“Sekhmet la Possente”, la prima recensione

L’evoluzione spirituale tra reincarnazioni egizie, caraibiche, europee e napoletane nella Partenope della Seconda Guerra Mondiale.
Grazie a Maria R. Cianniello è pubblicato il romanzo giovanile di Giuseppe Palomba, scienziato sannicolese del Novecento. 
     


Il sannicolese Giuseppe Palomba (1908 - 1986), tra i massimi economisti italiani, scrisse un unico romanzo durante il periodo giovanile, circa settant’anni fa, dal titolo “Sekhmet la Possente”, la divinità egizia della guerra e firmata collo pseudonimo “Franco Barberino”.
Il dattiloscritto è stato custodito per tutto questo tempo dalla nipote dello scienziato, la Professoressa Maria Rosaria Cianniello, curatrice del testo. E’ grazie a lei se il volume ha visto la luce, con un’edizione fuori commercio pubblicata postuma nel dicembre del 2017, stampata presso Grafica Elettronica s.r.l. di Napoli (copertina di Ro Sanna, grafica di Silvia Terranova). Varie copie sono state donate agli amici di famiglia e agli studiosi del pensiero economico e filosofico del suo Batiuska: «il nonno magnifico, l’affabulatore straordinario che raccontava alla bambina di numeri negativi, di stelle e buchi neri, dello spazio e del tempo di Einstein».

Questa è in assoluto la prima recensione di una storia rimasta inedita per più di mezzo secolo.

Siamo nella Napoli della Seconda Guerra Mondiale, una città bombardata, divisa tra fascisti e antifascisti. In un rifugio antiaereo un gruppo di ragazzi si imbatte in un cadavere sconosciuto. E’ il primo tassello di un percorso che esplora la spiritualità e la magia della tradizione partenopea, parallelamente a delle storie d’amore.

Per certi versi è un “finto romanzo”, che ha in sé la struttura di un saggio, aprendosi manuale di modi, tecniche e di correnti alchemiche ed ermetiche del Novecento: l’idea di una evoluzione dell’anima e, nel contempo, della possibilità di controllare e dominare le forze infere contenute nell’uomo. L’autore affronta un discorso trasversale alle religioni d’occidente e d’oriente. Considerando il periodo storico, il volume è una rarità, abbracciando elementi taoisti, buddhisti e cristiani. Lo stile del romanzo è d’altra epoca, a tratti lento e con una struttura a dialogo. Viene facile pensare che esso contenga molte esperienze dirette del Palomba, comprese le dettagliatissime descrizioni oniriche. E’ un autore ancora giovane, di massimo trentacinque anni, ben distante dall’autorità intellettuale e spirituale che si rivelerà in seguito. Lo scritto testimonia la sua formazione.

I personaggi sono evidenziati nelle proprie caratteristiche principali, a tratti esasperate, resi simboli viventi di un mosaico narrativo che pretende di bilanciare ruoli e situazioni.

La trama è ricca di fatti inusuali nella letteratura partenopea del Novecento e già per questo meriterebbe l’affacciarsi di molti lettori. E’ un lavoro unico nel suo genere, descrivente il mistero della reincarnazione di un’anima dall’Antico Egitto, ai Caraibi, all’Europa, fino alla Napoli bombardata.

La trama si affina nel laboratorio di un mago, in cui svolgere il “rituale magico di Cagliostro”. Seguono fatti via via più inconsueti, un’escalation trascendentale. L’interazione con spiriti superiori ed inferiori, divinità e demoni, Guardiani della Soglia e “presenze astrali serpentine” da dominare. I sogni premonitori, gli incesti, le purificazioni, le visioni e le esperienze mistiche dei protagonisti, fino all’esperienza suprema della contemplazione della morte per superarne l’illusione, o usando le parole del Palomba: «Perché la realtà non è né semplice né chiara. Spesso noi ce la figuriamo tale e pretendiamo poi ch’essa debba esserlo veramente. Ma chi ci dà un tale diritto? (…) Risvegliarsi dal sogno alla realtà, dalla realtà alla super-realtà, dalla super-realtà d’ordine inferiore a quella d’ordine superiore. E così via! Perpetuamente in eterno!».

Al di là della densa cultura simbolico-esoterica, il romanzo esprime con grande chiarezza i pericoli del sentiero, dai problemi psico-fisici, alla trappola dell’intellettualizzare il sacro cedendo al demone della dialettica. La sola logica che porta al nulla, descritta con efficacia.

Il cardine del pensiero mistico del Palomba, tale anche nel periodo finale, è già vivo nello scritto giovanile. L’idea che il vero cattolico debba essere in grado di passare anche per Buddha, per Lao Tze, per Mitra, per Shiva e Kalì, scoprendosi realmente universale.

I protagonisti sono impegnati in una catena magica di “contagi psichici”, generando un Eggregoro, l’entità androgina frutto dell’energia di tutti gli operatori. In questa dinamica l’instabilità di una sola persona genera l’effetto domino di cattive percezioni, inganni e tradimenti, fino al cedimento della stessa catena.

Vediamo anche gli altri aspetti. Solo una delle più originali menti del secolo scorso può descrivere un rapporto d’amore in termini geometrico-matematici: «I limiti entro cui oscillava l’elasticità della coscienza morale di Vera e di Gregorio erano molto ristretti nella prima e molto ampi nel secondo; ed erano tali che ciò che potrebbe chiamarsi il limite superiore di quell’intervallo di oscillazione stava alquanto più in alto per Gregorio che non per Vera, mentre il limite inferiore stava notevolmente più in basso per il primo che non per l’altra».

Molto interessanti sono anche le violenze fasciste e le indagini naziste, poste con un rigore tale da far presumere che non siano inventate. Palomba probabilmente le vide personalmente e le ricorda con accuratezza, esattamente come i limiti dell’ambiente accademico italiano di quegli anni, dove il solo appellarsi alla teoria matematica di un ebreo risulta sospetto agli occhi delle Camicie Nere, impegnate a garantire un sensibile favoritismo nelle Università.

In definitiva è un testo originalissimo, soprattutto considerando il periodo e il genere. Tuttavia, se dovesse mancare l’interesse per certe specifiche tematiche, il volume potrebbe risultare rigido. Alcuni concetti sono simili allo Zanoni di Lytton, colla differenza di immergersi nelle specificità partenopee (ben più dello Zanoni, ovviamente) e della personalissima cultura di un gigante come Giuseppe Palomba, con una struttura a dialogo che evolve nel mutamento psicologico e mistico dei protagonisti.

Antonio Dentice d’Accadia