L’elogio di Chiara alla Scuola “De Filippo”

Siamo onorati di pubblicare questa STUPENDA lettera che ci scrive un nostro carissimo lettore

"…Si parla sempre male delle scuole in riferimento ai disabili… Manca questo, manca quello ... In questa lettera spezziamo una lancia a favore della scuola pubblica frequentata da Chiara. Un proposito? Una speranza che duri nel tempo? Che altre istituzioni prendano esempio? Non so. Noi, in quanto genitori, ci sentivamo di scriverlo e lo abbiamo fatto dal punto di vista di Chiara ... Chi mai potrebbe contraddire una bambina? E per giunta disabile? E che non parla e non scrive?” 


Elogio alla scuola “E. De Filippo” di San Nicola la Strada da parte di Chiara, bambina disabile.

Ore 13 di un giorno scolastico ordinario. In fila con i compagni di classe mi preparo ad uscire, mamma mi attende fuori i cancelli della direzione didattica II circolo dell’istituto comprensivo “E. De Filippo” di San Nicola la Strada. Mentre tutti gli altri, zaino in spalla, camminano, io me ne resto seduta nel personale passeggino speciale con lo zaino adagiato sulle ginocchia. A tenermi le manine di qua e di là, le amichette del cuore: Fabiana e Sara. Altre mani, quelle dei miei compagni, spingono dolcemente il passeggino in avanti. Mi presento: io non parlo, non mi muovo, non gesticolo, insomma non faccio nulla autonomamente. Sono Disabile. Bimba disabile di 8 anni. Una grave disabilità. Paralisi cerebrale e sindrome epilettica rara. Mi chiamo Chiara, vivo a San Nicola la Strada. Frequento la classe prima B della Primaria. Sono contenta della mia scuola, sono contenta delle mie maestre, sono contenta della mia maestra di Sostegno. Frequento la scuola tre volte a settimana e per circa due ore ogni volta. Se non fosse che in gran parte sono impegnata nelle terapie giornaliere al centro di riabilitazione, a scuola andrei tutti i giorni. In più c’è da aggiungere che a causa delle crisi epilettiche improvvise, nonché delle pratiche acrobatiche necessarie affinché i miei genitori mi vestino, mi lavino, mi facciano fare colazione, i tempi per uscire di casa e recarmi a scuola sono ancora più rallentati. Se poi aggiungiamo gli effetti imprevedibili delle medicine antiepilettiche che assumo, è facile comprendere la situazione. Ma va bene così, sono davvero felice. Le poche ore tra i banchi di classe in compagnia dei miei solidali amici appagano abbondantemente il desiderio di socializzare e di sentirmi bene. Ad attestare che la mia gioia è veritiera c’è mamma, che ad ogni mio ritorno da scuola, racconta a papà e a Marina, mia sorella maggiore, i progressi didattici e le emozioni vissute nelle poche e preziose ore di scuola. In tutta sincerità non capisco come faccia ad essere così informata, eppure non la vedo mai seduta tra i banchi di classe. Racconta di come Natascia, la maestra di sostegno, coinvolga gli altri bambini della classe ad aiutarmi nei compiti, nei disegni, nell’impiastricciarmi le mani per lavoretti creativi. Si, è vero, da sola non potrei riuscire nell’intento e forse è anche scorretto che altri, come si dice, “facciano” per me. Ma trascorrendo circa l’80% del mio tempo in posizioni di immobilità totale, quando arriva l’occasione di essere tirata, guidata, giocata, spostata, messa in movimento, non posso che gioire e considerare che sia la cosa più bella al mondo. Ovviamente i miei non raccontano solo di Natascia e delle sue appassionate capacità al coinvolgimento della classe. Raccontano anche di Rosalba, di Laura e di tutte le altre mie maestre. In un gioco di silenziosa intesa spesso stravolgono la routine della lezione e propongono in maniera creativa alternativi momenti educativi e didattici. Spostano i banchi, ne organizzano nuove disposizioni e insegnano come si possa comunque studiare stando al passo e alle possibilità di chi possiede meno di noi. Che dire poi dei miei amichetti? Giocano, mi aiutano negli studi, si arrabbiano anche se faccio loro i tipici dispetti dei bambini della mia età, mi invitano alle feste, mi accarezzano e mi baciano ininterrottamente, insomma mi trattano al pari di loro, niente di più niente di meno. Il loro comportamento, diciamo, “solidale” è un atteggiamento spontaneo e naturale non solo per farmi sentire come loro, ma soprattutto perché loro stessi imparino a convivere con quelli come me. Così facendo, da grandi, sapranno costruire legami basati sul buon senso piuttosto che sulle regole dell’indifferenza.
Devo dirlo a gran voce: la Scuola De Filippo di San Nicola e in modo particolare la sua Dirigente Scolastica Raffaela D’Isando, è una scuola pubblica bella, attenta e propositiva. Non vedo l’ora di ritornare tra i banchi della seconda classe (sempre che mi promuovano, ovviamente). Non vedo l’ora di rivedere l’istituzione Scuola tornare a dialogare con i miei genitori per proporre soluzioni possibili alle inevitabili problematiche di ogni anno. Non vedo l’ora di imparare cose nuove e interessanti. Non vedo l’ora di sentire i miei genitori elogiare anche i collaboratori, l’assistente materiale che non svolgono unicamente le funzioni a cui sono preposti, ma fanno molto di più: partecipano a condurre la mia vita. Non vedo l’ora di ringraziare nuovamente i genitori dei miei compagni di classe perché, nonostante tutto, li incitano a coinvolgermi, li stimolano ad entrare nella mia vita. Non vedo l’ora, in una sola parola, di vivere la scuola per quello che è e che sempre sarà e, consentitemi, sempre dovrebbe essere: luogo di formazione culturale all’insegna della serenità e della condivisione. Vorrei dire altre cose sulla Scuola De Filippo, ma non posso, il mio papà è stanco di scrivere i pensieri che fino ad ora gli ho trasmesso (ah, questi papà sempre stanchi …).

(Ricevuta e pubblicata dal Corriere di San Nicola)


(nella foto, una veduta dell'Istituto "De Filippo" con l'orsacchiotto divenuto icona dell'opera "Il regalo rotto", libro scritto dal papà di Chiara, divenuto anche spettacolo teatrale)