Termovalorizzatore, “bufale” e “limiti di legge”

Antonio Roano raccoglie e diffonde scritti importanti sul neonato “inceneritore” più grande d’Europa. Per Lega Ambiente Caserta “l’efficienza non c’entra, a meno che non soffra di strabismo. In realtà ci sono scelte ben precise, che riguardano la tecnologia da adottare, i conseguenti appalti da gestire, insomma il business dei rifiuti”...


Se vi trovate a parlare con una persona entusiasta dell’efficienza con cui è stato costruito e messo in funzione l’inceneritore di Acerra, provate a farle questa semplicissima domanda: perché ad Acerra tutto avrebbe funzionato mentre a S. Tammaro, ove da più di un anno è stato completato un impianto di compostaggio, non si inaugura un bel niente? Basta riflettere su questa domanda, e rispondersi onestamente, per capire e spiegarsi l’essenza del problema dei rifiuti in Campania.
Da quando a Caserta è partita la raccolta differenziata, tutti separiamo l’umido. Tra le varie tipologie di rifiuti, forse l’umido è, col vetro, quello che più facilmente è stato compreso e viene separato abbastanza diligentemente, senza equivoci e troppi errori. Si raccoglie, cioè, dell’ottimo umido.
Andrà a finire buttato nell’inceneritore? Se si, perché allora separarlo? Se no, dove e a che prezzo lo trasferiamo? E soprattutto perché, come detto, l’impianto di compostaggio di S. Tammaro, della capacità di 30.000 tonnellate l’anno, non viene inaugurato e fatto funzionare?
E’ evidente che l’efficienza non c’entra, a meno che non soffra di strabismo. In realtà ci sono scelte ben precise, che riguardano la tecnologia da adottare, i conseguenti appalti da gestire, insomma il business dei rifiuti. Business che sarà anche diverso da quello operato dalla camorra, ma comunque estraneo all’ottimizzazione del servizio da compiere per il bene comune, in termini di costi, salvaguardia ambientale, partecipazione e coinvolgimento degli utenti.
A parte il fatto che i problemi reali sono ben lungi dall’essere risolti. Infatti, la maggior parte dei danni sono causati dai rifiuti industriali spalmati nelle nostre campagne. Quelli sì che sono pericolosi perchè provocano gravi malattie e malformazioni fetali, oltre che distruggere un’intera economia agro industriale. Su questo fronte non si è fatto assolutamente nulla e, dalle informazioni attinte presso Legambiente, stiamo peggio di prima. A tal genere di rifiuti, ora, si aggiungeranno le ceneri della combustione che dovranno trovare adeguata sistemazione. All’inaugurazione ad Acerra, questo problema è stato completamente ignorato. Non faceva bon ton nominare le ceneri.
Per non parlare dei rilasci in atmosfera che, secondo Berlusconi, equivarrebbero allo scarico “di tre automobili”.
Di fronte a questa nuova bufala, è necessario approfondire un attimo l’argomento. Ciò che brucia nell’inceneritore (plastica, legno, carta ecc..) sono rifiuti organici composti essenzialmente da Carbonio e Idrogeno. In peso, possiamo ritenere che è quasi tutto Carbonio, dal momento che l’atomo di Idrogeno è dodici volte più piccolo. Ogni atomo di Carbonio, nella combustione, si lega a due di Ossigeno  e quindi si forma una molecola che pesa oltre tre volte in più  (l’Ossigeno è un po’ più grande del Carbonio). Allora, con un’alimentazione di migliaia di tonnellate al giorno (2000 a pieno regime) di rifiuti, i camini scaricheranno migliaia di tonnellate al giorno di anidride carbonica nell’atmosfera (non è possibile fare altrimenti). Altro che tre automobili, ciascuna delle quali scarica, a seconda della cilindrata, da 100 a 200 grammi di CO2 per chilometro!
Va da sé che tutta l’anidride carbonica emessa la pagheremo a caro prezzo relativamente ai trattati internazionali riguardanti i gas climalteranti. E tali costi graveranno sulla bolletta insieme a quelli del famoso CIP6 (che incentiva l’energia elettrica prodotta dai rifiuti come se fosse proveniente da fonte rinnovabile) per cui poi, con tutte queste maggiorazioni, la bolletta sale e ci verranno a raccontare che l’energia elettrica in Italia costa troppo perché non abbiamo centrali nucleari. E il cerchio della disinformazione si chiude.
Ci sono, infine, gli innumerevoli composti che si formano con la combustione. Ci dicono che nel fumo della sigaretta se ne formino all’incirca diecimila. Le lunghe ciminiere di Acerra saranno almeno paragonabili ad una sigaretta, se non altro perché vi si brucia molto di più del tabacco, producendo tantissimi gas di scarico.
E qui entrano in gioco “i limiti di legge”.
La legge prevede che lo scarico di un inceneritore debba contenere meno di 100 picogrammi al metro cubo di diossina. Perciò, per motivi economici, un qualunque laboratorio di analisi tarerà i suoi strumenti per cercare diossine a partire da 40 – 50 picogrammi/mc in su. E quindi, se nei fumi se ne trovano realmente, ad esempio, 39, lo strumento segnalerà che la diossina non è misurabile. Di qui la favola che l’inceneritore moderno non emette diossina; c’è cascato (a voler essere buoni) anche Veronesi. Ma dire che la diossina non è misurabile, non significa affermare che nella realtà essa è zero!
Questa è una ulteriore bufala, perché i 39 picogrammi per ogni metro cubo di fumo oltre al fatto di esistere, vanno moltiplicati per il numero di metri cubi emessi. E se l’inceneritore è come quello di Acerra, cioè il più grande d’Europa, la quantità di diossina che ricade sul suolo è preoccupantemente elevata. Eppure la sua concentrazione in ogni metro cubo di fumo è all’interno dei limiti di legge: il guaio è che di metri cubi di fumi ce ne sono troppi. Il WWF precisa che si tratta di 11,5 milioni di metri cubi al giorno.
A ciò si aggiunga il fatto che essa, come è noto, si concentra nei sistemi biologici e in particolare nella sostanza grassa, compreso il latte materno.
Il settimanale “L’Espresso”, nel suo numero del 2 aprile, pubblica a pag 42 un articolo lungo ben sei pagine intitolato “Gas tossici in Val Padana” in cui, tra l’altro, dice “Progetto Kyoto Lombardia... arriva a conclusioni così imbarazzanti sul dissesto ambientale in atto da aver indotto la Regione a consigliare l’autore – la Fondazione Lombardia per l’Ambiente – a tenere un basso profilo nel diffondere i contenuti”. Contenuti che sostanzialmente evidenziano che i malati di smog lombardo perderebbero 36 mesi di aspettativa di vita. Tra le contromisure elencate nel decalogo ivi riportato, è suggerita la rinunzia alla combustione dei rifiuti.
Gli estimatori delle vecchie tecnologie dell’età del fuoco, tutte fumo e polveri, piangono lacrime di coccodrillo perché, in Lombardia, già perdono tre anni di vita; ma non sono disposti a rinunciare ai business. Passi per costoro che almeno ci guadagnano dei soldi; viceversa, non si comprendono i giulivi che, da queste parti, ci fanno il tifo perdendoci solamente.

BREVE STORIA DEI “LIMITI DI LEGGE”

La storia dei limiti di legge fissati per gli inceneritori è iniziata alla fine dell’800.
E’ ovvio che ogni tipo d’inceneritore realizzato, da allora ad oggi, fosse rispettoso delle norme in vigore al momento della sua progettazione.
Ma tutte le normative ambientali, di solito, sono arretrate di almeno una decina d’anni rispetto alle conoscenze scientifiche sull’argomento, perché sono proprio queste che poi producono i cambiamenti. E queste conoscenze sono tutt’altro che definitive.
E così, dopo decenni d’uso, solo intorno agli anni 60 ci si è accorti che gli inceneritori emettono gas acidi pericolosi per la salute umana e dei vegetali.
Normato e ridotto questo problema, si è scoperto che gli inceneritori emettono anche metalli tossici e cancerogeni che si accumulano nell’ambiente; poi si è scoperto che gli inceneritori erano anche la maggiore fonte di emissioni di diossine (1989).
E mentre si cercava, con varia fortuna e costi crescenti, di ridurre le emissioni di metalli e diossine, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), confermava, definitivamente, l’effetto cancerogeno di questi composti per l’uomo (1997).
Conseguentemente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unione Europea, riducevano (1998) la quantità di diossine fino ad allora tollerata nella dieta umana.
Invece, il limite alle emissioni di diossine negli inceneritori è rimasto 100 picogrammi/mc, stranamente identico a quello fissato prima del riconoscimento dell’effetto cancerogeno.

(Lega Ambiente Caserta)


In principio in Campania, come penso anche altrove, i rifiuti si portavano in discarica. Solo che in Campania, come spero non anche altrove, le discariche non sono state costruite secondo la normativa, sono state riempite anche di rifiuti tossici, provenienti da altre regioni e, chi sa, anche da altri paesi, sono state gestite al di fuori di ogni legalità e controllo e prima che altrove si sono riempite, dando luogo a disastri ambientali annunciati e denunciati, che ancora oggi affliggono le comunità che vivono in quelle zone, perché nulla, dico nulla, è stato fatto per riparare ai danni causati; i “buchi” così come erano sono stati coperti in qualche modo, continuando a produrre percolato e gas.
Siamo nel 1994: essendo state chiuse le discariche fino ad allora in funzione non ci sono più “buchi” dove sversare la spazzatura e viene,quindi, dichiarato lo stato di emergenza in Campania. In genere lo stato di emergenza viene dichiarato per calamità naturali, in conseguenza di fenomeni e/o eventi imprevedibili e non in seguito ad una cattiva gestione delle risorse e ad una totale mancanza di controllo del territorio da parte delle istituzioni competenti. Invece in Campania è andata così e poiché al peggio non c’è mai fine, la gestione dell’emergenza è stata anche più disastrosa delle origini dell’emergenza.
Il 31 marzo 1998, viene emanata a firma dell’allora Ministro degli Interni Giorgio Napolitano, un’ordinanza ministeriale con la quale si sarebbe dovuto dare avvio al progetto di realizzare una moderna filiera dei rifiuti in Campania. Se questa ordinanza fosse stata attuata integralmente e correttamente la Campania avrebbe avuto finalmente un sistema di gestione dei rifiuti (che per quel periodo era anche un buon sistema), ma purtroppo non è andata così


Sintesi di "Ecoballe" scritto da Paolo Rabitti fatta da una lettrice del libro che consiglia vivamente di consultarlo.

Cosa prevedeva l’ordinanza:

punto primo - attivazione della raccolta differenziata da portare al 20% entro il 1998 ed al 35% entro il 2.000;

punto secondo - gara d’appalto che il Commissario Delegato/Presidente della Regione doveva effettuare entro 4 mesi per affidare per 10 anni la gestione dei rifiuti prodotti in Campania a valle della raccolta differenziata;

punto terzo - l’aggiudicatario della gara doveva impegnarsi a realizzare gli impianti di produzione di combustibile da rifiuti (CDR), entro il 1998, l’ inceneritore, entro il 2.000 ed ad utilizzare il CDR prodotto nelle more della costruzione dell’inceneritore bruciandolo in impianti esistenti mano a mano che veniva prodotto(onde evitare accumuli indiscriminati);

punto quarto - l’energia prodotta attraverso la combustione dei rifiuti avrebbe goduto del contributo riservato alle energie alternative (CIP 6), ma entro e non oltre il 50% della produzione di rifiuti della Regione (per evitare che per sfruttare al massimo il cospicuo incentivo non si facesse la differenziata, ma si bruciasse quanto più possibile). 

Come è stata attuata l’ordinanza: in pratica è stata del tutto inattuata : prima con la gara, poi con il progetto, per proseguire con la realizzazione del progetto dopo l'aggiudicazione e con la gestione del servizio.

LA GARA: il 12 giugno 1998 vengono emanati i decreti commissariali con i quali si approva il bando di gara , il capitolato d’oneri e la lettera di invito per la costruzione di sette impianti di produzione di CDR (tre per la provincia di Napoli e 4 per le altre provincie della Campania) e di due inceneritori ( 1 per la Provincia di Napoli e 1 per il resto della Regione), in evidente contrasto con l’ordinanza cui tali decreti dovevano dare attuazione, in quanto:

1) le dimensioni degli impianti sono commisurate all’intera produzione di rifiuti della Regione e non a quella a valle della raccolta differenziata

La difformità dei contenuti della gara rispetto all'ordinanza non passa del tutto inosservata ed infatti, il 12 ottobre, l’allora Ministro dell’Ambiente Ronchi invia al Commissario Rastrelli una nota di critica circa il dimensionamento degli impianti non conforme all’ordinanza ed agli obiettivi ambientali con essa perseguiti e circa il mancato rispetto dell’obbligo di realizzare gli interventi necessari per la produzione di compost da frazione umida raccolta separatamente. Ma la nota di critica non ha alcun seguito.

2) non vengono richiesti requisiti per la costruzione e conduzione degli impianti di produzione di CDR, ma solo per l’inceneritore.

Nel bando di qualsiasi gara che si rispetti vengono precisati i requisiti che devono avere le aziende partecipanti, in termini di fatturato e mole di lavori svolti nel triennio/quinquennio precedente nel settore relativo alle attività oggetto della gara. Ebbene nella gara per la gestione dei 7 impianti di produzione del CDR (che al termine dei 10 anni diverranno proprietà pubblica) e dei 2 inceneritori (che invece resteranno di proprietà del gestore privato) non si chiedono i requisiti (in termini di fatturato e precedenti lavori) in relazione alla produzione di CDR e compost, ma solo in relazione all'impianto di incenerimento. Il raggruppamento Fisia ed altri (cioè Impregilo e soci), infatti non aveva alcuna esperienza nella produzione di CDR e compost, ma aveva interesse ad aggiudicarsi la gestione dell'inceneritore per lucrare il contributo CIP6 e quindi il bando viene impostato in modo che Impregilo e soci possano essere ammessi anche se non era "arte loro" fare il CDR ed il compost. E' una gara per l'inceneritore, ancora una volta in evidente contrasto con l'ordinanza Napolitano, il decreto Ronchi e la politica comunitaria e nazionale volta ad una riduzione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata.

3) il punteggio viene assegnato privilegiando in maniera esagerata (o meglio scandalosa) il prezzo offerto per lo smaltimento e i tempi di realizzazione, a scapito dell'esperienza nel settore e della validità del progetto, tant'è che uno dei raggruppamenti di imprese (Termomeccanica ed altri) non presenta proprio l'offerta "ritenendo la gara viziata da irregolarità formali e sostanziali rispetto alla normativa vigente in materia di pubblici appalti"

Se si osserva la tabella sottostante ci si rende conto che anche senza alcun punteggio per merito e valore avrebbe vinto chi offriva 83 lire per Kg e 300 giorni per tempo di esecuzione. 

prezzo

tempo

merito tecnico

valore tecnico

totale

ATI

110

395

8,6

8,6

17,2

Forster Wheeler

83

300

7,4

4,2

31,63

FISIA

83

300

0

0

19,463

 

La gara quindi era stata impostata per far vincere l'ATI capeggiata da Fisia, ma tutti i brogli già fatti non bastavano: il giorno dopo, 13 ottobre, arriva al Commissario Rastrelli un nota di Giuseppe Zadra, direttore generale dell’Associazione Bancaria Italiana ( ABI) che:

1.                  manifesta la preoccupazione degli Istituti di credito (che avrebbero dovuto finanziare l’operazione) circa il fatto che con una raccolta differenziata al 35% sarebbero diminuiti i guadagni di un terzo;

2.                  suggerisce, per aggirare l’ostacolo, di prevedere una penale per i Comuni che (facendo la differenziata) non conferiscono l’intera produzione di rifiuti, attraverso il pagamento del servizio sulle quantità prodotte indipendentemente dalle quantità conferite, secondo il meccanismo del “deliver or pay”,

3.                  sollecita affinché si consenta di non avviare ad impianti esistenti il CDR prodotto nelle more della costruzione degli inceneritori, ma di bruciarlo negli impianti stessi una volta costruiti, entro il periodo della gestione (10 anni) per non perdere il cospicuo contributo collegato all’energia prodotta con il loro incenerimento.

Questa volta Rastrelli si preoccupa di rispondere a Zadra il 24 ottobre, dicendo che la gara d’appalto è in corso, che quindi non si possono modificare le condizioni, ma che successivamente si troverà il modo di prendere in esame le considerazioni esposte nella notaE così è stato, anche se il 2 dicembre Rastrelli si dimette da Presidente della Regione, ma qualcun altro si è premurato di accontentare l’ABI e chi ci stava dietro. 

IL PROGETTO: Il progetto presentato dal gruppo capeggiato da Forster Wheeler viene molto apprezzato dalla Commissione: La soluzione progettuale proposta appare di livello tecnico elevato correttamente descritta e giustificata in ogni sua parte, sia per gli aspetti tecnologici, che per quelli gestionali e di ottemperanza alle norme ambientali. La tecnologia proposta per gli impianti di CDR è di affidabilità ed efficienza comprovata da decine di impianti simili. Quella proposta per il termovalorizzatore è tecnologicamente avanzata, anche se impianti così rilevanti come quelli richiesti dal bando sono ancora pochi ( il più grande è stato costruito e gestito proprio da una delle mandanti).Il progetto è perfetto e prevede tre discariche dimensionate ad accogliere il 30% dei rifiuti in ingresso (quello che resta al termine del processo)

Il progetto presentato da Impregilo e soci non sta in piedi a cominciare dai numeri. Un esempio: per l'impianto CDR di Caivano si prevede che entrino x tonnellate di rifiuti = 100% ed escano 31,6% di CDR, 35,6% di compost stabilizzato, 2,5% di metalli ferrosi, 14,6% di residui a discarica e 15,4% di perdite da compostaggio.

Nel capitolato era specificata la composizione percentuale dei rifiuti in ingresso che è rappresentata nella tabella sottostante
 

Frazione

%

Carta e cartone

26,65

Inerti

1,54

Legno

2,09

Metalli

3,38

Organici

30,99

Assorbenti

2,79

Cuoio/Pellame

1,24

Plastiche

11,35

Stracci/Tessuti

4,00

Potature verdi

2,67

Vetro

5,20

Materiali grossolani

--

Altri non classificati

1,78

Materiali fini

6,32

Come si può notare, l'organico (da cui si produce il compost) nella tabella è pari al 30,99%, di conseguenza la Commissione si sarà domandata come fosse possibile che alla fine del trattamento il compost (che deriva dall'organico) fosse più dell'organico in ingresso, senza considerare che durante il processo di compostaggio la sostanza organica si riduce di circa la metà. Per produrre il 36% di compost doveva entrare nel processo un tipo di rifiuto composto per il 72% da organico, che non è la tipologia di rifiuto che si produce in generale ed in particolare non è quella di cui al capitolato. Dietro l'errore grossolano si cela l'ennesimo inganno: facendo quadrare i numeri nel modo descritto resta da portare a discarica solo un 15% scarso e scompare così un bel 15% di inerti e quant'altro che invece nella realtà ci sono e che insieme alle ceneri dell'incenerimento necessitano di tre discariche, come previsto nel progetto "Forster Wheeler", mentre in quello Fisia le discariche non sono previste per niente e così il prezzo può scendere.

Il prezzo offerto poi non era sostenibile e anche questo doveva balzare agli occhi dei componenti la Commissione.

83 lire per Kilogrammo non potevano essere offerte matematicamente se si fossero rispettate tutte le condizioni dell'appalto: 35% di raccolta differenziata, il resto avviato agli impianti di CDR con recupero del compost, bruciare solo CDR a norma e nei limiti del 50% della produzione di rifiuti della Regione, costruire le discariche necessarie ad accogliere le ceneri e i residui del processo di produzione di CDR e compost e smaltire presso altri impianti del CDR prodotto fino a che non fosse stato pronto l'inceneritore.

Ed infatti l'impianto di incenerimento che doveva essere progettato per bruciare solo CDR, viene progettato, invece, per bruciare il rifiuto tal quale; mi spiego meglio: l'inceneritore di Acerra se mai vedrà la luce è del tipo che può bruciare il rifiuto tal quale e non solo le pillole di combustibile selezionato che si chiamano CDR. Se la vogliamo dire in tutta chiarezza Fisia ha offerto 83 lire a Kilogrammo perché sapeva già che non avrebbe bruciato solo il 50 % della produzione di rifiuti della Campania e non lo avrebbe fatto sotto forma di CDR a norma, tant'è che si era organizzata con un impianto che poteva bruciare anche le feci degli animali, e sapeva che non avrebbe mai conferito il CDR ad altri impianti di incenerimento nelle more della costruzione dell'impianto di Acerra per non perdere il relativo CIP6, pur avendo sottoscritto il relativo impegno.

E questo era evidente, direi sfacciatamente evidente, anche nell'offerta di Fisia: Il Signor Paolo Romiti, infatti. nero su bianco, si è permesso di presentare l'offerta, aggiungendo che "quanto sopra è stato formulato nell'assunto della positiva valutazione delle tematiche esposte nella nota ABI del 13 ottobre 1998 a Voi indirizzata e da Voi riscontrata con nota n. 5343 /CD del 24 ottobre 1998 in cui aderite alla opportunità di integrazioni e garanzie utili al conseguimento operativo degli obiettivi" Ma che faccia tosta!!!!! Lo scambio di corrispondenza fra Zadra e Rastrelli non coivolgeva altri destinatari e Romiti, allora, come mai ne era a conoscenza, ma, cosa ancora più audace l'offerta viene condizionata all'accettazione delle richieste della nota dell'ABI.

E la Commissione ? Non si accorge e non rileva che l'offerta era 1) condizionata, 2) che la nota ABI non era un documento di gara 3) che l'offerta contrastava con quanto previsto dal capitolato e dalle norme sugli appalti? No, non si accorge di nulla, anzi nell'ultimo verbale di gara specifica che la seconda dichiarazione del legale rappresentante dell'ATI Fisia (nella quale risulta l'importo della tariffa di smaltimento dei rifiuti urbani) "è resa incondizionatamente". Questi elementi avrebbero dovuto portare all'esclusione dell'offerta dell'ATI capeggiata da Fisia, che invece ha vinto la gara.

I membri della Commissione erano dei tecnici e non potevano non comprendere che il bilancio di massa non era coerente con il progetto e che il prezzo offerto era anomalo, ma ciò non ha impedito che un progetto assurdo, che non portava alla chiusura del ciclo e che non prevedeva le discariche, neanche per le ceneri dell'inceneritore, si aggiudicasse l'appalto, con tutte le conseguenze e le ripercussioni ambientali economiche e sociali che puntualmente si sono verificate. Di seguito riporto i nomi dei membri della Commissione aggiudicatrice, perché se vi capita di conoscerne qualcuno possiate porger loro i "ringraziamenti" dei cittadini Campani: Presidente: Prof. Roberto Pasquino; Membri: Prof. Roberto Arena, Prof. Renato Mele, Dott. Gerardo Rescigno, Prof. Paolo Togni.

LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO: gli impianti di produzione di CDR così come previsti nel progetto vincitore della gara (che già non era un gran che) non hanno mai visto la luce; il progetto iniziale (dell’ordinanza di Napolitano) di produrre CDR di qualità è stato man mano modificato per massimizzare la quantità di materiale più o meno secco da mandare all’inceneritore, in maniera da lucrare più contributo CIP6, sfornando da una parte milioni di “ecoballe”, che tutto sono tranne che CDR, e dall’altra mezzo milione di tonnellate all’anno di FOS (frazione organica stabilizzata), che stabilizzata non è, eliminando del tutto la produzione di compost. Esattamente il risultato contrario a quello che il progetto doveva perseguire.

Come ci sono riusciti? Nell’impianto ci sono tre vagli o almeno dovevano esserci: è bastato ridurre il diametro dei fori del primo vaglio da 150 mm che avrebbero dovuto essere, a 140 mm nel progetto che vince la gara ed a 120 mm nel progetto che viene approvato ed aumentare il diametro dei fori del secondo vaglio che passano da 50mm (che sarebbe la misura giusta) a 40 mm nel progetto presentato per la gara e salgono a 60 mm nel progetto approvato nel 2000. Questi cambiamenti di misura alterano completamente il progetto: infatti i fori più piccoli del primo vaglio fanno passare meno materiale da avviare alla fase successiva (seconda separazione ,compost e FOS) e rimane molto più materiale da trsformare in CDR, ma è materiale che non dovrebbe diventare CDR (le famose ecoballe); così i fori più grandi del secondo vaglio e la mancanza del terzo vaglio fanno arrivare alla stabilizzazione aerobica più materiale di quello che dovrebbe arrivare, ma è un materiale che non dovrebbe arrivare alla stabilizzazione aerobica e quindi niente più compost e FOS (Frazione Organica Stabilizzata), ma un materiale che puzza, fermenta, percola e contiene polvere e materiali leggeri che possono volare via e che è stato mandato in discarica, ma non poteva e non doveva essere mandato in discarica.

Inutile dire che nel 2004 i consulenti della Procura hanno potuto consultare solo i progetti esecutivi degli impianti al di fuori della Provincia di Napoli, perché per gli altri, pare che esistano solo i progetti preliminari. Il Commissariato, infatti, non ha fornito i progetti esecutivi di tutti e sette gli impianti di produzione di CDR e solo la solerzia del nucleo di polizia provinciale presso la Procura ha portato al rinvenimento dei progetti esecutivi di Caivano e Giugliano e dell'inceneritore di Acerra presso l'archivio morto della Prefettura di Napoli, in un capannone all'interno dell'aeroporto militare di Capodichino.

Per quelli forniti si è scoperto che non corrispondono al progetto preliminare (cioè a quello presentato in gara) e per chi non lo sapesse, questo non è possibile. Il Capitolato d'oneri, infatti stabiliva che il progetto esecutivo doveva essere conforme a quello proposto in sede di offerta, con le sole variazione eventualmente necessarie in seguito alparere per la valutazione degli aspetti ambientali e dell'accordo di programma con il commissario delegato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro dell'industria.

La Commissione per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) ha formulato solo alcune precisazioni generiche, peraltro neppure rispettate, ma nessuna richiesta di variazione , dando un parere fortemente critico, che è stato fatto passare come un’approvazione. Le critiche riguardavano, ovviamente, il dimensionamento degli impianti proporzionato all'intera produzione dei rifiuti della Regione e la mancata individuazione dei siti di stoccaggio del CDR prodotto prima dell'attivazione dell'inceneritore (1.300.000 m.cubi), delle discariche e degli impianti di trattamento e smaltimento degli scarti prodotti dai cicli di selezione. La Commissione comunque non ha affrontato il tema della discrepanza fra bando di gara e proposta Fisia, nella quale si ribadiva che il dimensionamento degli impianti era effettuato in relazione alla produzione totale dei rifiuti della Campania (senza tener conto della riduzione conseguente all'attivazione della raccolta differenziata) e, contrariamente a quanto dichiarato in sede di offerta, si precisava che il CDR prodotto nei 14 mesi intercorrenti fra l'avvio della produzione e il completamento dell'inceneritore, sarà stoccato provvisoriamente, per essere bruciato con gradualità nell'arco di gestione del servizio (10 anni).

L'accordo di programma non è stato stipulato e, comunque, riguardava i contratti per l'utilizzo del combustibile prodotto e quindi non poteva determinare variazioni al progetto.

LA GESTIONE DEL SERVIZIO: ovviamente lo stravolgimento del progetto ha comportato un’altra serie di “nefandezze” che Impregilo e soci, da una parte, e Commissariato di governo ed entourage relativo, dall’altra, hanno perpetrato per portare avanti la gestione del servizio che faceva acqua, o sarebbe meglio dire, percolato, da tutte le parti.

Bisognava, infatti, affrontare le conseguenze dei difetti del progetto e del fatto che non si era riusciti a costruire l’Inceneritore nel tempo previsto.

Prima conseguenza: enorme aumento di volume delle discariche necessarie per contenere FOS, scarti e ceneri dell’inceneritore (per il momento queste ce le siamo risparmiate) che da 3,79 milioni di tonnellate previste dal progetto originale per il periodo dei 10 anni di gestione, passano a 13,60 milioni di tonnellate.

Seconda conseguenza: se fosse stata prodotta veramente FOS, con questa si sarebbero riqualificate le cave dismesse, come era previsto nel progetto originale; nella versione riveduta e corretta, invece, le cave vengono classificate come discariche controllate ed in esse dovrebbe finirci principalmente frazione organica stabilizzata, mentre in realtà ci è finito tutt’altro tipo di rifiuto che ha trasformato le cave in “cloache piene di percolato”

Terza conseguenza: non avviando ad incenerimento il CDR prodotto nelle more della costruzione dell’inceneritore, “per poterlo utilizzare come combustibile nel periodo successivo, evitando così di perdere l’energia in esso contenuta come potere calorifico” (parole tratte dalla relazione al progetto), nasce la necessità di stoccare circa un milione di tonnellate all’anno e quindi di reperire i relativi siti, dimensionati in prima battuta per un fabbisogno stimato di 14 mesi che si sono trasformati in 8 anni (per ora). E se a questo si aggiunge che l’individuazione dei siti era effettuata dal gestore del servizio in assoluta libertà (essendo fatta sempre sull’onda di un’emergenza creata ad hoc, per poter operare in deroga alle norme in materia), non ci si deve meravigliare se la camorra si è inserita nel business, acquistando dai proprietari (agricoltori) i terreni individuati di volta in volta ed occupandosi del trasporto delle balle da stoccare.

Ma com’ è stato possibile stravolgere in maniera così totale e capillare il sistema di gestione dei rifiuti previsto dall’ordinanza di Napolitano del 1998?

La risposta ora ce l’abbiamo: lo stravolgimento è avvenuto ad opera di Impresilo e soci, con la connivenza dei commissari di gara, dei collaudatori, del Commissariato di governo al completo e della corte di professori universitari, professionisti e imprenditori (che hanno lucrato in maniera indecente sull’emergenza) e delle istituzioni locali e centrali che tutto sapevano e che solo oggi si accorgono del disastro annunciato e denunciato e provano anche a sfruttare la nostra disgrazia per fini elettorali e di immagine.

Ricordo a quanti non lo sapessero che il contratto definitivo che disciplina il servizio di smaltimento rifiuti per la provincia di Napoli (7 giugno 2000) e per le altre province della Campania (5 settembre 2001) non solo non rispetta la legge sugli appalti di servizi e la Legge Merloni, ma viola anche le disposizioni del bando di gara e del capitolato d’oneri ed è stato egualmente firmato da Antonio Bassolino, che il 16 aprile 2000 è diventato Presidente della Regione Campania e Commissario all’emergenza rifiuti e che ha giustificato il suo operato contra legem scusandosi col dir “non ho letto il contratto che ho firmato”. (Parole che si commentano da sole...............)

Questo e molto altro potrete e dovete leggere nel libro di Paolo Rabitti


Il vero incipit dell’emergenza rifiuti in Campania: incontro con l’ingegner Paolo Rabitti

L’ingegner Paolo Rabitti, urbanista e docente universitario, ricercatore e consulente di diversi enti pubblici, ha scritto “Ecoballe”, libro in cui divulga molte scomode verità sull’emergenza rifiuti in Campania. Le solite, potrebbero dire alcuni. La camorra e i suoi interessi, per esempio. Invece no. Rabitti ci racconta, nel corso di un incontro in Università, come sia possibile che il problema dei rifiuti in Campania sia nato proprio dalla volontà di debellarlo. Proviamo a seguire lo svolgimento dei fatti, così come nel testo viene narrato.

Tutto nascerebbe nel 1994 quando, chiuse la discariche fino ad allora in funzione, viene dichiarato lo stato d’emergenza in Campania, per l’assenza di luoghi dove sistemare la spazzatura. Ma il seme del problema rifiuti è in una famosa gara d’appalto del 1998. Giorgio Napolitano, allora Ministro degli Interni, impone al Presidente della Ragione Rastrelli di mettere a gara gli impianti di smaltimento dei rifiuti, così da scegliere gli enti e le aziende che avessero proposto il piano migliore e più economico per lo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, il vincitore dell’appalto, avrebbe dovuto impegnarsi a produrre CDR con la metà dei rifiuti. Cos’è il CDR? La parte secca dei rifiuti non adatta alla combustione e non recuperabile in altro modo, destinata alla discarica o al riciclaggio. [NdA- il CDR, che è l'acronimo di Combustibile Da Rifiuti, è il prodotto "combustibile" degli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), volgarmente detti "impianti CDR". Negli impianti CDR si produce anche la FOS (frazione organica stabilizzata) non combustibile, usabile per ripristrino ambientale di cave (o come materiale riempitivo di discariche)]

Nel bando della gara d’appalto – prosegue Rabitti nel suo libro - era specificato che il CDR sarebbe dovuto essere smaltito dagli inceneritori, [NdA- Più precisamente: avrebbe dovuto essere smaltito, nelle more della costruzione dell'inceneritore di Acerra, fuori regione a spese della ditta vincitrice della gara d'appalto.] ma il 10 ottobre del 1998 la commissione riceve una lettera da parte dell’ATI in cui propone che il CDR possa essere stoccato ed incenerito quando gli inceneritori fossero stati pronti. Il direttore dell’ATI vuole, in poche parole, togliere la clausola secondo cui il CDR debba essere smaltito nelle more degli inceneritori. Quando la gara si conclude e vince L’Impregilo, vincola la sua offerta alla lettera inviata precedentemente dall’ATI e la commissione accetta. Ma perché vince l’Impregilo? Perché ha proposto un prezzo così basso che la commissione non può far altro che accettare, senza neanche soffermarsi sui progetti. Ma i progetti, se visti anche solo di sfuggita, rendono noto di essere [NdA- sono] impossibili da realizzare. Non brutti, ma impossibili.

L’Enel, che aveva partecipato alla gara d’appalto, alla presentazione del suo progetto aveva mostrato come da quel tot di rifiuti stabilito dal bando, potesse produrre al massimo un 3% di Compost, un elemento con caratteristiche specifiche che serve anche per l’agricoltura e che quindi non è destinato alle discariche. L’Impregilo, invece, fa “miracolosamente” uscire dal suo progetto una produzione del 35% di Compost perché, ovviamente, non è considerato rifiuto e quindi non prevede neanche una discarica[NdA- anzi, se di elevata qualità, potrebbe essere venduto come "ammendante" per terreni]. Inoltre, prevedendo di smaltire il CDR successivamente, tutto il progetto viene a costare pochissimo. Subito dopo aver vinto, ancora, l’Impregilo cambia il progetto (contro quanto scritto nelle regole del bando), inserendo un “separatore balistico” che per le precedenti macchine installate, non ha nessuna utilità. Arrivati a questo punto, Bassolino approva i progetti esecutivi e firma il contratto, che dovrebbe contenere il copia/incolla di tutte le clausole del bando, ma ciò non avviene. Vengono omesse delle parole, ovvero: il CDR dev’essere smaltito nelle more degli inceneritori [NdA- In altre parole si da l'autorizzazione ad Impregilo di stoccare le ecoballe fino a che non avrà costruito l'inceneritore di Acerra (costruzione prevista in poco meno di un paio di anni) e di bruciarle successivamente nel "suo" inceneritore.]. E Bassolino, quando ciò gli verrà additato, si difenderà dicendo: “l’ho firmato senza leggerlo, perché mi era stato scritto dall’avv. Soprano”.

Ma – si precisa - nessuno ha poi fatto causa a questo avvocato. Successivamente, installate le macchine, viene sostituita improvvisamente un’altra macchina nel progetto e da una “Rompi Sacchi” abbiamo un “Trituratore” e qui arriva la nostra rovina. Come si fa a separare tutto se non c’è una macchina che rompe i sacchi? [NdA- Come si fa a separare bene le frazioni merceologiche (p.e. l'umido dalla plastica e dalla carta) se tutto il rifiuto viene triturato finemente? Il risultato della triturazione sarà una frazione umida (avviata alla stabilizzazione e alla formazione di compost) inquinata da prodotti combustibili e inerti, mentre il CDR (avviato allo stoccaggio) sarà inquinato a sua volta da residui organici da cui si svilupperà percolato. Il che è proprio quello che è accaduto.] Arrivando i sacchetti chiusi ad un trituratore non uscirà più compost, ma solo un miscuglio di tutti i rifiuti. Dopo il danno anche la beffa, sui contratti risulta che la macchina è la stessa, quando il Rompisacchi era grande quanto un appartamento e il Trituratore quanto una cinquecento. Questi miscugli di tutti i rifiuti vengono poi compressi in blocchi chiamati “ecoballe” e sistemati nelle discariche, dove, venendosi a trovare elementi di diversa natura a contatto, si produce puzza e piccole esplosioni di gas rendendo invivibili le zone circostanti. Gli impianti dell’Impregilo fin dall’inizio non potevano funzionare ma il guadagno dell’ATI per tutto questo è stato di 700 milioni di euro. E dalle dichiarazioni di Rabitti si può notare come l’ingegnere non parli mai di camorra, ma solo di presidenti della regione Campania, docenti universitari, aziende nazionali e banche, tutti imbevuti nell’illegalità.

-DOCUMENTI RACCOLTI DA ANTONIO ROANO. RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO-


(nella foto, il termovalorizzatore di Acerra e due immagini del capo carismatico degli ambientalisti sannicolesi, Antonio Roano, in una delle quali espone un volantino con una nota vignetta anti-Uttaro creata dal sito del Corriere di San Nicola)