, così come integrate dai contratti collettivi di lavoro, in tema di eccedenze di personale e di mobilità collettiva o individuale (art. 260, c. 1, Tuel).

 

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano possono porre a proprio carico oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di cui alla pianta organica rideterminata, ove gli oneri predetti siano previsti per tutti gli enti operanti nell’ambito della medesima regione o provincia autonoma (art. 259, c. 10, Tuel).

 

2.3. I contratti a tempo determinato

 

I contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, avvalendosi della facoltà accordata dall’art. 110, quarto comma, del Testo unico, sono risolti di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiara il dissesto o venga a trovarsi in situazione strutturalmente deficitaria.

 

3. L’attivazione delle entrate proprie

 

3.1. Imposte locali - applicazione nella misura massima consentita

 

Il consiglio, nella prima riunione dopo la deliberazione di dissesto o comunque entro 30 giorni dalla data di esecutività di tale provvedimento, è tenuto a deliberare, per le imposte e tasse locali di spettanza dell’ente, diverse dalla Tarsu, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita.

 

Per effetto di quanto stabilito dall’art. 251, Tuel, in questo caso non si applica l’esclusione delle aliquote dei tributi dalla competenza del consiglio, stabilita con la modifica dell’art. 42, c. l/f, dello stesso ordinamento.

 

Per l’imposta comunale sugli immobili l’aliquota da applicare è quella massima, pari al 7 per mille.

 

La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.

 

Per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della Tarsu/Tariffa rifiuti, gli enti devono applicare misure tariffarie che assicurino la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per lo stesso periodo, per i servizi a domanda individuale, il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura minima del 36%, prevista dalle norme vigenti. Per i rapporti di copertura dei costi dei servizi si rinvia anche a quanto stabilito dal nuovo testo dell’art. 45 del D.Lgs. n. 504/1992, sostituito dall’art. 19 del D.Lgs. n. 342/1997.

 

L’adozione della delibera di istituzione dell’addizionale locale all’Irpef resta una facoltà anche per i comuni in stato di risanamento finanziario (Min. interno, circolari telegrafiche 9 dicembre 1998, n. FL 34/98, e 17 dicembre 1998, n. FL 37/98).

 

Gli enti dissestati devono trasmettere al Ministero dell’interno, entro il 31 marzo di ogni anno, tramite gli uffici territoriali del Governo, la certificazione per la dimostrazione del tasso di copertura nell’anno precedente dei costi dei servizi a domanda individuale, del servizio di nettezza urbana e del servizio acquedotti.

 

Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per l’individuazione dell’organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione di dissesto.

 

3.2. Imposte e tasse di nuova istituzione

 

Per le imposte e tasse istituite successivamente alla deliberazione del dissesto l’organo dell’ente, competente ai sensi di legge, deve deliberare entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo, le aliquote e le tariffe nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per il numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.

 

3.3. Enti dissestati con consuntivi in attivo per un biennio

 

Gli enti locali dissestati che presentano, per due esercizi finanziari consecutivi, consuntivi della gestione riequilibrata con avanzo, sono esonerati dall’applicazione obbligatoria degli aumenti delle aliquote massime delle imposte e tasse, come rideterminate dalla legge n. 662/1996.

 

La norma, stabilita dall’art. 1, comma 157, della legge n. 662, deroga, per gli enti ai quali fa riferimento, alla disposizione dell’art. 251, comma 3, del Testo Unico, secondo la quale la delibera dell’ente dissestato che stabilisce le aliquote e le tariffe di base delle imposte e tasse locali ha efficacia per il numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.

 

Cap. III

 

L’ipotesi di bilancio riequilibrato

 

1. Termine per la presentazione

 

Il consiglio dell’ente delibera e presenta al Ministro dell’Interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del D.P.R. di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, un’ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato (art. 259, c. 1, Tuel).

 

Per le province ed i comuni il termine per la presentazione dell’ipotesi di bilancio è sospeso a seguito di elezioni amministrative per l’ente, dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino all’insediamento dell’organo esecutivo (art. 259, c. 11, Tuel).

 

2. La deliberazione

 

L’ipotesi di bilancio riequilibrato è deliberata dal consiglio o dal commissario ed è presentata al Ministero dell’Interno nel termine perentorio in precedenza indicato. L’ipotesi di bilancio è redatta secondo il modello allegato alla circolare del Ministero dell’intero F.L. n. 16/2002, come modificato dalla circolare F.L. 3/2008.

 

2.1. Il contenuto

 

L’ipotesi di bilancio è stabilmente riequilibrata quando viene assicurato un pareggio economico e finanziario che preveda ragionevoli rapporti tra le diverse componenti della spesa in modo che una o più di esse non ne comprimano altre, rendendo impossibile la copertura finanziaria dei servizi indispensabili.

 

L’ipotesi di bilancio è formulata in base:

 

a) alla previsione di aumento delle imposte, delle tasse e dei canoni patrimoniali nella misura massima consentita dalla legge, con il recupero della base imponibile totalmente o parzialmente evasa;

 

b) al contributo erariale per l’allineamento alla media dei contributi erariali dei comuni della stessa classe demografica, calcolato secondo quanto stabilito dal quarto comma dell’art. 259;

 

c) alle norme di legge relative al personale dipendente in eccedenza;

 

d) all’eliminazione dei servizi non indispensabili ed al contenimento degli altri livelli di spesa entro limiti di prudenza;

 

e) alle rate di ammortamento conseguenti al consolidamento dell’esposizione debitoria con la Cassa depositi e prestiti e con altri soggetti esercenti attività creditizia;

 

f) alle risorse assegnate dal Ministero dell’Interno per il trattamento economico del personale posto in mobilità (art. 260, c. 1);

 

g) al contenimento delle perdite di gestione degli enti ed organismi dipendenti dall’ente locale nonché delle aziende municipalizzate, provincializzate, consortili e speciali, entro limiti compatibili con il bilancio riequilibrato dell’ente e sino al definitivo risanamento della gestione degli enti, organismi ed aziende.

 

Contestualmente alla deliberazione dell’ipotesi di bilancio, l’ente locale delibera:

 

a) l’aumento di tutte le imposte e tasse (compreso il contributo per i permessi di costruzione) e di tutti i canoni patrimoniali e tariffe alle misure massime stabilite dalla legge;

 

b) provvedimenti di immediata applicazione tendenti ad eliminare ogni evasione dei tributi, delle tariffe e dei canoni patrimoniali;

 

c) la rideterminazione della pianta organica con la riduzione della stessa entro il rapporto medio dipendenti/abitanti della fascia demografica di appartenenza;

 

d) i provvedimenti relativi al risanamento economico-finanziario degli enti ed organismi dipendenti dall’ente locale nonché delle aziende speciali dell’ente, secondo le norme vigenti in materia.

 

2.2. Il procedimento

 

La presentazione al Ministro dell’interno dell’ipotesi di bilancio si intende realizzata mediante il deposito dell’atto alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali operante presso la Direzione generale dell’Amministrazione civile, unitamente ai seguenti documenti:

 

a) relazione nella quale sia data dimostrazione della razionalizzazione dei servizi e della maggiore economicità ed efficienza che si vuole raggiungere, con allegati i piani finanziari delle opere pubbliche realizzate negli ultimi tre anni o in corso di realizzazione;

 

b) relazione del revisore o del collegio dei revisori dei conti, sull’ipotesi di bilancio;

 

c) rapporto dell’ente ai fini dell’istruttoria dell’ipotesi di bilancio;

 

d) deliberazioni di aumento dei tributi e dei canoni patrimoniali;

 

e) deliberazioni riguardanti la riorganizzazione dei servizi;

 

f) deliberazioni di rideterminazione della pianta organica e di mobilità del personale.

 

È fatto obbligo all’ente di corredare le deliberazioni con la certificazione relativa alla loro esecutività (art. 14, D.P.R. n. 378/1993).

 

Avvenuta l’approvazione dell’ipotesi di bilancio l’ente provvede entro 30 giorni a deliberare il bilancio dell’esercizio al quale l’ipotesi si riferisce.

 

Con il decreto ministeriale di approvazione, è fissato il termine, non superiore a 120 giorni, per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall’ente e per la presentazione delle relative certificazioni (art. 264, Tuel).

 

2.3. Le assegnazioni statali inferiori alla media nazionale

 

Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media della fascia demografica di appartenenza, come definite con l’ultimo decreto emanato dal Ministero dell’Interno il 17 luglio 2008 (in G.U. 12.8.2008, n. 188) per il triennio 2008-2010 (ved. tabella a conclusione di questa parte), richiedono con la presentazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, e compatibilmente con le risorse a ciò destinabili, l’adeguamento dei trasferimenti statali alla media predetta quale fattore del consolidamento finanziario della gestione (art. 259, c. 4). Tale previsione ordinamentale è peraltro, ora, da correlare con il nuovo assetto della finanza derivata conseguente all’avvio del Fondo sperimentale di riequilibrio ed alla fiscalizzazione dei trasferimenti erariali.

 

3. Durata della procedura di risanamento

 

Il risanamento dell’ente dissestato ha durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è garantito il mantenimento dei contributi erariali (art. 265, c. 1, Tuel).

 

4. Attuazione delle prescrizioni del decreto ministeriale

 

Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell’ipotesi di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari, dell’ente locale, con l’obbligo di riferire sul loro stato di attuazione in apposito capitolo della relazione al rendiconto annuale.

 

L’organo di revisione riferisce, in merito a quanto sopra stabilito, trimestralmente al consiglio dell’ente.

 

L’inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell’interno di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato comporta la segnalazione dei fatti all’Autorità giudiziaria per l’accertamento delle ipotesi di reato (art. 265, c. 2, 3 e 4, Tuel).

 

5. Ulteriori conseguenze sulla gestione

 

5.1. Investimenti

 

Dall’emanazione del decreto di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato e per la durata del risanamento, gli enti locali dissestati possono procedere all’assunzione di mutui per investimento ed all’emissione di prestiti obbligazionari, secondo le leggi vigenti (art. 266, Tuel).

 

5.2. Pianta organica

 

Per la durata del risanamento, la pianta organica rideterminata ai sensi dell’art. 259 del Testo unico non può essere variata in aumento (art. 267, Tuel).

 

5.3. Utilizzo di entrate a specifica destinazione

 

L’art. 195 del Testo unico stabilisce che gli enti locali in stato di dissesto finanziario dall’emanazione del decreto di approvazione dell’ipotesi di bilancio rideterminato, possono disporre l’utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall’assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa DD.PP., per un importo non superiore all’anticipazione di tesoreria disponibile.

 

5.4. Ricostituzione di disavanzo d’amministrazione o di debiti fuori bilancio

 

Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all’art. 193 o l’insorgenza di debiti fuori bilancio, non ripianabili con le modalità di cui all’art. 194 o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 259, 265, 266 e 267, comportano la segnalazione dei fatti all’Autorità giudiziaria per l’accertamento delle ipotesi di reato e l’invio degli atti alla Corte dei conti per l’accertamento delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri.

 

In tali casi il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione, stabilisce le misure necessarie per il risanamento anche in deroga alle norme vigenti, senza oneri per lo Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di collaborazione tra enti locali di cui agli artt. da 30 a 33 del Testo unico.

 

Cap. IV

 

Il procedimento di liquidazione della situazione pregressa

 

1. L’organo straordinario di liquidazione

 

L’organo straordinario di liquidazione, nominato ai sensi dell’art. 252, Tuel, ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla:

 

a) rilevazione della massa passiva;

 

b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;

 

c) liquidazione e pagamento della massa passiva.

 

L’organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell’ente locale, può utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell’ente locale ed emanare direttive burocratiche. L’ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell’organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature nonché il personale necessario.

 

L’organo straordinario di liquidazione può autorganizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine dell’attività di ripiano dei debiti rientrano nel patrimonio dell’ente locale.

 

In ogni caso di accertamento di danni cagionati all’ente locale o all’erario, l’organo straordinario di liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale presso la Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell’interno tramite le prefetture.

 

2. La determinazione della massa passiva

 

L’organo straordinario di liquidazione provvede all’accertamento della massa passiva mediante la formazione, entro 180 giorni dall’insediamento, di un piano di rilevazione. Il termine è elevato di ulteriori 180 giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province.

 

Ai fini della formazione del piano di rilevazione l’organo straordinario di liquidazione entro 10 giorni dalla data dell’insediamento, dà avviso, mediante affissione all’albo pretorio ed anche a mezzo stampa, dell’avvio della procedura di rilevazione delle passività dell’ente locale. Con l’avviso l’organo straordinario di liquidazione invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell’ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l’inserimento nel piano di rilevazione.

 

Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi:

 

a) i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all’art. 194, Tuel, verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato;

 

b) i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell’art. 248, c. 2, Tuel;

 

c) i debiti derivanti da transazioni compiute dall’organo straordinario di liquidazione.

 

L’organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all’ente che i responsabili dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione è stata effettivamente resa e che la stessa rientra nell’àmbito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’ente locale; i responsabili dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l’attestazione si intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito. I responsabili dei servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto.

 

Sull’inserimento nel piano di rilevazione della massa passiva delle domande presentate decide l’organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al momento dell’approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall’eventuale attestazione dei responsabili degli uffici dell’ente.

 

Negli enti locali in dissesto non possono essere inclusi, nel piano di rilevazione della massa passiva, quali debiti fuori bilancio, i debiti che non siano stati ancora accertati (e quindi non certi, liquidi ed esigibili), ancorché risalenti a comportamenti o provvedimenti degli amministratori dell’ente prima della scadenza prevista dal comma 4 dell’art. 252, Tuel (Cons. Stato, V, 22 agosto 2003, n. 4735; 3 agosto 2004, n. 5426).

 

L’organo straordinario di liquidazione è autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti nelle fattispecie ammissibili nella massa passiva, inserendo il debito risultante dall’atto di transazione nel piano di rilevazione.

 

Si ritiene utile sottolineare che la procedura di liquidazione dei debiti degli enti locali dissestati è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, sicché la tutela della concorsualità comporta l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore (Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2004, n. 1035).

 

In caso di inosservanza del termine per la rilevazione della massa passiva, di negligenza o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza, può essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti dell’organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il Ministro dell’Interno, previo parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l’adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell’interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari sostituiti.

 

Ai fini dell’applicazione degli artt. 252, c. 4, e 254, c. 3, del Tuel, si intendono compresi nelle fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione.

 

3. L’accertamento della massa attiva

 

L’organo straordinario di liquidazione provvede all’accertamento della massa attiva costituita dal contributo dello Stato di cui all’art. 255, Tuel, di cui al precedente Cap. II, par. 4, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall’ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile.

 

L’organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall’ente e non ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonché all’accertamento delle entrate tributarie per le quali l’ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge.

 

Qualora necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l’organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo, le procedure per l’alienazione di tali beni. L’ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni; il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. A tali fini il limite di cui all’art. 204, c. 1, Tuel, è elevato sino al 40 per cento.

 

Non compete, invece, all’organo straordinario di liquidazione l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonché l’amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamento.

 

Per il finanziamento delle passività l’ente locale può destinare anche quota dell’avanzo di amministrazione non vincolato.

 

Nei confronti della massa attiva determinata non sono ammessi sequestri o procedure esecutive; le procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli sulle somme

 

4. Debiti insoluti - Interessi e rivalutazioni

 

Le disposizioni relative alla disciplina dello stato di dissesto degli enti locali, relative ai debiti insoluti ed al diritto dei creditori ad interessi e rivalutazione monetaria, sono motivo di ricorrente contenzioso, in merito al quale sono particolarmente significative le decisioni che seguono.

 

È stato ritenuto, in particolare, quanto segue:

 

- dalla data della deliberazione del dissesto, ai sensi dell’art. 248, c. 3, Tuel, e fino all’approvazione del rendiconto i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi e non sono soggetti a rivalutazione monetaria. Il tenore della norma è inequivoco nel senso di escludere che nei confronti dei comuni, una volta intervenuta la dichiarazione di dissesto, possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive. La funzione della norma è chiara nel senso di garantire la parità di condizione di tutti i creditori dell’ente locale che si trovi in difficoltà finanziarie e che non sia in grado di soddisfare in modo pieno i suoi impegni e di effettuare puntualmente i pagamenti dovuti (Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2326);

 

- in tema di blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, l’art. 21, D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, convertito con modificazione dalla legge 19 marzo 1993, n. 68 (ora trasfuso nell’art. 248, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), va interpretato nel senso che anche dopo la dichiarazione di dissesto continuano a maturare sui debiti pecuniari degli enti dissestati interessi e rivalutazione, restando soltanto escluse l’opponibilità alla procedura di liquidazione e l’ammissione, alla massa passiva, degli interessi e della rivalutazione maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione dell’apposito rendiconto. I debiti insoluti alla data di dichiarazione del dissesto finanziario dell’ente locale non producono interessi né rivalutazione monetaria, ha carattere meramente sospensivo e non preclude all’interessato - una volta esaurita la gestione straordinaria con la cessazione della fase di dissesto - di riattivare la procedura per la corresponsione delle poste stesse nei confronti dell’ente risanato. Il termine di prescrizione dei diritti vantati nei confronti dell’ente locale continua a decorrere regolarmente nel periodo del dissesto (Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 2005, n. 2466).

 

5. La procedura semplificata

 

Nel caso in cui l’organo straordinario di liquidazione non possa concludere entro i termini di legge la procedura del dissesto per l’onerosità degli adempimenti connessi alla compiuta determinazione della massa attiva e passiva dei debiti pregressi, il Ministro dell’interno, d’intesa con il sindaco dell’ente locale interessato, dispone con proprio decreto una chiusura anticipata e semplificata della procedura del dissesto con riferimento a quanto già definito entro il trentesimo giorno precedente il provvedimento, così come previsto dall’art. 268-bis, Tuel. Il provvedimento fissa le modalità della chiusura, tenuto conto del parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali.

 

Qualora l’organo straordinario di liquidazione abbia approvato il rendiconto senza che l’ente possa raggiungere un reale risanamento finanziario, il Ministro dell’interno, d’intesa con il sindaco del comune interessato, dispone con proprio decreto, sentito il parere della Commissione finanza ed organici degli enti locali, la prosecuzione della procedura di dissesto.

 

La prosecuzione è affidata ad un’apposita Commissione nominata dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno.

 

L’art. 268-ter integra e perfeziona la procedura straordinaria prevista dall’art. 268-bis.

 

La commissione per il risanamento, nel verificare l’esatta composizione della massa passiva, può includere anche passività comunque riferite ad atti e fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se a tale data non vi fossero le condizioni di certezza, liquidità ed esigibilità maturate in seguito. Alla liquidazione di tali passività provvede la nuova commissione con i fondi accantonati dall’ente locale nei bilanci annuali e pluriennali, come previsto dal comma 5 dell’art. 268-bis.

 

Un ulteriore vincolo alle procedure esecutive in quanto le somme a disposizione dei creditori per le stesse non possono superare quelle stabilite dalla delibera dell’ente in conformità all’art. 268-bis purché l’ente rispetti gli impegni finanziari presi con la delibera.

 

Non sono ammesse - sino al compimento della procedura straordinaria - azioni esecutive o espropriazioni forzate nei confronti dell’ente locale per i debiti che rientrano nella competenza della procedura avviata. La nullità delle azioni esecutive deve essere eccepita dall’ente stesso e/o dalla nuova commissione chiamata in giudizio. È applicabile, per analogia, quanto disposto dell’art. 248, comma 4, del T.U., con la sospensione degli interessi e della rivalutazione monetaria per i debiti ancora insoluti, per i debiti di competenza della commissione divenuti liquidi ed esigibili dopo la dichiarazione di dissesto e per le somme dovute a seguito di anticipazioni di cassa già erogate. La nullità delle procedure di esecuzione forzata e la sospensione della produzione degli accessori si protraggono sino al compimento della procedura (art. 268-bis, c. 5). Il compimento si identifica con l’approvazione del rendiconto relativo alle attività di liquidazione e pagamento delle partite debitorie rilevate durante l’attività gestionale della nuova procedura nel caso in cui i piani di impegno vengano approvati con provvedimento ministeriale entro la durata massima dell’attività gestionale della nuova commissione. Altro caso di compimento della procedura è costituito dal decreto di chiusura del dissesto nel caso in cui le operazioni di liquidazione e pagamento si protraggano oltre la normale scadenza ed alla fase di liquidazione debba provvedere l’ente.

 

Gli enti locali già dissestati possono ricorrere in via straordinaria alla procedura disciplinata dagli artt. 268-bis e 268-ter qualora siano accertati maggiori debiti rientranti nel dissesto (anche per interessi, rivalutazioni e spese legali), riferiti ad atti o fatti di gestione avvenuti entro il 31 dicembre dell’anno antecedente a quello del bilancio riequilibrato.

 

Per consentire il definitivo risanamento degli enti che si sono avvalsi della procedura straordinaria di cui all’art. 268-bis Tuel, con l’art. 40, c. 4, del D.L. n. 248/2007, come convertito in legge n. 31/2008, è stata disposta l’erogazione di 10 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all’art. 24, c. 1, del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con legge n. 222/2007.

 

Le somme sono assegnate all’organo straordinario di liquidazione dell’ente e sono ripartite proporzionalmente alla differenza fra la massa passiva e fra la massa attiva risultante da apposita certificazione sottoscritta dall’organo medesimo, dal sindaco e dal responsabile finanziario dell’ente.

 

Cap. V

 

Il finanziamento del risanamento

 

1. Lo stato di dissesto dichiarato prima dell’entrata in vigore della legge cost. n. 3/2001

 

Per gli enti locali che hanno dichiarato lo stato di dissesto finanziario prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001 (8 novembre 2001), continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al titolo VIII della parte seconda del Tuel che disciplinano l’assunzione di mutui per il risanamento, nonché la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento.

 

L’art. 255 del T.U. n. 267/2000 ha previsto che per assicurare le risorse per il risanamento, per il fabbisogno non coperto dalla massa attiva propria dell’ente, lo Stato finanziava gli oneri di ammortamento di un mutuo assunto dall’organo straordinario di liquidazione in nome e per conto dell’ente con la Cassa DD.PP., in unica soluzione, al tasso vigente ed ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell’interno, il cui effettivo costo veniva però posto a carico del Fondo per il finanziamento degli investimenti, come sotto indicato.

 

L’importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato era determinato sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale determinato in misura di cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed una quota per abitante, spettante ad ogni ente, secondo quanto stabilito dall’art. 255, c. 4, Tuel. Per l’assunzione di questo mutuo non si applicava il limite all’assunzione dei mutui di cui all’art. 204, c. 1, dello stesso ordinamento.

 

È bene evidenziare che gli oneri di ammortamento dei mutui, assunti dallo Stato, hanno fatto e fanno carico al fondo per gli investimenti degli enti locali (art. 88, c. 6, D.Lgs. n. 77/1995; art. 255, c. 7, D.Lgs. n. 267/2000), ossia che l’onere del dissesto è sempre stato assunto dal sistema delle autonomie nel suo complesso, di fatto senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato. Sul predetto fondo sono infatti imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali dissestati.

 

2. Il dissesto dichiarato dopo l’8 novembre 2001

 

Per gli enti locali che hanno dichiarato lo stato di dissesto finanziario dopo l’8 novembre 2001 resta la facoltà di contrarre mutui senza oneri a carico dello Stato per finanziare passività relative a spese di investimento, nonché mutui per il ripiano dell’indebitamento di parte corrente, ma limitatamente alla copertura dei debiti maturati entro la suddetta data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001; ogni altro onere deve trovare copertura in risorse proprie dell’ente non provenienti dall’indebitamento.

 

Con l’art. 5 del D.L. 29 marzo 2004, n. 80, convertito dalla legge 28 maggio 2004, n. 140, è infatti stato stabilito che in attesa che venga data attuazione al titolo V della parte seconda della Costituzione le disposizioni del titolo VIII della parte II del T.U. 18 agosto 2000, n. 267 che disciplinano l’assunzione di mutui per il risanamento dell’ente locale dissestato, nonché la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione nei confronti degli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario a decorrere dalla data dell’8 novembre 2001, di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

Resta ferma per tali enti la facoltà di assumere mutui, senza oneri a carico dello Stato, per il finanziamento di passività correlate a spese di investimento, nonché per il ripiano di passività correlate a spese correnti purché queste ultime siano maturate entro la data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

3. Incremento della massa attiva a carico del Fondo ordinario

 

Per gli anni 2012, 2013 e 2014, ai sensi dell’art. 3-bis del D.L. n. 174/2012, conv. in legge n. 213/2012, le somme disponibili sul Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno, accantonate ai sensi dell’art. 35, c. 6, D.Lgs. n. 504/1992, e non utilizzate nei richiamati esercizi, per gli interventi di cui agli artt. 259, c. 4, e 260, c. 2, Tuel, di cui ai precedenti paragrafi, sono destinate all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario, deliberato dopo il 4 ottobre 2007 e fino al 7 dicembre 2012 (data di entrata in vigore del decreto n. 174).

 

Il contributo è ripartito, nei limiti della massa passiva accertata, in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto, secondo i dati forniti dall’Istat. Ai fini del riparto, gli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono considerati come enti di 5.000 abitanti. A tal fine, le somme non impegnate di cui al primo periodo, entro il limite massimo di 30 milioni di euro annui, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell’interno per le finalità di cui trattasi.

 

4. Situazione complessiva

 

È possibile, sulla base della diversa disciplina applicabile, suddividere gli enti dissestati a seconda delle diverse risorse esterne utilizzabili per il finanziamento delle passività. Risulta allora che:

 

- n. 412 enti hanno dichiarato lo stato di dissesto entro l’8 novembre 2001, per i quali lo Stato ha assicurato ancora il pagamento degli oneri del mutuo per il risanamento finanziati a valere sul fondo per gli investimenti;

 

- n. 6 enti lo hanno dichiarato dopo l’8 novembre 2001 ed entro il 31 dicembre 2003, per i quali è stato previsto il contributo statale totale annuo di euro 600.000 per il triennio 2004-2006;

 

- n. 42 enti hanno dichiarato il dissesto dal 1° gennaio 2004. Per questi ultimi è possibile attingere al contributo straordinario dello Stato (D.L. n. 159/2007) e per quelli della regione Sicilia, all’apposita contribuzione regionale (L.R. n. 8/2006).

 

Enti dissestati per Regione ed anno del dissesto all’22.2.2012

 

REGIONE 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Totale compless.

 

Piemonte 1 2 1 1 5

 

Lombardia 3 3 5 1 1 1 1 15

 

Liguria 1 2 1 4

 

Veneto 1 1 1 3

 

Emilia Romagna 1 4 1 1 1 8

 

Toscana 3 1 1 5

 

Umbria 2 1 1 4

 

Marche 2 1 1 1 1 6

 

Lazio 7 2 5 2 7 3 3 2 1 2 1 1 1 1 2 2 1 43

 

Abruzzo 6 1 1 4 1 1 3 1 18

 

Molise 4 4 1 2 1 1 2 15

 

Campania 18 18 10 12 22 14 2 1 5 2 1 1 1 1 2 1 3 4 3 121

 

Puglia 21 4 2 4 2 1 1 35

 

Basilicata 4 3 3 1 3 2 2 1 19

 

Calabria 51 22 13 10 11 7 2 3 1 1 1 1 1 3 1 1 2 131

 

Sicilia 2 3 1 2 2 6 3 1 1 2 1 1 25

 

Sardegna 2 1 3

 

Totale compless. 125 64 45 46 52 38 16 9 7 1 5 3 1 4 2 2 3 4 1 5 4 8 10 5 460

 

Enti dissestati per Regione e classe demografica al 22.2.2012

 

REGIONE CLASSE DEMOGRAFICA

 

00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 11 99 Totale compless.

 

Piemonte 4 1 5

 

Lombardia 4 5 3 2 1 15

 

Liguria 1 1 2 4

 

Veneto 1 2 3

 

Emilia Romagna 4 1 3 8

 

Toscana 1 1 2 1 5

 

Umbria 1 2 1 4

 

Marche 1 3 1 1 6

 

Lazio 7 5 7 2 9 2 5 5 1 43

 

Abruzzo 5 2 5 3 1 1 1 18

 

Molise 3 8 3 1 15

 

Campania 2 15 26 10 15 20 16 13 2 1 1 121

 

Puglia 4 3 9 16 1 1 1 35

 

Basilicata 4 5 3 3 2 1 1 19

 

Calabria 2 21 36 19 32 15 6 131

 

Sicilia 2 1 5 1 4 5 5 2 25

 

Sardegna 1 1 1 3

 

Totale Complessivo 30 65 105 45 80 66 36 26 4 1 1 1 460

 

legenda classi demografiche

 

00 (da 1 a 499 abitanti)

 

01 (da 500 a 1.999 abitanti)

 

02 (da 1.000 a 1.999 abitanti)

 

03 (da 2.000 a 2.999 abitanti)

 

04 (da 3.000 a 4.999 abitanti)

 

05 (da 5.000 a 9.999 abitanti)

 

06 (da 10.000 a 19.999 abitanti)

 

07 (da 20.000a 59.000 abitanti)

 

08 (da 60.000 a 99.999 abitanti)

 

09 (da 100.000 a 249.999 abitanti)

 

10 (da 250.000 a 499.000 abitanti)

 

11 (da 500.000 in poi)

 

Fonte: Corte dei conti - Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali - Esercizi 2010-2011.

 

Cap. VI

 

Comuni fino a 20.000 abitanti con organi consiliari disciolti per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi

 

1. La gestione finanziaria: l’anticipazione - il piano di risanamento

 

Per la gestione finanziaria dei comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell’art. 143, Tuel, nel testo sostituito dall’art. 2 della legge 15 luglio 2009, n. 94, in conseguenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamenti di tipo mafioso, lo stesso T.U. è stato integrato dall’art. 6 della legge n. 140/2004, con l’art. 145-bis che stabilisce le seguenti disposizioni:

 

«1. Per i comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti i cui organi consiliari sono stati sciolti ai sensi dell’art. 143, su richiesta della Commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’art. 144, il Ministero dell’interno provvede all’anticipazione di un importo calcolato secondo i criteri di cui al comma 2. L’anticipazione è subordinata all’approvazione di un piano di risanamento della situazione finanziaria, predisposto con le stesse modalità previste per gli enti in stato di dissesto finanziario dalle norme vigenti. Il piano è predisposto dalla Commissione straordinaria ed è approvato con decreto del Ministro dell’interno, su parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, di cui all’art. 155.

 

2. L’importo dell’anticipazione di cui al comma 1 è pari all’importo dei residui attivi derivanti dal titolo primo e dal titolo terzo dell’entrata, come risultanti dall’ultimo rendiconto approvato, sino ad un limite massimo determinato in misura pari a cinque annualità dei trasferimenti erariali correnti e della quota di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, e calcolato in base agli importi spettanti al singolo comune per l’anno nel quale perviene la richiesta. Dall’anticipazione spettante sono detratti gli importi già corrisposti a titolo di trasferimenti o di compartecipazione al gettito dell’IRPEF per l’esercizio in corso. A decorrere dall’esercizio successivo il Ministero dell’interno provvederà, in relazione al confronto tra l’anticipazione attribuita e gli importi annualmente spettanti a titolo di trasferimenti correnti e di compartecipazione al gettito dell’IRPEF, ad effettuare le compensazioni e determinare gli eventuali conguagli sino al completo recupero dell’anticipazione medesima.

 

3. L’organo di revisione dell’ente locale è tenuto a vigilare sull’attuazione del piano di risanamento, segnalando alla Commissione straordinaria o all’amministrazione successivamente subentrata le difficoltà riscontrate e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi. Il mancato svolgimento di tali compiti da parte dell’organo di revisione è considerato grave inadempimento.

 

4. Il finanziamento dell’anticipazione di cui al comma 1 avviene con contestuale decurtazione dei trasferimenti erariali agli enti locali e le somme versate dall’ente sciolto ai sensi dell’art. 143 affluiscono ai trasferimenti erariali dell’anno successivo e sono assegnate nella stessa misura della detrazione. Le modalità di versamento dell’annualità sono indicate dal Ministero dell’interno all’ente locale secondo le norme vigenti».

 

Si ritiene utile evidenziare che per effetto di quanto disposto dal sesto comma del citato art. 143, a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento sono risolti di diritto gli incarichi di revisore dei conti che non siano stati rinnovati dalla commissione straordinaria di cui all’art. 144 entro quarantacinque giorni dal suo insediamento.

 

Si applicano altresì le disposizioni di cui agli artt. 100 e 101 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia, afferenti obblighi e modalità di effettuazione delle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture per gli enti locali sciolti ex art. 143, Tuel.

 

2. Ulteriori interventi

 

La legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto i seguenti interventi per gli enti locali commissariati per le situazioni sopra indicate.

 

2.1. Commissioni straordinarie - Oneri - Assunzione a carico dello Stato

 

Gli oneri relativi al funzionamento delle Commissioni straordinarie presso gli enti suddetti sono stati assunti, dal 1° gennaio 2007, a carico dello Stato che provvede al rimborso previa presentazione della relativa richiesta, effettuata per l’ente dalla Commissione (c. 704).

 

Le modalità per la presentazione della richiesta e per la determinazione degli oneri da rimborsare saranno precisate dal Ministero dell’Interno.

 

Le somme che saranno rimborsate dello Stato dovranno essere destinate dall’ente a spese d’investimento. È auspicabile che il rimborso avvenga almeno semestralmente, per consentire all’ente interventi, sia pur di modesta entità, investendo per migliorare l’erogazione dei servizi e dar sollievo alla disoccupazione.

 

2.2. Anticipazione dei trasferimenti erariali

 

Per far fronte alle esigenze di liquidità degli enti commissariati il Ministero dell’Interno provvede, su richiesta della commissione straordinaria, ad erogare in unica soluzione i trasferimenti erariali e la quota di compartecipazione al gettito dell’Irpef spettanti per l’intero esercizio. Se la richiesta viene avanzata nel corso dell’esercizio l’erogazione sarà disposta per la quota residua rimasta da erogare.

 

2.3. Personale assegnato in posizione di assegnazione o comando - Oneri

 

Per assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti commissariati il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria, può disporre l’assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico, di amministrazioni ed enti pubblici, al quale spetta un compenso mensile proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascun componente della commissione straordinaria di gestione.

 

A fronte dell’onere per detto personale il comma 706 della Finanziaria ha autorizzato per l’anno 2007 la spesa di 5 milioni di euro a carico del bilancio dello Stato, alla cui copertura la norma prevedeva che venisse fatto fronte con il “fondo ordinario per gli enti locali”, di cui all’art. 54, primo comma, lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ora soppresso, che non è stato fiscalizzato (e quindi ricompreso nell’ambito del fondo sperimentale di riequilibrio) in relazione all’attuazione del federalismo fiscale.

 

2.4. Incarichi dirigenziali a contratto, di revisore dei conti, di consulenza e di collaborazione

 

Negli enti in cui il consiglio è stato sciolto per l’emergere delle condizioni previste dall’art. 143 Tuel, gli incarichi dirigenziali a contratto di cui all’art. 110, commi 1 e 2, dello stesso T.U., gli incarichi di revisore dei conti ed i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa in atto al momento dello scioglimento sono risolti di diritto, se non sono rinnovati dalla commissione straordinaria di gestione entro quarantacinque giorni dal suo insediamento (c. 715).

 

3. L’anticipazione di cassa

 

Per la gestione finanziaria degli enti locali sciolti ai sensi dell’art. 143, Tuel, per i quali sussistono squilibri strutturali di bilancio, in grado di provocare il dissesto finanziario, la commissione straordinaria per la gestione dell’ente, entro sei mesi dal suo insediamento, può richiedere una anticipazione di cassa.

 

L’anticipazione, nel limite massimo di euro 200 per abitante, è destinata esclusivamente al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e ai conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari, nonché all’espletamento dei servizi locali indispensabili. Le somme a tal fine concesse non sono oggetto di procedure di esecuzione e di espropriazione forzata.

 

L’anticipazione è concessa con decreto del Ministero dell’interno di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, nei limiti di 20 milioni di euro annui a valere sulle dotazioni del fondo di rotazione di cui all’art. 243-ter, Tuel. Il decreto ministeriale stabilisce altresì le modalità per la restituzione dell’anticipazione straordinaria in un periodo massimo di dieci anni a decorrere dall’anno successivo a quello in cui è erogata l’anticipazione.

 

MEDIE NAZIONALI PRO-CAPITE DELLE RISORSE DI PARTE CORRENTE DEI COMUNI E DELLE PROVINCE PER IL TRIENNIO 2008-2010 (D.M. 16 dicembre 2011, in G.U. 28.12.2011, n. 301)

 

La media unica nazionale pro-capite delle risorse di parte corrente delle province è, per il triennio 2011-2013, di euro 39,68.

 

Le medie nazionali pro-capite delle risorse di parte corrente dei comuni, per il triennio 2011-2013, sono le seguenti, per ciascuna fascia demografica:

 

Fascia demografica Popolazione Montanità Media nazionale pro-capite

 

1 Comuni con meno di 500 abitanti non montani 291,36

 

1-bis montani 382,81

 

2 Comuni da 500 a 999 abitanti non montani 244,17

 

2-bis montani 302,13

 

3 Comuni da 1.000 a 1.999 abitanti non montani 195,95

 

3-bis montani 249,99

 

4 Comuni da 2.000 a 2.999 abitanti non montani 184,64

 

4-bis montani 222,33

 

5 Comuni da 3.000 a 4.999 abitanti non montani 171,68

 

5-bis montani 206,89

 

6 Comuni da 5.000 a 9.999 abitanti non montani 148,24

 

6-bis montani 181,39

 

7 Comuni da 10.000 a 19.999 abitanti non montani 158,67

 

7-bis montani 186,16

 

8 Comuni da 20.000 a 59.999 abitanti non montani 180,89

 

8-bis montani 194,88

 

9 Comuni da 60.000 a 99.999 abitanti 243,67

 

10 Comuni da 100.000 a 249.999 abitanti 255,99

 

11 Comuni da 250.000 a 499.999 abitanti 347,16

 

12 Comuni da 500.000 abitanti ed oltre 375,98

 

(da http://wiki2013.guidaentilocali.it/Parte-32-Titolo-08-Il-dissesto-finanziario.ashx)