LA “SPERANZA” (MA SOPRATTUTTO LA “FORTUNA”) DI IMBATTERSI IN QUEL MERAVIGLIOSO 30 PER CENTO...


Le “emozioni” che ho provato nell’assistere all’ennesimo spettacolo allucinante andato in scena presso un ufficio pubblico sono troppo forti per non indurmi a buttar fuori tutto quello che ho dentro.

Esterno di una scuola. Forte temporale in corso. Cancello chiuso. Un papà con i suoi bambini disperatamente a bussare chiedendo di entrare. Niente. Nessuno ad aprirgli. Il papà si mette a gridare a voce alta: “Bidello! Bidello! Aprite per favore!”.
Passano altri minuti. La pioggia insistente continua a scender giù e a bagnare, nonostante gli ombrelli, i tre malcapitati, soprattutto i due spaventati bambini.
Dopo ancora un po’ e dopo altre grida del papà, ecco che, tomo tomo (come direbbe il grandissimo Totò), un signore esce, apre, molto scocciato, il cancello, e redarguisce, quasi umiliandolo, il povero papà: “E’ chiuso, non si può aprire, lo sapete che siete fuori orario?”.
Il papà, molto sconcertato, non ha potuto fare a meno di scoppiare: “Sì, è vero, ma qui ci sono due bambini, per giunta sotto la pioggia scrosciante, che per la prima volta, e voi lo sapete bene, arrivano in ritardo; è capitato, ma non è la fine del mondo. Perché vi comportate così?”.
E qui un batti e ribatti tra quel bidello (dal tono irritante, disumano e scortese degno di premio nobel al contrario) e quel papà (dal tono durissimo e minaccioso, che è andato letteralmente in bestia).
Morale della favola, che colgo l’occasione di cogliere, fresco fresco di altri episodi vissuti in uffici pubblici proprio in questi ultimi giorni: sarebbe bastato solo un po’ di calma e di reciproco rispetto, da ambo le parti, per evitare un bruttissimo episodio, al quale, ed è questo che forse dispiace di più, hanno assistito due bambini con tanta voglia di andare a scuola per imparare l’educazione.
Finisco qui, per quanto riguarda il racconto. Solo cronaca. Null’altro da aggiungere.

Ma non per quello che riguarda, in generale, il mio pensiero.
Eccolo.
Negli “uffici pubblici” (di qualsiasi specie e a qualsiasi livello, intendendo per essi -ma sono soltanto degli esempi indicativi- scuole, enti locali e nazionali, asl, ospedali, ecc. ecc., e chi più ne ha più ne metta) il 70% (dite che è poco?) degli addetti che hanno a che fare con il pubblico sono maleducati, irriguardosi, irrispettosi, superficiali, incazzati, scontrosi e tantissime altre brutte cose. Le loro armi preferite sono mandare a comprare il sale le persone che si ritrovano davanti e rinviare ad altro momento una cosa che si può tranquillamente risolvere subito. Provano fastidio per il pubblico che richiede un’informazione o un servizio. Non sorridono mai. Sembra che abbiano passato un guaio (se è vero, devono, come tutti, pubblico compreso, lasciarselo a casa). Non vedono l’ora che il turno finisca per tornarsene a casa (è questa, per loro, la mèta principale da raggiungere nella giornata). Litigano anche con i colleghi, criticando apertamente, davanti al pubblico in attesa, chi si è preso un giorno di malattia, costringendo gli altri a “lavorare di più”, chi ha avuto un periodo di ferie migliore, chi è stato trasferito in un altro ufficio più comodo e meno lavorato.
Il tutto, ovviamente e rigorosamente, come ho detto prima, davanti al pubblico in attesa.
Il quale, se gli è concesso, potrebbe anche un po’ incazzarsi...
Con questa gente si va a picco!
Guai, però, a demordere! Fortunatamente, infatti, non è sempre così. Grazie a Dio, c’è la grande speranza. Che è l’essenza fondamentale per non vederci il mondo cadere tutto interamente addosso. Speranza, ma soprattutto fortuna, intendiamoci! Cioè quella di imbattersi in quel 30% (è troppo?) di lavoratori seri, educati, preparati, pronti a sorridere e a lanciare messaggi di luce. Sono, loro, quella microscopica parte sana, “umana”, capace e laboriosa di un grandissimo mondo quasi tutto in mano a gente scostumata.
Si ringrazi Dio se negli uffici pubblici esistono anche persone perbene, educate, preparate, cortesi, sensibili ed accostumate al senso del dovere, pronte a sorridere, a lanciare messaggi di fiducia e a soddisfare con gentilezza le esigenze del pubblico.
Sì, esistono! Ed è un dono di Dio imbattersi in loro. E’ un dono di Dio ricevere la grazia immensa della loro capacità, della loro bravura, che, insieme alla speranza e al sorriso che sanno trasmettere, sono premesse essenziali di vita.
E’ grazie a loro che l’educazione va avanti. E’ grazie a loro che si resiste e si vince. E’ grazie a loro che l’umanità può accarezzare la fiducia. E’ grazie a loro che il mondo può sperare di restare a galla.
Sono loro, quei pochissimi, il 30 per cento, non di più, che si sobbarcano, e lo fanno con amore e passione, tutto l’enorme mole di lavoro che, invece, l’altro settanta per cento si allena a dribblare tutti i giorni per rubarsi la paga.
La speranza, oggi, è soprattutto di non imbattersi mai in questo 70% di scansafatiche buoni a niente e maleducati.
Bisogna pregare, da buoni cristiani, che quel 30% si alimenti sempre di nuova linfa, affinché ne nascano tutti i giorni.
Bisogna avere fiducia in quel meraviglioso 30% per cento che porta avanti l’umanità.
Auguro a tutti, con tutto il cuore, di avere sempre e solo a che fare con loro. E’ una chimera? Non lo so. Io, comunque, ci credo, ed è per questo che sono felice di vivere... nonostante tutto.

Nicola Ciaramella