L'ultima occasione


Il documento di programmazione economica e finanziaria redatto agli inizi di aprile mostra la ristrettezza dei limiti entro i quali il premier dovrà operare e quanto facilmente rischierà di oltrepassarli




(Traduzione da "The Economist")
a cura di Francesco Discanno

-University of Cambridge Examiner
-Respondent per la sezione Eiu del settimanale inglese “The Economist”

 


N
ei rari momenti di riflessione che il suo programma frenetico gli consente, il nuovo primo ministro d'Italia. Matteo Renzi, ammetterà che è fiducioso di un buon inizio, ma meno sicuro di come andrà a finire.
Il premier vede che lo scontro cruciale nel suo paese non è più tra destra e sinistra, ma tra conservatori e innovatori.
Data la forza di opposizione al cambiamento da parte della pubblica amministrazione, dei sindacati, di gran parte delle imprese e della finanza nonché della grassa classe politica italiana - i cui privilegi e prebende Renzi mira a cancellare - una valutazione più ottimistica sarebbe azzardata.
Il documento di programmazione economica e finanziaria redatto agli inizi di aprile mostra la ristrettezza dei limiti entro i quali il premier dovrà operare e quanto facilmente rischierà di oltrepassarli.
Il DPEF è incentrato su una riduzione dell'imposta sui redditi per le persone meno abbienti, che costerà quest'anno una cifra stimata intorno ai 6,7 miliardi di euro. 
La sua giustificazione è più politica che economica: servirà ad aiutare il PD alle elezioni europee di maggio, quando un buon risultato sarà fondamentale per soddisfare un partito in cui molti anziani personaggi di spicco sono risentiti nei confronti del trentanovenne ex sindaco di Firenze.
Ma il documento dice che la riduzione delle tasse avrà un impatto trascurabile sulla crescita di quest'anno (anche se uno più grande dopo).
Per finanziare la riduzione Renzi vuole tagli alla spesa pubblica pari a 4,5 miliardi di euro, più due misure una tantum: il rimborso dei vasti debiti dello Stato verso le imprese private (la maggior parte dei quali non conta come spesa corrente e dovrebbe invece generare maggiori entrate IVA) ed una manna per le banche italiane derivante dalla rivalutazione delle partecipazioni che esse detengono in Banca d'Italia (che il governo vuole tassare al 26%).
Si tratta di una strategia che solleva molte domande.
Le previsioni del governo riguardo alla crescita del PIL di quest'anno sono fondamentali per gli altri computi: ma sono troppo ottimistiche?
L'ultima revisione della politica economica italiana abbassa la previsione dall' 1.1 % allo 0,8%, ma l'UE, il FMI e la maggior parte degli analisti internazionali hanno calcolato solo lo 0,6%.
E come intende la Commissione Europea rispondere quando rileva che quasi un terzo degli aumenti delle entrate per finanziare il taglio delle tasse a favore dei meno abbienti sono una tantum e potrebbero non riuscire a materializzarsi?
Sono stati sollevati dubbi riguardo al fatto che rivalutare le quote della Banca Centrale costituisce un aiuto di Stato illegale.
Altri dubbi sono stati espressi riguardo alle maggiori entrate IVA: confluiranno quest'anno nelle casse del Tesoro ? Ci sono problemi circa la procedura per il rimborso dei debiti dello Stato e la scadenza originariamente prevista per luglio è stato rinviata per la seconda volta ad ottobre.
E, forse ancora più importante, quanti tagli strutturali possono essere fatti entro la fine dell'anno?
La stima del governo è vicina all'estremità superiore del range indicato dall'autore della spending review.
Renzi è fervente nel suo credo che invertire la crescita del debito pubblico in Italia sia una priorità, non per i suoi partner europei, ma per gli italiani stessi.
Ha cambiato idea rispetto al suo piano per mantenere il deficit di bilancio al livello di fine 2013 pari al 3% del PIL e ha ristabilito un obiettivo del 2,6% per quest'anno.
Ma, dato il numero di variabili che circondano la sua politica, è difficile non concludere che Renzi alla fine si unirà alla Francia nel gestire un deficit al di sopra dell'obiettivo concordato, chiedendo a Bruxelles di essere più indulgente con lui.
Per convincere l'opinione pubblica italiana sulla necessità di tagli alla spesa, il primo ministro si è astutamente concentrato su quello che viene chiamato "il costo della politica".
Ha riscosso applausi per la messa all'asta delle auto ministeriali e per il tetto agli stipendi dei top manager.
Ma con meno clamore ha approvato fino a 1 miliardo di euro di tagli alla sanità'. 
La resistenza dei dipendenti statali, fortemente sindacalizzati, nei confronti di questi ed altri risparmi evidenzia il pericolo di ostruzionismo burocratico.
Una barzelletta che circola nel gruppo di Renzi vuole che il governo non abbia bisogno di un ministro per la pubblica amministrazione, ma di un ministro contro di essa. 
Finora il coraggio del premier non è stato messo alla prova in una lotta con i molti interessi dominanti. 
Ma Renzi, quando sarà il momento, avrà un'arma potente.
Ha convinto molti italiani, così come quelli che lo sostengono a Bruxelles e Berlino, che lui è l'ultima possibilità per Italia di uscire da un inarrestabile declino ed afferma che non esiterà ad abbandonare il governo se non riuscirà a percorrere la sua strada.

 


(Traduzione da “The Economist”)

a cura di Francesco Discanno

-University of Cambridge Examiner
-Respondent per la sezione Eiu del settimanale inglese “The Economist”