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Nuova vita per il Real Albergo dei Poveri

Tre secoli fa nasceva a Napoli la cultura dell’accoglienza. L’immenso palazzo monumentale, una delle più grandi costruzioni d’Europa del Settecento, ritorna centro per bisognosi.

 

Dopo secoli, l’Albergo dei Poveri torna alla sua antica vocazione, quella di centro accoglienza.
Infatti, il 18 dicembre 2018 il Comune di Napoli, in collaborazione con il Rotary Foundation (con l’impiego di fondi europei nell’ambito del Pon Metro), ha inaugurato un centro docce.
Le docce funzioneranno tre giorni a settimana su prenotazione: lunedì e venerdì dalle 9 alle 12 e mercoledì dalle 15 alle 18; cinque docce sono per gli uomini e cinque per le donne.
Questo servizio, chiamato “Restituire la dignità”, si inserisce in un progetto più ampio, quello di portare l’Albergo dei poveri alla funzione per la quale era nato: la solidarietà e l’accoglienza. “Restituire la dignità” è anche servizio lavanderia e uno sportello di assistenza e ascolto. I servizi sono operativi dal 19 dicembre 2018.
L’appalto è stato aggiudicato a Gesco, mentre con procedura gratuita per il comune di Napoli, le cooperative La locomotiva e Camper si occuperanno dei servizi di assistenza, ascolto, consulenza e orientamento.
E’ possibile sostenere le attività che si realizzeranno nell’Albergo dei poveri con una donazione (http://www.vivere.napoli.it/centro-accoglienza-real-albergo-dei-poveri/).
All’inaugurazione erano presenti il Sindaco Luigi De Magistris, l’assessore Roberta Gaeta, l’assessore Carmine Piscopo e il Presidente della III Municipalità Ivo Poggiani.
Maria Rosaria La Rosa, coordinatrice del Rotary Club Napoli Nord Est, ha dichiarato in un’intervista: “Innescare un meccanismo virtuoso in collaborazione con le istituzioni, in un luogo deputato dalla storia alla funzione dell’assistenza ai bisognosi, cercare di restituire la dignità a chi vive ai margini della società: questo è l’obiettivo e la funzione del Rotary International. Il progetto costituisce un altro significativo passo per riaprire l’Albergo dei poveri”.
Dopo il terremoto del 1980, Palazzo Fuga divenne proprietà del comune, che si interessò dei lavori per la ricostruzione della parte crollata.
Un salto indietro: come nasce l’Albergo dei Poveri?
A Napoli, durante il Regno delle due Sicilie, fu commissionata all’architetto Ferdinando Fuga da Carlo III Borbone di Spagna la costruzione di un grande palazzo: il Serraglio o Reclusorio, chiamato anche così, il quale sorge a Piazza Carlo III. Per volere del sovrano si realizzò questa maestosa opera (anno 1751) per accogliere tutti i bisognosi, mendicanti, mutilati di guerra e poveri. L’idea era quella di dare assistenza a chi aveva bisogno ma insegnare a loro anche un mestiere.
Carlo III di Borbone fu il Re dei primati; infatti, fu il primo a concepire il piano urbanistico, ad abbattere le mura della città; grazie a lui fu creato il primo catasto e la prima pianta di Napoli. Sull’idea della Reggia di Versailles fece costruire la Reggia di Caserta; furono molte le opere che realizzò e altrettante restarono incompiute, ma nel complesso Carlo III è considerato dagli storici un sovrano illuminato. Nel 1749 il Re incaricò l’Architetto fiorentino Ferdinando Fuga di progettare l’Albergo dei poveri, chiamato per questo anche Palazzo Fuga.
Ferdinando IV, figlio di Carlo, ridimensionerà poi il progetto, perché troppo dispendioso.
Ma quali sono gli antefatti dietro alla realizzazione di questa grande opera?

Vi è una storia poco conosciuta, quella di un religioso, confessore e consigliere del Re, il quale parlava spesso alla coscienza dei regnanti: un tale Padre Gregorio Rocco. Il sacerdote, molto vicino agli ultimi, tentava con la sua costante opera di correggere i comportamenti sbagliati e di riportare sulla strada giusta tanti giovani. Nel regno delle due Sicilie, come nelle antiche Monarchie di tutto il mondo, vi era un sostanziale divario fra i reali e il popolo. Quest’ultimo versava in condizioni a dir poco precarie, nel più totale degrado, nell’abbandono, nella sporcizia. Forcella, quartieri spagnoli ed altre note zone della città di Napoli erano prive di regole e servizi igienici; per questo le epidemie erano frequenti; non c’era lavoro; nei bassi, nei vicoletti bui si consumava la vita di migliaia di persone che in quei posti dormivano e sempre lì assecondavano i loro bisogni all’aperto e su giacigli di fortuna. Il gioco d’azzardo era un’altra piaga dell’epoca, infatti, perdigiorno di tutte le età e giovani donne con il destino segnato, vagavano per quei vicoli senza una meta e senza una speranza per il futuro.
E’ fra questi poveri che Padre Gregorio Rocco esercitava la sua missione; spesso prendeva a bastonate chi giocava tutto il giorno sui gradini di una chiesa, interveniva quando scoppiava una rissa.
Padre Gregorio Rocco era ben voluto dal Re e da sua moglie; infatti, veniva ricevuto a Corte anche senza essere annunciato. Fu lui a consigliare a Carlo III la realizzazione di un Albergo che offrisse assistenza agli ultimi. Fare il bene per un prete può sembrare normale, per vocazione, è il suo mestiere in fondo. L’esempio di Padre Gregorio Rocco, però, ci fa capire in quanti modi è possibile fare del bene, in quanti modi possa essere coniugato e declinato: con le parole, le sollecitazioni, piccole strategie di convincimento, spendendo il proprio tempo, la passione, anche comprendendo i bisogni degli altri, traducendo in realtà le buone intenzioni. Chi pensa che per fare beneficenza basta aprire il portafogli, forse si sbaglia; il bene si costruisce.
Realizzato in stile barocco, l’albergo dei poveri è l’emblema di una città che ha sempre accolto tutti, anche chi arrivava da fuori, offrendo loro assistenza. Il palazzo misura 100 mila metri quadri, si estende su quattro livelli e conta 430 stanze. Solo la facciata misura 350 metri circa. Anche se fu realizzato solo un quinto del progetto iniziale, il palazzo ha sempre accolto orfani, poveri di ogni provenienza e divenne laboratorio e scuola; qui, infatti si insegnava a leggere e scrivere e i mestieri, come il sarto, l’operaio, il ricamo alle donne.
Durante i secoli l’Albergo dei poveri è stata sede di molti progetti, dalla scuola di musica al centro di correzione minorile, carcere, manicomio, scuola per sordomuti, accoglienza donne perdute. 
Le attività svolte e la costruzione stessa del palazzo furono finanziate dal Re, da sua moglie, Maria Amalia di Sassonia che donò i suoi gioielli, dalla chiesa e dalla generosità del popolo napoletano.
Ancora oggi, nei sondaggi e in alcuni articoli giornalistici, si sottolinea, in modo appena percettibile, la presunta superiorità culturale del Nord d’Italia rispetto al Sud. Recenti episodi di un’inaudita violenza fra tifoserie di calcio sono raccontati senza alcun commento riguardo alla provenienza dei violenti: Milano, Torino, Bologna, Verona, Firenze per la cronaca. Il Real Albergo dei poveri a Napoli non è solo una struttura imponente per lo stile barocco magistralmente raffigurato, ma rappresenta il simbolo di una cultura dell’accoglienza già esistente quattro secoli fa, di un concetto di politica lontana, purtroppo anni luce dal modo di amministrare degli ultimi decenni.
Non esiste un palazzo simile in tutta Europa, non esiste un senso dell’accoglienza, una generosità e una cultura come quella nata a Napoli e profondamente radicata in questo popolo.
Opinionisti improvvisati oggi parlano con leggerezza di razzismo, di un argomento troppo complesso per essere liquidato con due sole parole. Carlo III di Borbone era convinto che chiunque si trovasse nel bisogno dovesse essere accolto; i mutilati di guerra che avevano servito la patria non potevano essere abbandonati a sé stessi, ma dovevano trovare assistenza. Il popolo napoletano ha amato molto Carlo III di Borbone, il quale divenne partenopeo di adozione imparando anche la lingua napoletana. Una lezione di storia e di grande civiltà arriva dal passato ad illuminare un’epoca confusa come quella attuale. La cultura dell’accoglienza ha trovato la sua massima espressione proprio a Napoli nel Settecento; essa si pratica ancora in questo momento storico attraverso nuove forme sempre nell’Albergo dei poveri. Il progetto e le attività che prenderanno vita nel palazzo Fuga trovano una forte spinta ancora una volta nella generosità dei napoletani.
L’Unesco dopo il 1995 ha inserito l’Albergo dei poveri fra le opere appartenenti al patrimonio mondiale.

Giovanna Angelino
©Corriere di San Nicola

(Foto da Styl024 – NapoliRepubblica)



 

 

 


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