MESSAGGIO DI AVVENTO 2020

Don Franco Catrame: “Il cristianesimo non è un anestetico, ma un’illuminazione


L’Avvento non va ridotto a semplice preparazione immediata al Natale: esprime piuttosto l’orientamento e la direzione del tempo abitato da Dio, che tende al compimento della verità di ciascuno e della giustizia per tutti. L’Avvento è il cuore del mistero cristiano, l’estensione e la pienezza definitiva dell’energia della risurrezione di Cristo, la fonte della Speranza anche contro tutto ciò che la nega. Il cristiano che smarrisce l’urgenza della venuta di Cristo, cessa di essere “sentinella del mattino”. Resta attuale la domanda di un teologo del Novecento, Teilhard de Chardin: «Cristiani, incaricati di tenere sempre viva la fiamma bruciante del desiderio, che cosa ne abbiamo fatto dell’attesa del Signore?».

La nostra società progredita e “progressista” è cieca sotto molti aspetti; è una società che vuole prevedere tutto, tranne i mezzi per prevedere. Il filosofo danese Sören Kierkegaard scriveva nel 1845: «La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta, che non interessa più a nessuno, ma quel che si mangerà domani». Nella società in cui cerchiamo di assicurare tutto, non siamo più sicuri di niente. Nel crollo di tante false sicurezze resta solo la speranza affidabile, Cristo, «lo stesso ieri, oggi e sempre» (Ebrei 13,8). Succede oggi come ai tempi di Noè, allorché non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti. Le parole del Vangelo non vogliono descrivere la fine del mondo, ma la fine di un mondo dove gli affari sono senza etica, per sete di denaro si distrugge la terra, si ricorre a maghi e indovini in sostituzione di Dio, si insegue la fortuna. Quest’atmosfera diffusa riguarda tutti e ciascuno: distoglie gli occhi della mente e del cuore dalla Verità, spegne i grandi ideali del Bene, frena gli entusiasmi della solidarietà, favorisce il conformismo al ribasso, azzera il ricorso alla preghiera, vanifica il senso di appartenenza alla Chiesa, riduce la tensione al futuro ultimo, impoverisce la qualità della vita. Eppure la Chiesa è l’arca di salvezza, luogo del perdono e della festa, riscatto della miseria umana, redenzione universale, grembo di vita nuova. Occorre perciò salire sull’Arca, senza perdere altro tempo prezioso. All’aumento di mezzi tecnici grandiosi corrisponde una maggiore complessità del vivere con un individualismo generalizzato.

Le preoccupazioni aumentano e spesso vengono affrontate con mezzi inadeguati, trasgressivi e alienanti. La minaccia più grande per la fede è l’assopimento, l’anestesia della propria coscienza, la perdita della propria identità. Uno dei segni distruttivi di oggi è l’assopimento della ragione e del buon senso. Leggere la realtà è la prima e più alta forma di sapienza e di intelligenza possibile.

L’Avvento, che ricentra lo sguardo su Gesù, fa dire ai cristiani: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Gesù è presente in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell’Anno liturgico, nei Santi, negli eventi del quotidiano, nel Creato, nell’Eucaristia celebrata in attesa della Sua venuta. Ai discepoli che chiedono “quando” sarà la fine del mondo, Gesù risponde con “sempre”. Non dice il giorno e l’ora, perché Lui, per chi ha occhi bene aperti, viene ogni giorno e ogni ora. Il momento favorevole è il presente.

Occorre dunque essere vigilanti perché il Signore viene nella nostra ordinaria quotidianità.

Spesso si cerca un altro mondo, invece di impegnarsi per costruire nel piccolo un mondo “altro” da quello che è. Si tratta di tramutare le spade in falci: il materiale è identico, ma con esso si possono fare strumenti di morte o utensili per la vita. La Comunità cristiana è chiamata a valorizzare la dimensione fondamentale del senso religioso, dell’interiorità intesa non come intimismo, ma come consapevolezza di quanto accade: ascoltando, riflettendo, giudicando, scegliendo, agendo, amando.

L’autentica spiritualità non è disincarnazione, ma servizio del bene comune, attenzione a creare la bellezza nella realtà e amabilità nei rapporti umani. Il cristianesimo non è un anestetico, ma un’illuminazione che fa vedere la realtà e la fa assumere con intelligenza e responsabilità, in vista di un fine positivo.

Il filosofo danese Kierkegaard scriveva che «la fede è una faccenda dura per gli smidollati». ll fatto che alla fine avvenga un giudizio è ciò che rende la nostra vita seria e non banale, responsabile e non incosciente, operosa e non attendista. Nessuno conosce il giorno della fine, ma tutti possiamo sapere il giorno dell’inizio per cambiare.


Don Francesco Catrame

©Corriere di San Nicola