Ma quale religione?

Ancora una volta l’io vuole e pretende di sostituirsi a Dio.

-PENSIERI, PAROLE & MOUSE di Antonio Serino-

Quello che sta accadendo in tempo di pandemia non ci solleva e non ci presta un momento di serenità, neanche un po’, in tutti i settori, specie in quelli in cui meno sentiamo l’esigenza di confrontarci.

Ad essa abbiamo più volte imputato l’impossibilità di poter fare una determinata cosa, o di poterci comportare in un determinato modo, o di affrontare gli eventi in modo più semplice.

Tale atteggiamento ha avuto ripercussione anche nel lungo andare così da rendere quasi di prassi il procrastinare ogni cosa oppure da cambiare il proprio modo di fare o pensare, forse perché presi da un momento di stasi in cui poter cavalcare l’onda del non fare a nostro piacimento.

Cosa centra ciò con la religione?

Nel mio caso, frequentando gli ambienti parrocchiali è facile imbattermi in tanti tipi di confronti e discussioni talvolta che hanno di che di inaspettato ma, forse, prevedibile.

Già trovo molto strano il modo di comportarsi dei fedeli all’atto di accingersi alla chiesa. Osservando l’approccio che molti concittadini assumono all’atto di recarsi in chiesa, si evidenzia la peculiarità della fretta per andare alle celebrazioni ed ai riti ad inizio avviato, l’indecenza di presentarsi molte volte in abbigliamento non consono, fregarsi del luogo e del momento ed esporre il proprio “chiacchericcio” in modo sempre più evidente ma, soprattutto, lasciarsi prendere dal panico se il tempo della celebrazione sta oltrepassando, anche di poco, quello previsto per la durata consueta, e via dicendo.

Per non parlare degli incontri “pastorali”, cioè quelle riunioni in cui il diretto interessato, cioè il parroco, deve affrontare vere e proprie scaramucce con le controparti che dovranno affrontare “impegni” come battesimi, comunioni, cresime, non perché interessati alla vera e propria cerimonia religiosa, ma semplicemente perché devono organizzare tutto il contorno (vedi festa, ricevimento, abbigliamento ecc.).

E’ in questo contesto che si manifesta e si espone tutto il proprio sapere a riguardo di cosa fare, tant’è che il parroco DEVE necessariamente venire incontro alle necessità di ogni famiglia, anche senza conoscerne lo stato reale, come pure DEVE fare ogni cosa possibile perché sia resa fattibile e soddisfacibile l’esigenza di una data famiglia. Così è capitato di assistere anche a simpatiche scenette in cui il familiare di turno chiedeva esplicitamente di DOVER fare la comunione o la cresima in quella data prefissata dal ristorante o di dover fare l’iscrizione al relativo corso, pretendendo però di non doverne aspettare la normale durata, senza che abbia mai prestato attenzione, però,  alla preparazione che il congiunto dovrà affrontare per poter ricevere il sacramento in questione; e quante volte addirittura è stato chiesto di chiudere un occhio per poter autorizzare comunque il sacramento anche se non si è in possesso dei requisiti previsti dalle norme diocesane o parrocchiali. Come si nota, il diritto religioso è sostituito dal diritto personale. In tal modo si pretende che le cose vengano fatte a proprio piacimento noncuranti delle regole dettate in proposito e del modo improprio di comportarsi. In tutto questo, gli interpreti dimenticano quali siano i ruoli e le parti da sostenere per poter adeguatamente affrontare tali circostanze. Per esempio, innanzitutto dare il proprio contribuito alla formazione del proprio familiare che entra nel contesto religioso per ricevere sacramenti che gli permettono di completarsi cristianamente, oppure prestarsi perché quel familiare sia bene accolto nella comunità parrocchiale. Invece…  Tanto per cambiare, per esempio, fa un po’ male notare come nella giornata della domenica, giornata dedicata in particolare alle attività religiose, molte volte ciò si snobbi perché bisogna riposarsi o dedicarsi allo svago. Invece, tanti altri genitori, pur ottemperando alle prescrizioni religiose accompagnano e lasciano da soli i propri figli alla messa domenicale (perché giustamente forzati anche dagli operatori parrocchiali) ma non prestano anche la loro presenza, perché impegnati in attività di tutt’altro genere.

Tutto ciò fa presupporre di avere una strana concezione della religione o, se vogliamo, delle disposizioni dettate continuamente in materia di sacramenti.

E’ vero che la mentalità dominante oggi è quella della modernità sociale, intrinseca di valori strani, a volte amorali, che tante volte non hanno nulla a che vedere con l’etica e col ricco patrimonio ricevuto in dote dalle precedenti generazioni, ma la cosa più aberrante è quella di notare comportamenti basati sul proprio credo, una sorta di insieme di concetti e convinzioni inesatte o del tutto fuori luogo, cioè si sconfessa la religione vera in luogo di una più moderata, modellata, semplice, scellerata religione personale. Ma dove vuole arrivare l’uomo? Quali sono gli scopi vitali che si prefigge? Ha, in definitiva, veramente un qualcosa per cui vivere?

A questo punto viene spontaneo porsi la domanda: perché chiedere ad una religione ufficiale di adeguare i propri schemi alle proprie “voglie”? Perché interloquire allo scopo di realizzare un proprio desiderio corrispondente ad un evento vuoto, fatto di nullità, senza alcun valore, senza alcun vero interesse per lo sviluppo del senso religioso della propria famiglia?

Ancora una volta l’io vuole e pretende di sostituirsi a Dio.

Ma la natura umana è fragile, incomprensibile, e non riuscirà mai a costruire un qualcosa di reale, di buono perché tende sempre ad auto isolarsi, a farea meno della protezione di Dio, al quale prega, in modo personalizzato ed autonomo, senza coscienza o appartenenza, almeno fino a quando, sopraffatto dalle avversità della vita, e non avendo alcun aiuto tangibile per combattere quella stessa modernità che l’ha coinvolta da tempo, non dovrà fare altro che piegarsi alla necessità di andare in chiesa, stavolta in modo pietoso, e chiedere l’aiuto divino.

Antonio Serino
©Corriere di San Nicola