“Parroci predicatori di ambiente oltre che di uomo”
Amarezza, Amore e Speranza nelle profonde riflessioni di Don Francesco Catrame in occasione della Terza “Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato”
Nacque, nel 2015, dalle incessanti pulsazioni del “cuore verde” di Papa Francesco, subito dopo l’uscita dell'Enciclica Laudato Si'.
La “Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato”, che si celebra il Primo Settembre, è un evento di carattere ecumenico che la Chiesa cattolica promuove in comunione con la Chiesa ortodossa.
E’ un passo, fondamentale, verso la difesa e il rispetto della “nostra casa comune”, "un contributo dei cristiani per superare la crisi ecologica che l'umanità vive".
ll parroco di Santa Maria degli Angeli in San Nicola la Strada, Don Francesco Catrame, da sempre sensibile alle problematiche legate alla salvaguardia dell’ambiente, ha voluto offrire, dopo "Quale futuro per la terra?" e "Il Creato dono da custodire", un altro pregevole e qualificato contributo, che il Corriere di San Nicola si onora di pubblicare nella rubrica “Riflessioni di Don Francesco”.
L’AMBIENTE SIAMO NOI
È opinione diffusa considerare l’ambiente naturale come un’entità esterna all’uomo, un ambito confinato e idealizzato, spesso identificato come un’area protetta o un parco dove andare in bicicletta la domenica mattina, o un paradiso esotico dove passare una vacanza. Tutto il resto -ed è in genere il nostro mondo quotidiano- sembra sia lecito sfruttarlo, devastarlo e inquinarlo in nome dell’economia di mercato.
L’ambiente è, invece, l’intero complesso di aria, acqua, suolo e vita che ricopre il pianeta Terra e del quale noi facciamo indissolubilmente parte dalla nascita alla morte. Con esso abbiamo scambi di materia e di energia in ogni momento della vita, anche se non mettessimo piede fuori da un appartamento, non foss’altro perché dobbiamo respirare, bere, mangiare e smaltire i nostri rifiuti organici.
Dall’ambiente assorbiamo aria e acqua, traiamo cibo e materie prime, gran parte delle quali prodotte da altri esseri viventi e all’ambiente restituiamo le nostre scorie, biodegradabili o meno, talora tossiche e persistenti.
Per questo non è possibile oggi che i problemi dell’ambiente riguardino qualcun altro, siano un lusso o un’opzione.
L’ambiente siamo noi stessi e volenti o nolenti dobbiamo occuparcene, in quanto un ambiente inquinato e che funziona male in breve fa peggiorare la qualità della vita nostra e dell’intera biosfera, riducendo la disponibilità di cibo e materie prime, minando la salute, causando devastanti estremi climatici.
Capire l’ambiente e mantenerlo integro è dunque un imperativo etico e una primaria e irrinunciabile necessità vitale.
Non esistono gli ambientalisti e i non ambientalisti. Sarebbe come voler creare il partito della forza di gravità e quello contrario: l’attrazione gravitazionale esiste e basta, ed entrambi gli appartenenti all’una o all’altra fazione se cadono dalle scale si fanno male.
Così l’ambiente e i suoi problemi esistono e basta, il non volerli considerare ci procura oggi e soprattutto ci procurerà domani grandi sofferenze, dai cambiamenti climatici all’accumulo di elementi tossici, dal sovrasfruttamento di foreste e banchi ittici, alla cementificazione irreversibile del territorio.
Per questo motivo, passata l’ubriacatura consumistica del boom economico, pochi decenni nella lunga storia dell’umanità basati sulla disponibilità di petrolio a basso prezzo, i limiti fisici di un pianeta sovrappopolato da sette miliardi e mezzo di umani cominciano ad emergere prepotentemente, alimentando disparità intollerabili tra chi ha troppo e chi ha troppo poco, mentre i giacimenti petroliferi e minerari tendono ad esaurirsi e le discariche a ingigantirsi.
Sono dati ormai ben noti e misurati, sia da Agenzie intergovernative, sia da Istituti che quantificano il sovrasfruttamento delle risorse planetarie, come il Global Footprint Network.
Stiamo utilizzando oltre un terzo in più delle possibilità rigenerative terrestri.
Se tutti i sette miliardi e mezzo di umani vivessero come gli americani avremmo bisogno dell’equivalente di ben cinque pianeti! Stiamo contraendo un debito con la natura che non potremo restituire se non al prezzo di sacrifici e futuri danni e rinunce.
L’economia occidentale, alleata con la pubblicità, ci ha abituato a credere nella crescita infinita dei desideri e nella possibilità di trasgredire ogni limite, purchè la carta di credito sia ben fornita; invece, il mondo reale e noi stessi siamo pieni di limiti!
La saggezza sta proprio nel garantirsi il soddisfacimento sacrosanto dei bisogni reali -dal cibo alla casa, dall’acqua all’assistenza sanitaria, dalla cultura all’istruzione- riducendo l’orizzonte del superfluo, fonte di eterno conflitto individuale e sociale, di dissipazione materiale e di produzione di rifiuti.
Volere di meno non vuol dire tornare ad un’antica miseria. Vuol dire fare i conti con risorse limitate e vivere leggeri e felici nel rispetto dei vincoli fisici, come fanno gli abitanti di Ottavia raccontati da Calvino nelle Città invisibili. Ottavia è una città edificata in sospensione tra due precipizi, fatta di corde, teleferiche, intrecci, tanto resistenti quanto fragili e precari. Eppure «sospesa sull’abisso la vita degli abitanti di Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto le rete non regge».
La rete della vita è quella che ci sorregge come specie, ma la sua resilienza (la proprietà di un sistema complesso di resistere a uno shock senza collassare) non è infinita. Si sa, a tirar troppo una corda, prima o poi la si rompe.
Potremo garantirci ancora millenni di prosperità e progresso -che è prima di tutto acquisizione di capacità conoscitive, scientifiche, spirituali, morali e contemplative prima che materiali- se sapremo darci un limite e costruire circuiti compatibili con le leggi di natura. Abbiamo bisogno di una filosofia e/o di una religione che ci indirizzino nella giusta direzione. Allorchè questa direzione -quella del senso della misura, dell’equità e della moderazione- sia stata imboccata, allora sarà la volta delle soluzioni tecnologiche e ingegneristiche per realizzarla.
È interessante quanto scrive Luca Mercalli (Presidente della Società metereologica italiana) nel suo libro “Preparamioci”…
Ecco le sue proposte: “Utilizzo delle energie rinnovabili in sostituzione dei combustibili fossili, efficienza energetica dei nostri edifici e delle nostre industrie, una mobilità meno formicolante e spesso inutile, soppressione degli sprechi in tutti i settori, sobrietà nei consumi, minor produzione di rifiuti e riciclo totale dei materiali usati, agricoltura sostenibile e di prossimità, economia dello stato stazionario e non della crescita infinita, manutenzione del territorio invece di grandi opere affette da gigantismo infrastrutturale, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, stabilizzazione della popolazione terrestre”.
È una sfida epocale, continua il Mercalli, “dalla quale dipende il futuro benessere dell’umanità e la capacità di evitare conflitti e barbarie per l’accaparramento delle rimanenti risorse terrestri”.
Interessante anche ciò che afferma circa il ruolo delle Religioni.
“Le Religioni”, egli dice, ed io sono perfettamente d’accordo con lui, “hanno un ruolo importante nel cogliere l’urgenza di questa situazione e inserire l’ambiente tra gli elementi prioritari della propria dottrina. Non è difficile: i valori fondamentali di equità, di rispetto del creato e dei beni comuni, senso di responsabilità e frugalità sono in genere già contenuti nei principi della fede; si tratta soltanto di esplicitarli coniugandoli con le più recenti acquisizioni scientifiche che evidenziano le criticità ambientali e il rischio di danni irreversibili transgenerazionali”.
“I Dieci Comandamenti della tradizione ebraica e cattolica”, continua Mercalli, “nacquero in un’epoca arcaica, allorchè la Terra era popolata da poche centinaia di milioni di uomini, le sue risorse pressoché intatte e l’inquinamento da molecole di sintesi sconosciuto; per questo riguardano soprattutto norme di comportamento sociale. Alcuni millenni più tardi la situazione è radicalmente mutata e urge affiancare a quelle antiche regole sempre valide un nuovo Decalogo destinato alla salvaguardia della nostra incolumità come specie”.
Eccone una possibile formulazione, elaborata per Torino Spiritualità 2010:
- Non avrai altro pianeta al di fuori della Terra.
- Non pensare che la Terra abbia risorse infinite.
- Ricordati di contemplare la Natura.
- Onora le energie rinnovabili.
- Non inquinare.
- Non sprecare.
- Non cementificare.
- Non produrre così tanti rifiuti.
- Differenzia e ricicla i tuoi rifiuti.
- Non desiderare la potenza altrui, ma sii più sobrio ed efficiente.
A conclusione, sento di condividere ciò che il Mercalli dice ai Parroci: «Se i Parroci predicheranno di ambiente oltre che di uomo, forse avremo una carta in più da giocare per contenere gli straordinari rischi che stiamo noi stessi amplificando con la nostra ignoranza e la nostra avidità».
Chissà se i “nostri Parroci” saranno d’accordo! C’è da sperare?
Don Francesco Catrame
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