Nel Dharma. Il “Shanga Rimé” del Lama Denys Rinpoche

Nel casertano si riuniscono alcuni praticanti del “Buddhismo tantrico”, la tradizione tibetana. Ci parla Amedeo Imbimbo (Lodrö Rigdzin Dradül), iniziato anche alle deità Tara Verde e Cenresig, Buddha della compassione.


Il misticismo nel Nord Campania

Italia, Caserta, Anno Domini 2020.

Ad una manciata di chilometri nella zona tra Caserta e Napoli è viva una impressionante articolazione di tradizioni mistiche di tutto il mondo, esistenti in culti religiosi viventi. Come il “misticismo cristiano” di Don Primo Poggi, ex-Reggente del Santuario di Santa Lucia (Caserta), considerato asceta ed esorcista. A pochissima distanza, nella frazione di Centurano, il tempio taoista della “Grande Armonia”, il più importante d’Europa, guidato dalla massima autorità del Taoismo europeo, il Reverendo Maestro Li Xuan Zong, Prefetto Generale della Chiesa Taoista d’Italia. A Napoli, in zona Vomero, si riunisce la scuola di Capoeira Angola (la famosa “danza-lotta”) del Maestro Edimilson Cruz Lemos, noto come “Carcarà”, praticante di Candomblé, la “Santeria brasiliana” ed entrambe le dimensioni, artistica e religiosa, assieme vive. Sua sorella è una storica Sacerdotessa del culto a Bahia, in Brasile. Verso il centro della città partenopea, sorge l’unico tempio in Campania dedicato al dio indiano Ganesha, “Signore e Distruttore degli ostacoli”, riconosciuto dall’Unione Induista Italiana: l’“Arulmihu Sri Siththy Vinayagar Alayam”. Tornando nel casertano, a San Nicola la Strada, si riunisce la più importante confraternita Sufi Murid di tutto il Meridione, annualmente visitata da una grande autorità mondiale del Sufismo, Sua Santità Serigne Mame Mor Mbacké, quando torna dal periodico incontro col Papa in Vaticano. E a pochissima distanza dalla confraternita, nel paese di Recale, si riunisce una comunità buddhista di tradizione tibetana, appartenente al “Sangha Rimé” e facente capo al Lama Denys Rinpoche. Comunità aderente all’Unione Buddhista Italiana.

Stupenda la “bio-diversità” di culti plurisecolari e millenari viventi, determinati da uno spiccato misticismo, provenienti da Occidente, Oriente, Africa e Sud America, che si concentra in questa breve area del Nord della Campania. A una distanza tale, che in mezza giornata, anzi meno, è possibile visitarne tutte le sedi.


Nel Dharma
Una doverosa premessa. Il termine “Buddhismo”, esattamente come “Induismo”, è una consuetudine prettamente occidentale, atta a classificare certe scuole che si rifanno, direttamente o indirettamente, alla figura del Buddha. Tra loro, i “buddhisti”, fanno invece riferimento al “Dharma di Buddha”, l'insegnamento del Buddha. Il Dharma è una conoscenza sperimentale che ci insegna a riconoscere la nostra natura fondamentale e libera dall'assoggettamento alle illusioni, alle passioni ed ai pensieri. Esso permette di scoprire la vera felicità, durante la vita, al momento della morte e nelle esistenze ulteriori fino all'ultimo risveglio spirituale che è lo stato di Buddha. L’aspirazione del praticante è, ovviamente, l’illuminazione (Nirvana), l’evoluzione spirituale che porta alla liberazione dal ciclo di morti e rinascite (Samsara), per il bene di tutti gli essri.

Grazie ad Amedeo Imbimbo (residente a Caivano), operante nel settore ricerca e sviluppo di una multinazionale di telecomunicazioni, iniziato col nome “Lodrö Rigdzin Dradül” a una forma tantrica del Buddhismo, tendiamo a una visione generale del mondo del Dharma e della sua tradizione in particolare. Con “tantra” intendiamo le tecniche più raffinate ed esoteriche del panorama indo-buddhista. 

Imbimbo, considerabile “adepto”, persona pratica della sua Via, la vive ormai da una dozzina di anni. In questo periodo ha ricevuto varie consacrazioni. Dalla prima, nel 2011, ad opera di Lama Mingyour Rinpoce, ai voti con Lama Denys Rinpoce, all’ “iniziazione” alla divinità “Tara Verde”, personificazione della compassione universale, fino all’iniziazione alla divinità del Buddhismo Tibetano Cenresig: «colui i cui occhi tutti guardano».

Le religioni dharmiche, diversamente dalla fisiologia di quelle occidentali, costituiscono realtà millenarie divise in una miriade di tradizioni, maestri e correnti. Spesso ognuna colle sue particolarità, tanto sotto il profilo dottrinale, quanto sotto quello pratico-metodologico.

Di conseguenza, Imbimbo, pur seguendo principalmente la “tradizione Shangpa” per la pratica e lo studio all’interno della “comunità Rimé”, riceve significative influenze anche dalla “tradizione Gelug”, sempre nell’ambito del Buddhismo tibetano e partecipa a ritiri spiritual-meditativi secondo la “tradizione Theravada”. Inoltre: «Ho partecipato a diversi seminari e ritiri residenziali di studio e pratica nella tradizione Mahayana e Vajrayana». Ormai membro esperto, all’interno della propria corrente collabora con i praticanti anziani, per facilitare gruppi di studio e meditazione e per il progetto della Buddha University. Frequenti sono anche gli incontri interreligiosi: ho conosciuto l’intervistato al tempio Taoista di Caserta. 


Il Shangpa Rimay e il Maestro Kyabje Kalu Rinpoce
Amedeo Imbimbo è un praticante del SRI (Shangpa Rimay International), una: «comunità umanista che segue l'insegnamento del Buddha». Consiste in una rete di praticanti e studiosi, impegnati nell’approfondimento di Buddha, secondo la dottrina ispirata dal Maestro Kyabje Kalu Rinpoce (1904-1989). Comprende l'Istituto Karma Ling in Savoia, l’Université Dharma Orient-Occident ed i circoli di praticanti nelle città, i Sangha Loka in Italia, coordinati dalla Federazione Rimé Italia, e nel mondo.
Kyabje Kalu fu maestro riconosciuto da tutte le scuole buddhiste e la sua genealogia iniziatica risale alla “tradizione Mahayana”, sviluppando particolarmente il “Vajrayana” (veicolo del diamante). Considerato tra i principali maestri Kagyupa contemporanei e nello specifico, detentore della corrente “Shangpa Kagyu”: «che nei suoi metodi di trasmissione è caratterizzata da grande semplicità e profondità particolarmente adatta al mondo moderno».
Il movimento Rimé, animato dallo storico maestro, promuove la comunione spirituale dell’insegnamento del Buddha, oltre ogni diversità filosofica: è aperta a tutti.

Denys Rinpoche, tra i principali eredi spirituali del Maestro, nonché maestro, a propria volta, della “tradizione Mahamudra-Dzogchen”, ha formalizzato l’attuale sistema di studio e pratica Rimay.
«Il Sangha Rimay ha migliaia di praticanti in tutta Europa. In Italia, un centinaio di praticanti costituiscono il Sangha Rimay Italia». 


Accenni di storia, l’antichità della tradizione: il Lama Shang
Imbimbo ci racconta la storia sulla radice della corrente Shangpa.
XI secolo. Due «donne straordinarie» realizzarono la piena illuminazione, lo “stato di Buddha”. Erano le “Dakini” Niguna e Sukhasiddhi.
Il saggio (e realizzato) Khyungpo Naljor lasciò il Tibet per andare, in India, alla ricerca di più profondi insegnamenti. Incontrò le due donne e, tale bagaglio iniziatico, divenne la base del lignaggio Shangpa: «la tradizione è stata autenticamente trasmessa fino ai giorni nostri in un lignaggio ininterrotto da maestro a discepolo, preservandone pienamente la ricchezza e la vitalità».
Khyungpo Naljor stabilì la sua sede a Shang-Shong, nella valle di Yeru Shang, ed è così che venne chiamato “Lama Shang” ed è l’origine del nome "Shangpa Kagyu".
«Pur non essendo una scuola istituzionale, la Shangpa Kagyu è una delle "Otto tradizioni tibetane" della trasmissione. Questa tradizione oggi viva, trasmessa per intero nel lignaggio yogico di Dashang Kagyu. È un lignaggio puro del buddismo Vajrayana, trasmesso da maestro a discepolo, attraverso l'iniziazione e gli impegni sacri (samaya)». 


La comunità Rimay e Lama Denys
«Rimay, il nome della comunità, è un termine tibetano che significa "aperto", "senza pregiudizi". Rimay trasmette il concetto di "unità nella diversità", vale a dire l'unità fondamentale dell'esperienza del risveglio, in una varietà di espressioni e metodi in armonia con le circostanze storiche e geografiche».

Gli insegnamenti e le pratiche, come espresso, provengono direttamente dalla linea yogica del buddismo tibetano Shangpa Kagyu. Denys Rinpoche è il garante della loro autenticità e garantisce la trasmissione completa del lignaggio.

La comunità di Shangpa Rimay International (SRI) è iniziata nel 1979 ed è stata riconosciuta dallo Stato francese nel 1994. La società madre Shangpa Karma Ling si trova in Savoia, non lontano da Ginevra. Presente in diverse città della Francia e dell'Europa, il SRI costituisce una vera rete di circoli di praticanti.

Il “Sangha Rimé Italia” aderisce all’Unione Buddhista Italiana (UBI). 


Le pratiche fondamentali

Ogni praticante del Rimay riconosce Denys Rinpoche come maestro. I praticanti aspirano all’illuminazione per il bene di tutti gli esseri senzienti, attraverso la pratica e lo studio.

I livelli sono tre:

1) La pratica della “Piena Presenza”, attraverso la meditazione. E’ attualmente nel protocollo “Altruistic Open Midfulness”;

2) La “Via Universale” (Mahayana), intesa come studio e pratica del Dharma;

3) ”Vajrayāna e Mahāmudrā-Dzogchen”. Gli insegnamenti superiori di questa scuola provengono direttamente dal lignaggio yogico Shangpa Kagyü del buddhismo tibetano: «Denys Rinpoche è il lama radice, ne garantisce la loro autenticità e ne assicura la trasmissione completa». 


Esperienza personale

Delineato un quadro storico, dottrinale e metodologico, abbiamo mosso precise domande ad Amedeo Imbimbo, inerenti il quotidiano della pratica. Imbimbo si racconta cattolico praticante in giovinezza, ateo poi e, infine, approdato al Dharma: «una forma di spiritualità laica, non dogmatica e non teista, più adeguata alle mie attitudini».

L’evento più “elevante”: «è l’entrata il rifugio nei tre gioielli (il Buddha, il Sangha e il Dharma), in cui consapevolmente si decide di impegnarsi gioiosamente nella pratica, riponendo fiducia negli insegnamenti del Buddha. E’ un rito che si rinnova in ogni sessione di meditazione formale, ma anche in ogni momento di presenza e di consapevolezza durante tutta l’esistenza».

Tra i cardini generali del Buddhsimo c’è la nozione di “sofferenza”. L’attaccamento alle cose del mondo causa sofferenza. Il Dharma sollecita ad abbandonare ogni forma di «attaccamento, di repulsione e di indifferenza». Il superamento della sofferenza è parte del processo di liberazione. 


Essere un principiante
Abbiamo chiesto delle informazioni utili per chi volesse avvicinarsi a questo sentiero.

Imbimbo risponde considerando tanto la propria esperienza, quanto quella dei compagni di percorso.

«E’ importante scegliere con attenzione il proprio maestro, che nella tradizione tibetana ricopre un ruolo fondamentale. In particolare, egli deve essere caratterizzato da quattro qualità: ha una visione molto vasta dell'insegnamento; dissipa i dubbi dei discepoli grazie alla sua ampia conoscenza; le sue parole sono degne di essere conservate poiché egli vive come un essere eccellente; ed espone la natura di ciò che noi siamo e viviamo, cioè gli stati conflittuali e le loro passioni, ma anche lo stato primordiale, stato di perfetta purezza».

E, una volta iniziato il percorso: «Nella pratica del Dharma è sempre utile mantenere lo “spirito del principiante”, con la freschezza, l’entusiasmo, l’apertura mentale, l’umiltà e la gioia di sforzarsi nella pratica».

Sull’importanza della meditazione (di varia difficoltà e tipologie), il discorso di Imbimbo e la storia del Dharma ne è piena. Ho avuto invece curiosità di dettagliare tre situazioni: 1) gli errori che si compiono sul cammino; 2) i pericoli della spiritualità; 3) e la “finta spiritualità”. 


Gli errori
«E’ stato un grande errore il riporre aspettative in me stesso e negli altri. Ciò ha portato momenti di delusione. L’atteggiamento salutare da avere (verso se stessi e gli altri) è quello di accogliere ogni esperienza in modo trasparente, senza caricarla di giudizi definitivi. Essere sempre disponibili ad offrirsi alla vita e agli altri e cercare di trasformare ogni accadimento in supporto di pratica».
L’aspettativa come errore, fatto che troviamo non solo interessante, ma anche raffinato e profondo. Il Dharma come superamento anche del carico emotivo e delle costruzioni concettuali in forma di pregiudizio. 


Sui pericoli della spiritualità
«Lo scopo della pratica del Dharma è abbandonare qualsiasi forma di attaccamento o presa/fissazione.

In particolare, nella pratica spirituale, i due tipi di presa/fissazione, o di intendere, sono deviazioni che sfociano su due estremi, entrambi concetti duali: l’eternalismo e il nichilismo.
L’eternalismo, è pensare che ciò che percepiamo esiste veramente, da sé, con sé, in modo stabile, autonomo indipendente.
Il nichilismo consiste nel pensare che non esiste nulla, che tutto è illusione, inesistente, insostanziale, privato di qualunque tipo di esistenza, di ogni realtà tangibile.

Questi estremi entrambi delle credenze, frutto dell'ignoranza e della paura. Sono due tipi di esperienze duali che non liberano dal ciclo delle esistenze condizionate (la reincarnazione).
Quella del Buddha è la “Via di mezzo”. Evita i due estremi: il miraggio non esiste, perché l'oasi verso la quale corrono gli elefanti non esiste; ma il miraggio non è inesistente perché per gli elefanti che corrono verso di esso, l'apparenza è molto reale
». 


La finta spiritualità
Finti maestri, con finti “corsi” di finte “scuole”. Probabilmente è l’argomento più spinoso e complesso. Soprattutto considerando che, in caso di un falso maestro, nella migliore delle ipotesi si è perso tempo
«Riconoscere un maestro autentico da uno falso è un compito molto difficile.

Nel secolo scorso Patrul Rinpoche, scrive: “Le incredibili qualità dei grandi esseri che mantengono celata la propria natura sfuggono alle persone ordinarie come noi, a dispetto degli sforzi per indagarli. Al contrario, qualunque ciarlatano è abilissimo nell’ingannare gli altri comportandosi come un santo”.
I maestri autentici sono caratterizzati da umiltà, da gentilezza amorevole e compassionevole e dal desiderio di trasmettere insegnamenti utili ai loro discepoli; non traggono profitto, non circuiscono e non abbandonano mai i loro discepoli; sono al servizio del Dharma.
C’è bisogno di tempo per sviluppare fiducia verso un maestro che abbia queste qualità. L’autenticità di un maestro si stabilisce dal suo essere aderente agli insegnamenti del Buddha
». 


L’appuntamento a Roma, 7 e 8 marzo
Ne approfittiamo per comunicare l’organizzazione di un importante seminario del “Kagyu Samye Dzong”: “Lama Phuntsok - La pratica dei quattro yidam congiunti”: «Per la prima volta a Roma, ci sarà la preziosa opportunità di ricevere insegnamenti su un'antica pratica della tradizione buddhista Shangpa Kagyu. Il 7 e 8 marzo, Lama Phuntsok (maestro di ritiro della nuova incarnazione di Kalu Rinpoche e discepolo di Bokar Rinpoche), terrà un seminario su La Pratica dei Quattro Yidam Congiunti. L'incontro è aperto a tutti e saranno previste sessioni di pratica guidate. In allegato troverai tutte le informazioni sul seminario e suggerimenti su dove alloggiare con tariffe scontate. Per iscrizioni o domande, scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.».


di Antonio Dentice
©Corriere di San Nicola

Ringraziamo Amedeo Imbimbo per l’immersione nella sua tradizione e per l’accoglienza offerta.

Il sito del Rimay: https://www.rimay.net/communaute/

Immagine: Sullo sfondo la divinità “Tara Verde”, col Lama Denys (a sinistra) e Amedeo Imbimbo (a destra)

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di Antonio Dentice