Salvatore Angelino: il talento che non si può nascondere
Il pittore giuglianese ci parla di una passione innata: il disegno e la pittura
Abbiamo incontrato Salvatore Angelino, pittore e ritrattista, ma lui non ama le definizioni e nemmeno le foto che lo ritraggono, ma il talento emerge sempre, anche in un paese dove lo scarso interesse verso l’arte spesso penalizza la cultura del bello. Anche quando un artista ha un carattere schivo e ama osservare più che essere osservato e stare al centro dell’attenzione.
L’intervista che segue è il racconto dell’amore per l’arte, segno distintivo nella vita dell’artista giuglianese, il quale ci parla di una passione che lo accompagna da sempre. Interessanti sono i primi approcci con il disegno e gli studi che lo portano a perfezionare questa forma d’arte, tanto che dipingere diventa per lui un bisogno fisico, e riesce a fondere brillantemente tecnica e genio.
Importanti sono i temi, oggetto dei suoi dipinti; anche se alcuni sembrerebbero foto, vi è sempre una scelta motivata dietro ai suoi quadri.
In esclusiva per il corriere di San Nicola, Salvatore apre le porte del suo laboratorio, ci spiega come nasce un dipinto: contrariamente ai dettami della tecnica (bozza preliminare di tutti i colori), lui porta a termine un piccolo pezzo per volta istintivamente. L’utilizzo di pastelli più oleosi e meno cerosi rispetto ad altri, acquistati in scatola e non al dettaglio, non vendibili in Italia comporta una resa completamente diversa e decisamente superiore.
-Quando hai scoperto di saper disegnare? Qual è stato il tuo percorso formativo, che studi hai fatto?
«Il Piacere per il disegno è una cosa che porto dentro da quando ero un bambino. Era un gioco, si univa alla passione che ho sempre avuto, quella degli indiani d'America, non appena ho imparato a leggere ho cercato informazioni riguardanti gli indiani, i fumetti mi hanno aiutato sia nella ricerca degli indiani che nel disegno che è diventato un bisogno fisiologico proprio come mangiare, bere, dormire. Attenzione, quando parlo di disegno non intendo la linea di contorno che delimita gli oggetti, ma espressione di pensieri ed emozioni attraverso il linguaggio grafico e pittorico. Ho frequentato il Liceo artistico (sez. architettura) e l’Accademia di Belle Arti (sez. pittura)».
-I tuoi dipinti hanno dei soggetti ben precisi, partiamo col parlare dei ritratti; da dove parte l’ispirazione? Ritrai un volto da una foto o dal vivo e che differenza c’è fra le due cose?
«Il ritratto è stato lo strumento con cui ho analizzato il carattere e la "storia" degli indiani, un metodo che mi permette di esaminare il carattere fisionomico ed espressivo degli uomini, coglierne sfumature e caratteristiche individuali, in una fusione che avviene tra il soggetto del ritratto, il mio essere che funge da tramite e l'ambiente circostante che a mano a mano si inserisce. Anche le strade e le chiese sono il ritratto di qualcosa che ci accomuna ed esprime la storia, la nostra storia. I tempi per questo tipo di elaborazione sono molto lunghi e quindi spesso mi procuro più foto e interagisco personalmente col soggetto».
-L’altro tema dei tuoi quadri è la religiosità: chiese, santi e madonne, ma anche particolari come il portone di una chiesa; come trovi l’ispirazione in questo caso. C’è un motivo preciso per il quale, ad esempio scegli di ritrarre Don Tommaso Cuciniello oppure San Matteo e l’angelo?
«La religiosità è il modo in cui porsi davanti alle cose e come reagire con loro, come lavorare, come pensare, come disegnare. Reagire all'ambiente in cui viviamo e a cui apparteniamo dolenti o piacenti è spesso il mezzo con cui entrare in contatto con il passato, con la storia e con i nostri avi, che sono sicuro che continuano a comunicare con noi attraverso un vecchio muro, chiesa, monumento e perciò la porta o il portone diventano il simbolo dei mondi e delle dimensioni che si sfiorano. Cosa e chi c'è al di là del portone? e cosa ci dicono? Resta a noi imparare a leggere le immagini e decodificarle. Don Tommaso parlando della parrocchia di Sant'Anna diceva"memoria storica di un passato che viene affidato anche a noi; frammento di storia". Qualche volta si unisce al tutto la fede che diviene espressione anche di arte che si evolve nella storia. Esigenze».
-Hai mai pensato di fare il pittore di professione? Se sì, cosa ti ha frenato o cosa è mancato?
«Pensare all'arte come professione è una cosa che non ho mai fatto, il freno è sicuramente quello del mio carattere schivo e particolarmente poco inclinato alle manifestazioni e apparizioni pubbliche. Confesso però che negli ultimi anni sento il bisogno di tramandare il disegno come forma di comunicazione e studio dell'ambiente e punto di riflessione crescita interculturale che sicuramente può aiutare i giovani nella loro crescita culturale e nell'accrescimento dell'autostima e della autoconsapevolezza che sono due traguardi importanti da fargli raggiungere. Creare un laboratorio artistico che unisca arte e cultura territoriale come processo di crescita dei giovanissimi potrebbe essere interessante anche come mezzo per individuare precocemente i talenti ed aiutare la loro valorizzazione ed espressione artistica del loro talento».
-Ci stai raccontando un tuo sogno oppure a breve sarai promotore di un nuovo progetto?
«E’ un sogno che sto cercando di realizzare concretamente, sto ponendo le basi e spero di riuscirci entro breve».
-Pensi che se fossi nato a Parigi o in una capitale simbolo di arte e cultura sarebbe cambiato qualcosa per te? Forse avresti avuto più opportunità: mostre, manifestazioni, partecipazioni ad eventi.
«Avrei avuto sicuramente altre possibilità ed altri stimoli ma ragionare sui se e i ma già ha portato via troppo tempo della mia vita e delle mie energie. Avrei sicuramente bisogno di una tranquillità che al momento non ho, e che forse non ho mai avuto. Ciò mi ruba tempo e concentrazione che spesso si manifesta anche nei disegni».
-Nascere e crescere a Giugliano, invece, cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto come artista?
«Giugliano è il senso di appartenenza, è l'attaccamento all'ambiente e al territorio ma è anche il doppio canale di odio e amore, è ciò che ho ma è anche ciò che mi stato negato. Rimane però il punto di partenza del mio io e dei miei disegni, negazione ma anche passione dolorosa di luoghi oscuri e abbandonati all'oblio. I nostri concittadini, credo abbiano perso l'interesse verso la devozione e la commemorazione; qualcuno negli ultimi anni sembra aver riallacciato un discorso di recupero ma sembra mancare la cultura di base e la sensibilità per fare ciò. Ecco perché intervenire sui giovani è importante, per ampliare gusto artistico e potenziare il loro talento».
Giovanna Angelino
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