Respinta la mozione di sfiducia contro il presidente del consiglio comunale


Opposizione battuta.

Non ho mai disatteso i miei doveri di imparzialità e correttezza istituzionale”: l’Avv. Fabio Schiavo lo spiega in una dettagliata risposta e si dichiara “assolutamente disponibile a richiedere un parere al ministero dell’interno e/o all’Anci”.

I cinque consiglieri comunali di opposizione avevano presentato una mozione di sfiducia nei confronti della sua veste istituzionale, ritenendo non imparziali e non conformi allo statuto comunale alcuni suoi comportamenti (singolarmente elencati) adottati in merito a procedure tempistiche e formali riguardanti interrogazioni e altri atti presentati.

Il presidente del consiglio comunale Avv. Fabio Schiavo ha così dettagliatamente risposto nella seduta della massima assise cittadina riunitasi giovedi 17 ottobre:

«Signor Sindaco, signore e signori consiglieri comunali,

con riferimento alla mozione di revoca del sottoscritto per violazione del termine di discussione delle interrogazioni, lascio a verbale le seguenti dichiarazioni.

Ritengo di non avere disatteso (tantomeno sistematicamente e/o colpevolmente) i miei doveri di imparzialità e correttezza istituzionale, avendo rispettato la normativa regolamentare interna.

Invero, il regolamento delle attività consiliari prevede, nella materia oggetto di contestazione, tre termini (con disciplina omogenea per interrogazioni e interpellanze):

-           se la interrogazione contiene richiesta di risposta scritta, essa va data entro i 30 giorni successivi alla sua formalizzazione (art. 24, c. 2);

-           se la interrogazione non contiene richiesta di risposta scritta, il presidente fissa la discussione al primo consiglio utile (che in teoria potrebbe tenersi anche oltre i trenta giorni);

-           se, fissata la seduta consiliare, la discussione dell’interrogazione si protrae oltre la durata di un’ora (massima, ai sensi del comma 6 dell’art. 24), si hanno due possibilità (art. 24, c. 10): se è già fissata, nei successivi trenta giorni una seduta di consiglio, si ‘approfitta’ di tale seduta per proseguire la discussione dell’interrogazione; se non è già fissata, nei successivi trenta giorni una seduta di consiglio, la si deve fissare (evidentemente entro trenta giorni successivi).

Ciò posto, osservo che le modalità di inclusione di interrogazioni, interpellanze e mozioni nel dibattito consiliare sono avvenute in piena conformità dell’anzidetta cornice regolamentare.

E difatti:

-           per ciò che concerne l’interpellanza prot. 3564 veniva inserita all’ordine del giorno del c.c. del 22 maggio 2019 non potendo essere inserita nei lavori del c.c. del 17 aprile 2019, ai sensi dell’art. 24, co. 9, che testualmente recita: Nelle sedute in cui sono poste all’ordine del giorno le linee programmatiche di mandato, il bilancio di previsione, il rendiconto della gestione, il piano regolatore generale e le sue varianti non possono essere trattate interrogazioni, interpellanze e mozioni”. A tanto si aggiunge che nella detta seduta di consiglio venivano trattate le interpellanze n. 8242 del 27.4.2018 e n. 8989 del 10 maggio 2018;

-           quanto alle mozioni prot. n. 19605 e 19606, entrambe del 15 ottobre 2018, venivano correttamente inserite nel primo consiglio comunale utile (così come disciplinato dall’art. 8, lettera a del regolamento) del 13 dicembre 2018, unitamente alle interpellanze n. 18476 del 1 ottobre 2018, n. 21037 del 5 dicembre 2018 e n. 23286 del 4 dicembre 2017 (per le ultime due si evidenzia che all’acquisizione al protocollo avveniva rispettivamente soltanto 9 e 8 giorni prima della seduta;)

-           in riferimento, poi, alla mozione prot. n. 21648, ricevuta l’istruttoria dal responsabile dell’ufficio tecnico, veniva prontamente inserita all’ordine del giorno del primo consiglio comunale utile;

-           da ultimo, per quanto attiene alla interpellanza prot. n. 4470, priva di richiesta di risposta scritta, veniva calendarizzata ed inserita all’ordine del giorno del primo consiglio comunale utile dell’8 giugno 2018.

Quanto, poi, alla presunta violazione dell’art. 43, comma 3, del testo unico sugli enti locali, la ritengo insussistente, per varie ragioni.

Innanzitutto, il termine di trenta giorni previsto dalla norma si riferisce al caso delle interrogazioni che richiedano una “risposta” (evidentemente scritta; e in tal senso l’art. 24 del regolamento interno è coerente col dato legislativo), e non una ‘discussione’ in ambito consiliare (cioè un dibattito sull’interrogazione o, comunque, una dialettica non limitata alla lettura dell’interrogazione e a una risposta dell’interrogato).

In secondo luogo, e pur a prescindere dalla considerazione appena esposta, giova sottolineare che l’art. 38, comma 2, del tuel (in conformità della norma di principio di cui all’art. 7) affida la disciplina del funzionamento dei consigli (compresa, dunque, la tempistica per la convocazione delle sedute) a un regolamento interno; e specifica, inoltre, che esso debba prevedere, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Non solo, ma lo stesso art. 43, comma 2, del tuel, con una proposizione distinta rispetto a quella sul termine entro cui sindaco e assessori devono (soltanto) “rispondere” (per iscritto), significativamente stabilisce che Le modalità della presentazione di interrogazioni e atti ispettivi e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare, in tal modo consentendo alla fonte regolamentare di stabilire termini diversi in funzione della tipologia di risposta richiesta e da dare (e che la norma regolamentare abbia, in materia, una primazia lo si desume anche da altre disposizioni del tuel: si veda, per es., l’art. 40, c. 6). Da tali norme si ricava che, quantomeno per le interrogazioni non a risposta scritta, il termine entro cui vanno riscontrate deve coordinarsi con la disciplina generale del termine di convocazione delle sedute consiliari contenuta all’interno della fonte regolamentare.

Del resto, una simile prospettiva è, a ben vedere, l’unica in grado di assicurare una programmazione e uno svolgimento ordinati ed efficienti delle attività consiliari, nel rispetto dei principii di buon andamento e di economia, evitando che la presentazione di interrogazioni con modalità diacronicamente sfalsate possa, in ragione della rigidità, in thesi, del termine di 30 giorni (a far data dalla presentazione), portare a un uso strumentale dello strumento in grado di imporre plurime consecutive e ravvicinate sedute consiliari (magari senza veri e propri oggetti deliberativi), ingolfando l’attività dell’ente.

Inoltre, è utile rimarcare che pacificamente la dottrina amministrativistica occupatasi della questione ha riconosciuto la non perentorietà del termine di cui all’art. 43 del tuel, che, difatti, non è presidiato da alcuna sanzione (e la giurisprudenza, su tale presupposto, è arrivata anche a ritenere inammissibile un ricorso proposto avverso l’inerzia, che peraltro nel mio caso, per le ragioni dette, non c’è stata).

Infine, non mi pare trascurabile il rilievo (dirimente ex se al fine di valutare, anche sotto il profilo soggettivo, la correttezza del mio operato) che la condotta che mi viene contestata è stata la prassi sin dall’inizio della consiliatura, senza che, sul punto, si siano registrati formali e motivati atti di contrarietà (in ragione di una presunta discrasia tra fonte interna e fonte esterna), su cui, evidentemente, avrei, altrimenti, soffermato la mia attenzione.

Per tutte queste ragioni, mi sono sempre attenuto al dato regolamentare e ho ritenuto di non potervi derogare.

A ogni buon conto, sono assolutamente disponibile a richiedere un parere al ministero dell’interno e/o all’Anci per stabilire se vi sia realmente una distonia fra la norma regolamentare e il tuel (oppure no, ove si acceda alla prospettazione di cui sopra) e, nel caso, come vada risolta (cioè con la prevalenza di quale delle due norme), sin d’ora dichiarandomi disponibile a conformarmi a quanto verrà comunicato».

La mozione non è stata accolta, avendo ottenuto nove voti sfavorevoli contro 5 favorevoli.
Per la cronaca, il presidente Fabio Schiavo non ha partecipato alla votazione.

©Corriere di San Nicola