Crollo di Sant’Antimo: 27 famiglie ancora senza alloggio

Responsabilità non ancora accertate per una triste vicenda che dura da ben dieci mesi

 

Rosa Castaldo fa parte di una delle ventisette famiglie (6 di Via Giannangeli e 21 di Via Padre Antonino e Via Mazzini) allontanate dalle loro abitazioni a Sant’Antimo lo scorso novembre a causa del crollo di un appartamento.
Dal 28 ottobre 2017 avvertivamo boati provenienti dalle mura delle nostre case; allertammo subito i vigili del fuoco, i quali sfollarono tre famiglie dopo aver individuato un vuoto sul lato destro del cortile; transennarono invece la palazzina confinante che ospitava altre cinque famiglie in accordo con il sindaco” racconta la donna.
Il 3 novembre vi fu il crollo dell’appartamento, mentre altre case furono dichiarate inagibili a causa della presenza di molte crepe nei muri. Gli abitanti di queste palazzine, quasi tutti proprietari, il primo novembre avevano chiesto ed ottenuto un colloquio con il sindaco di Sant’Antimo, Aurelio Russo, il quale fin da subito aveva ribadito l’estraneità del comune nella vicenda. Il primo cittadino aveva subito parlato di “cavità interne a proprietà private” e di perdita d’acqua come concausa del crollo.
Dal primo accertamento "Relazione di Consulenza Tecnica CTU – Procura della Repubblica – Tribunale di Napoli Nord" risulta invece che “Il particolare assetto stratigrafico del sito, caratterizzato da strati a giacitura orizzontali costituiti da terreni di origine vulcanica con differenti valori di permeabilità [ ] rende, a parere degli scriventi, possibile che il crollo verificatosi per effetto della formazione di una voragine sia da ascrivere al collasso della sottostante cavità antropica, [ ] per effetto dell’infiltrazione di acque sotterranee. [ ] assolutamente plausibile che la causa delle infiltrazioni che hanno dato luogo al fenomeno siano riconducibili a tale perdita idrica, stante anche l’assenza di significative precipitazioni nel periodo immediatamente precedente il collasso. Infine, si sottolinea come, nonostante la cavità fosse già stata censita nel Progetto Cavità della città Metropolitana di Napoli, nessuna attività di controllo della medesima risulta essere messa in atto”.
In un post sui social del 24 novembre, il primo cittadino affermava che i tecnici incaricati di condurre le indagini avevano trovato una perdita dell’acquedotto che infiltrava parte del fabbricato crollato. Il post continuava in questo modo: “Vedremo mercoledì cosa ne penserà il magistrato. Dopo metteremo in sicurezza il sito e faremo rientrare gli sfollati, sia se sarà autorizzato l’abbattimento, sia qualora non lo fosse. Ed anche se quello che dirò adesso farà saltare l’assessore alle finanze dalla sedia: ospiteremo ancora tutti gli sfollati fino al rientro a casa”.
La maggioranza delle famiglie sono state invitate in data 22 dicembre a sloggiare dall’hotel dove erano state sistemate, a seguito di una comunicazione di “sospensione sistemazione in albergo a carico del comune”. Da allora quelle famiglie sono state costrette a trovare casa e pagare un affitto (oltre all’acquisto di mobili) e nel frattempo si sono viste recapitare bollette TARI, le cui procedure di esonero sono ancora in esame presso l’ufficio competente.
Nell’attesa (lunga) per l’accertamento delle responsabilità cosa dovrebbe fare il comune o il governo? La vicenda di Sant’Antimo richiama l’attenzione ancora una volta sulla recente tragedia di Genova, che oltre alle vittime ha visto centinaia di persone perdere la propria casa. Appena dopo il crollo del ponte il comune di Genova, la regione Liguria e il governo hanno avviato procedure per assicurare aiuto e sostegno alle famiglie rimaste senza case, prima ancora dell’accertamento delle reali responsabilità, prima ancora di individuare le vere cause del disastro, forse perché prima di qualsiasi altra cosa viene la “solidarietà” e “l’umanità”? O forse tutto dipende da che parte d’Italia ti trovi a vivere?
Nel gruppo social “Sei di Sant’Antimo se”, invece, come se si vivesse fuori e lontani dal mondo, si continua a discutere di diritti e di dignità e c’è perfino chi si meraviglia della rabbia di onesti cittadini, che da un giorno all’altro perdono la casa. Molti commenti lamentano l’eccessivo interesse del sindaco per il nuovo centro sportivo e lo spreco di soldi per le feste, a fronte di una scarsa attenzione verso il crollo della palazzina. Vi è addirittura chi asserisce che non si è trovato ancora una soluzione perché nel dissesto non ci sono stati morti. 
Ad onor del vero e stando ai fatti, i membri delle famiglie colpite dal disastro ammettono di aver ricevuto dal sindaco aiuti, ospitalità e vitto anche se per pochi mesi.
Una nuova perizia effettuata a luglio 2018, predisposta dalla Procura, farà finalmente luce sulla vicenda, sulle responsabilità e le cause del crollo, per poter porre la parola fine ad una triste vicenda che dura da ben dieci mesi. A settembre sarà reso noto il contenuto della seconda perizia sul crollo di Via Giannangeli a Sant’Antimo. Il Corriere di San Nicola ci sarà e si impegna a documentare i fatti, sempre dalla parte dei cittadini onesti, della verità e di quella parte d’Italia, che a volte sembra staccata dal resto del mondo.


Giovanna Angelino