Vita dallo Spazio?



"Lo studio di un meteorite da parte di scienziati della Nasa potrebbe portare a rivelazioni clamorose”




Giovanni Ascione

-Responsabile Progetto Sky Sentinel

 




Abbiamo recentemente parlato dei possibili pericoli per la vita sulla Terra derivanti da impatti con Asteroidi provenienti dallo spazio ma, paradossalmente, la stessa Vita sulla Terra potrebbe invece essere arrivata dallo spazio.
Non è una affascinante teoria fantascientifica a base si Ufo e Alieni ma il risultato di ricerche scientifiche fatte su campioni di meteoriti che arricchiscono di giorno in giorno le nostre conoscenze su tale possibilità.
Ebbene la vita potrebbe essere arrivata dallo spazio, anzi per essere più precisi dal nostro vicino pianeta: Marte! ...Ma veniamo ai fatti.
La storia inizia 14 anni fa quando, nel dicembre del 2000, una spedizione di scienziati giapponesi trovò in Antartide, sul ghiacciaio Yamato,  una meteorite con una massa di 13,7 chilogrammi che fu denominato Yamato 000593.
Il meteorite fu classificato come nakhlite (tipologia derivante da un altro famoso meteorite marziano caduto nel 1911 a Nakhla in Egitto), un sottogruppo di meteoriti di origine marziana. Molti dei lettori si chiederanno, però, come fa una roccia da Marte ad arrivare sulla Terra?
Quando un grosso meteorite o un asteroide  colpisce la superficie di un pianeta tipicamente genera una grande quantità di materiale che viene eiettato in tutte le direzioni, oltre a creare un cratere per l'appunto da impatto. A volte però, se l’ impatto è molto violento e la massa molto grande, una parte del materiale eiettato acquisisce abbastanza energia da essere proiettato verso lo spazio esterno e sfuggire all'attrazione gravitazionale del proprio pianeta. Questa diventa così un altro meteorite che viaggiando nello spazio può scontrarsi con altri corpi celesti. E' quanto accadde 12 milioni di anni fa su Marte, quando un impatto meteorico scagliò un certo quantitativo di roccia nello spazio. Un pezzo di questa viaggiò per molto tempo fino a cadere sulla Terra, appunto nell’ Antardide, dove è stato ritrovato dalla spedizione giapponese dopo 50.000 anni dalla sua caduta.
Ma c’è anche un illustre precedente. Già nel 1996 un gruppo di scienziati del NASA Johnson Space Center di Houston scrisse un articolo nella rivista Science annunciando la scoperta di tracce biologiche nel meteorite Allan Hills 84001 (ALH84001), anch’esso trovato durante una spedizione in Antartide. Si trattò di un articolo che produsse una corposa e lunga discussione nella comunità scientifica, senza tuttavia raggiungere una conclusione condivisa.
Tornando ai nostri giorni, nel mese di febbraio di quest’anno, un team di scienziati della NASA, capitanato da Lauren White (NASA Jet Propulsion Laboratory), ha deciso di utilizzare le più recenti tecnologie per uno studio approfondito sul prezioso sasso cosmico ed ha fatto interessanti scoperte pubblicate sulla rivista scientifica “Astrobiology”.
Un meteorite si distingue dai materiali della Terra e della Luna per la composizione degli atomi di ossigeno all'interno dei minerali silicati e dei gas atmosferici intrappolati. Ma la squadra di scienziati ha trovato due nuove particolari caratteristiche nel meteorite YAMATO 000593.
La prima è relativa a strutture a forma di  tunnel e micro-tunnel distribuiti in tutto il meteorite. I micro-tunnel osservati hanno forme ondulate coerenti con le alterazioni biologiche osservate in vetri basaltici terrestri, precedentemente segnalati dai ricercatori che studiano le interazioni dei batteri con materiali basaltici sulla Terra.


 

 

 

 

 

 

 

La seconda caratteristica particolare è dovuta alla presenza di micrometriche sferule, di dimensioni nell'ordine dei nanometri fino a micrometri, che sono inserite in strati all'interno della roccia spaziale e sono distinti dal carbonato e dallo strato sottostante di silicato. Simili sfere erano state precedentemente osservate anche nel meteorite Marziano di Nakhla che cadde nel 1911 in Egitto che, a differenza di YAMATO, è stato raccolto poco dopo la caduta al suolo. Le misurazioni sulla composizione delle sferule indicano che queste sono notevolmente arricchite di carbonio rispetto agli strati vicini di "iddingsite", un minerale quest'ultimo che si forma con l'azione dell'acqua.





In sostanza, queste due caratteristiche, escludendo naturalmente tutte le remote possibilità di contaminazione terrestre, indicherebbero  la presenza di tracce di presenze passate di vita batterica.
Il team sta seguendo analisi chimiche più dettagliate per capire e approfondire la natura della scoperta.
Ma non finisce qui. E’ proprio di questi giorni un’ ulteriore notizia relativa agli incredibili risultati di un altro esperimento condotto da Karen Smith e dal suo team di scienziati della Pennsylvania State University.
In pratica Smith e colleghi hanno analizzato campioni provenienti da 8 diversi meteoriti ricchi di carbonio, chiamati “condriti carbonacee di tipo 2” dove hanno trovato tracce di vitamina B3 (in genere presente nei prodotti freschi come latte, verdure e cereali) per un totale cheoscilla tra 30 e 600 parti per miliardo.
Già nel 2001 un altro gruppo di ricerca guidato da Sandra Pizzarello dell’Arizona State University ne aveva trovato traccia nel meteorite Tagish Lake, insieme a un’altra molecola chiamata acido piridincarbossilico, elemento confermato anche nell’ ultimo esperimento della Smith. 
Le ricerche continueranno con altri esperimenti, ma al momento i risultati sembrano confermare che questa vitamina sia arrivata sulla Terra a bordo di meteoriti: un possibile punto a favore della teoria secondo cui la vita avrebbe avuto origine nello spazio prima che sul nostro pianeta.
L’affascinate ricerca per rispondere ai quesiti “Chi Siamo?” e “Da dove veniamo?” continua...






Giovanni Ascione
-Responsabile Progetto Sky Sentinel