“RISARCIMENTO DI MASSA!”


Lo ipotizza il presidente di “Terra Nostra”, Pasquale Costagliola, per i danni alla salute subiti dalle popolazioni “uttarine”: “Altro che policlinico e università, qui c’è bisogno di una vera bonifica!”

Un vento di maestrale sta portando di mattina e di sera un puzzo dal sapore acre e disgustoso nelle periferie di Caserta, Maddaloni e San Nicola La Strada. Dalla 167 a via Petrarca, dal parco Cerasola a San Clemente, da San   Benedetto a via Acquaviva, senza peraltro risparmiare le altre due città. Un odore pestilenziale che si cumula con i fumi dei cementifici e la polvere delle cave ancora aperte, un micidiale mix che in questi giorni ha determinato tanti interventi delle autoambulanze e controlli sanitari di persone sofferenti, ma soprattutto tante infiammazioni ed allergie alle vie respiratorie fuori stagione. «La discarica Lo Uttaro – ha affermato Pasquale Costagliola, Presidente dell’Associazione “Terra Nostra” – sta dispiegando tutto il suo carico negativo non solo con la puzza ma anche con gli effetti connessi all’inquinamento che si sviluppano nelle aree a ridosso de Lo Uttaro. Negli anni novanta è stato ipotizzato che le persone che vivono nei pressi di una discarica hanno un rischio maggiore di sviluppare cancro del fegato, del rene, del pancreas e del linfoma non Hodgkins. Così per le popolazioni residenti vicino alla zona di conferimento dei rifiuti, in un impianto dove la portata dell’immondizia è talmente alta, si ipotizzano possibili associazione tra la teratogenesi e le sostanze prodotte dagli scarti urbani. L’Italia è stata richiamata già due volte per aver trasgredito alle norme della direttiva sui rifiuti pericolosi e della Landfill  Directive (direttiva sulle discariche). In realtà la differenza tra siti di conferimento ufficiali ed illegali è molto sottile, come dimostra il caso delle analisi svolte dalla Chelab, società incaricata delle analisi che nelle sue rilevazioni ha trovato ne Lo Uttaro carbonio esorbitante, idrocarburi in quantità enormi ed antimonio. La condizione di particolare pericolosità dovuta alla presenza di queste immense quantità di rifiuti dovrebbe portare a politiche di “cautela”esplicantesi quantomeno nella individuazione di una linea  territoriale di demarcazione  e di rispetto che escluda attività agricole, zootecniche ed impedisca nuovi insediamenti abitativi nelle aree limitrofe alla discarica. Di fronte alla scelta dell’inquinamento diffuso occorre escludere possibilità di contaminazioni per la catena alimentare, indennizzare i proprietari di campi e risarcire gli abitanti colpiti. La stessa individuazione dell’area di edificazione del policlinico va riconsiderata. Non è possibile portare avanti la farsa di una struttura sanitaria tra i due fuochi dei cementifici e de Lo Uttaro. Oramai l’area orientale delle tre città è in una fase di contaminazione di terra, aria ed acqua e non può permettersi illusioni di sorta. Spendere fondi per il polo universitario, stante questa situazione, non ha senso, quindi è più logico investire in altre direzioni. Piuttosto occorrerà predisporre una moratoria per ogni tipo di attività ed ogni forma di antropizzazione nel settore con monitoraggi e controlli epidemiologici. Se tutto questo non sarà considerato (e siamo sicuri che non sarà considerato) attrezziamoci per un risarcimento di massa e boicottiamo ogni forma di attività nelle “zone contaminate”, richiediamo una bonifica vera del territorio».  

Nunzio de Pinto