Virtuosismo all’Ospedale di Caserta



Tra le tante problematiche, spicca la professionalità, la scrupolosità e l’umanità dei medici e degli infermieri di Medicina Generale. E’ il caso del sannicolese Antonio Orlando, assistito dal Dott. Roberto Giorgio. Venti giorni di continue analisi, fino alla diagnosi perfetta. Un caso che, probabilmente, i più avrebbero dimesso in meno di una settimana.


Nel casertano, tra i problemi legati alla sanità, capita anche di rilevare interessanti esperienze dagli ottimi risvolti. Questi fatti fotografano con precisione ed equilibrio la componente virtuosa e umana, che solitamente fa poca notizia, perché difficilmente sollecita l’attenzione dei media, più concentrati sulle criticità. Di conseguenza, si parla spesso dei “colpevoli” e raramente della manifesta competenza.
Tutto inizia col malore e svenimento del cittadino sannicolese Antonio Orlando (nella foto), classe 1969, persona robusta, coriacea, con un passato da culturista e pesista a livello europeo e internazionale (circuito semiprofessionale). 
Ignote le cause. Orlando rimane al reparto di Medicina Generale dell’Ospedale “Sant’ Anna e San Sebastiano” di Caserta, dal 28 dicembre 2017 al 16 gennaio 2018. Un tempo piuttosto lungo e deciso dai medici per aver chiare le cause del male, senza visite approssimative e sbrigative dimissioni.
Nell’arco di questi giorni, Antonio Orlando è sottoposto a ben una decina di analisi.
Il paziente risponde positivamente a tutte le osservazioni, la causa del problema fatica a rivelarsi e la maggior parte dei dottori (ovunque), probabilmente, l’avrebbero semplicemente rimandato a casa. All’Ospedale di Caserta, no.
I medici arrivano finanche al test “H.U.T.T.”, un’analisi assai delicata, sia per i pazienti, che per chi l’esegue. E’ grazie a questa scelta che finalmente s’afferma la diagnosi (sincope da crisi vasovagale mista bradicardica), una condizione inconsueta che il paziente ignorava.

Rivolgiamo delle domande ad Antonio Orlando.


-Come si sono svolte le analisi nel corso della degenza?


«Nonostante l'alto livello di guardia, tutto il personale fa il possibile per accomodare e tranquillizzare il paziente, raccogliendo e catalogando dati dalla visita e dalle indagini di routine. Ho avuto la fortuna di aver incontrato medici scrupolosi, che per il mio caso hanno chiesto la consulenza ai specialisti dei rispettivi reparti di competenza e lo hanno fatto con tutti i ricoverati che necessitavano di tali valutazioni».


-Il primo impatto come è stato?


«Il personale infermieristico e quello ausiliario del Pronto Soccorso mi ha colpito positivamente per l'attenzione, per la velocità d'esecuzione e per l'assoluta delicatezza nello svolgimento dei propri compiti».


-Al di là delle classiche criticità, Lei si esprime in modo particolarmente positivo per quanto riguarda il personale medico e non.

                                                         

«Il personale "sgobba" ai limiti della sopportazione per dare decoro all'ambiente. Da cittadini ci si dovrebbe solo aspettare d'incontrare un medico, un infermiere, un ausiliario, che sia innanzitutto una persona coscienziosa, perché questo fa grande il Servizio Sanitario. Io ho avuto la fortuna di ritrovarmi con queste persone».


-Il Suo racconto tocca anche le forti pressioni esercitate dai pazienti e da tutto l’ambiente sul personale ospedaliero.


«La maleducazione delle persone… in primis di taluni pazienti, in secundis dei familiari che formano curve da stadio davanti al letto del loro congiunto. Purtroppo i medici ingoiano anche pesanti offese dai degenti più maleducati».


-In più riprese Lei ha richiamato una figura particolarmente rilevante nelle sue vicende. Chi è?


«Uno dei dirigenti medici, il Dott. Roberto Giorgio, sprigionava energie da Ufficiale militare, aveva ed ha la prerogativa di non demandare compiti a nessuno, se non per necessità, interfacciandosi coi laboratori… perché da medico voleva essere sicuro di non dimenticare nulla. Come egli stesso ricordava, un medico deve avere la coscienza a posto, garantendosela con la completa ricerca su ogni degente. Mentre, tra gli infermieri, con il Francesco si nutriva una particolare simpatia reciproca».


-Al termine della (positiva) esperienza, in che termini potrebbe esprimersi?


«Se l'Azienda Ospedaliera avesse tutti i fondi necessari alla risoluzione delle esigenze, potremmo vantare un'eccellenza sanitaria sul territorio».


Antonio Dentice d’Accadia
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