Giovedi 18 giugno, alle ore 21.20 su Rai 5 la soprano sannicolese Rosa Feola

Va in onda la registrazione di “Ravenna Festival” dello scorso 6 giugno

Nicola Piovani “canta” la Vita Nuova di Dante - sabato 6 giugno al Pala de André (ore 21.00) - in prima assoluta. “Donne ch’avete intelletto d’amore” e “Tanto gentile e tanto onesta pare”: sono due fra i sonetti più famosi al mondo, quasi il simbolo della prima opera attribuita con certezza a Dante Alighieri, “La vita nuova”. E la meravigliosa autobiografia giovanile che il Poeta dedica a Beatrice, viene trasformata in “cantata per voce recitante, soprano e piccola orchestra” dal premio Oscar, Nicola Piovani, per la seconda tappa del viaggio nella “contemporaneità dantesca” di Ravenna Festival 2015. 

Daranno voce a questa creazione originale l’attore Elio Germano (reduce dalla mirabile prova data ne “Il giovane favoloso” di Mario Martone) e la soprano Rosa Feola. Nicola Piovani dirigerà l’Ensemble Aracoeli affiancato per l’occasione da musicisti dell’Orchestra Giovanile Italiana.

Commissionata da Ravenna Festival è questa la seconda coproduzione con il Festival dei Due Mondi di Spoleto, dopo la video opera di Adriano Guarnieri. Il concerto è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

«Come lettore del terzo millennio - scrive Nicola Piovani - provo un grande senso di stupore per la storia di un amore che poco o nulla ha di terreno, un amore che si accosta all’idea della divinità, che non passa per le pratiche terrene; queste Dante le svolgeva con la moglie e con altre donne terrene. Un amore che mi viene da chiamare epilettico: vere e proprie crisi di epilessia infatti pare avesse il Poeta quando incontrava, senza preavviso, da lontano, l’immagine della sua siderale amata. Mi sembra che l’unica via terrena che trovasse per concretizzare quest’amore sia l’endecasillabo, la metrica per la quale Dante sembra avere una devozione pari a quella che aveva per Beatrice. E proprio dalla musica di quegli endecasillabi nasce, per noi, l’idea della divinità poetica, e per me l’idea di una partitura».

Nel comporre la “Cantata”, Piovani ha immaginato Dante giovane (Guido Cavalcanti lo chiamava “Dantino”), «così lontano nel tempo e così nostro contemporaneo, grazie alla forza della sua poesia», e ha poi raccontato il proprio percorso di lettore, sottolineando il proprio stupore, la passione e la paura nei confronti di quest’opera immortale. I sentimenti, quindi, di un uomo contemporaneo di fronte alla rappresentazione di un amore siderale, capace appunto di muovere «il sole e le altre stelle», come Dante espliciterà appunto nel Paradiso. La “Cantata” si muove così fra i 42 capitoli e le 31 liriche dell’opera dantesca soffermandosi su passaggi particolari, seguendo emozioni e visioni, immaginando momenti non raccontati in quelle righe; tutto questo, commenta Piovani, «senza avere la sensazione di commettere un sacrilegio». Quindi, per rendere esplicite queste emozioni, il compositore romano fa dialogare l’orchestra con una voce recitante che porge i versi danteschi, per passare al soprano, che in alcuni passaggi vocalizza senza parole, provando a dare voce agli inafferrabili sospiri suggeriti da «uno spirto soave pien d’amore».

Nicola Piovani spiega nel dettaglio altre peculiarità della propria scelta artistica: «Dal punto di vista tecnico, il canto vero e proprio, affidato al soprano, è riservato soltanto ai versi di una ballata e di una canzone comprese nel prosimetro dantesco, quelle rime cioè probabilmente anche originariamente destinate al canto. Nessun sonetto invece viene cantato, perché la musicalità di quelle composizioni è perfettamente intoccabile: i sonetti sono recitati dall’attore su sfondi musicali fissi, accordi coronati, sospensioni musicali che ne assecondino la struttura metrica, incastonando i versi e scandendo la sequenza delle due quartine e le due terzine. La voce di soprano poi funge talvolta da strumento, vocalizzando. La musica strumentale infine conduce da una poesia all’altra, interpretando con libertà emotiva il senso di questi magnifici testi».