Parigi, un mito da sfatare

Dai Gilet gialli alle condizioni di lavoro, un’importante testimonianza di chi ci vive


Se si pensa alle condizioni di lavoro attuali, si guarda principalmente alla propria realtà quotidiana e a quella del proprio paese, ma se spostiamo lo sguardo oltre i confini della nostra visuale, cosa c’è? Cosa accade in altri paesi? Come se la passano i nostri cugini francesi, ad esempio?

Non meglio di noi, a quanto pare. In Italia le recenti riforme e le modifiche alle leggi esistenti non hanno fatto altro che peggiorare una situazione già critica e difficile. Il mondo del lavoro è diventato un macello sociale, dove vigono regole non scritte e dove purtroppo l’apparenza, la presenza sui social, la popolarità sono di fondamentale importanza, specie per chi lavora come freelancer (oggi quasi tutti lo sono).

Parigi è una grande metropoli, meta di turisti provenienti da tutto il mondo, ma anche di persone che qui decidono di fermarsi per studiare o lavorare.

Abbiamo incontrato ed intervistato Lucia Perfetto, una professionista del design d’interni, la quale trasferitasi dall’Italia a Parigi circa un anno fa, ci ha raccontato la precarietà del lavoro, la delusione anche per i rapporti umani quasi inesistenti e di una mentalità diffusa tra i francesi (piuttosto chiusa), non proprio tipica delle grandi città. Infatti, nell’immaginario collettivo Parigi é un posto dove vi sono tante opportunità, dove la cultura si intreccia con l’arte ed entrambe sono felicemente contaminate da idee e modi di fare che provengono anche dall’estero.

Lucia, invece ci parla di una realtà diversa, soprattutto in campo lavorativo. Ci spiega che per i professionisti vi sono piattaforme di reclutamento alle quali le grandi o medie società si rivolgono per trovare personale. Le aziende stabiliscono i parametri e le caratteristiche del candidato ideale e le agenzie inseriscono questi dati in un software, dando vita a milioni di curricula. Essere chiamato per un colloquio diventa, in questo modo, un terno al lotto, questo perché sarà scelto il candidato che ha più caratteristiche corrispondenti a quelle richieste.

Dove sta il problema?, qualcuno potrebbe pensare.

Eccolo il problema. Il personale delle agenzie di reclutamento si limita ad inserire dati, semplici voci e non conosce nemmeno lontanamente il tipo di lavoro che il futuro lavoratore andrà a svolgere, per cui si assiste ad una consulenza sempre più meccanizzata. Lucia continua: "E’ una situazione molto frustrante la ricerca di lavoro in questo periodo cosi tecnologicamente avanzato, dove tutto é visuale e on line. Se non hai un sito pieno di immagini di realizzazioni non sei nessuno! Ma soprattutto perché prima quando si cercava lavoro si aveva diretto contatto con il responsabile delle risorse umane dell'azienda in questione o, per le imprese più piccole ,si aveva un colloquio diretto con il direttore. Mentre ora devi passare tra i milioni di CV on line e sperare di essere sorteggiato, prima di poter passare alla fase seguente, ovvero colloquio telefonico, poi colloquio fisico con l'agente di reclutamento; poi, se passi la selezione, lui presenterà il tuo CV all'azienda che cerca e solo se quest'ultima troverà interessante il tuo CV ti concederà un colloquio.”

Il paradosso è che il sistema di reclutamento francese attuale prevede fasi successive alla prima, durante le quali il candidato mostrerà un suo portfolio personale, le referenze, il CV, vale a dire le sue competenze a persone che non hanno le “competenze” per valutarlo. E’ anche vero che a Parigi ogni anno vi è un gran numero di persone che si sposta proprio per trovare lavoro, per cui vi è molta concorrenza. Inoltre la città offre valide opportunità per chi vuole formarsi, le scuole di alto livello sono molte. In questo specifico caso, le aziende dopo il termine degli studi offrono ai neo-diplomati uno stage, spesso non retribuito, durante il quale gli faranno acquisire tutte le competenze di cui l’azienda stessa ha bisogno. Il giovane avrà nel suo curriculum lo stage e nella maggior parte dei casi due o tre anni di esperienza in quell’ azienda; in questo modo quel lavoratore sarà più appetibile da altre aziende concorrenti e non avrà difficoltà a trovare un’altra collocazione se vorrà cambiare. Il problema sarà ancora una volta per i freelancer, i quali non saranno considerati se l’azienda, ad esempio cerca qualcuno che abbia lavorato due anni presso una società conosciuta. Il freelancer, invece, che magari ha maturato anni di esperienza e che ha all’attivo molti lavori, ma non ha mai avuto un contratto fisso con nessuna azienda, è spacciato; è preferito, infatti, chi ha avuto un rapporto continuativo con un’azienda, anche se questo elemento non costituisce una certezza assoluta di bravura o competenza.

In una città tanto grande, però, le realtà sono diverse come le verità. Vi sono i quartieri parigini, in particolare gli arrondissements e les banlieues, dove le donne non possono uscire da sole. Zone molto povere, dove la libertà è un lusso, abitate da diverse etnie e con la presenza di molta micro delinquenza. Oggi, i telegiornali raccontano il fallimento della politica del presidente francese; sono giorni in cui la protesta chiamata dei “Gilet gialli” occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. A scatenare la protesta l’aumento della benzina, ma si tratta solo di una scintilla che nasconde un malcontento più profondo in seno alle popolazioni più disagiate, che vivono alle periferie e non nella parte più ricca di Parigi.

Lucia ci parla anche delle proteste di questi giorni e del clima di paura che c’è in tutta la Francia: “Le manifestazioni qui si svolgono quasi ogni fine settimana causando sempre disagi a causa dei treni e trasporti in comune: stazioni e metro che vengono chiuse, tragitti interrotti e treni in ritardo, inoltre c'è il pericolo dei Casseurs, ovvero i rompitori, quelli che spaccano tutto. Molte boutique restano chiuse per paura della rivolta e hanno barricato l'entrata con panche di legno. Per loro è una perdita di soldi, soprattutto in questo periodo. Ma penso sia comunque una forma di manifestazione o perlomeno un modo per sostenere i gilet jaune che ci mettono la faccia. Quindi un po' per paura un po' per sostegno, è giusto secondo me ch i negozi restino chiusi, perché non si può fare finta di niente. I gilet jaune manifestano per una giusta causa, che riguarda tutti, non solo le persone disagiate ma tutti i lavoratori. Due settimane fa volevamo manifestare ma ci siamo ritrovati imbarcati tra fumo nero, allucinogeni, gente impaurita, strade e passaggi bloccati per l'allerta "casseurs", elicotteri dall'alto; Insomma sembrava una guerra. La cosa grave che in molti sostengono è che i casseurs sono provocati dai poliziotti, molti dei quali sono contro Macron. E nemmeno la polizia ci protegge.... Per questo motivo non partecipo alle manifestazioni. Qui in Francia abbiamo molte tasse da pagare e sono anche care. Su un salario medio, circa 1000 € sono di tasse. Il salario netto minimo è di 1180 €. Per esempio io pago 90€ al mese di corrente elettrica, più telefono e internet, 820€ il bilocale, 75 al mese per i trasporti e pensa che tutto costa in doppio che in Italia. Senza parlare delle tasse da pagare allo stato ogni 6 mesi e in più tra i 600/700€ per la tassa d'abitazione obbligatoria anche per chi è in affitto. Io l'auto non ce l'ho, ma la benzina in se non costa tanto più cara che in Italia, quelli cari sono i pedaggi ovunque. La vita qui sta diventando sempre più difficile a causa dell’enorme aumento della popolazione e quindi della mancanza di lavoro e di alloggi per tutti e, inoltre, l’aumento delle tasse e dei costi giornalieri; un disastro per la classe media!” .
 

Come afferma Lucia – “Sembra una guerra” - e forse lo é.

Sembra un ritorno a quel lontano 14 luglio del 1789, quando il popolo francese prese la Bastiglia, uno dei più importanti carceri della città – I tempi della Rivoluzione francese.

Oppure il 21 gennaio del 1793, quando Luigi XVI, ritenuto un Sovrano inetto e incapace di comprendere i bisogni del popolo, salì sulla ghigliottina per essere decapitato, mentre chi assisteva gridava “Potere al popolo”. Il 16 ottobre dello stesso anno, toccò a sua moglie la Regina Maria Antonietta. Secondo un curioso aneddoto, la consorte del Re diventò famosa per una frase mai pronunciata: sembra, infatti, che quando uno dei suoi ministri le riferì che il popolo lamentava la scarsità del pane, lei rispose: “Che mangino le brioche”.   Ricordiamo, che per quanto la Francia partecipi ai meeting dei grandi della terra, per quanto sia una delle principali protagoniste nell’Unione europea e si proclami un paese “civile”, la pena capitale è stata abolita recentemente, solo nel 1981. Anche questa è Europa.

Giovanna Angelino
©Corriere di San Nicola
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