“Una pagina di storia mai letta”

I Neoborbonici impegnati per ricostruire la “verità storica” della identità meridionale


E’ interessante rileggere una pagina di storia che tratta del miracolo economico, sicuramente ultimo, nel Sud dell'Italia.
Il periodo è quello del regno di Ferdinando II e, come riferisce il Nassau Senior, il Re si poteva ben definire un liberista.
Egli infatti si diede molto da fare per ridurre i dazi che allora esistevano, su almeno un centinaio di prodotti, tanto che questa sua politica fu elogiata anche dal Parlamento inglese, sottolineando come la sua politica fosse illuminata dalla teoria del Libero Scambio.
La politica di Ferdinando era volta a rendere il paese indipendente e sviluppato. Si diede forte impulso alle industrie; il complesso industriale dell'opificio di Pietrarsa a Portici era uno stabilimento di grandi dimensioni, copriva una superficie di circa 34.000 mq, con più di mille impiegati ed aveva una linea produttiva che spaziava dalle rotaie alle macchine a vapore, dalle gru alle caldaie, fino alle bombe. Una sezione di questa fabbrica si occupava anche di lavori più leggeri, come la copertura dei fili con la seta, oggi si usa la gomma.
Oltre a Pietrarsa, fu dato notevole impulso anche alla Real Ferriera della Mongiana, nella Calabria Ultra che Ferdinando in persona, seguiva con passione con l'intento di farne l'arsenale più importante del Mediterraneo.
Non bisogna dimenticare la Real Fabbrica di armi di Torre Annunziata, la Real Fonderia di Poggioreale, oltre all'Arsenale militare di Napoli e ai cantieri navali di Castellammare che sicuramente erano i più grandi e moderni d'Italia, tanto che già era cominciata la trasformazione per la costruzioni di scafi in ferro e con propulsione ad elica.
Quindi è lecito parlare per il meridione di una tradizione industriale già a cavallo tra la prima e la seconda metà del XIX secolo. Basti pensare che alla Mostra industriale di Napoli del 1853, alla quantità di brevetti, come macchine a vapore per gli usi più disparati , macchine pneumatiche, telescopi del famoso, ancora oggi, La Barbera, bilance, orologi e perfino un motore elettromagnetico.
Il settore tessile ebbe un notevole impulso dalla politica del governo che riuscì ad attirare capitali stranieri, soprattutto svizzeri e tedeschi che crearono una serie di fabbriche in Terra di Lavoro e nella provincia di Salerno.
La zona della valle del Liri era conosciuta per il polo industriale dei lanifici, ben quindici.
La qualità dei panni prodotti era notevole, grazie anche alla introduzione della lana merinos in loco, il settore dava lavoro a circa 20.000 operai!
Se consideriamo poi il settore della seta, che con lo stabilimento di San Leucio, aveva reso famosi in tutta Europa i suoi prodotti filati per la qualità eccezionale.
Sviluppata era anche l'industria per la lavorazione delle pelli e del cuoio, solo a Napoli esistevano 15 fabbriche, tanto che si era riusciti a far crollare l'importazione di questi prodotti dall'estero.
Accanto all'iniziativa privata, ci furono massicci interventi da parte dello Stato con la finanza pubblica, attraverso le Società economiche provinciali che miravano alla creazione di un industria pesante.
Infatti il settore più avanzato era quello metalmeccanico e siderurgico, si producevano, in vari stabilimenti e centri sparsi per il regno, barre e lamiere,macchine agricole, lavatrici automatiche a vapore, quella del Real Albergo dei poveri a Napoli, lavava duemila lenzuola!
Importante anche l'industria alimentare che produceva soprattutto pasta, famosi i maccheroni esportati in tutto il mondo e dava lavoro a moltissimi addetti. Oltre questi, erano centinaia gli stabilimenti per la produzioni di latticini, mozzarelle di bufala, insaccati e conserve.
Quindi il quadro ci fa capire che nonostante il paese fosse prevalentemente agricolo, esisteva già la struttura di un paese industriale, con manodopera e tecnici specializzati,ma non basta.
In questo periodo la situazione economica della penisola italiana era al rovescio, basti pensare che mentre nelle province napoletane vi erano circa 9.500 medici su una popolazione di 9.000.000 di abitanti, nel totale delle province del nord i medici erano in tutto 7.000 però su una popolazione di 13.000.000.
Mai come intorno agli anni '60 del XIX secolo, quindi alla vigilia dell'unità d'Italia, il meridione aveva la struttura per spiccare il volo dal punto di vista economico ed industriale, pur in presenza di problemi a carico soprattutto delle zone più remote ed agricole.
L'unificazione fu, per le Due Sicilie, la pietra tombale di tutte le aspirazioni ma anche l'inizio di una spoliazione che va avanti ancora oggi, colpa soprattutto delle classi politiche succedutesi, incapaci di impedire i saccheggi prima e l'abbandono poi.
 Pagina di storia, che a scuola (dalle elementari all'universita') nessuno ha mai letto, ma che un giorno verrà letta.
La nostra è una battaglia per la ricostruzione della verità storica, ricostruzione della  nostra identità e dell'orgoglio meridionale-duosiciliano e  costituzione di una classe politica degna di rappresentare il Sud del domani.

 
Nicola D'Auria
Esponente Movimento Neoborbonico