“CARATTERIZZAZIONE” A LO UTTARO


Le indagini confermano l’inquinamento della falda acquifera. Il ComER: “
Si metta in sicurezza la discarica e si estenda la caratterizzazione a tutta l’Area Vasta. Solo così avremo una conoscenza esaustiva dell’inquinamento della zona"


Una cosa è certa. Dalla relazione dell’ARPAC sulla caratterizzazione della zona delle discariche a Lo Uttaro (circa 20 ettari su un totale di 196 ettari complessivi), presentata ieri in conferenza stampa, emerge che l’acqua di falda è inquinata. “Inquinamento diffuso” dovuto a manganese (con valori anche fino a 150 volte superiori ai limiti stabiliti dalla legge per le aree ad uso industriale) e ferro (con valori fino a 6 volte quelli di legge) cui si aggiungono alcuni superamenti dei limiti di legge per elementi come l’arsenico, l’1,2 dicloropropano  e l’1,2,3 tricloropropano. La relazione afferma inoltre che se Lo Uttaro non fosse un’area industriale il sito sarebbe potenzialmente inquinato anche per la matrice terreno. A fronte di questi dati i tecnici ci dicono che non c’è allarme ambientale e il Sindaco di Caserta se la prende con la società civile che avrebbe parlato, senza disporre di dati scientifici, di un disastro ambientale che non ci sarebbe.
Ma, al Sindaco vogliamo ricordare che è stata la stessa Arpac nel 2011 ad inserire l’Area Vasta da bonificare di Lo Uttaro nel Piano Regionale di bonifica della Campania, poi approvato dal Consiglio Regionale campano nel gennaio 2013. In quel documento l’Arpac definisce le aree vaste come quelle “nelle quali i dati esistenti inducono a ritenere che la situazione ambientale sia particolarmente compromessa, a causa della presenza contemporanea, in porzioni di territorio relativamente limitate, di più siti inquinati e/o potenzialmente inquinati”. Per tali aree l’Agenzia Regionale richiedeva con “la massima urgenza l'approfondimento sulle cause e sulle reali dimensioni dell'inquinamento delle matrici ambientali”. E a giustificare tali richieste riporta, sempre nel Piano Regionale, indagini effettuate nel 2008 che avrebbero riscontrato nei pressi della discarica Lo Uttaro superamenti dei valori limite di sostanze tossiche e cancerogene come Berillio, Triclorometano e Benzo(a)pirene, nonché di indagini effettuate nell’ultimo decennio sulle acque di falda di gran parte dell’Area Vasta che avrebbero mostrato superamenti dei valori limite di sostanze contaminanti (alcune delle quali cancerogene) come Arsenico, Floruri, Ferro, Manganese,  1,2 dicloroetano, 1,2 dicloropropano, 1,4 diclorobenzene, Solfati, Cloruro di vinile, Trialometani, Nitrati, Ammonio, Piombo, Alluminio, Antimonio, Nichel e Selenio. Prendiamo atto che oggi, almeno nell’area delle discariche, parte di quegli inquinanti non sono stati più rintracciati, ma ci domandiamo dove siano finiti.
Per questo, oltre agli ulteriori approfondimenti richiesti dall’Arpac, ribadiamo ancora una volta la necessità, come già richiesto dalla stessa Agenzia nel piano di bonifica, di procedere alla caratterizzazione dell’intera Area Vasta senza la quale non avremo mai una conoscenza esaustiva delle condizioni ambientali di tutta la zona. E senza la quale perciò ci sembra al momento fuori luogo qualunque rassicurazione sullo stato dell’area. Appare, infatti, incredibile che nella relazione dell’ARPAC sugli esiti della caratterizzazione non si faccia alcuna menzione all’impatto ambientale che potrebbe derivare anche dalle attività industriali sia attive e dismesse (ex Saint Gobain, ex Sofome, ex UCAR, etc.) confinanti con le discariche.
D’altro canto proprio all’esito delle analisi di caratterizzazione l’Arpac ha richiesto alle autorità competenti di adottare misure per impedire l’uso delle acque di falda nell’area caratterizzata e di subordinare il prelievo dell’acqua dai pozzi siti nel raggio di 500 metri da quell’area ad apposite analisi effettuate dagli stessi proprietari dei pozzi presso laboratori accreditati. Tale misura si aggiungerà al divieto di prelievo che interessa una parte rilevante di quella stessa area sin dal giugno 2010, allorquando i sindaci di Caserta e San Nicola la strada adottarono apposite ordinanze sulla base di analisi effettuate dalla stessa Agenzia regionale sui pozzi dell’area ex Saint Gobain.
Dalla relazione presentata ieri emerge poi che le analisi effettuate sui campioni di rifiuto prelevati dalle discariche hanno evidenziato un superamento sistematico del parametro relativo al carbonio organico disciolto. Ciò avrebbe dovuto impedire, come denunciammo a suo tempo, il conferimento di quei rifiuti in discariche, come quelle di Lo Uttaro, autorizzate e malamente attrezzate a ricevere solo rifiuti non pericolosi. Ed invece l’ARPAC, a distanza di diversi anni e con un processo ancora in corso per gestione abusiva della discarica Mastopietro, si limita a dire che tali valori hanno uno scarso significato in quanto sarebbe stato necessario verificare se erano elevati anche al momento del conferimento dei rifiuti. Ignora così i rapporti di prova del laboratorio Chelab di Treviso, agli atti del processo Lo Uttaro, che nel 2007 aveva classificato i rifiuti campionati come “rifiuti speciali pericolosi per la classe di maggiore pericolosità H14” proprio a causa della concentrazione di carbonio sensibilmente maggiore dei parametri di legge. Si tratta dunque di rifiuti che non sarebbero accettabili neppure in discariche per rifiuti pericolosi, senza essere previamente trattati in impianto idoneo. Figuriamoci a Lo Uttaro. Nonostante ciò a distanza di quasi 7 anni dal sequestro della discarica i rifiuti sono ancora lì e continuano a produrre percolato che, come ipotizza l’Agenzia nella relazione, potrebbe essere uno dei motivi di inquinamento della falda.
Da tempo chiediamo che l’invaso venga messo in sicurezza. Oggi l’Arpac lo richiede con urgenza. Speriamo sia la volta buona.

COMUNICATO STAMPA
Com.E.R. – Comitato Emergenza Rifiuti – Caserta