Antonio Malorni e le nuove tecnologie di smaltimento

Intervista allo scienziato sannicolese, che ci chiarisce le differenze tra gli attuali biodigestori e le nuove tecnologie di smaltimento dei rifiuti a impatto ambientale zero e produttrici di energia. Nonostante gli ottimi risultati in Europa, l’Italia e Caserta sembrano sorde alle esortazioni degli specialisti.


Lo scienziato sannicolese Prof. Antonio Malorni ci chiarisce alcuni aspetti della sua ultima conferenza tenuta a Caserta, lo scorso primo febbraio, al sodalizio culturale “La Canonica” (che prosegue con il Vescovo Emerito di Caserta, Mons. Raffaele Nogaro, e con la Prof.ssa Anna Giordano)
, dal titolo: “Innovazione tecnologica e trattamento dei rifiuti”.

Malorni, già Dirigente di Ricerca presso il CNR e Direttore dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione, oggi presidente della rivista “Narrazioni”, è da anni in prima linea nel casertano per la divulgazione scientifica sui metodi di smaltimento dei rifiuti. Un tema iper-critico, considerando il nostro territorio.
Nel seguitissimo incontro si è discusso della differenza tra vecchi e nuovi sistemi, con la possibilità delle moderne tecnologie di produrre addirittura energia, con impatto ambientale prossimo allo zero. Eppure, nessuno in Italia (né tantomeno a Caserta) ha ancora deciso di giungere a una soluzione, preferendo altri metodi, che puntualmente generano scontri politici e sociali. Probabilmente alcuni aggiornamenti ci saranno nel veneziano.

Innanzitutto il Malorni esprime la propria indipendenza e distanza rispetto alle aziende produttrici dei macchinari di nuova tecnologia. Il suo è un ruolo puramente intellettuale, divulgativo, di onesta e spontanea comparazione metodologica.

Tutto inizia così, come ci racconta: «Il 12 gennaio 2008, nella conferenza di un mio collega di Sassari, incaricato dalla sua regione di uno studio delle tecniche di trattamento, appresi che erano in fase di avanzata sperimentazione in Inghilterra due nuove tecnologie, dette Autoclave e P2P. Affascinato dalla loro semplicità concettuale che davvero ne faceva l’uovo di Colombo della situazione, ne ho seguito, da ricercatore curioso, la sperimentazione nel tempo. Così, quando l’Europa alla fine del 2010 ha dato il via libera per la commercializzazione degli impianti, proprio come intellettuale ho sentito il dovere di portare a conoscenza di chi ne era ignaro di questa nuova opportunità per risolvere radicalmente un problema ormai annoso e irrisolvibile».

Un fatto particolarmente rilevante, assolutamente importante - ci riporta lo scienziato sannicolese - è che il nuovo impianto era stato messo a disposizione di tutto il casertano, a costo zero (!!!). Eppure nessun Sindaco ha sentito l’urgenza di sperimentarlo.

Su questa linea, nel tempo, si sono svolte varie conferenze del Malorni. La prima è stata il 25 marzo 2011 a Caserta (interessando la Provincia, l’Ordine degli Ingegneri, La Facoltà di Scienze della SUN, il dipartimento di prevenzione della ASL, ecc.), con l’intervento dei vertici della multinazionale produttrice dei nuovi impianti, rappresentati dal Dott. Diego Fissore e dall’Ing. Gianluigi Demaria (che in seguito Malorni non ha più avuto occasione di rivedere). Poi, al Circolo Nazionale di Caserta (invitato dal COASCA), nel 2012.

Torniamo al presente. Il Malorni afferma: «Per me occorre creare un forte movimento popolare che adotti una sola parola d’ordine: "Vogliano l’autoclave, vogliamo la P2P”. Perché, come ho spiegato giovedì, l’autoclave messo in linea con il biodigestore risolve la quasi totalità degli aspetti negativi di quest’ultimo e consente di avere un ritorno economico che allo stato non ci sarebbe».

Tutto il casertano e la Campania, da decenni, vivono autentici drammi, più volte sotto i riflettori internazionali. Essenzialmente si pone un problema di etica cittadina, motore primo ed energia propulsiva per ogni reale trasformazione politica, quindi sociale: «senza la ripresa di un forte movimento di cittadini che scenda in piazza con una proposta migliorativa del progetto regionale, le cose non cambieranno e le emergenze non finiranno perché tutte le criticità restano e si acuiranno, a cominciare dal termovalorizzatore di Acerra e dagli altri tre che hanno in programma di costruire. Se ha seguito la stampa in queste ultime settimane a Pisa c’è aria di guerra: hanno scoperto che effettivamente il loro inceneritore è responsabile dell’aumento di tutta una serie di patologie. Qui studi non se ne fanno e perciò non sappiamo come stanno le cose».

Antonio Dentice d’Accadia