La fiamma indistruttibile della tradizione

Grande partecipazione alla “lummenera” di San Nicola la Strada: un rito del passato che mai si spegne e che sempre tiene vivo l’amore per la città.


Gli immancabili fiaccolieri della benemerita Atletica San Nicola, guidati dal presidente Angelo Marino, a dare il via al rituale falò dopo aver percorso alcune strade cittadine attraverso la Rotonda e le Piazze; il presidente onorario della Pro Loco Lucio Bernardo con accanto il presidente di oggi Carlo D’Andrea a spiegare il significato della più antica tradizione sannicolese; il saluto del sempre presente sindaco Vito Marotta; la benedizione dell’amatissimo Don Francesco Catrame; la regìa organizzativa dei volontari dell’Associazione “Real Convitto” presieduta da Edoardo Vermiglio; il solito contributo alla sicurezza offerto dal nucleo della protezione civile; l’eccellenza culinaria dello chef Mimmo Iannotta con al fianco un valente ed insostituibile staff di collaboratori; e tanti, tantissimi cittadini, “vecchi” e “nuovi” sannicolesi (quelli che partecipano di persona e non delegati dal diavolo e non scienziati saputelli del cavolfiore), tutti da applaudire e preziosissimi per accendere di splendore la leggenda della città:
tutti, insieme, a partecipare ad una magica serata di folclore celebrativa di una tradizione che rimarrà, come tutte le altre di tutti gli anni, nella morale di una San Nicola la Strada che non vuole assolutamente dimenticare il suo passato.

Un passato fatto di semplicità, di gioia genuina, di rispetto, di educazione, di amore al cospetto di colpi sempre più feroci, insensibili, disamorati, squallidi che oggi vengono inferti all’immagine e alla storia di San Nicola la Strada da sparute marmaglie di creatori di critiche e di ripugnanti manipolatori della realtà.

Martedi 5 dicembre 2017, vigilia di San Nicola. Come ogni anno, si è rinnovata’A lummenera ‘e Santu Nicola”, la più antica usanza popolare sannicolese.
Alle
ore 17.30, nella villa comunale di Santa Maria delle Grazie, è andato in scena, come in uno spettacolo sempre applaudito e richiestissimo nelle repliche, l’antico rito propiziatorio, il grande falò acceso nella serata che precede la ricorrenza di San Nicola, Santo Patrono della città di San Nicola la Strada, per far sì che il Veneratissimo sia portatore di prosperità e benessere.

Chi ama la città dove abita, conosce o impara a conoscere la sua tradizione; non ci vive solo come in un albergo.
Chi la tratta come un deprimente “scoop” al contrario -perché solo di quello sa meschinamente vivere- merita di essere bruciato nel rogo.

La tradizione racconta che molti anni fa, quando San Nicola la Strada era un piccolo borgo agricolo con pochi abitanti tutti dediti alla coltivazione della terra, la sera del 5 dicembre, sui versi della filastrocca “Suonno si viene, viene alla buon’ora all’ora ca’nasceva Santu Nicola”, ci si riuniva intorno al fuoco, in tutti gli angoli delle principali strade del paese. Si faceva a gara, nei due quartieri storici della città, ovvero dal “Tuorno” (la Rotonda) al “Trivice” (la piazza davanti al municipio da cui si diramavano ‘A via ‘a maronna , Via XX Settembre, ‘A via ‘e pagliare, Via De Gasperi, e ‘A via ‘a roce, cioè Via Santa Croce), per allestire le “lummenere” più grandi, più luminose e più durevoli. Era soprattutto un momento di gioia per gli abitanti. Intorno al fuoco i vecchi (molto rispettati e dei quali si riconosceva la “saggezza”) raccontavano i “cunti”, cioè episodi accaduti ad altri o personalmente vissuti, dai quali si volevano trarre insegnamenti per chi ascoltava; i bambini e i ragazzi organizzavano giuochi; i giovani ballavano e allietavano la serata con le “tammurriate”. Momenti di allegria per tutti, riempiti di assaggi di vino nuovo, di piatti di pettole e fagioli e di abbuffate di dolci fatti in casa. Momenti, indubbiamente, di grande, concreta socializzazione per tutti, vissuti all’insegna della semplicità.

Una tradizione, insomma, che gli organizzatori tendono a salvaguardare e conservare, in quanto patrimonio della cultura e delle tradizioni di un paese che, nonostante i notevoli cambiamenti degli ultimi decenni, vuole fortemente rimanere legato al suo passato, sancito nelle sue pagine da gente laboriosa, pura, vera, meritevole di essere ricordata per il valore della sua storia.
Anche, e soprattutto, da quella gentaglia che critica tutto e non partecipa mai a niente.
Ammesso che un minimo di serietà pur esista nella sua piccineria e nella sua viltà.

Partecipare dal primo all’ultimo secondo alla festa della sannicolesità è stata, per me, come sempre, un'emozione indescrivibile. Ed infatti non riesco a descriverla. Ci provo con poche parole, rubando a me stesso (questo sì, che si può sempre fare) qualche verso della mia vecchia “Ode alla mia città”.
Vedere accesa la fiamma della “lummenera” è come se mi fossi tuffato da un precipizio altissimo per cadere lentamente su una coltre soffice di mani amichevoli che mi accolgono in ricordi incancellabili.
Una fiamma che mi ha fatto vedere il sole quando c’è la luna. Una fiamma che mi ha fatto gioire quando c’è da disperarsi per la meschinità della gente. Una fiamma che mi ha fatto viaggiare in aereo quando odio volare. Una fiamma che mi fa vivere quando a volte mi viene voglia di morire. Una fiamma che mi fa sperare che nulla di questa città può finire. Perché è la mia città.
Perché viverci è il massimo per chi si batte per il genuino sapore della lealtà. Perché mi riporta nella fanciullezza, cospargendomi i sentimenti di profumato entusiasmo. Perché è la mia città! Perché ogni giorno di più la sento mia: giorno e notte, mentre vivo, mentre muoio, quando sorrido, quando piango. Il senso della mia vita alloggia lì. Lì sono gelosamente serbati tutti i miei più dolci ricordi, la mia nostalgia, i miei rimpianti. La mia città! Più la feriscono, più me ne innamoro.

Nicola Ciaramella