CARA FAMIGLIA -di Antonio Serino-
Dopo "Working Progress" (felicemente consegnato al web nell'aprile del 2021), il Corriere di San Nicola si pregia di pubblicare il secondo libro del saggista sannicolese ANTONIO SERINO, presentato il 30 dicembre 2022 in occasione dell'incontro "Cara famiglia, ti amo" promosso ed organizzato dal giornalista Nicola Ciaramella nell'ambito delle manifestazioni relative all'XI Presepe Vivente dell'Associazione Cattolica N. S. di Lourdes.
ANTONIO SERINO è nato a San Nicola la Strada, dove tuttora vive. La sua esperienza formativa ha naturalmente matrice cattolica perché fin da piccolo la sua famiglia era composta da persone cattoliche, particolarmente attive nella parrocchia. Per questo motivo ha partecipato alle varie associazioni cattoliche presenti.
Ha mosso i primi passi nell’Azione Cattolica per poi passare alla vita della Parrocchia fino al Movimento Giovanile Missionario, promosso e curato dal carissimo Direttore Diocesano Don Antonio Pasquariello. In questo Movimento, unitamente a tanti altri amici, ha contribuito all’animazione locale mediante raccolte fondi, mostre di oggetti di artigianato africano, nonché attività oratoriali per bambini.
Ha fatto parte ed ancora annovera la sua presenza in associazioni culturali e religiose, in quanto fermo assertore che la coesione sia uno strumento basilare per la crescita sociale e solidale.
Da circa trent’anni è componente del Consiglio degli Affari Economici della Parrocchia, di cui conosce la difficile gestione economico patrimoniale.
Dal 2019 coordina il gruppo Famiglia Betania, fortemente voluto dal già parroco di Santa Maria degli Angeli, Don Franco Catrame, un insieme di famiglie che studia le esortazioni apostoliche firmate da Papa Francesco, necessarie alla famiglia di oggi per comprendere e vivere in un modo più consapevole la vita odierna.
Dal 2020 collabora con il Corriere di San Nicola.
Nell'aprile del 2021 ha scritto il suo primo libro, "Working Progress", da egli definito "raccolta di riflessioni che non costituiscono e né vogliono auto valutarsi in alcun modo quale strumento su cui basarsi per eseguire analisi sociologiche, psicologiche o, per di più psico-religiose, ma hanno il solo scopo di contribuire o, se si vuole, di dar forza a far meglio comprendere come meditazioni e riflessioni, basate su concetti e principi fondamentali, in questo caso quelli cristiani, possano contribuire a trasformare la propria vita, migliorandola e, contemporaneamente, a portare benefici all’intera società".
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Antonio Serino è spinto da motivazioni rare, quasi uniche, come la passione di trasmettere i grandi valori cristiani che sono frutto della sua esperienza vissuta. Spesso gli scrittori nei loro libri sono costretti a “romanzare” perché si accorgono di essere un po’ lontani dalla realtà che vogliono raccontare. Serino racconta ciò che ha dentro il suo vecchio ma sempre nuovo zaino. Egli non si ferma a considerare e ad aspettare cosa e come giudicano gli altri. Egli è direttamente l’altro in ogni sua espressione di pensiero. Ha un dono, che è quello di disegnare con le parole. Il suo linguaggio attira; ogni passo della sua opera è materia non elucubrante, è “materiale” che chi legge riscopre senza sforzi anche nel suo animo. Ciò che scrive deve assolutamente essere portato come messaggio alla comunità. E qui sta il mio compito di editore. Sperando di esserne all’altezza.
Nicola Ciaramella
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Cara Famiglia
-di Antonio Serino-
A Bruna, Saverio e Ida
che il Signore Dio mi ha donato
per la costruzione della mia famiglia.
«Spero che ognuno si senta chiamato a prendersi cura con amore della vita delle famiglie, perché esse «non sono un problema, sono principalmente un’opportunità»
Papa Francesco
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Introduzione
L’evolversi dei rapporti socio-culturali ed il veloce e progressivo accrescimento delle risorse messe a disposizione della società impongono una rivisitazione dei contenuti dei tanti fattori che costituiscono la realtà sociale e poiché alla base di tutta la catena umana e di ogni singola esperienza sociale risiede quella formazione basilare che è la famiglia, da cui dipartono tutti i rami delle attività collettive, è necessario esaminare questa composizione unica nel suo genere responsabile di tutto ciò che singolarmente o collettivamente è posto quotidianamente in azione in ogni parte del mondo. Qui non ci si prefigge di fornire una equa valutazione a quelle che sono le infinite realtà in cui essa opera ma, dato il notevole impulso dato dai nuovi sistemi, tecnologici e professionali, si ritiene doveroso dare un piccolo contributo fatto di obiettività critica alle sue azioni, che possa servire per “infliggere” uno scossone a quei nei che molto spesso mettono in difficoltà questa bella formazione. E’ evidente che il punto di vista, naturalmente, non è certamente quello medico o giornalistico ma è costituito da considerazioni e valutazioni che potrebbero rappresentare un accorgimento a quelle “storture” che compromettono la validità delle componenti familiari, pregiudicandone i suoi valori, da sempre ritenuti fondamentali per la reciproca convivenza. Per questo è stato dato particolare riguardo ai rapporti costruiti all’interno della famiglia formato standard, dando evidenzia a ciò che succede quasi ogni giorno nella famiglia, sia in positivo che in negativo, con l’obiettivo di mettere in risalto le varie problematiche, quasi sempre comuni a tutte le famiglie, cercando di fornire possibili alternative per un cammino salutare, con qualche proposta di risoluzione alle problematiche in larga parte dovute agli stati conflittuali generazionali. Il richiamo ed il confronto con le passate generazioni è una condizione d’obbligo visto che in larga parte le parametrazioni oggi esistenti specie nel contesto giovanile, sono derivanti dalle passate generazioni, ma sono utili anche per meglio esaminare ciò che si è sviluppato nel corso degli ultimi decenni, alla luce sia delle novità introdotte in ogni fase storica che dei tanti eventi straordinari che ne hanno caratterizzato l’origine.
(Antonio Serino)
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PROBLEMATICHE STORICHE
- STORIE CONFLITTUALI
- IL MOVIMENTO DEL ’68
- STORIE CONFLITTUALI
Il termine relativo alla conflittualità generazionale apparve per la prima volta agli inizi degli anni sessanta, in tema di “gap generazionale” inteso quale scissione tra ideologia e cultura tra i Babymoomers (che avremo modo di incontrare più avanti), ed i propri padri. Argomento di tutto rispetto, divenne poi tema principale dell’analisi degli studiosi dell’epoca, anche se già alla fine degli anni ‘20 il tedesco Mannheim ne aveva preso in considerazione la problematica. Riteniamo che per poter comprendere lo stato attuale in cui versa l’istituzione della famiglia sia anche necessario conoscerne il pregresso e l’evoluzione, cioè il susseguirsi degli eventi che hanno generato le diverse fasi costitutive nonché le molteplici argomentazioni tematiche, anch’esse di un certo rilievo, che col tempo hanno dato vita a nuove congetture e nuove ideologie nelle quali molto precocemente i giovani hanno aderito. Così è necessario prendere in considerazione uno scenario complesso ed abbastanza difficile, cioè quel contesto ultra cinquantennale in cui si sono appalesati radicali cambiamenti sociali e comportamentali, dovuti in larga parte alle diverse impostazioni offerte dalla società, anch’essa in continua trasformazione. Fattori patrimoniali, religiosi, sociali, ecologici, e via discorrendo, hanno di sicuro influenzato, se non addirittura causato direttamente il verificarsi di cambiamenti molto significativi. Si è così assistito nel corso dei decenni, all’arrivo di diverse generazioni che, sulla base di concetti espressi da masse di “contestatori”, hanno raggiunto il proprio fine, che era quello di mutare l’opinione pubblica su tante tematiche finora ritenute imprescindibili per un normale sistema educativo. Tali “contestazioni” non hanno riportato alla ribalta solo nuove idee, nuove proposte di studio, di concezioni, di valutazioni, ma anche la cosa più eclatante: l’individuazione che il sistema finora persistente aveva i propri problemi, molto seri, rappresentati da vistosi deficit con numerose falle oltre alla mancanza di una generale corretta informazione, tale che tutto il prosieguo diveniva ovviamente falso o falsificato, pregiudicando la validità della corretta convivenza. Il riscontro di tali “falsi” è stato così evidente e tanta è stata la veemenza con cui le masse contestatrici li hanno rappresentati al pubblico ed ai mass media che molto spesso le provocazioni inizialmente proposte dai giovani ”ribelli” sfociavano in vere proprie guerriglie, sabotaggi, e rivolte contro gli enti preposti. Il disappunto, infatti, riscontrato nell’evidente impossibilità di trovare punti di incontro, o magari il muro costruito dalle autorità verso le nuove proposte, spesso ha trovato soluzione in battaglie non più politiche ma sociali e militaristiche. E’ in questo contesto storico che si annovera la nascita di movimenti e strutture terroristiche che, allontanatesi da concezioni più moderate, hanno proposto l’unica via possibile per combattere il sistema corrente: l’incitazione alla sovversione o alla guerra armata. Anche il nostro Paese non è rimasto incontaminato da tali eversioni che hanno per anni lasciato la sanguinosa traccia delle sciagure arrecate nella società italiana che certamente non dimenticherà i suoi tanti servitori che con la propria vita hanno difeso le istituzioni ed il sistema democratico da queste ingerenze che, nascoste dietro paraventi terroristici hanno cercato nel tempo di scalzare le fondamenta civili di uno stato che in fatto di difesa e sicurezza nazionale può certamente decantare somme lodi. Ma perché le normali contestazioni familiari sono sfociate in questo genere di contestazioni, rivoluzioni che hanno tentato di sovvertire con sistemi inauditi lo stato di cose? La motivazione è da individuare innanzitutto nella presenza di qualche screzio creato nel rapporto familiare tra gli stessi componenti e che è rimasto all’interno del proprio nucleo familiare. E’ certamente la causa preponderante ma, purtroppo, non è sempre stato così. Per questo motivo abbiamo cercato di dare un giusto peso alla formazione dei conflitti nati nella famiglia, ma talvolta tali difficoltà talvolta sono state “collettivizzate”, cioè riportate in ambito extra familiare, in gruppi di amicizia o meglio “di adesione”, in gruppi politici, in gruppi professionali ecc. creando veri e propri terremoti in termini di interrelazioni sociali, laddove le componenti familiari sono state sostituiti da organismi esterni, non più collimanti con i valori propri. Già a decorrere dagli anni 50 del precedente secolo una nuova ventata di cultura giovanile imperversò sul panorama mondiale. Nuovi modi di pensieri, valori e mode, nuovi modi di concepire la società dal punto di vista giovanile non rappresentarono una evoluzione della concezione sociale ma una decisa scissione dal passato e con tutto quanto ne era stato predisposto. In tal modo veniva a diffondersi tra i giovani l’impostazione data da nuovi criteri non più aderenti al vecchio modo di fare o di dire, un qualcosa che veniva proiettato nel futuro, che doveva costituire la base per la radicalizzazione dei una nuova forma di gioventù. La generazione “beat”, come fu definita, imperversò subito tra i giovani per i giovani, presentando metodi innovativi nell’arte, nella cultura, negli usi e costumi. I nuovi interessi spaziavano tra la natura e il misticismo, tra il rigetto alla industrializzazione alla completa rottura con lo schema della famiglia tradizionalista: ciò comportava ovviamente, liberazione dai tanti tabù fino ad allora imposti nella famiglie, per cui si crearono le “comuni” in cui interi gruppi di giovani condividevano spazi comunitari dove praticavano in piena autonomia la vita di gruppo, nell’intento di provare esperienze nuove, a partire da quella sessuale, che sconvolse in pieno la società di allora. Come volevasi dimostrare, il rappresentare l’indipendenza da altre persone, che sia la famiglia, la comunità o altro, ha letteralmente coinvolto interi popoli a tal punto che in tutta Europa, nel giro di pochissimi anni, si annoveravano comunità di hippies (questo è il nome dato ai agli aderenti alla generazione beat) i cosiddetti figli dei fiori, che iniziarono a liberalizzare tra l’altro l’uso di droghe, specie LSD, presentata subdolamente quale mezzo per liberare la mente da problemi di qualsiasi genere, del tipo nevrotici o psicologici, così da poter eliminare inutili oppressioni psicologiche e rendere la mente più reattiva e disponibile ad altre esperienze. Ma questo era solo l’inizio, le contestazioni non si contavano più, proteste politiche e civili erano all’ordine del giorno, se non altro per dare continuità al principio della intolleranza al nuovo. Per questo motivo le loro dimostrazioni sempre pacifiche, rappresentarono i continui “no” al consumismo, alle deforestazioni, al traffico urbano, da sostituire immediatamente con macchinari elettrici (quasi una sorta di preveggenza dei giorni nostri). Nel lungo andare, però, anche il movimento hippy incontrò il proprio limite. Una simile aggregazione, infatti, non avrebbe mai potuto combattere e battere la predominanza delle lobbies capitalistiche presenti nel mondo. Essa non poteva contare su un elemento che, invece, era essenziale per opporre resistenza al potere: la forza del dialogo. Occorreva un impulso socio – culturale più incisivo, più determinante, basato sì sull’opposizione di che trattasi, ma anche su sistemi metodologici più all’avanguardia, come quello fornito da una nuova aggregazione di massa che inizia ad apparire all’orizzonte: studenti, lavoratori, intellettuali e non portavano la propria disponibilità a confrontarsi con quelle classi ritenute finora indiscutibili.
2 - IL MOVIMENTO DEL ’68
Che potrebbe averci a che fare con la nostra indagine il cosiddetto movimento sessantottino che ha trasformato o contribuito a trasformare la società moderna? Il movimento del ’68 prende il nome dagli anni in cui si è presentato, portando alla ribalta la contestazione verso il potere in generale: politico, militare, finanziario, imprenditoriale, ecc. ed è stato talmente presente in tantissime controversie a tal punto da mettere l’uno contro l’altro gli stessi critici che l’hanno studiato, in quanto vi sono alcuni che l’hanno definito uno straordinario mezzo con cui si sarebbe potuto rivitalizzare il tessuto sociale, mentre per altri il ’68 altro non è stato che una normale forma di conformismo di massa.
Ma come nasce la sua storia? A partire dagli anni cinquanta si era sviluppato in Europa una forma di società industriale, detta anche “civiltà di massa o dei consumi” che era divenuta materia di studi interessanti da parte di insigni sociologi che ne hanno esaminato tutte le caratteristiche: dal consumismo ai persuasori occulti che mediante appositi strumenti comunicativi rendevano il soggetto in consumatore diretto. Questo elemento caratterizzò non poco l'industria culturale, considerata causa ed effetto dell’allora società specie nel mercato dell'arte dove si ampliava a dismisura, la domanda dei beni culturali che non si diversifica da quella dei prodotti industriali, perché erano visti come elementi di promozione sociale invece di promozione culturale. Ciò provocò una netta diminuzione della merce artistica, trasformandola a merce che segue le leggi del mercato, cioè era la domanda a fissare l'offerta e, di conseguenza, la produzione, ed era il sistema a provocare la domanda. In definitiva, il prodotto artistico per essere richiesto dal mercato doveva risultare omologo al sistema. Per giungere a tanto, era fondamentale caricare sulle spalle dell’artista una notevole dose di responsabilità che, per conformarsi alle nuove regole così imposte del mercato avrebbe dovuto trasformarsi in semplice ideatore e produttore di asettici beni di consumo. Questo è il motivo per cui a partire da quegli anni si registrò nel panorama culturale, una continua innovazione, ricerca, sperimentazioni e via di questo passo. Di fronte a tali contrasti taluni scrittori e artisti hanno tentato, isolatamente o mediante unioni in scuole o gruppi, la contestazione della prassi e dei valori della società di massa, con atteggiamenti e alternative che nelle arti figurative sembrano aver consolidato più che altro una volontà eversiva più marcata rispetto alla letteratura. È però giusto considerare che quel sistema che si voleva contestare aveva ormai giustamente perfezionato le sue tecniche di penetrazione che riusciva a strumentalizzare anche quest'arte di contestazione a fini commerciali. Così avvenne che nel merchandising, il sistema iniziò a “commercializzare” la contestazione giovanile ponendola al centro dei propri interessi e realizzando anche grossi affari: ad un diverso livello, mercifica e banalizza i moduli dell'arte informale, riducendo il recupero dell'arte popolare a mode naïf, a recupero del rustico, del primitivo. Quello di cui ci stiamo occupando non ha coinvolto solo una parte del mondo, o una determinata fase storica: gli effetti delle contestazioni organizzate e propagandate invasero il mondo intero coinvolgendo intere nazioni e, soprattutto, interi popoli. Per esempio, negli Stati Uniti agli inizi degli anni '60 il movimento hippy dominò la scena delle lotte alla società consumistica, alla guerra in Vietnam, nell’affiancare le minoranze etniche. In Inghilterra, invece, fu ad opera degli iscritti alla R.S.A. (Radical Student Alliance) una componente universitaria che, opponendosi strenuamente alle altre organizzazioni sindacali e studentesche, deliberatamente di parte nei regimi educativi, catturò l’attenzione dei mass media internazionali per l’ostracismo condotto contro meeting e seminari organizzati dalle componenti aventi natura fortemente tradizionalista. Da qui il passo è breve nel contagiare le altre università di tutto il mondo, in cui si iniziarono ad annoverare occupazioni di tanti altri atenei. In Francia, invece, la protesta assunse toni molto più complessi a tal punto da costituire una vera e propria minaccia contro lo Stato ma non assunse mai caratteri insurrezionali. Essa ebbe origine da un progetto istituzionale per favorire i settori tecnologicamente più avanzati, facendo pesare l'incremento della produttività sulla classe operaia. Il piano di riforma scolastica prevedeva la riduzione del numero degli studenti universitari e consentire l’accesso agli studenti più dotati. L'approvazione di questo piano, provocò un'immediata risposta da parte delle masse studentesche che decisero di scioperare, dando il via al movimento più noto tra quelli sorti nella primavera del 1968. In Italia invece, il movimento sessantottino si presentò agli inizi del ’66 con l'occupazione della Facoltà di Sociologia a Trento alla presentazione di un documento che rivelava un'inchiesta condotta sulla sessualità nei giovani e le considerazioni a tal riguardo effettuiate. Gli studenti si impossessarono della Facoltà di Sociologia, avanzando precise rivendicazioni nella normativa. Altre importanti battaglie furono condotte per lo sviluppo della scienza sociologica e del sistema di insegnamento universitario, proponendone stesure alternative. Il destino volle che le suddette attività fossero sospese e non si potesse procedere a causa del verificarsi dell'alluvione di Firenze, dove, comunque, furono sempre i giovani ad accorrere per portare aiuto nelle aree più colpite. Questo evento contribuì a far sorgere in molti di essi lo spirito di appartenenza ad una classe prima sconosciuta. Nello stesso anno il giornale studentesco del liceo Parini di Milano pubblicava la prima inchiesta - sondaggio su tematiche sessuali. A lato delle innovazioni culturali s’affiancò ben presto quello lavorativo. Infatti, nel ’68 vennero alla ribalta tensioni sociali e conflitti nel mondo del lavoro registrando per la prima volta un evento straordinario: una manifestazione unitaria di operai e studenti; si assistette quindi per la prima volta una unione di intenti fra classi sociali operaie e studentesche mai registrate fino allora. Ma se dal lato civile assistiamo ad un progressivo incrementarsi di scontri e dibattiti, dal punto di vista cattolico, da sempre schierato verso i ceti più deboli e sofferenti non possiamo ancora ricontrare prese di posizione. A questo punto è d’obbligo domandarsi dov’era, in quelle fasi storiche, quel mondo cattolico che con la propria dottrina sociale voleva trasformare il mondo intero? Il movimento del Sessantotto travolse infatti anche la chiesa cattolica in tutto il mondo. Negli anni '50, in Francia, come anche in altre Paesi Europei fra cui l’Italia era nata l'esperienza dei preti operai, che sceglievano di lavorare in fabbrica per condividere le dure condizioni di vita dei lavoratori dell'industria, instaurando un dialogo anche con quella parte consistente di loro che era di orientamento social-comunista. Ma ben presto la gerarchia ecclesiastica si allarmò, considerando non ancora maturi i tempi per poter prendere decisioni in merito, visto che la vicinanza di sacerdoti alle problematiche del lavoro e il loro coinvolgimento nei loro obiettivi rivendicativi erano tacciati di cedimento verso il marxismo. Per questo motivo Papa Pio XII impose il divieto della presenza dei preti nelle fabbriche, ammettendo solo un tipo di pastorale dall'esterno verso i lavoratori. Dobbiamo attendere il Concilio Vaticano II nel 1965 per far rivivere l'esperienza dei preti operai che più che mai torneranno protagonisti sulla scena internazionale. Si arrivò così a quell'ondata innovativa che prese il nome di teologia della liberazione, che coinvolse tutto il mondo, cristiano e non. Alcuni teologi giunsero a porre la questione se la rivoluzione potesse avere addirittura un significato teologico e per questo iniziarono a discutere su larga scala questi temi, insieme a giovani protestanti, sacerdoti domenicani e intellettuali cattolici. Anche in quella realtà tanto differente sotto tutti i punti di vista come il Sud Africa, grazie al vescovo anglicano Desmond Tutu prese piede la teologia della liberazione nera nella lotta contro l'apartheid. In Italia, invece, dobbiamo a Papa Giovanni XXIII la prima iniziativa in materia. Il Papa, in fatti, era molto attento alle necessità di rinnovamento nella Chiesa di fronte a un mondo attraversato da grandi mutamenti e convocando il Concilio Vaticano II consentì che venissero raccolte alcune delle istanze provenienti dai movimenti interni ed esterni alla realtà cattolica. Ciò nonostante, le aree cattoliche più innovative ritennero insufficienti le aperture, e che molti indirizzi di rinnovamento restassero non applicati. Per tali motivi le fasi restarono in stallo e le contestazioni continuarono ancora più accese.
LA FAMIGLIA, CELLULA SOCIALE
- I FIGLI, ADULTI DEL DOMANI
- IL SISTEMA EDUCATIVO
- LE INNOVAZIONI
- I FIGLI, ADULTI DEL DOMANI
Per poterci addentrare nella vasta componente che è la famiglia abbiamo posto al centro della nostra attenzione la famiglia. Perché è importante prendere in considerazione la famiglia, per valutare e reagire alle difficoltà della società circostante? Perché per intervenire nel contesto sociale è fondamentale considerare ogni singolo elemento della famiglia e tutto ciò che gravita intorno ad esso? La risposta non è sulla bocca di tutti, o per lo meno, può essere esposta solo da chi vive realmente il disagio della famiglia o si rende conto della necessità di dover in questo momento intervenire con certezza e capillarità. Da cosa dipende questa possibilità? Dal fatto che non tutti, purtroppo, viviamo in simbiosi con i criteri che regolano il vivere civile o come si dice, di reciprocità. E di conseguenza, una diversa impostazione regola il proprio atteggiamento nei confronti degli stessi familiari e della famiglia nel rapporto con la società. Noi preferiamo rappresentare che il problema fondamentale è che non si vuol in nessun modo capire che la società è una creatura della famiglia ovvero, la famiglia è al centro dell’universo, al centro di tutte quelle forze che animano e caratterizzano l’andamento globale. Visto nel senso letterale, questa affermazione potrebbe configurarsi come una allocuzione fantasiosa e priva di validità ma rapportandola al valore intrinseco che essa stessa esporta nel contesto comunitario deve essere necessariamente identificata come quel suo patrimonio diventi automaticamente ricchezza per la società. Diremmo che esiste quindi un legame simbiotico tra famiglia e società in cui lo sviluppo dell’uno diventa accumulazione di risorsa per l’altra. Per questo diventa quindi fondamentale dare anche un’occhiata al suo immediato trascorso, senza prescindere dalla considerazione storica del suo ruolo assunto nel corso del tempo ed allora. Per tale motivo riveste carattere basilare conoscere il significato della istituzione della famiglia, del suo valore storico, della sua evoluzione nel corso del tempo e le aspettative del domani e partendo da un dato obiettivo per l’analisi oggi ci poniamo la domanda: che cos’è una famiglia? Cosa è La Famiglia? Possono apparire come domande inutili e sciocche, dato che chiunque potrebbe rispondere, giustamente, che è scontato il significato di questo termine che rappresenta da sempre il guscio della esistenza in cui l’essere nasce, si perfeziona e diventa capace di affrontare le sfide della vita. Questo, ovviamente nella teoria, perché nella realtà, si sa, non è proprio così e molte volte bisogna rivedere il concetto stesso e vediamone il perché. Come abbiamo più volte modo di verificare, il contrasto o conflitto fra generazioni nasce principalmente durante la fase della gioventù o più precisamente, durante la fase del passaggio dalla pubertà alla giovinezza. In tale ambito diventano importanti le amicizie, cioè quei rapporti interpersonali caratterizzati da un legame intimo fra i soggetti che si apprestano a diventare adulti. E’ nella scelta degli amici che si mettono le basi al proprio sviluppo sociale, in quanto il rapporto intercorrente fra le parti deve essere fondamentalmente scevro di posizioni dominanti o, come meglio dire, disinteressanti. Si tratta di cosiddette relazioni orizzontali che si differenziano sostanzialmente da altre. Infatti di tutt’altra specie è il rapporto costruito tra figli e genitori laddove persistono limiti e/o vincoli nel mantenimento della relazione. Si tratta, infatti di relazioni “verticali”, cioè rapporti in cui le scelte, rappresentate dagli atti di potere, non sono equamente ripartite fra le due parti e, per di più, si può dire che trattasi di un percorso a senso unico, visto che il rapporto è obbligato e senza alternative. Se durante la fase dell’adolescenza si intravedono le prime scaramucce contro i genitori, più tardi, nell’età adulta, l’azione del giovane si caratterizza per la consapevolezza del proprio ruolo nell’assetto familiare e causa una continua accentuazione della pressione nel rapporto coi genitori. In definitiva il giovane sta “notificando” ai suoi genitori che desidera aver più peso in famiglia perché la diversità di formazione e di vedute non li tiene più uniti e ne evidenzia la differenza, per cui è necessario un confronto reale sul modo di condurre la gestione familiare. C’è da dire che la maggior parte dei genitori è già consapevole che prima o poi arriverà una simile richiesta e ne è preoccupata perché non conosce le modalità con cui saranno esternate e per tale motivo sono già preparati a cedere le armi, assumendo un atteggiamento non di sconfitta ma di apertura a quelle condizioni poste dai figli. Proprio per questo, quando inizieranno ad affrontare i primi dibattimenti e le prime contrastanti spiegazioni, anche su tematiche diverse fra loro, poggeranno le proprie resistenze a semplici, pacate e serene accettazioni, sebbene siano a conoscenza della propria responsabilità per tutto ciò che concederanno. La politica adottata in realtà è la seguente: musi lunghi e sguardi in cagnesco vanno sostituiti da teneri accenni di sorrisi e di adesioni ad un evento che unisce. Seguire questo genere di atteggiamento non è penalizzante né dequalificante ma chiarisce come qualsiasi argomento di scontro possa trasformarsi in momento di affiatamento e concordia. Allora le discussioni, le negoziazioni e le sopportazioni non sono più viste come sconfitte ma diventano strumenti risolutivi perché opportuni ed intelligenti. Nei nostri giorni troviamo notevoli cambiamenti sociali cioè trasformazioni che si sono verificate nel corso dei secoli e che hanno dato un impulso abbastanza significante a partire dalle metà del ventesimo secolo nella società occidentale, mettendo fine all’ideale tradizionale di famiglia, trasformandone in pieno la stessa istituzione e la sua validità. La famiglia basata sul consesso matrimoniale, lo dice ormai ogni sorta di statistica, non è più la stessa perché già lo stesso vincolo del matrimonio, da sempre considerato come il fondamento della casa familiare non è più visto come un requisito essenziale della vita familiare: basta verificare quanto sia drasticamente aumentato il tasso dei divorzi, a seguito delle continue lotte sociali, mentre dall’altra parte le famiglie mono genitoriali sono ormai divenute realtà maggioritarie, a causa dei molteplici aspetti negativi che hanno circuito la componente familiare. E poiché l’imputazione sopra richiamata va sempre a discapito delle categorie più deboli, risulta facile individuare come la maggiore difficoltà ricada proprio sui più piccoli: allora la domanda che ci poniamo è la seguente: “quanto” questi fattori possono influenzare lo sviluppo dei bambini? E in che modo possono determinare anche il futuro assetto sociale? Perché dovendo diventare gli stessi bambini uomini del futuro, sta a loro identificare le giuste e doverose modalità di esecuzione di tutto ciò che risulterà necessario per la società del domani. Purtroppo, dobbiamo anche riscontrare un elemento non proprio esaltante: dall’esame degli studi condotti sull’influenza delle caratteristiche della famiglia sullo sviluppo dei bambini emerge che oggi “la struttura della famiglia ha un ruolo molto meno significativo rispetto al suo funzionamento” cioè le variabili strutturali esercitano un’influenza limitata sul risultato psicologico dei bambini. Ciò vuol dire che la famiglia esiste perché anche se è una naturale composizione sociale non è più il nucleo di educazione e formazione dei futuri governanti della società. La natura umana è flessibile, può svilupparsi in maniera soddisfacente in una vasta gamma di strutture familiari, per cui è molto più importante la qualità della relazione che intercorre tra tutti gli individui che compongono l’ambiente domestico. Facciamo riferimento ad un concetto basilare dei padri del comportamentalismo, che approfondiremo in seguito, secondo cui non è necessario valutare l’atteggiamento del soggetto in famiglia, perché è laddove che opererà, laddove porterà la sua competenza ed il suo saper fare costruirà il contesto nel quale evidenzierà il proprio carattere professionale e sociale.
2 . IL SISTEMA EDUCATIVO
Negli ultimi tempi assistiamo sempre più frequentemente al verificarsi di incresciosi episodi di intolleranza, di violenza e di sopraffazione che si concretizzano all’interno di tantissimi nuclei familiari. A volte si attribuiscono tali eventi a casi particolari di formazioni familiari in cui persistono gravi forme di disagio, che costituiscono il motivo più ricorrente per le difficoltà nel sapere adeguatamente reagire o affrontare tali situazioni con sistemi o metodi più semplici o. come potremmo dire, civili. Per quanto possa sembrare opportuna questa interpretazione risulta anche un po' riduttiva, in quanto può darsi che essa sia effettivamente una delle cause preponderanti, ma ciò non va ad escludere a priori che altre forme di circostanze possano determinare le stesse problematiche o le stesse difficoltà nell’ambito familiare. Se provassimo, infatti, ad analizzare ogni singolo episodio, noteremmo una matrice comune a tutto ciò che si verifica, perché nella realtà ogni forma di decadimento familiare è generata dall’assenza di una adeguata preparazione o formazione culturale, civile, sociale, religiosa e professionale. Ma tutto ha un punto focale di partenza: in definitiva, andrebbe imputata alla mancanza di una adeguata preparazione genitoriale l’esistenza ed il verificarsi di tali tragici eventi. Guarda caso, sistematicamente si verifica che il risultato è sempre lo stesso: la violenza praticata che ha causato feriti, morti o danni rilevanti, consta di motivazioni che, opportunamente valutate ed affrontate, avrebbero potuto trovare altre e più giuste soluzioni. In generale le cause addotte a tale frequenti situazioni sono da rapportare ai diversi sistemi di educazione impartiti in famiglia, alla netta svalutazione dei valori su cui si basa la famiglia e sulla persistente apatia dei centri istituzionali votati alla ricerca delle soluzioni a queste emergenze. In primis è vero che il sistema educativo dei genitori odierni, com’è ben noto, si differenzia di molto da quello praticato in epoche passate, anche se poi non tanto lontane. Le diverse caratteristiche culturali, le aspettative di lavoro, gli aspetti sociali che coinvolgono il proprio tempo libero rispetto a quello da dedicare ai propri figli, influenzano e di parecchio il ménage familiare. Ma anche le diversità di vedute, le nuove opinioni trasmesse continuamente dai mass media, gli aspetti sociali radicalmente innovati rispetto al passato, comportano la necessità di un aggiornamento continuo delle modalità di confronto fra i membri della famiglia. La prima cosa che viene evidenziata è la fatidica imputazione delle difficoltà alla odierna società, che non si presterebbe a considerare adeguatamente le necessità delle famiglie, tenderebbe, invece, a massimizzare il profitto a spese di ogni singolo individuo. In realtà ciò costituirebbe la formula dello scaricabarile, in cui il problema di qualcuno è stato originato dal disinteresse di chi è preposto a tale funzione, ma non sempre è così. Infatti, nonostante l’apparente disinteresse generale, sono abbastanza evidenti le iniziative ed i provvedimenti che le istituzioni molte volte additate per la noncuranza sociale, in tante altre circostanze adottano per alleggerire le problematiche riscontrabili all’interno della famiglia. Però, se da un lato troviamo le istituzioni, civili e religiose, che cercano in ogni modo di salvaguardare i valori stessi della famiglia, dall’altra parte sono gli stessi componenti della famiglia ad essere molto spesso latitanti nel favorire la costruzione dell’assetto familiare in modo felice e gioioso. Da questa grave forma di disagio scaturiscono, a lungo andare, le conseguenze che vedranno in futuro protagonisti non più i genitori, ma solamente i figli così duramente bistrattati, tanto che spesso si sente parlare di contrasti familiari, di conflitti di idee, di rivoluzioni generazionali che avvengono all’interno di ogni nucleo familiare. Siffatte problematiche, come vedremo più avanti, sorgono quasi sempre allorquando nascono progetti di conquista di potere decisionale all’interno della famiglia. Il più delle volte, come ampiamente riportato da tanti studiosi degli atteggiamenti comportamentali delle nuove generazioni, tale conflittualità è puramente evolutiva, nel senso che accade perché lo scontro tra diverse mentalità, o ampiezza di vedute, risulta normale per l’accrescimento culturale della stessa famiglia. Ma tale “positività” viene meno, però, quando tali problematiche assumono configurazioni gigantesche, dovute anche alla concorrenza con fattori esterni (vedi situazioni economico-sociali) che stravolgono l’equilibrio interno: l’asettica politica sociale, per nulla adeguatamente proposta o praticata negli anni trascorsi, per offrire una giusta assistenza alle future generazioni ha prodotto la sterilità totale di provvedimenti necessari allo scopo, il che ha minato tutto l’assetto sociale cui erano protese tali generazioni. Si è giunti perciò a quella fase storica caratterizzata da un difficile “gap” perché invece di essere investita delle necessarie cure strutturali e finanziarie ed ottenere quindi la giusta considerazione necessaria per poter conciliare le generazioni e indurre chi è preposto a livello istituzionale a formulare più adeguati provvedimenti in tema, è stata totalmente snobbata a favore di ben più altre aspirazioni per nulla attinenti con questa problematica. Nella pratica è avvenuto che, avendo raggiunto un livello di apprendimento culturale ed un margine di autonomia individuale tale da consentire scelte indipendentiste dalla famiglia ed anche avulse da obiettività da parte dei propri familiari, le nuove generazioni sono riuscite a formarsi una propria identità, talvolta caratterizzata anche da grossolani errori di valutazione, proprio perché non hanno mai ricevuto occasione di confronto e considerazione. E man mano che gli anni trascorrevano, questa nuova identità molto spesso è confluita in quella di tanti altri, fino ad arrivare ai primi gruppi di aggregazione. In tale contesto nemmeno la scuola, da sempre relegata al posto di soccorritrice, è riuscita a prestare aiuto, nonostante le tante volte in cui ha cercato di colmare quel vuoto così creato. Dobbiamo essere onesti nell’affermare che non è giusto attribuire alla società colpe che non ha, almeno in questo caso. E’ fin troppo facile scaricare le proprie responsabilità a terzi. E’ semplicistico demandare le proprie mansioni ad enti o istituzioni a cui sono conferiti in modo inopportuno, incarichi di natura educativa, invece che di sola formazione culturale. Ancora oggi, nella nostra epoca in cui riscontriamo certamente situazioni nettamente migliorate rispetto al passato, ci si lamenta spesso che la società, intesa nel senso più largo, non riesce a rispondere alle aspettative delle nuove generazioni, alla formazione professionale, a quella finanziaria, a quella civile, a quella religiosa, ecc. Qualcuno afferma che i giovani oggi non devono essere più succubi dei propri genitori ma hanno il dovere di lasciarsi alle spalle le proprie comodità e sicurezze per fare le naturali esperienze di vita che, semmai, li condurranno anche a degli errori, ma è ciò che conta perché da tali sbagli nascerà quella consapevolezza che li maturerà nel tempo. Si tratta di una affermazione certamente opinabile, in quanto, almeno ragionando in modo più semplicistico, sarebbe molto meglio e certamente più agevole prima riflettere e poi considerare ciò che si dovrà fare o come ci si dovrà comportare in una determinata situazione, magari proprio all’interno della famiglia, al cui interno può darsi che ci sia stato qualcuno che ha già vissuto quella esperienza o avrà già affrontato quella data situazione. Ciò risulterebbe più facile nell’adattarsi o, semplicemente adeguarsi: non sarebbe meglio avvalersi del successo degli altri e farsene tesoro, invece che rischiare sulla propria pelle e perdere la sfida? E perché ciò non succede? La risposta non è tanto semplice da trovare, perché molte volte, come si dice in genere, la ragione sta nel mezzo. E’ vero che l’evoluzione sociale ha proiettato la mentalità e la cultura giovanile ben più in alto di quanto è successo nelle passate generazioni, per cui sentirsi liberi di fare o dire è molto più sentito oggi rispetto ad ieri, ma è anche vero che ciò sia stato originato dalla sempre più marcata assenza delle figure genitoriali nel contesto casalingo, per cui la scelta del giovane intraprendente è stata evidenziata, a maggior ragione, dalla mancata ed importante assistenza di chi, istituzionalmente parlando, avrebbe dovuto impartire le nozioni base necessarie alla prole. La mia curiosità sarebbe quella di voler presenziare, oggi, almeno ad un dibattito infra familiare tra figli “apatici” e genitori super impegnati in tante altre cose. Talvolta mi costruisco la scena in mente: il genitore che sgrida il figlio perchè non ha fatto una data cosa, o magari l’avrà fatta malamente, mentre lo stesso figlio da parte sua accusa l’assenza di aiuto da parte del genitore: alla fine tutto rimane come prima, senza soluzione, ed ognuno torna per la propria strada. Ed allora, ci domandiamo, cosa succederà? Questo stallo di cose causa un particolare fenomeno, difficilmente dimostrabile, ma che risulta molto evidente, caratterizzato dal fatto che nel giovane è avvertita ed in maniera preponderante, la necessità di fare in proprio, quale che sia il risultato, e non certo per aderire alla concezione degli studiosi, ma per sopraggiunte cause familiari. Il giovane cioè intuisce che senza l’apporto dei propri genitori non ha nessun’altro che gli faccia capire cosa deve fare o deve dire per affrontare una determinata situazione, allora deve fare, deve muoversi, deve agire, anche se da solo. E purtroppo, una volta iniziato non si fermerà più. Così continuerà nel tempo, accorgendosi di essere divenuto forte delle proprie scelte e quindi determinato a proseguire in quell’atteggiamento. Il giovane si sta creando, in tal modo, la propria libertà. Sì, ma a quale prezzo?
3 . LE INNOVAZIONI
E’ sotto gli occhi di tutti il modus operandi di moltissimi “ragazzi”, quindi, ancora non proprio giovani. E’ vero che tutti noi siamo spinti dalle regole consumistiche della moderna società che ci costringe a far uso di strumentazioni, aggeggi e prodotti vari senza i quali sei “out” e quindi sei “antico”, non sei al corrente con la vita attuale. Ed allora bisogna adeguarsi, altrimenti non si può far parte della comitiva, del gruppo, della cerchia di “modernizzati”. A me personalmente vien da ridere allorquando, passeggiando per le strade del centro oltre una certa ora che secondo le nostre precedenti generazioni erano da considerare già da rientro a casa, ci si imbatte in maree di ragazzini – ovviamente minorenni - pronti ad affrontare la serata con gli amici: e li vedi dotati del nuovo iphone, il vestito alla moda, il trucco indicato dalla influencer di turno, il linguaggio che fai a fatica a comprendere, dato che è invaso da terminologia estere o in forma abbreviata come da telegramma, ecc. ci si accorge dell’avvenuta alienazione della mente umana solamente guardandosi intorno: persino nel linguaggio va fatta attenzione a ciò che si dice perché le frasi, le nozioni ed altre verbalizzazioni sono state ritoccate in chiave moderniste per cui se non sei al corrente del nuovo lessico puoi incappare in brutte figure. Ma di questo passo dove si potrà arrivare? O meglio, dove si arriverà? Per questo motivo qui vogliamo solo riportare oltre alle considerazioni espresse – anche se in forma molto sintetica - dagli studiosi tra i quali quelli che hanno fatto la storia del “comportamentalismo“ da cui sono state delineate regole importanti per la valutazione del fattore comportamentale dei giovani, ma vi sono anche delle aggiunte, provenienti da considerazioni scaturenti dalla personale esperienza nel contesto comunitario con le varie realtà espresse dai nuovi giovani; quindi il dato di partenza non è scientifico né tantomeno metodologico, ma è una consapevolezza acquisita negli anni con l’osservazione e l’analisi dei sistemi educativi correlati alle necessità evolutive delle nuove generazioni.
I CONFLITTI GENERAZIONALI
- LE RADICI DEI CONFLITTI
GENERAZIONALI
- EVOLUZIONE DEI CONFLITTI
- COSA SUCCEDE NELLA FAMIGLIA
- EQUILIBRIO DEI RAPPORTI
- L’AMORE NELLA FAMIGLIA
- L’IMPORTANZA DEI PARENTI
- LE RADICI DEI CONFLITTI GENERAZIONALI
L’emergere di conflittualità all’interno della famiglia potrebbe apparire come un qualsiasi argomento moderno che affligge la società civile in rapporto alle mutate condizioni sociali, culturali, patrimoniali e quant’altro: ma non sempre è così. A prescindere dalla diversa valutazione che si può attribuire all’argomento in questione, va detto che questo tema era ricorrente già nell’antichità e specialmente presso gli antichi Greci, che consideravano la tematica come forma di “scontro” nella famiglia da parte dei figli per avanzare pretese circa il potere da gestire nello stesso nucleo familiare. Così, allo scopo di rendere notorio la concezione imperante all’epoca, i greci riportavano attraverso i propri miti storie e vicende che destavano sprezzo alla famiglia normale, a favore di una predominanza di egoismi ed indifferenze verso la vita. In tal modo essi non facevano altro che rappresentare determinate filosofie attraverso storie, miti e leggende che rappresentavano lo stato più profondo di sé stesso, in particolare quello che induce a compiere atti mostruosi. Il principio base riguardava la necessità di possedere il primato nella famiglia, nella discendenza o, addirittura, nella propria etnia. Così i greci, mediante storie mitiche evidenziavano come padri e madri avessero potuto “difendere” il proprio ruolo fino all’estrema vendetta. Emblematico è l’esempio riportato da Esiodo, che nella sua Teogonia, opera dedicata alla nascita degli dei, riporta un assieme di leggende, narrazioni e miti propri di quel mondo ellenico di cui faceva parte. In essa Esiodo descrive che nell’unione tra Urano (il Cielo) e Gea (la Terra), i figli che nascevano venivano sistematicamente uccisi e sepolti nella profondità della terra. In questa circostanza veniva rappresentata la modalità con cui si sviluppava il rapporto nel contesto della famiglia e si nota come quel rapporto di amore non fosse assente, ma venisse sostituito dalla crudeltà paterna, vòlta a tutelarne il potere. In questo caso si registra il primo scontro storico, proprio tra Urano ed il figlio Crono che abilmente nascosto dalla madre Gea, riesce a sostituire il padre uccidendolo: dal sangue versato da Urano nacquero altre divinità. Ma anche Crono, a sua volta, allo scopo di non costituire futuro oggetto di vendetta e di pregiudizio, generava e divorava i propri figli appena nati. Esempi del genere ne sono annoverati in grandi quantità per arrivare alla figura magistrale di Zeus che, sempre secondo le storie mitiche, avendo generato il figlio Meti in un rapporto d’amore con una sua amata, lo ingoiò appena nato allo scopo di non essere spodestato in futuro. Questi racconti erano ovviamente descritti meticolosamente allo scopo di destare scalpore nella mentalità ricorrente, miravano a rivelare aspetti nascosti della psiche umana che difficilmente potevano essere individuati e che conducevano al timore o alla paura di ognuno essere sostituiti in un determinato evento o nella intera vita. Non a caso, infatti, le origini del mondo così presentate evidenziavano la rappresentazione anche dell’ideale culturale. Considerato sotto questo punto di vista, la famiglia originata dall’ordine di Zeus si equipara a quella umana, che diventa fondamenta del mondo greco in cui l’apice è costituito dal marito - padre e dove seguendo la forma piramidale, i ruoli prevedevano la presenza dei figli alla base e della moglie nel framezzo. Quindi, i figli erano obbligati a tener un comportamento sempre succube verso il genitore padre e questo non solamente fino al raggiungimento della propria maggiore età ma, secondo legge, fino alla morte del genitore. E’ per questo motivo che quando più tardi Socrate invoglierà il ceto giovanile, già attento alla problematica, distogliendolo dalla persistente dottrina a favore di un più generalizzato esame dubitativo, consistente nella messa in discussione della realtà vigente e del probabile contrasto tra questa e l’etica o la morale, le autorità preposte non tarderanno ad accusarlo di corruttore della gioventù greca. Di ben altra considerazione, invece, fu il suo allievo Platone, il quale a sua volta fu contrastato nelle idee dal suo allievo Aristotele. Secondo Platone l’evoluzione dei sistemi sociali provenivano solo dai contrasti generazionali per cui i genitori tendono a simulare gli atteggiamenti dei figli nel timore che questi diventino come loro assumendo quindi tutte forze e risorse che caratterizzano i figliocci. Per Aristotele, invece, la famiglia è il luogo ideale per far nascere le passioni più trascinanti come amore, odio ed invidia. Per i suesposti motivi è indispensabile che la famiglia sia governata solo da una persona: ciò avrebbe comportato un ordine assoluto ed avrebbe escluso a priori la conflittualità generazionale per la improbabile esistenza di desideri di esautorazione. Ma per gli antichi greci il superamento di questa “impasse” era solamente soggettivo in quanto si lasciava all’uomo la possibilità di intendere i propri reconditi sentimenti e di poter provvedere a superare le difficoltà ammettendo possibile il corso della vita e, perciò di vivere normalmente oppure di poterla assecondare, rendendo quindi inutile ogni tentativo di sviluppo sociale. Il confronto socialmente riscontrabile fra il “vecchio” ed il “nuovo” nella famiglia è divenuto molto più visibile nell’epoca moderna che, tra le tante epoche, è quella maggiormente caratterizzata da eventi che hanno interessato l’intera umanità e, quindi, non solo pochi paesi e/o popolazioni o parte di essi. Infatti, fin dall’inizio dell’epoca moderna le diverse generazioni si sono sempre combattute manifestando apertamente la propria valutazione del contesto storico in cui venivano a costituirsi. In quel contesto le diverse considerazioni imponevano una appropriata valutazione del momento in cui si rappresentavano le varie problematiche per cui erano tante le argomentazioni a cui corrispondevano le diverse impostazioni di adeguamento, fino a quando le stesse valutazioni iniziarono a subire un ammodernamento anche nella espressione dei concetti, fra cui quello per cui i giovani non erano più visti come prossimi adulti ma solo come “destinati a diventarlo ”: ciò equivaleva a confermare un’apertura mentale e culturale su ciò che avrebbero poi proposto i nuovi adulti. Veniva a cadere, in questo modo, il fattore discriminante verso i giovani che, da parte loro, iniziavano a raccogliere i frutti delle proprie contestazioni. L’aggregazione, che ha sempre costituito il punto focale e vitale di ogni genere di proposizione, qualsiasi sia stata la fase storica, l’evoluzione socio- politica o politico-economica, si è sempre dimostrata come la forza trainante che, mentre da un lato ha sostituito adeguatamente il venir meno dei rapporti generazionali, laddove si manifestava una chiara repulsione verso gli enti istituzionali, dall’altro si è imposta come valido strumento di opposizione alla forza centrista di tali istituzioni verso il proprio background culturale. Eppure fin dagli inizi del novecento insigni studiosi dell’Università di Birmingham, avevano definito l’area giovanile che si presentava all’orizzonte culturale come una valida struttura, attenta, efficace e reattiva alle strutture immobiliste istituzionali, ferme e stabili nei confronti dei cambiamenti epocali e sociali. Tali studi, condotti per lungo tempo da siffatti tecnici si scontrarono con la cruda realtà in cui la classe dei nuovi adulti, che avrebbe dovuto anticipare tempi e metodologie per nuovi scenari culturali, non seppe adeguatamente costruire apportando, in diverse parti del mondo solo degenerazione e scarsità di valori. Per meglio comprendere le motivazioni che hanno prodotto lo spacco tra le diverse concezioni generazionali facciamo un passo indietro per inquadrare le diverse fasi storiche in cui eventi sociali, personaggi pubblici e politiche governative si sono scontrate con le reali esigenze di una generazione che stava vendo fuori con tutta la sua prorompente forza restauratrice. Fra gli anni ‘40 e '60 del secolo scorso, la consistente validità della forma aggregativa, in particolar modo quella giovanile, con anni di continue lotte ha reinventato un nuovo modo di contestare e combattere per le proprie idee, richieste innovative che dovevano necessariamente stare al passo con i tempi per non perdere l’appuntamento con il futuro. Innanzitutto ha creato la base per un disaffezionamento verso quei modelli educativi, organizzativi, imprenditoriali e professionali che oramai non si adattavano più alle reali esigenze della collettività. Già nei primi anni del novecento gli studiosi avevano comunicato che le nuove generazioni si erano dotate principalmente di sentimenti sensibili e reattivi alle strutture istituzionali ed ai mutamenti sociali. Assistiamo così ad un processo di forte ed immediata industrializzazione in cui la ricchezza e la possibilità di disporre di risorse consentono un benessere abbastanza acclarato. Il tanto citato “Welfare” che rappresentava il boom economico altro non era divenuto che il raggiungimento di un punto di incontro di compromessi in cui venivano interessati settori molto importanti fra cui occupazione, istruzione ed edilizia, spinti dalla forte componente garantista americana. Le prime difficoltà, peraltro già evidenziate alla fine dell’ottocento, si concretizzarono sempre di più successivamente, a causa di diversi squilibri che si manifestarono principalmente nelle conurbazioni urbane: incrementi demografici che obbligavano a trasferirsi nelle lontane periferie, la disoccupazione che induceva a rompere equilibri familiari: fattori economici importanti cui le popolazioni non erano ancora pronte ad affrontare. In questo contesto nacque la disperazione dell’operaio medio che avvertì una dichiarata discriminazione nei confronti di un altro tipo di cittadino, quello che rivestiva la qualifica impiegatizia, colui che in definitiva, riusciva a sopravvivere agli stenti giornalieri con spavalderia e marcata abbondanza. Tra i giovani questo disagio fu ancora più evidente, tant’è che s’iniziò a manifestare contro lo sviluppo tecnologico, la industrializzazione capitalistica e contro l’automazione, causa principale delle problematiche che invasero la società del novecento. E’ in questa fase che si evidenziano sempre più marcatamente le reazioni e le resistenze giovanili contro l’imprenditorialità mediante le aggregazioni, che in futuro comporteranno benefici alla classe operaia. Le vittorie delle contestazioni apporteranno significative integra-zioni al modus operandi di tanti “management” che concederanno la possibilità di associarsi in forme sindacali, come anche la concessione della possibilità di scioperare o di lottare e manifestare per ottenere riconoscimenti di lavoro come gli incrementi stipendiali, ecc.
2. EVOLUZIONE DEI CONFLITTI
Anche se oggigiorno non si parla più di “lotte di classe” o rivoluzioni proletarie”, che hanno subissato il mondo con continui capovolgimenti di opinioni e caratterizzato anche la trasformazione nella cultura in ogni luogo, dobbiamo considerare che il contrasto familiare, confluito in quello sociale, ancor più esteso, continuò a manifestarsi tranne che nel nostro paese, dove persisteva un altro tipo di conflittualità riguardante i cosiddetti “Babymoomers” cioè tutti quelli nati nel periodo 1946 e 1964, e quindi reali beneficiari del famoso boom degli anni 60, rispetto all’altra parte, costituita dai loro discendenti. Il diverbio, di natura strettamente sociale, che si è ripercosso ovviamente a ritroso anche nelle famiglie e perciò tra gli stessi componenti, fu causato dal notevole debito finanziario che in quella fase storica era stato sottoscritto dalla componente politica per far fronte nell’immediatezza ed anche iscritto a bilancio nei programmi a lunga durata, per rivitalizzare politiche sociali e dare più credito al sistema produttivo nazionale. In definitiva, invece, ciò ha rappresentato una mancanza di coerenza generale riferita ad una marcata drammaticità dovuta all’espropriazione coattiva cui è stata sottoposta una intera generazione a favore di circostanze non certamente imputabili agli stessi ma, più che altro, alla incapacità istituzionale nel saper affrontare con cognizione le problematiche sociali dell’epoca. Potremmo addirittura definire del tutto amorale questo atteggiamento increscioso, presente ancora oggi, nonostante piccoli riferimenti che spuntano di tanto in tanto nelle agende dei nostri politici ma, naturalmente, solo per ragioni propagandistiche.
Ma ritorniamo alla nostra famiglia, messa sotto osservazione da tutti i lati e rapportiamola ai giorni nostri, per chiederci come stiamo messi in quanto a contrasti in famiglia? Quanti conflitti nascono ogni giorno? E per quali motivi? Ogni giorno assistiamo ad innumerevoli conflitti generazionali tra genitori e figli adolescenti, ma anche se può sembrare strano essi fanno bene e non sempre sono di valore negativo! D’altra parte ci troviamo in un contesto storico in cui pare che i limiti dei ruoli appartenenti ad ogni componente della famiglia si siano un po' smarriti: figli che vogliono assurgere al ruolo di responsabile della famiglia perché semmai hanno intrapreso una attività o una autonomia finanziaria che permette loro di poter adottare decisioni importanti, oppure genitori che si perdono sempre più nelle innovazioni tecnologiche per essere al pari di tanti altri loro pari e che trascorrono il proprio tempo a postare video o foto di ogni e qualsiasi evento da ricordare (anche i più inutili…), per non parlare poi del tempo trascorso mediante immersione totale con play station; risultato: silenzio tombale in casa! Effettivamente c’è un po' di imbarazzo dappertutto ma nel lungo termine ad accusarne gli effetti saranno, alla fine, entrambe le parti. Il tempo perso a non occuparsi delle reali esigenze delle controparti fa emergere lo stato di abbandono dei propri ruoli: la generazione di genitori al top, impegnata sui tanti fronti della modernità (vedi social media, vita sociale di gruppo, momenti di svago individuale ecc.) non può seguire come dovrebbe la vita dei propri figli e, per tale motivo, per loro diventa più facile assecondarli nelle proprie richieste che non nell’affrontarle, col rischio di diventarne succubi in toto. I figli, invece, da questo errato atteggiamento ne escono chiaramente vincitori perché ottengono subito e senza alcun “spargimento di sangue”, la soluzione ai propri problemi ma non a quelli caratteriali e formativi. E’ un fallimento generale!! La società attuale risulta priva addirittura di una staticità, di un posto fisso, reale, dove potersi incontrare, conoscersi e potenzialmente confrontare. Qui la presenza virtuale, invece, ha preso il sopravvento, divenendo il luogo più imminente in cui vedersi (?), esprimere le proprie idee (?), valutare certi eventi oppure darsi una propria formazione culturale. Anche in questo ambito si denota la differenza tra il settore giovanile e quello “matusa” perchè i primi vivono la loro realtà virtuale in modo più consapevole, con più solidi legami, ed approfitta di molte più risorse presenti sui web. La cosa che dispiace di più è che tutte le componenti della famiglia pare siano consapevoli che questo non è esattamente il modo di affrontare le cose nella famiglia e che il momento è talmente cruciale e difficile che andrebbe valutato secondo altri criteri o parametri. L’impressione che appare e talvolta molto evidente è quella di volersi affidare sempre e comunque alle strutture votate istituzionalmente a tale genere di soluzioni. Diremmo che il rapporto intergenerazionale oggi è in crisi a causa di un sistema sociale totalmente trasformato dai cambiamenti collettivi che hanno comportato, tra le tante cose, un ampliamento notevole nei processi psicologici. Ciò nonostante, il genitore potrebbe ancora avvalersi della bellezza del proprio ruolo se riuscisse ad ingrandire l’ampiezza dei propri interessi, spostando il tutto dal singolo dettaglio ai principi dell’educazione coinvolgendosi in aree tematiche più vaste rispetto a quelle praticate. Quello che conta non è tanto ciò che appare ma ciò che è: non occorre perdere tempo ad apparire genitori perfetti o devoti, ma sforzarsi di crescere intimamente. Rispetto alle epoche passate i moderni genitori sono effettivamente più diplomatici ed elastici rispetto alle ”chiusure” imposte dai genitori del passato, eppure ciò nonostante le dinamiche e le interrelazioni fra le parti restano comunque molto distanti fra loro. Se prendessimo in considerazione i tanti successi ottenuti negli anni dalla tecnologia, dalla scienza, dalla psicologia e dalla pedagogia, dovremmo essere contenti per aver raggiunto un livello di persuasione talmente elevato da poter accontentare chiunque, ma è facile evidenziare come non sia così visto che comunque in genere la famiglia registra sempre e continuamente quella persistente tensione delle proprie risorse, che non facilita per nulla l’evoluzione dei rapporti interni. Da una parte con il proprio atteggiamento i figli impongono rispetto alle proprie idee, alle proprie aspettative ed a tutto quello da loro proposto per cui richiedono l’approvazione dai genitori che, invece, per non accusare il timore di raggelare con i propri rifiuti i rapporti già tesi con i figli, cedono alle “voglie” dei figliocci, trasmettendo tutta la loro intera insicurezza che pregiudicherà lo sviluppo delle relazioni che, al contrario, meriterebbero più considerazione di quanto ricevano. D’altra parte accondiscendere a tanti “patti” non significherebbe alzare bandiera bianca, ma starebbe a rappresentare ed a definire anche i propri limiti genitoriali, l’importante è che tale considerazione sia resa nota allo scopo di presentare alla figliolanza una comunicazione fattiva e non nascosta da falsi sentimenti: le difficoltà non sono date dai problemi presenti ma è l’atteggiamento assunto, che identifica il proprio ruolo nel contesto familiare, anche se così facendo potrebbe risultare riduttivo della potenzialità di gestione del consesso familiare. Ma poi non va dimenticato o meglio, va precisato che nel momento in cui i figli si ribellano al potere genitoriale stanno manifestando il loro punto di vista e stanno dimostrando di essere cresciuti insieme a persone verso le quali adesso sono in grado di dichiarare le proprie opinioni e di pretenderne rispetto. Un figlio che si ribella alle regole di casa significa che si sente abbastanza sicuro di sostenere un pensiero in contrasto col genitore, senza temere di sabotare il loro amore e che l’affetto provato nei suoi confronti possa venire meno. Litigare con le dovute modalità diventa un fenomeno fisiologico, un momento di crescita sia per i genitori che per i figli. Possiamo affermare che le cause più evidenti nei conflitti possono essere ricondotte a due tipologie: la mancanza di risorse e la continua lotta per gestire il potere. Nel primo caso rientrano tutte quelle circostanze in cui i figli abbisognano realmente di un qualcosa (il nuovo iphone, il note book più potente, un nuovo vestito, ecc.) che al momento, per un determinato motivo, non è concesso. Cosa è doveroso fare, allora, in questa circostanza affinché il contrasto si possa ridimensionare e si possa portare ad un livello di semplice discussione, evitando così quegli strascichi fastidiosi e talvolta violenti che spesso fanno da cornice a certi eventi incresciosi? Se l’argomento è connesso ad una problematica di ordine economica, ritengo che i figli siano abbastanza intelligenti da poter comprendere che la riluttanza dei genitori a risolvere i propri problemi nella fattispecie sia motivata dalla necessità di creare opportune liste di priorità e che perciò i genitori non si pongono sulla barricata in segno di contrasto ma solo per un dovere effettivamente basilare per la organizzazione della famiglia. La prova di tutto ciò sarà evidenziata dalla pronta proposta genitoriale di qualche eventuale alternativa ovviamente caratterizzata da una netta diminuzione del valore della trattativa proposta. Una buona e proponibile offerta sarebbe in questo caso plausibile, giusto e motivazionale il rappresentare ai figli che per ricevere il “bonus” di che trattasi sarebbe corretto intervenire con la propria disponibilità nel contesto familiare e rispondere in tal modo alla necessità di adoperarsi per il raggiungimento degli obiettivi della famiglia, una sorta di “una mano lava l’altra.” Anche il solo fatto di svolgere lavoretti in casa, o partecipare all’esecuzione di taluni servizi in sostituzione dei genitori, determinerebbe un apporto certamente positivo alla prosecuzione della vita familiare. Così anche i genitori potrebbero approfittare proprio di questa eventualità per far emergere la potenzialità insite nei propri figli, incrementandone il valore. Per quanto riguarda, invece, la situazione connessa al potere, potremo delineare le modalità più pacifiche per far coesistere i conflitti generati, supportandone la validità pur restando nei limiti del proprio ruolo; non spaventarsi della irruenza con la quale talvolta i figli presentano le proprie richieste e poi, alla fine, saper prestare il proprio ascolto in modo autonomo senza farsi coinvolgere dai pregiudizi. Partiamo dal presupposto che all’interno delle relazioni ci sono due diversi livelli di valutazione: un livello verticale, espresso nel rapporto tra genitore/figlio oppure insegnante/studente; ed un livello orizzontale, cioè proprio del livello esistente fra soggetti di pari tipologia sociale (tra fratelli, tra compagni di scuola, tra colleghi, ecc.). Durante il periodo dell’adolescenza nasce una sorta di lotta interna: ci si accorge di non essere più bambino, ci si sente adulto anche se in realtà non lo si è ancora. Gli adolescenti iniziano a confrontarsi quindi con i genitori, gli insegnanti, i nonni, etc., come se fossero al loro stesso livello, cercano di “evidenziare il proprio territorio di dominio”, di allargarlo e di prendersi nuovi diritti: in realtà stanno cercando di allargare la propria sfera di potere, anche errata se vogliamo, ma solo per arrivare a farsi notare nelle dispute con le controparti: i giovani così facendo lavorano per la costruzione di una propria personalità, ancora vaga, per niente responsabile, ma che mostra i primi rudimenti di contrasto. Anche se del tutto anomalo, questo stato conflittuale mostra segni evidenti di positività e addirittura potrebbe apparire anche giusto e motivato se solo considerassimo il notevole sforzo che essi impiegano nel ritorcersi contro una pluriennale sudditanza e consapevoli di non aver perfino ragione delle proprie motivazioni. Dunque sta ai genitori trovare il giusto equilibrio, pur non disconoscendo le responsabilità attinenti i diversi ruoli all’interno della relazione. Si potrebbe dunque creare una specie di pro memoria, necessario per ricordarsi cosa va fatto per il buon esito dell’equilibrio familiare. In tal modo i genitori conviverebbero coi perenni conflitti in modo più sereno a condizione che esprimano la loro vicinanza ai figli non tralasciando i propri obblighi genitoriali, accettando l’idea che i figli stanno crescendo e che naturalmente dovranno fare le proprie esperienze, ovviamente seguendo determinati canoni di liceità e fattibilità ma, la cosa più importante è che non continuerebbero più a mostrarsi pecorelle davanti alle continue pressioni che i figli praticherebbero per far valere le proprie opinioni. Talvolta si è in presenza di vere e proprie aggressioni, arroganti presunzioni, ed anche minacce di ritorsione nel non fare più una determinata cosa se non si accetterà la propria richiesta. Sì, è vero e non sarà tanto facile porre in atto uno stile di vita totalmente differente da come lo si potesse immaginare per trovare una valida occasione di incontro concettualistico, ma ciò potrà servire a creare un tipo di armonia costruita su libertà individuale e gestione familiare coordinata da tutte le componenti del nucleo familiare. In definitiva, credo, che solo dimostrando le proprie disponibilità, in entrambe le parti, si possa giungere ad una dichiarazione di apertura delle proprie emozioni, dei propri sentimenti riuscendo a capire l’uno le motivazioni dell’altro sentendosi così finalmente capiti ed ascoltati.
3.COSA SUCCEDE NELLA FAMIGLIA?
La maggior parte degli studiosi dei fenomeni di massa giustificano e considerano le proteste presenti nel nucleo familiare come la naturale evoluzione comportamentale delle generazioni che si succedono l’una all’altra. In altre parole questo modo di comportarsi risulterebbe “normale” perché, secondo tali studiosi, i giovani sono continuamente e quotidianamente assoggettati a nuovi stimoli, rappresentati da nuove mode, nuovi sport, nuovi concetti collegati a nuovi modi di vivere, ecc., tutte innovazioni che la società consumistica, e aggiungerei qualche volta anche poco moralistica, impone all’individuo, obbligandolo ad accumunarsi alla moltitudine, ad entrare a far parte di quelli che si propongono ad innovare e abbattere vecchi tabù, remote valutazioni e retaggi appartenenti alle obsolete concezioni. L’intento di tali sfide resterebbe quello di forgiare il carattere del giovane, propinandogli una autonomia ed una indipendenza dal punto di vista sociale spinto dalla forza che si ritroverebbe solo in sé stesso e avulso da aiuti di terzi (vedi famiglia, amici, ecc.). Solo così il giovane si presenterebbe pronto ad affrontare le sfide impegnative che la società ed il futuro gli metteranno davanti. La prima ed immediata conseguenza di questo processo è la fuoriuscita del giovane dal proprio guscio ovattato della sua famiglia dove, a parere dello scrivente, potrebbe assorbire ben più esperienze e cognizioni favorevoli alla sua preparazione, segnati da insegnamenti veramente educativi, improntati su valori creativi della buona convivenza sociale, per uscire allo sbaraglio nel mondo esterno, dove si scontrerà nella massa sconosciuta in cui troverà nuove proposte che lo investiranno ed influenzeranno. Quale sarà il risultato di questa avventura? Per dare una risposta accettabile penso che innanzitutto si debba procedere studiando le varie fasi e valutare quindi i vari momenti in cui si identificano gli screzi che porteranno ad una rottura all’interno della famiglia, allo scopo di poter individuare le motivazioni che conducono alla stessa rottura ed alle diverse modalità per ricucire lo strappo o, addirittura, poter prevenirlo. Ricordiamo che il contrasto, conflitto o diatriba, come la si vuol definire, tra la classe genitoriale e la figliolanza, è un evento del tutto naturale, che si presenterà prima o poi in relazione ad una determinate circostanza. Tale evento costituirà un evento positivo, se porterà alla soluzione del problema e, quindi, ad un affiatamento del nucleo familiare ed una naturale crescita dell’intesa del nucleo familiare; sarà, viceversa, negativo se condurrà ad una disgregazione dei rapporti interni alla famiglia e, quindi, alla irrisoluzione del problema. Le problematiche che solitamente si evidenziano nel contesto familiare possono riguardare diversi fattori tra cui, i più manifesti si riferiscono ai valori educativi, alla contrapposizione di interessi soggettivi, ed alla incomunicabilità: comunque si tratta di elementi di notevole rilevanza per la crescita della mentalità unitaria della famiglia. Saper gestire in modo concorde tali fattori consente di incrementare quelle che sono definite “emozioni relazionali” grazie alle quali si ottengono soddisfacenti risultati nel contesto sociale. Un aspetto molto significativo è dato dalla comunicazione con la quale i componenti della famiglia esprimono secondo modalità del tutto personali le varie sensazioni in merito ad una data questione. Seguire i propri figli e dargli ascolto in qualsiasi questione potrà generare di certo un ambiente pacato e favorevole ad aperture mentali da ambo le parti. Questa fase di “riconsiderazione” può indurre nei genitori una sorta di “ permissività legale”, che si differenzia però sostanzialmente dalla apertura o dalla disponibilità verso la prole, dove invece si riscontra lo studio secondo cui “il modo con cui si affrontano queste particolari fasi di incontro / scontro non influenzano minimamente i rapporti, basta essere consapevoli che comunque vi saranno momenti in cui esporre il proprio coraggio e la convinzione che il cambiamento che comporterà quell’evento porterà a notevoli vantaggi futuri.” Quindi, bisogna armarsi non solo di pazienza ma anche e specialmente di consapevolezza, abnegazione e motivazione nel tempo perché tutto nasce dall’evoluzione del proprio sapere che immette nel giovane dei dubbi che necessitano una adeguata informazione che, a seconda di chi è data, ne assorbirà la naturale influenza. In tal modo si identifica l’atteggiamento che il giovane adotterà per il suo futuro. Ecco perché diventa fondamentale l’apporto dell’aiuto e dell’assistenza da parte dei genitori ai figli, che può consistere anche in piccole azioni quotidiane, confronti dialettici o di espressioni di problematiche di una certa rilevanza. In tal modo, a prescindere dal risultato che ne verrà fuori si assisterà ad un sicuro avvenimento, quello relativo ad una collaborazione generazionale che prescinderà dalle proprie convinzioni a favore di una più larga intesa fra le parti ed i figli iniziano a crescere non solo fisicamente ma anche nella personalità. E’ il sistema della educazione che prende piede e che avvia il rapporto relazionale col mondo esterno, una fitta rete emozionale in cui la personalità del giovane così formata imporrà le proprie convinzioni e le proprie capacità.
- L’EQUILIBRIO DEI RAPPORTI
L’elemento più increscioso nelle problematiche familiari è senza dubbio rappresentato dal passaggio “evolutivo”, cioè quella fase di crescita, fisica e mentale, che caratterizza l’ingresso del fanciullo nella fase adolescenziale, anticamera della giovinezza e quindi dell’ingresso nella società degli adulti, che non sempre si presenta fluido e lineare, in quanto annovera determinati cambiamenti che investono i figli, in generale, che da piccoli e bisognosi di protezione iniziano a crescere e a diventare grande. Molto spesso per i genitori è difficile accettare questo cambiamento anche se, invece, dovrebbero capire che bisogna in tutti i modi favorire la loro autonomia, lasciar loro la possibilità di prendere decisioni da soli, monitorarli, “seguirli da lontano”, ma senza controllarli in maniera soffocante. Il rischio di risultare opprimenti è elevato nel periodo dell'adolescenza, fase molto delicata durante la quale l’opposizione verso i genitori si fa sempre più premente. Non a torto sono definiti anni esplosivi perché tra le tante avversità presenti, ogni passo falso del genitore rischia di trasformarsi nella costruzione di un altro muro che potrebbe persistere per anni e non presentare alcun segno di cedevolezza. Oggi più che mai si avverte questo stato di cose in quanto i limiti generazionali, si sono nettamente affievoliti, con una difficoltà gravosa per gestire la gestione familiare, una difficoltà talmente pesante che nonostante la possibilità del suo esercizio si registrerà pur sempre qualche mancanza connessa al proprio ruolo interno. I figli innalzano la bandiera dei propri diritti che cercano di ottenere e di far rispettare nelle discussioni, nei conflitti e nelle ribellioni all’autorità genitoriale. In questi anni sono sempre più concentrati sugli amici, sulle uscite in collettività, sui rapporti con i primi fidanzamenti e i genitori che vivranno di queste variazioni dovranno a buon viso accettare che ormai non sono più collocati al primo posto fra gli interessi dei figli. Per riuscire a individuarsi come adulto, l’adolescente inizia a separarsi dalle figure genitoriali e per fare attuare questo processo mette in discussione i modelli educativi, si ribella alle regole, si oppone al mondo degli adulti ed all’autorità. In questo modo arrivano inevitabilmente le incomprensioni, le discussioni, i continui “bracci di ferro” tra due generazioni ormai troppo distanti per tempi e spazi. Attenzione!!! La relazione genitore - figlio, ha una rilevanza fondamentale nella fase dello sviluppo, ne condiziona la crescita, i modelli, la personalità, in poche parole lo status del figlio. Non a caso il problema più grave che si riscontra nella famiglia è costituito dalla mancanza di COMUNICAZIONE. Per questa ragione è fondamentale comprendere quanto sia importante instaurare una comunicazione efficace con il figlio. In questi anni stiamo assistendo a una crisi totale del dialogo, in casa non si parla più, ormai anche la vecchia generazione si è adattata al modo di comunicare della e-generation, sempre più sintetico e tecnologico. Si vedono genitori impegnati nell’apprendere come funzionano i social network, le applicazioni di messaggistica istantanea e diventano sempre più investigatori informatici per comprendere le abitudini e le amicizie del figlio. Qualche anno fa il genitore telefonava al figlio e, senza neanche il classico “ciao”, partiva in automatico il “dove sei” e “con chi”. Oggi i tempi sono cambiati, i genitori si sono adeguati ad essi e, pertanto, possono semplicemente adottare provvedimenti in maniera molto rapida, per cui mandano un bel “e-message” al figlio chiedendogli di inviargli la “location” e la foto degli amici con cui sta o del posto dove sta. È facile capire che il dialogo con questi adolescenti tecnologici è piuttosto assente. Cosa manca allora a questi nostri figli adolescenti? In questo mondo ipertecnologico, basato sulla velocità e sull’immediatezza, si vive nella fretta e non esiste più l’ascolto, non si sa più ascoltare. Bisognerebbe ripartire appunto dall’ascolto, dedicare del tempo alla relazione con i propri figli, in altre parole rivedere un po’ i parametri di convivenza e di reciprocità. Il continuo susseguirsi di concessioni senza regole provoca un generale abbassamento della guardia con un grave pregiudizio per la missione educativa. D’altra parte ogni genitore nella sua gioventù era tutelato da uno stretto connubio costituito da scuola e chiesa, un binomio di strutture che garantivano la custodia dei valori insegnati: oggi i limiti di tali strutture si sono evidentemente sfuocati, anche a causa dei vastissimi cambiamenti appalesati nella società moderna, per cui i genitori si sono visti limitati ad agire rispetto ad un contesto molto più vasto rispetto alla propria formazione o esperienza. Quindi, possiamo dire che oggi più che altro si ricorre sempre ai ripari, nel senso che ci si adatta secondo l’esigenza del momento, dimenticando che invece, è sempre auspicabile e più preponderante l’azione congiunta fatta con le istituzioni preposte. Oramai è risaputo che i ragazzi hanno bisogno di essere accettati per quello che sono e di essere riconosciuti nel modo di essere e di esprimersi. Pertanto bisognerebbe prestare attenzione a quello che dicono, anche quando si ha difficoltà a comprendere le motivazioni di certi comportamenti a cui non si riesce a dare un senso; mostrare interesse per le loro opinioni perché anche se sono più piccoli ed hanno molto da imparare, hanno delle idee, hanno un pensiero o un parere ed è giusto che lo esprimano e che vengano ascoltati. L’errore più grande che solitamente noi genitori facciamo è quello di sminuire i problemi dei nostri figli solo perché sono piccoli e quindi non li riteniamo degni di un interesse superiore qual è il nostro. Così facendo gli trasmettiamo il concetto che i loro problemi sono meno gravi di quelli dell’adulto. Molto spesso succede che i figli cerchino di parlare con i genitori i quali, invece di ascoltarli, forniscono immediatamente e solamente sentenze e o decisioni perentorie. In questo modo si sentiranno incompresi, sol perché non hanno richiesto consigli, critiche o giudizi sul proprio comportamento, ma semplicemente ascolto. Tipico esempio, che ricorre spesso tra le fila dei giovanetti è quello che vede l’adolescente nel momento in cui si verifica una litigata nel gruppo di amici o con il proprio partener : urla, si arrabbia, non mangia, piange; in questa circostanza il genitore trova esagerata la reazione, perché secondo la sua valutazione si tratta solo di una cosa normale, che accade sempre tra ragazzi, perché forse non è proprio una cosa seria, un qualcosa a cui dare una importanza reale, perché semmai si tratta di un amorino iniziato poco tempo prima, o di rapporti tra coetanei non tanto profondi: quindi che importanza fa e perché assegnare tanto considerazione ad un qualcosa che si diramerà in poco tempo? Dov’è quindi l’errore, se così potremmo dire? Quando il figlio prova a parlargli, invece di comprenderne lo stato d’animo e l’importanza che ha per lui quella situazione, il genitore cercherà subito di rassicurarlo, dicendogli che quando crescerà capirà e ci riderà su perché sta dando troppa importanza a situazioni transitorie. Questo è un modo eccezionale per bloccare la comunicazione con il figlio che voleva solo parlare. Di conseguenza, la pena sofferta dal figlio ricadrà sulla propria comitiva, in cui esporrà la propria tensione, l’accaduto, le sensazioni, le sue reazioni, e riceverà, al contrario di quanto fatto dal genitore, comprensione, solidarietà e forse qualche giusto consiglio su come comportarsi. E’ ovvio che in seguito i genitori non dovranno lamentarsi se l’interesse dei propri figli si è spostato tutto sugli amici o nella rete di comunicazione virtuale, alla ricerca di qualcuno che sia in grado di ascoltarli. Non bisogna MAI dimenticare che il problema è dato dal vissuto soggettivo NON dall’entità del problema stesso. La relazione fra genitori e figli è da sempre oggetto di interesse generale e l’importanza della tematica è meritevole di un adeguato approfondimento specie a partire dal momento in cui si diventa genitore, allo scopo di costruire un giusto equilibrio familiare. Si tratta di consigli ben diversi e molto più empatici rispetto a quelli proposti 50 anni fa. Tuttavia, momenti critici, certe problematiche e incomprensioni continuano a presentarsi, regolarmente, generazione dopo generazione. Questi conflitti sono fisiologici perché anche se parenti noi siamo tutte persone diverse fra di noi, a causa della differenza di età fra genitori e figli ma anche perché le emozioni umane, a volte, sono davvero complicate. Tra gli aspetti molto interessanti nel rapporto genitori e figli vi è uno che diventa molto rilevante e che rende difficile la comunicazione tra genitori e figli e in particolare fra padri e figli: la differenza di ruolo. Credo che nessuno di noi abbia eliminato dalla propria memoria i ricordi relativi alla propria fanciullezza, come era vissuta da piccolo la sua spensieratezza, la consapevolezza di voler e dover sperimentare sempre nuove esperienze, oppure quali erano i sentimenti, le passioni che ci muovevano da adolescenti, gli impulsi, gli scatti d'ira o di pianto, i problemi a scuola, la sensazione di non essere compresi dagli adulti. Basterebbe richiamare alla mente queste memorie per essere subito più indulgenti con i nostri figli, ma è più forte di noi perché il limite sociale che ci si pone davanti ci blocca. La nostra posizione di genitori, il nostro ruolo di educatori e la maturità che ci viene richiesta hanno sempre la meglio. La responsabilità che ci sentiamo addosso nella crescita, nello sviluppo, nel benessere e nell'educazione dei bambini è così grossa che ci fa vivere sempre in tensione. Per paura di sbagliare e quindi originare vizi nella prole, automaticamente i “no” diventano più frequenti dei “si” e agli occhi dei nostri figli diventiamo uno scoglio. Il clima in famiglia diventa difficile e i muri alzati nel periodo dell'adolescenza scatenano un processo che potrebbe diventare distruttivo. Se è facile rendersi conto di essere la causa di un cambiamento nel rapporto con i figli, allo stesso tempo ci risulta impossibile pensare che la soluzione sia l'accondiscendenza. Non è certo lasciando correre tutto e assecondando ogni richiesta che si otterranno risultati positivi. Anzi, la paura è proprio quella di permettere ai bambini di incorrere in qualche pericolo, essi hanno bisogno di una guida lungo il percorso! Una guida che, però, sia autorevole ma non autoritaria. Questa è la sfida degli ultimi anni, questo è l’argomento centrale degli studi di molti pedagoghi, i quali stanno cercando il modo migliore per conciliare le esigenze e i ruoli di tutti, mantenendo la crescita dei bambini armonica e felice. Dall'infanzia alla pubertà, lo sforzo dovrebbe essere la capacità di riuscire ad intuire, di volta in volta, le nuove e diverse esigenze dei nostri figli e riuscire a soddisfarle insieme. Un comportamento adeguato da parte del genitore alle esigenze specifiche dell'età del figlio produrrebbe unicamente effetti a catena positivi. Ma se da un lato critichiamo il permissivismo cui di dedicano i genitori per salvaguardare la propria coscienza e la consapevolezza insita nei giovani che si sentono forti nell’opprimere di richieste i loro “vecchi”, allora dobbiamo anche prestare attenzione a quell’’altra possibilità in cui i genitori si riscattano mediante imposizioni dettate da forte senso di responsabilità: ovvero il caso opposto a quanto finora accertato. E l’esercizio di tale responsabilità viene eseguito mediante uno strumento a disposizione abbastanza efficace, importante, che potrebbe apparire sterile ma non è per niente così: il rimprovero. Ci sono dei momenti durante la crescita dei nostri figli nei quali si ha l'impressione di non fare altro per tutto il giorno: rimproverare. Proprio per la quantità di rimproveri che un genitore fa al figlio e per il loro ripetersi negli anni, sarebbe necessario che egli conosca bene qual è il significato di questo strumento e come andrebbe applicato. In sintesi, dovrebbe approfondire quella che possiamo di sicuro definire “l'arte del rimprovero”. Il rimprovero è uno strumento molto importante in mano ai genitori, qualcosa che, dall'alto della loro esperienza di vita dovrebbero utilizzare spesso per ammonire i figlioli nelle scelte che gli si pongono davanti onde evitare l’adozione di comportamenti sconvenienti ed indirizzarli verso la strada giusta. Seguendo i consigli di pedagoghi e psicologi, addirittura, il rimprovero presupporrebbe anche una adeguata tecnica di attuazione: infatti, dovrebbe essere eseguito con tono fermo e deciso e con frasi brevi e semplici ed a discorso concluso, sarebbe importante inserire un lungo silenzio, per dare modo al bambino, o al ragazzo, di sospendere un attimo il proprio attacco per interrogarsi sul comportamento assunto. Sempre più spesso, invece, il rimprovero si trasforma in uno sfogo di rabbia, in un momento nel quale il genitore alza la voce, perde il controllo, getta contro il figlio tutto il suo stress quotidiano e quello causato dalla mal celata preoccupazione per l'incapacità di gestire i problemi del figlio e con il figlio. Il rimprovero così eseguito non è per nulla costruttivo anzi si mostra talmente distruttivo che può irrompere nella sfera emozionale dei figli e nei confronti della loro personalità dell'autostima e dei comportamenti futuri del figlio da pregiudicare un sano sviluppo. Per quanto difficile possa essere, talvolta prima di partire con il rimprovero sarebbe utile tranquillizzarsi e poi concentrarsi sulle modalità di svolgimento. Il fine è che il figlio non commetta più lo stesso errore perciò, per ottenere un buon risultato, occorre che alla base di tutto l’incontro /scontro ci sia l’ascolto. Urla, grida e schiamazzi porteranno solo una maggiore rigidità tra e parti e la naturale conseguenza di un problema rimasto irrisolto. Ovviamente, come abbiamo avuto modo di rappresentare all’inizio del paragrafo, il rimprovero è solo uno dei metodi per avvalorare le proprie azioni di contrasto, ma non è naturalmente l'unica alternativa: il cambiamento è reso attuabile anche una maggiore empatia e l’eliminazione del rimprovero stesso. L’incomunicabilità tra genitori e figli, nella fase adolescenziale, quindi, è praticamente una regola. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza è molto delicato, il tentativo di stabilire un dialogo costruttivo tra genitore e figlio spesso fallisce. Abbiamo più volte visto che il figlio pretende un’autonomia totale nelle scelte che spesso il genitore non può accordare, in considerazione dell’inesperienza e della vulnerabilità dell’età o per altri motivi contingenti. In questo contesto si materializza il tempo dei compromessi, un momento in cui per riuscire a comunicare in modo costruttivo è necessario adottare alcune tecniche utili ad evitare un rifiuto categorico delle regole. Ed è proprio il genitore che in queste circostanze deve fare un passo indietro e mettersi nei panni del figlio. Capire le preoccupazioni che generano certe situazioni, che per un genitore possono essere banali o superficiali, è il primo passo per non sminuirli. E’ un esercizio indispensabile, per capire i disagi che vivono i ragazzi in un’età di trasformazione, in cui però i genitori sono comunque dei punti di riferimento. Per prima cosa va posto un ascolto attivo, inteso come ’occasione giusta per creare un dialogo e presta la massima attenzione a quello che sta rappresentando il figlio. Inoltre non deve prevalere il “pregiudizio genitoriale” verso quello che il figlio sta raccontando. La sua partecipazione al “vissuto” del figlio deve essere marcata, evidenziata dalla ricerca dei motivi, dei sentimenti che lo animano: ciò non dimostra timore ma pieno rispetto per le sue opinioni. L’ascolto attivo si basa sul rispetto e la comprensione ed è reciprocamente operante, nel senso che se il genitore si mostra aperto alle esternazioni, alle richieste del figlio, anche questo si predisporrà per evidenziare l’aspetto positivo del rapporto e, perciò anche lui imparerà a rispettar e le decisioni del genitore. I tanti pareri e consigli che il genitore si sentirà di divulgare costituiranno la base per un rapporto chiaro, che non comporterà mai più strascichi. Si trasmettono così valori e principi, in cui quanto più il figlio diventa cosciente della partecipazione del genitore alle proprie necessità, tanto più questi facilmente si confiderà con lui. Inoltre, non vanno assolutamente sottovalutati i sentimenti, bisogna partecipare alle problematiche che emergono dall’intimo dei figli, cercare tutti insieme di dare una risposta ed una soluzione alle difficoltà che si presentano. L’ascolto attivo, quindi, diventa una interfaccia molto importante nella costruzione della coscienza dei figli; li aiuta a prendere cognizione dei propri sentimenti, a non avere timore delle emozioni negative e sviluppa il connubio tra genitori e figli. Abbiamo qui posto in essere un elemento di valore fondamentale nell’evoluzione del contesto familiare: si tratta della possibilità di migliorare. Il fatto di essere coscienti di ciò che si sta facendo nel nucleo familiare, il domandarsi se tutto ciò che si sta facendo sia corretto, giusto o normale, comporta sempre una evoluzione positiva: la consapevolezza di fare una cosa del tutto nuova, anacronistica ed impensabile comporterà nel prossimo futuro della famiglia un riavvicinamento di quei sentimenti che avevano lasciato il posto all’indifferenza ed all’apatia. La famiglia diventa veramente famiglia, intesa nel senso più largo del termine e del ruolo che le si attribuisce. Da ciò si evince come sia necessario intraprendere ed impiegare il concetto della compromissione: un accordo bilaterale in famiglia rappresenta sempre la strada ottimale per raggiungere armonia totale. Un accordo fra le parti rende soddisfatti tutti, non lascia strascichi emotivi o reazionari e rafforza il legame parentale ed affettivo. E’ ovvio che non si potranno mai ottenere risultati efficaci, nel senso di avere sempre e comunque accordi stabili, ma accettare un impegno “costruttivo” in tal senso, conduce alla strada per la reciproca convivenza, nel senso che oggi può darsi che si tratti di un mezzo utile a risolvere solamente qualche piccola difficoltà ma grazie all’impegno di tutti ed in particolare al mezzo comunicativo, nel tempo ci si potrà avvantaggiare di dei primi buoni risultati e quindi sfruttare qualcosa di collaudato che produrrà effetti più soddisfacenti e duraturi. Dobbiamo ammettere come sia importante considerare che i giovani siano dotati di una forza e di una vitalità conoscitiva molto più evidente rispetto ai propri genitori e ciò li rende ancora più consapevoli delle innate possibilità di affrontare con maggiore sicurezza il futuro rispetto a quanto in passato hanno fatto i propri genitori ma bisogna, nello stesso tempo, non dimenticare che quei genitori sono stati anch’essi “vittima” di un sistema arcaico che non tralasciava nulla di possibile ai figli e , perciò, tutto ciò che i genitori degli ultimi cinquant’anni sono riusciti a realizzare è proprio frutto del proprio sangue e per questo vanno ampiamente giustificati rispetto alle lacune che oggi possono manifestare. La scrittrice inglese Joanne Rowling, ideatrice della serie dedicata al maghetto Harry Potter, ha ragionevolmente affermato che “…se i giovani non possono giustamente sapere ciò che gli anziani pensano e provano, gli anziani, invece, sono consapevoli nell’atto in cui dimenticano cosa vuol dire essere giovani”.
- L’AMORE NELLA FAMIGLIA
Un grande contributo alla risoluzione delle problematiche familiari lo attingiamo direttamente da quella grande opera che è l’Arte di Amare, di Erich Fromm, un testo che dovrebbe far parte della collezione dei libri imperdibili di ogni famiglia e che dovrebbe accompagnare tutta l’esistenza dell’individuo. Non vogliamo qui riportare lo scibile dell’eminente scienziato ivi descritto, diretto non solo agli studiosi dell’argomento ma a tutti i soggetti che vogliono intraprendere un cammino per la crescita della famiglia, ma solo riportare un piccolo estratto dalla sua opera, considerata come la più dettagliata del settore. Le tragedie e i gravi disagi di cui abbiamo dato notizia all’apertura di questo testo sono dinamiche già prese in considerazione di questo padre della coscienza, che ha analizzato l’amore dei genitori per i figli e che ha steso il proprio rapporto al fine di incrementare il benessere quotidiano nell’interno della famiglia. “Nella prima infanzia il bambino presenta un carattere prevalentemente narcisistico, tanto che la realtà ha senso solo in relazione alla soddisfazione dei propri bisogni. Con la crescita invece inizia a percepire le cose come entità distinte, le nomina, vi dà un’esistenza propria”: in altre parole il bambino inizia a dare un valore alla scala di emozioni che giorno per giorno sale nel rapporto con la madre fino ad arrivare a pensare che «Sono amato perché sono indifeso. Sono amato perché sono bello e bravo. Sono amato perché la mamma ha bisogno di me». Al contrario, il bambino inizia ad amare allorquando si insinua in lui il desiderio di agire al fine di originare un amore attivo mediante la propria azione. Quindi, per la prima volta il bambino sposta il concetto di amore dall’essere amato in quello di amore creativo. E’ per questo motivo per cui i bambini vogliono a tutti i costi fare un disegnino per la mamma, oppure scrivere piccole frasi di amore e di tenerezza per i genitori; vogliono cioè porre le basi per realizzare un binomio d’amore coi genitori. Diversamente è il rapporto instaurato tra figlio e padre, in quanto l’amore esistente non è supportato dallo stesso concetto, ma è sostituito dal pensiero” non sono amato per me stesso, ma perché piaccio”: il padre è per il figlio il sentiero da percorrere per essere qualcuno, per diventare ciò che vorrà fare nella vita e sa anche che se disobbedirà alle indicazioni paterne comprometterà tutto e si perderà nell’oblio della vita. E’ a questo punto che Fromm sprona i genitori: alla madri avverte di concedere l’indipendenza, ai padri consiglia di non praticare in alcun modo coercizione. Il figlio diventa praticamente maturo e pronto per la società nel momento in cui consolida in sé stesso questi due fondamentali parametri genitoriali. Addirittura rappresenta la possibilità per il figlio di incorrere in qualche forma di nevrosi all’atto in cui non riuscisse nella costruzione di quanto qui detto. Ne è la valida dimostrazione la consapevolezza che talune deformazioni di psiche di adulti non sono altro che la derivazione di una infanzia mal condotta, mal gestita e travagliata.
6. L’IMPORTANZA DEI PARENTI
Nel panorama dei mezzi e delle risorse che possono adeguatamente contribuire alla risoluzione di tanti problemi collegati alla famiglia, ed a maggior ragione se nel discorso facciamo rientrare anche quella parte più sensibile riguardante i sentimenti, non possiamo tralasciare la presenza dei parenti che accorrono quasi sempre in aiuto, mediante azioni di collaborazione e /o di mediazione tra le parti familiari. Si sa, d’altronde che un punto di vista espresso da qualcuno che si trova nelle immediate parentele – vuoi per conoscenza, vuoi per competenza – può comportare la risoluzione di qualche difficoltà presente nel contesto familiare, così come può presentarsi come sistema indiretto di dialogo fra le stesse parti. E tra i parenti - forse i più abilitati o capaci rispetto ad altri – i nonni costituiscono sicuramente quella componente fondamentale sia per la costruzione dei rapporti interpersonali che per la formazione delle nuove “reclute” della famiglia. La definizione non scaturisce da opinioni personali ma sono invece di natura pubblica: si può senza dubbio dire che l’affermazione scaturisce da una serie di considerazioni che vanno evidenziate al fine di identificare la presenza e, quindi, il servizio reso da questi fondamentali soggetti, anche dal punto di vista psicologico, pedagogico e sociale. Partiamo dal presupposto che i nonni possono essere definiti giustamente come ”secondi genitori”: concetto diffuso ormai nella mentalità sociale in cui diventa quasi obbligo per i nonni supportare in ogni istante, con ogni modalità e senza alcuna riserva, alle necessità – ed alle continue chiamate – dei figli che ne richiedono l’intervento per difficoltà proprie. Oggi più che mai i nonni rispondono all’esigenza di accudire e amorevolmente presidiare alle effettive necessità che investono i propri figli e, di conseguenza, i nipoti, e ciò già a partire dalla più tenera età. Già in questa circostanza essi costituiscono il pilastro di sostegno alla intera famiglia e, perciò, quella parte di risorsa umana cui tutto il nucleo familiare può far riferimento, ed in ogni occasione. Ma al di là della contribuzione alla famiglia, i nonni hanno anche diverse altre funzioni, ancora più importanti e fra queste quella relativa alla fonte da cui attingere i valori sociali ne è proprio la più basilare. Dai nonni proviene la conoscenza della storia, della tradizione, le modalità per affrontare la vita nel lungo perdurare, la propria autonomia ecc. Di questo ne siamo più che certi in quanto il rapporto costruito dai nonni con i nipoti ha un qualcosa di magico: non per nulla si dice che i propri figli si amano ma i propri nipoti si adorano. Oppure che il bene provato per i figli non è pari a quello profuso per i nipoti. In questa prospettiva il piccolo, il fanciullo, il giovane possono imparare a crescere, a distinguere ed a confrontarsi. Seguendo l’esempio o i racconti, o le pacate “filippiche” impartite dai nonni, il giovane riesce ad assorbire quella umanità che lo distingue da altri, riesce persino a ravvedersi in tante circostanze e, nella “lotta” con i genitori, può anche vivere un distacco generazionale sereno e non accidentale. In altre parole, sviluppa una propria capacità relazionale all’interno del suo nuovo assetto sociale. Ma la centralità delle figure dei nonni si evidenzia sempre più man mano che i rapporti statistici redatti dagli studiosi vanno a posizionare il loro ruolo al centro di qualunque famiglia. Basti pensare che in Italia più del 40% delle famiglie ricorre all’aiuto, al sostegno o al bisogno dei nonni che non sono più relegati ad un ruolo marginale, un semplice “appoggio” per le nuove famiglie, ma costituiscono un vero e proprio sostentamento alle stesse. Inoltre, oggi assistiamo anche ad una trasformazione nella formazione culturale dei nonni, una sorta di aggiornamento professionale, dovuto alla insistente necessità imposta dal mondo “social” che ormai ha investito anche loro che, tanto per tenersi aggiornati su come e cosa fare ma, personalmente, opterei per la scelta di aggiornarsi più per tenere il passo con i propri nipoti, i nonni frequentano anche corsi tecnologici per l’utilizzo delle diverse forme di innovazione, specialmente quelle informatiche e digitali. Così, possiamo incontrare nonni che colloquiano al cellulare come se avessero in mano la solita cornetta telefonica, oppure mentre osservano il desktop di un tablet come se fosse una piccola televisione portatile e via via discorrendo. Questo per confermare che lo sviluppo dei propri figli o delle nuove generazioni, ovviamente, passerà per mano degli anziani della famiglia in modo coerente, adeguato e senza alcuna sterzatura. Nel caso in cui, purtroppo, non ci si potesse avvalere della competenza, della disponibilità o del sostegno dei cari propri “vecchietti”, allora ci si potrebbe rivolgere al cosiddetto servizio “Parent Counseling”, una consulenza, prettamente pedagogica, già rappresentata in diverse parti del mondo ma in Italia di difficile individuazione. Si basa principalmente sul principio della necessità di individuare le risorse esistenti tra genitori e figli e presentarle in modo adeguato in modo che possano essere impiegate per la risoluzione delle problematiche interne alla famiglia. Una volta riconosciute le possibili potenzialità vengono delineate le linee guida per consigliare i genitori per un appropriato processo educativo. La positività del servizio è dato principalmente dalla possibilità di scoprire in tempi relativamente brevi quei nodi che tengono strette le relazioni interpersonali dei componenti la famiglia.
LA FAMIGLIA CRISTIANA
- LA FAMIGLIA, RIFERIMENTO DI VALORI
- LA FAMIGLIA, CELLULA VITALE DELLA SOCIETA’
- L’AZIONE DELLA DOTTRINA SOCIALE
- IL DIALOGO FRA I GIOVANI E LA CHIESA CHE ANNUNCIA
- LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
- LA FAMIGLIA, RIFERIMENTO DI VALORI
Come è stato riportato nei paragrafi precedenti, la famiglia è stata posta sotto una duplice valutazione, da un punto di vista sociale e sotto una diversa angolazione, riguardante l’aspetto puramente cristiano. Tale considerazione, infatti, risulta di enorme importanza per il fatto che essa riceve impulso e attenzione continua da parte delle istituzioni religiose per diverse ragioni. Quindi, per poter prendere in considerazione la famiglia in questa circostanza è necessario - se non fondamentale - che si chiarisca la figura di famiglia cui attribuire, in forma istituzionale, il valore proprio. Più volte, infatti, abbiamo accennato o fatto riferimento al confuso stato in cui versa la concezione moderna sul termine di famiglia. Continui e repentini capovolgimenti di politiche o di azioni sociali fanno di questo argomento una pretesa assordante in una quiete di modeste e serene concezioni morali. Il voler attribuire coattivamente il termine di normale famiglia ad una composizione di soggetti in cui appaiano componenti dello stesso sesso e che desiderano godere degli stessi favori o provvedimenti spettanti alle famiglie composte da genitori di sesso diverso è divenuto terreno fertile per scontri di qualsiasi genere. Oramai è certificata la presenza di pluri familiarità, un fenomeno che identifica la realtà di varie forme di famiglia, concettualizzate anche da una diversa tipologia di vita sociale condotta e per la quale abbisognano anch’esse dell’identificazione di famiglia. Non vogliamo in alcun modo obiettare contro questo o quel genere di famiglia, ma la concezione cattolica ritiene che per quello che anche noi ci prefiggiamo di valutare sia importante basarsi sulla composizione tipica della famiglia, quella cioè retta da un padre da un madre ed avente nel proprio nucleo dei figli. E’ in quest’ottica che si intende costituita, infatti, la più naturale delle composizioni ed in cui si configura il legame: coniugale, filiale e fraterno, a cui andranno ad aggiungersi in un secondo momento quello della parentela, rappresentata da nonni, zii, cugini e nipoti, suoceri e suocere. A questa prima tipologia di composizione, si affianca quella relativa al valore sociale ed ecclesiale che si vuole attribuire. Non dobbiamo infatti dimenticare che il notevole impulso che ha ricevuto il consesso sociale negli ultimi decenni ha scaraventato la famiglia in una sorte di limbo, lontana dalla realtà civile ed ecclesiale. La società vuole a tutti i costi una famiglia continuamenti assediata da responsabilità in questi due campi ma essa risponde chiudendosi in se stessa, per ripararsi dai pericoli provenienti dal mondo conosciuto e da quello oscuro che, invece, tramanda nell’ombra dei propri egoismi. Quanto sopra riportato è meglio identificato con i numeri che rappresentano la crisi nel matrimonio e le soluzioni ad esse postesi in alternativa, come unioni di fatto, convivenze ecc. il cui comune denominatore è il concetto secondo cui l’amore sessuale e la generazione dei figli sono di competenza diretta di chi è parte in causa e non degli enti istituzionali. Predominante è la definizione per la quale la vita condotta in famiglia non è la stessa di quella posta al di fuori delle mura di casa. Si tratterebbe di due mondi diversi, del tutto estranei fra loro. Secondo la nostra modesta concezione, invece, è la stessa vita quella praticata dalla famiglia – dentro e fuori la casa - come pure il vincolo ecclesiale che è insito nelle mura domestiche.
- LA FAMIGLIA, CELLULA VITALE DELLA SOCIETA’
Il parametro sociale presente nella famiglia è già ben definito dal Concilio Vaticano II nel momento in cui la definisce ”prima cellula della società”, innanzitutto perché con la sua composizione la famiglia diventa corpo centrale della struttura organica della società; prova ne è che il tanto decantato ”calo delle nascite” penalizza pesantemente ogni sorta di politica sociale. In secondo luogo, poi, la famiglia diventa anche il posto in cui si afferma l’umanizzazione delle persone e, perciò, della società; è il luogo in cui risorse e rapporti, per quanto diversi fra loro conducono all’arricchimento del contesto sociale: ogni tipo di azione è immediatamente verificata per cui ogni rapporto può essere realizzato e subito esaminato. Ciò evidentemente richiede del tempo, talvolta anche lungo, ma necessario affinché l’azione posta in essere possa essere riconosciuta valida per il prosieguo dei rapporti. Per tale motivo il tempo necessario all’esamina non deve essere preso in considerazione come valore assoluto ed indispensabile, né come elemento essenziale. Ogni intervento nelle relazioni abbisogna dei propri tempi. La serie interminabile di confronti dei componenti della famiglia sarà affrontata nel corso di tutta una vita, percorrendo epoche ed età diverse, caratterizzate da fattori esterni e da innovazioni che potranno comunque influenzare quei valori così tanto studiati ed assorbiti in famiglia. Maggiore sarà l’impatto con queste nuove realtà tanto maggiore dovrà essere l’unità di intenti dei familiari tutti, una coesione che renda omogenee le opinioni e le capacità di ogni singolo partecipante alla famiglia. I confronti qui evidenziati si realizzeranno apportando tantissimi aggiustamenti dovuti e giusti per concretizzare una vita ordinaria ma altrettanti saranno anche quei conflitti che, proprio perché generati in un ambiente polivalente, dovranno essere valutati come punto di origine di incontro fra mentalità diverse ed attuazione di progetti concordanti. Come si nota, allora, la famiglia diventa fondamentale per la società per tanti motivi: perché ne è la base; perché ne incrementa l’organico; perché vi apporta tutto l’insieme di valori, relazioni e capacità individuali ma principalmente perché vi trasferisce una comunione di persone: la famiglia insomma, aiuta a far crescere la società. Ma poi non dobbiamo dimenticare anche che la famiglia è la prima scuola privata in cui si insegnano lezioni di civiltà e di socialità, elementi fondamentali per formare l’assetto collettivo su cui sarà costruita la circostante società.
3. L’AZIONE DELLA DOTTRINA SOCIALEOvviamente tutto ciò che è stato finora indicato non può prescindere anche dal punto di vista essenzialmente cristiano, cioè da quell’interesse che avvolge l’essere umano sin dal suo nascere fino a che si inserisce nel tessuto che da sempre costruisce ed intelaia le farraginose maglie della convivenza sociale e comunitaria. L’assetto sociale, infatti, è sempre stato considerato come l’elemento principale e basilare per assemblare ogni forma di struttura sociale, imperniata su regole e congetture necessarie per il buon vivere comunitario. Ad essa si può certamente designare la costruzione di quelle fondamenta che hanno portato alla realizzazione geopolitica dell’Europa, che anche i padri costituenti della Europa moderna non ne hanno potuto prescindere dal riconoscimento. Fin dall’antichità infatti, la Chiesa si è sempre posta come baluardo a difesa della civiltà di ogni popolo, salvaguardando, condannando e combattendo con le proprie modalità, ogni forma di ingiustizia e disuguaglianza sociale. Anche la Chiesa, naturalmente, che in passato aveva già posto i suoi principi a fondamento della costituenda società europea, ha partecipato e continua tuttora a partecipare alle innovazioni ed ad affrontare sistematicamente le molteplici novità che si affacciano sul panorama intellettuale mondiale. E per non essere mai da meno, sforna continuamente nuovi cataloghi o adeguamenti per la reciproca convivialità civile. A maggior ragione, il susseguirsi di diversi pontefici, quindi potenzialmente mentalità o indirizzi catechetici diversi tra loro, non ha esonerato la Chiesa dal pronunciarsi sulle argomentazioni che presentano i nuovi interrogativi. Così nella propria Dottrina Sociale essa include tutte le possibili risposte a quelle che diventano le necessità della nuova società o vivere civile. Con essa, infatti, “si propone di assistere l'uomo sul cammino della salvezza”, intendendo con tale citazione gli obiettivi propri della missione, cioè rappresentare l’insieme dei propri diritti e doveri coi quali incidere nella società e nelle sue strutture mediante l’alto senso di responsabilità nella partecipazione. Partendo, infatti, dal presupposto che la Parola del Vangelo non va solamente ascoltata e meditata, ma anche posta in essere, la Verità diventa azione responsabile nel tessuto sociale. La dottrina sociale comporta, in effetti, l’attingimento dalle fonti cristiane, per conoscere e meditare il progetto divino per poter in seguito porre in essere il proprio operato nella storia, divenendo in tal modo strumento di interposizione per l’assistenza al destino dell’uomo. E’ risaputo che la Fede, considerata come accettazione in toto della Parola di Dio, interagisce con le emozioni ed i sentimenti della ragione, perciò possiamo legittimamente affermare che si tratta di un binomio talmente prolifero che genera continuamente contributi positivi alla storicità dell’uomo. Non possiamo dimenticare infatti, l’importante rapporto esistente fra Fede e Scienze, tant’è che la Chiesa accetta riconosce, ed accetta ciò che può essere di aiuto sia all’uomo nella comprensione degli elementi fondamentali della vita ma anche alla comprensione dello stesso uomo nell’ambito delle connessioni sociali. Questa forma di apertura fissa verso le nuove competenze genera sempre attualità e concretezza, fornendo di conseguenza, un utile strumento per la creazione di opportunità o di coscienze che incarnino la consapevolezza di sensibilità verso i tempi nuovi. Diremmo, quindi, che la Chiesa, con la propria Dottrina Sociale entra nella vita quotidiana di ogni essere, in ogni relazione sociale, in ogni dignità, in ogni diritto e d in ogni dovere, il che costituisce il totale dei beni che la società deve porsi come obiettivo e perciò, garantire. Per giungere a questo obiettivo, allora, la dottrina sociale si presta anche e molto soventemente a denunciare. Se, da un lato, infatti, essa forma le coscienze limpide e pure per assolvere a funzioni inattaccabili, dall’altra non può prescindere dalla difesa di quei suoi concetti posti a base della equità, per cui non può tacere sulle violazioni dei diritti dei più deboli, dei più piccoli, delle aree geografiche più povere. Non è difficile assistere ai quotidiani telegiornali che diffondo notizie circa ingiustizie o violenze subite da intere popolazioni che originano soprusi e squilibri sociali. Avvertiamo, allora, come sia importante il ruolo della Chiesa nel contesto mondiale: i suoi obiettivi non sono di parte, in quanto affrontano parametri religiosi e morali: religiosi perché la Chiesa si fa carico dell’esistenza dell’uomo e della sua salvezza; morale, in quanto la Chiesa con la sua attività tende a realizzare uno scenario nuovo, quello della liberazione dell’uomo dai tanti vincoli, di qualsiasi natura, che lo opprimono. Per ritornare ai giorni nostri, e per riportare quelle che rappresentano le direttive per il mantenimento vitale della cellula familiare nel contesto sociale, andiamo a considerare degli del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, in cui si evidenzia con particolare riguardo la formazione educativa imposta alla famiglia. Tutti i genitori, nessuno escluso, si augurano che i loro futuri figli, divenuti adulti, siano di esempio agli altri in termini di educazione, di onorabilità e di capacità professionali. E’ un augurio che naturalmente ogni famiglia ha insito nel proprio DNA, nella speranza che dal proprio nucleo escano veri e propri “gioielli” di cui andare fieri ed orgogliosi. E’ anche ovvio che simili auguri vanno però alimentati dalla genitorialità che deve imprimere nel carattere dei propri figli il seme di quelle capacità che li dovranno condurre alla realizzazione di ciò che essi desiderano. Quindi, un assiduo lavoro di aiuto, formazione e assistenza, per quanto impegnativo è sempre fonte di soddisfazione per i risultati che saranno conseguiti. Le azioni dei figli andranno seguiti giorno per giorno, con interesse, tanto interesse, anche quando commettono errori, sbagliano a parlare o si comportano in modo non corretto: in altre parole, come ci suggerisce Cristo, trattiamo i nostri figli da pari, come se di fronte ci trovassimo fratelli, sorelle, amici o altri tipi di soggetti, aprendo loro non solo le nostre orecchie ma specialmente i nostri cuori, per recepire quelle difficoltà che li rattristano o li relegano in stati di depressione. E’ indispensabile metterli in condizione di farli sentire importanti, di far crescere il loro punto di vista, di allargare il loro orizzonte intellettivo, dare lo spazio necessario per permettere loro di accrescere la loro maturità. Se in futuro può nascere un conflitto o uno screzio fra le parti è certamente perché prima che i genitori se ne accorgano, i figli saranno diventati già adulti, almeno nell’idea e nel pensiero. Consigliare non significa obbligare a comportarsi in un dato modo, ma cogliere in quell’atto di disponibilità tutto il sapere, l’amore e la vicinanza dei genitori. Compito principale della famiglia, infatti, è quello di dotare l’uomo di quella dignità necessaria e da riversare in ogni campo in cui lo vedrà operare. La famiglia, infatti costituisce l’organizzazione in cui sistematicamente sono trasmessi ed impartiti valori di qualsiasi genere: morali, sociali, religiosi, e tutto quello che è necessario per lo sviluppo del benessere sia della propria famiglia che della società. Proprio per questo motivo intravediamo nella formulazione delle regole di che trattasi, il ruolo primario ed insostituibile della educazione dei figli. I genitori hanno il diritto – dovere di educare i propri figli in modo essenziale (in quanto connesso alla trasmissione della vita umana) ed in modo originale e primario, (in quanto fruiscono del diritto di rispetto verso terzi soggetti ed in modo insostituibile ed inalienabile), ed inoltre perché non delegabile ad altri soggetti, né da questi usurpabile. Abbiamo definito i genitori come primi educatori e formatori dei propri figli, ma non dimentichiamo che essi, però, non ne sono gli unici. Tutti gli altri sono enti ed istituzioni – civili ed ecclesiali - che dovranno intervenire, ognuno con le sue competenze, modalità, regole e strutture, a fornire il proprio contributo, fornendo mezzi e risorse che serviranno per il raggiungimento del fine educatore. Nasce quindi la necessità di una stretta collaborazione tra famiglia ed istituzioni e di una viva azione di coordinamento fra di esse, per assicurare la realizzazione delle condizioni che garantiranno il normale sviluppo inter relazionale. Ma scendendo nella quotidianità familiare, ci poniamo tanti quesiti tra cui quello su come impartire quei valori di cui abbiamo indicato in precedenza la necessaria formazione, specialmente in questa epoca che, come più volte accennato in precedenza, appare sempre più confusa ed indistinguibile. Si tratta di domande che in ogni famiglia risultano evidenti giorno per giorno, perché quotidianamente appare all’orizzonte una diversa risposta da poter fornire a quelle richieste. Così, mentre l’insieme dei valori nella società civile sembrano appiattirsi, e trovare la consueta conflittualità fra le parti, la questione educativa, invece, sembra ottenere l’esatto opposto, perché attraversa la vita di tutti, affrontando sempre nuove realtà ed adeguandosi alle diverse innovazioni che riscontra. La Chiesa è sempre presente in questa fase e con le proprie direttive partecipa alla azione educativa con una pastorale appropriata caratterizzata dalla solerte considerazione degli aspetti più attualizzati possibili. Concetti e rivisitazioni sono interpretati sempre secondo una modernità impressionante cui talora nemmeno le politiche di nazioni importanti riescono ad escogitare. L’intervento della Chiesa mira ad aiutare e collaborare con la famiglia in sintonia con il cambiamento epocale in cui i valori familiari trovano difficoltà di espressione. La sfida, ovviamente, non è semplice anche perché il panorama costituito dalla necessità di una educazione al passo è di difficile attuazione, dovuta anche al fatto che si registra una notevole crisi che intrappola tantissime famiglie che non riescono a trovare una sistematica soluzione alle complesse problematiche sia di lavoro che economiche. A tal fine nel 2014 è stato indetto il Sinodo (Sinodo dei Giovani) che ha posto il punto focale proprio su questi aspetti di difficile risoluzione ma che con sapienza e consapevolezza ha trovato le giuste armonie per proporre rimedi e aggiustamenti per il raggiungimento del fine postosi. Già nell’anno precedente (2013) la famiglia salesiana aveva condotto una indagine conoscitiva con strumenti statistici, al fine di verificare e conoscere come le famiglie dei propri studenti conducevano ed attuavano i metodi educativi. In tal modo, è stato possibile stilare un documento da cui si evincevano dati essenziali per individuare metodi o sistemi coi quali non solo migliorare il rapporto scuola – famiglia – studenti ma anche quello relativo al contesto familiare, alle difficoltà che potenzialmente potessero essere individuate nella famiglia I risultati di tale indagine sono stati adeguatamente studiati, sintetizzati e comunicati nel corsoi di un Convegno organizzato subito dopo, proprio per dare prontezza all’azione da intraprendere.
4. IL DIALOGO FRA I GIOVANI E LA CHIESA CHE ANNUNCIAL’interesse mostrato dalla Chiesa non si ferma alla generalizzazione del problema ma va più a fondo investendo ulteriori sforzi per individuare le motivazioni che comportano una sorta di allontanamento delle forze giovanili dalla realtà cristiana, con grave pregiudizio per quelle certezze che fino ad allora avevano prodotto il collante familiare e nella società stessa. Quindi, la Chiesa non vuole e non resta al palo ma s’interroga continuamente sugli aspetti più inquietanti delle vicende che caratterizzano i cambiamenti sociali, specie quelli che causano repentine e pesanti conseguenze nell’assetto generale. Testimonianza concreta e continuativa di tutto ciò è il discorso tenuto da San Giovanni Paolo II ad uno delle tante Giornate Mondiali della Gioventù, da cui traiamo alcuni cenni “… Cari giovani è vero e difficile pensare che negli anni duemila ancora si possa vivere in un mondo come questo. Non possiamo ignorarlo né nasconderlo. La società opprime e recide i contatti necessari per realizzare i vostri obiettivi ed i vostri ideali. Ma con l’aiuto della Grazia è possibile invece innestare la marcia di sorpasso ed abbandonare questo stato di inefficienza ed incapacità. La risposta è tutta riposta in Cristo: quando sognate la felicità e la gioia, è Lui che vi sta aspettando, perché non vi è null’altro in grado di soddisfarvi. E’ Lui che vi spinge a togliere dal viso la maschera falsa della vita, è Lui che vi legge nel cuore, è Lui che vi fornisce le decisioni più vere e d importanti della vostra vita; è Lui che fa tutto questo, e non altri. Allora sforzatevi di credere in Cristo, affinché possiate rendere il mondo migliore di quello che vi hanno lasciato e fate tutto il possibile per affrontare tutti, dico tutti i problemi sociali che attanagliano milioni di famiglie, nel rispetto degli insegnamenti di Cristo. La vostra presenza qui è testimonianza che nel futuro non vi presterete ad alcuna violenza e distruzione, difenderete la pace e la concordia anche a costo della vostra stessa vita. Dicendo sì a Cristo voi dite sì ai più alti e nobili vostri ideali, ed Egli vi darà la forza e la certezza in ogni vostra azione.” Per questo motivo da tempo la Chiesa avvertiva la necessità di indire un ulteriore Sinodo, un apposito Sinodo per i giovani, cioè quella parte di Chiesa che viene a mancare sempre più e fa sentire il peso del proprio silenzio e si prospettava come poter fare per far sì che si organizzasse un sinodo dei giovani fatto per i giovani: un’idea bella ma impossibile visto che il Sinodo è una componente episcopale in cui solo alcuni giovani possono partecipare in qualità di “auditor” e non come parte attiva. Qualche partecipante ammesso, allo scopo di essere preparato alle discussioni che avrebbero caratterizzato le giornate di lavoro ha fatto eseguire una indagine conoscitiva, distinta per dati territoriali ed anagrafici Il risultato, abbastanza chiaro, ha evidenziato come i giovani intervistati rigettassero le definizioni storiche del genere “sentinelle del futuro” oppure “forze nuove della chiesa”, per proporre molto più realisticamente le proprie intenzioni: esser presi in considerazione in virtù di cosa chiedono e vogliono le nuove generazioni per la promozione di una Chiesa, sentita e partecipe. E se costruiamo un parallelismo con la visione sociale, notiamo come l’obiettivo resti sempre lo stesso: partecipazione ed innovazione nel segno di una cosciente responsabilità. In realtà hanno colto nel segno quanto aveva chiesto loro Papa Francesco: dire la propria idea di come fare Chiesa. Il risultato scaturente è esemplare: i giovani desiderano diventare protagonisti nell’ambito di una Chiesa che ha intenzione di rinnovarsi e che deve rinnovarsi, non restare solo spettatori che assistono impotenti ad un lento decadimento delle attività e delle prerogative proprie della Chiesa. Quindi non deve trattarsi di che un cambiamento di rotta circa le politiche da adottare, ma l’accettazione di una figura centrale nella vita di ogni cristiano: non pura formalità ma essenzialità. Il Seminario Internazionale di Studio sulla situazione giovanile ha messo in cantiere tutte le risorse per organizzare un incontro in cui partecipassero giovani da tutto il mondo per affrontare le tematiche che li interessano da vicino, in particolar modo in connessione con le attività da loro stessi praticate. Il principio cardine di questa esperienza è che non si può pensare alle nuove generazioni se queste non sono coinvolte interamente e professionalmente in toto. La Chiesa e la società di oggi hanno il dovere di valutare in questi tempi nuovi che le nuove generazioni, al pari di quelle che negli anni ’50 necessitano di essere considerate per la forza, la vitalità e le sensibilità di cui sono dotate e che desiderano mettere in campo. Ma il concetto base della Chiesa è di natura straordinaria: individuare le modalità con le quali istruire queste nuove realtà per progettare la propria vita, per poter scegliere adeguatamente le proprie alternative in modo coscienzioso e di valore. Infatti, contrariamente a quanto si è sempre pensato, le nuove generazioni hanno idee di tutto rispetto, hanno premesse che non danno ulteriori rimandi o variazioni: sono ricercatrici di valori, di sensi che diano importanza alla loro vita In altre parole desiderano un mondo migliore, ma costruito con sacrificio e partecipazione e non con guerriglie e sobillazioni. Papa Francesco auspica che “i giovani siano interlocutori e non semplici spettatori, siano parte attiva, soggetti che interagiscano con le istituzioni. Non si guardi più ai giovani solamente come apportatori di innovazioni di mode e di fonte di battaglie sociali, ma anche come strumento per cambiare la società dal di dentro, senza spettacolarizzazioni, apportando le migliorie necessarie senza alzare le barricate.” Rigettando la presenza così marcata dei giovani, la Chiesa condannerebbe se stessa ad una mentalità relegata ai limiti arcaici perché i giovani, com’è ben noto, sono aperti per natura alle innovazioni e ciò provocare un giusto e positivo attaccamento al messaggio cristiano. Riportando i giovani al suo interno, invece, col loro bagaglio di esperienze e di idee, la Chiesa tenderebbe a rivitalizzarsi, liberandosi di valori preconcetti, di vecchi schemi inadattabili all’epoca in cui ci si trova. Quindi, che ci sia un’”apertura” a 360 gradi verso di loro, che dimostrerebbe come la Chiesa si mettesse ancora una volta in discussione e non precludesse ad innovazioni. Per questa ragione Papa Francesco ha indirizzato alle comunità di tutto il mondo l’invito ad una pastorale giovanile, in cui raccogliere le responsabilità educative verso le nuove generazioni, cioè considerare e valutare nel loro apporto favorevole quelle sensibilità presenti nei giovani che sono ancora bloccare dentro l’animo degli stessi e che non riescono a manifestare al mondo esterno. Il Papa offre anche una parola di solidarietà agli educatori e nello stesso tempo di sollecito: non considerare il rapporto coi giovani come una missione di evangelizzazione, ma semplicemente come un incontro in cui non devono impartire ordine e sentenze ma accompagnare qualcuno che necessita di esprimere le proprie sensazioni in un ambito finora precluso. Il contenuto che scaturisce da queste indicazioni è che Papa Francesco si attende molto dalle indicazioni che il Sinodo ha disposto visto che i giovani sono fatti per ringiovanire la Chiesa Madre, rendendola migliore come vuole l’amore di Dio.
5. LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
Sin dai primi tempi dell’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha sempre ribadito l’importanza e la fondamentale natura che riveste la famiglia, per cui ogni suo elemento va seguito passo passo, al fine di evitare che nel corso degli anni interferenze esterne e non certamente adeguate all’occorrenza possano comprometterne la validità e l’istituzione stessa. Egli ha sempre l’attenzione e lo sguardo tesi verso quel nucleo precostituito definendolo più volte ”origine della società”. E’ da questa formazione che vengono fuori ideali che saranno presi a base per le azioni che l’intera società dovrà eseguire. E tali ideali per essere sempre vittoriosi dovranno essere conformi ai dettami di Cristo. Nel nostro “particolare” rapporto che abbiamo con Dio Padre siamo certamente agevolati perché nell’osservanza dei principi dettati da Cristo riceviamo direttamente i benefici sotto forma di esiti positivi in tutti i campi in cui la nostra famiglia opererà. Chi è avvezzo, infatti, all’ascolto della Parola di Dio riconosce che tutto conduce alla educazione dei figli. La Storia biblica è piena di esempi: di abnegazione, di ascolto, di rispetto, di sofferenza, di martirio. Dio stesso dà incarico ad entrambi i genitori di essere diretti responsabili della educazione che impartiranno ai figli mediante non solo l’insegnamento ma anche attraverso il loro esempio. Questa prerogativa è inclusa sia nell’Antico che nel Nuovo testamento, a conferma di quanto sia sentito vivamente il concetto di formazione figliare. Nonostante si sappia del legame che – solidalmente – unisce scuole e chiesa, per la parte civile e per quella cristiana, nessun genitore può contare sulla sola educazione da parte di tali organi e delegarne la propria responsabilità, come già segnalata nei precedenti capitoli. Ciò perché, come Gesù indica “i figli vanno controllati e protetti dalle influenze esterne e preservati dalle azioni del Maligno.” Per questo è importante che i genitori affrontano ogni situazione ed ogni circostanza che possa compromettere la genuinità dei sentimenti dei figli, che intervengano – sempre e comunque – allorquando all’orizzonte si profila un qualcosa di incerto e dubbioso per la salvaguardia dell’incolumità intima dei figli. E’ naturale però che anche i figli, da parte loro, non confondano questa piena disponibilità con una debolezza data dal legame stretto che li vincola ad essi. Se esaminiamo la questione dal punto di vista cattolico diremmo che la mancanza di attenzione come sopra indicato rileva non solo una irresponsabilità civile dei genitori ma evidenzia anche una disconoscenza della identità umana in quanto con la sua invasione nel mondo il peccato ha intaccato ogni sorte ed ogni elemento per carpirne il bene, per cui la famiglia deve essere costantemente riguardata, con rispetto ed amore, per apportare le dovute migliorie per il suo stesso benessere. In questo contesto ricade la modalità con cui prestare l’aiuto necessario. La Parola di Cristo ci viene incontro segnalandoci come vanno trattate le esigenze dei nostri figli e le loro stesse richieste: non vanno prese in antitesi con le proprie cognizioni e disponibilità ma considerate nei limiti delle disponibilità familiari e, in definitiva, con rispetto. Inoltre l’interesse va mostrato in tutto ciò che investe la partecipazione attiva dei nostri figli quindi scuola, lavoro, società.Per ovviare alle diverse forme di contrasto che potrebbero intaccare la famiglia, è necessario che sia nel linguaggio che nella interazione, si adotti sapienza ed intelletto da parte degli adulti e dei figli che si avviano a diventarne, solo così comportandosi tutti gli elementi costituenti il nucleo familiare cresceranno in simbiosi. Cosa fare dunque affinché si possano concretizzare le basi di una simile composizione? E come fare affinché nulla possa alterare i rapporti fra le forze interne alla famiglia? Abbiamo più volte confermato che le vicende secolari e sociali compromettono giorno per giorno le realtà familiari, con grave pregiudizio per la stabilità della famiglia e, di conseguenza, della intera collettività. Forse è per questo che i genitori sentono di stringersi al petto i propri figli, allo scopo di proteggerli dalle inside del momento. Ma comunque sia, i figli dovranno un giorno farsi strada da sé e lasciarsi dietro ogni sorta di protezione. Allora ci rendiamo conto come il lavoro fatto dai genitori non possa essere solamente che preparatorio alla via futura. La soluzione al vuoto riscontrato c’è, è evidente e collaudato: se crediamo che solo Dio può reggere le sorti benevoli dell’uomo, non dobbiamo fare altro che affidarci alla Sua volontà. Dio è l’unico su cui poter contare: per i bambini, per i fanciulli, per i giovani, per gli adulti e per gli anziani. Ma non c’è motivo di aver paura perché c’è una protezione per ogni tipo di essere umano, basta solo saper rispondere e vivere secondo la Parola. Ad una studentessa che gli stava chiedendo come può un giovane d’oggi superare gli ostacoli e le difficoltà della vita, specialmente se si trova nella condizione di solo e disperato, Papa Francesco ha risposto “Voi giovani non dovete lasciarvi imprigionare dalla tristezza, dallo scoraggiamento rassegnato di chi dice che nulla mai cambierà: ciò conduce al pessimismo. Avete mai visto la faccia di un giovane o di una giovane pessimista? E’ il profilo dell’amarezza. Il pessimismo ci ammala di amarezza, ci invecchia dentro. E si invecchia giovani. Oggi ci sono tante forze disgregatrici, tanti che incolpano tutti e tutto, amplificatori di negatività, professionisti della lamentela. Non ascoltateli! no, perché la lamentela e il pessimismo non sono cristiani, il Signore detesta tristezza e vittimismo. Non siamo fatti per tenere la faccia a terra, ma per alzare lo sguardo al Cielo, agli altri, alla società. E quando siamo giù – perché tutti nella vita siamo in certi momenti un po’ giù che cosa possiamo fare? C’è un rimedio infallibile per rialzarci: dialogare con Cristo, confrontarci con Lui, confessarci. La grandissima considerazione che ha Papa Francesco per i giovani rasenta lo straordinario a tal punto che Mons. Halko, vescovo ausiliare di Bratislava, che lo ha accolto nel viaggio apostolico in terra polacca, lo ha definito “costruttore di ponti e con atteggiamenti e parole offre lo spunto per realizzarli, ma il bello è che lo sa fare con tutti i tipi di etnie o con gli appartenenti alle altre confessioni religiose, senza alcuna riserva mentale” Per questo motivo il Papa dà ampia risonanza all’attenzione che i genitori devono prestare in famiglia: essa dev’essere il pilastro su cui poggiare l’intera educazione figliare che diventerà principio fondamentale per la costruzione di una società al passo coi tempi e senza conflittualità imperanti. Coerente con tali idee, dal mese di marzo di quest’anno Papa Francesco ha ritenuto doveroso indire un anno da dedicare alla famiglia, un periodo importante durante il quale tutte le famiglie potranno dedicarsi con più attenzione alle problematiche che vivono quotidianamente. Già aveva rappresentato il proprio interesse cinque anni prima sottoscrivendo l’enciclica Amoris Laetitia, che pone al centro dell’attenzione le problematiche esistenti nel contesto familiare. Con questa grandissima opera il Santo Padre volle già dare stimolo a quelle famiglie in cui la vita non si riesce a perfezionare con la gioia. Egli infatti riconosce la necessità di apportare un aiuto a quei genitori che non si ritenevano in grado di porsi a modello per i propri figli. Le difficoltà tantissime volte accentuate dalla disperazione di non riuscire a trovare un giusto rimedio alle problematiche della propria famiglia provocano una destabilizzazione di tutti i rapporti, che originano separazioni, divorzi, allontanamenti e rovina dei contatti che, come abbiamo visto, talvolta finiscono nei modi più tragici. Ecco quindi come la visione globale dei rapporti connessi alla costituzione, allo sviluppo ed al successo della famiglia necessita di un costante monitoraggio da parte delle autorità costituite ma, dal punto di vista religioso, l’interesse è più che mai basilare, in quanto l’obiettivo posto è quello di riportare al centro della società questa composizione cristiana che nella sua naturale istituzione simboleggia l’appartenenza al progetto divino nel quale i genitori rappresentano l’amore di Dio rivolto agli esseri umani ed i figli, da parte loro i frutti di quell’amore che dovranno diffondere felicità e gioia di vivere. Quindi, è necessario programmare una adeguata pastorale per la famiglia tendente ad una “conversione missionaria”, una operazione in cui affiancare la famiglia nel difficile cammino della vita von serenità. Non basta pronunciare teorie e consigli: la Chiesa non deve tralasciare la realtà della famiglia, piuttosto deve marcare la propria azione, renderla più incisiva, diffondendo il messaggio che il Vangelo è l’unica risposta alle più gravi necessità della famiglia, l’unica cura che può sanare le malattie della indifferenza, della apatia e dei conflitti generazionali. Per tale motivo, non soddisfatto di tutto quello che finora aveva messo in cantiere, Papa Francesco ha istituito proprio un Dicastero relativo alla tematica sociale, definendolo Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, con la finalità principale di osservatorio per valutare, discernere e propagandare quelle azioni da porre in essere per esaltare l’azione vocazionale laicale della Chiesa nel mondo. L’aspetto principale, ovviamente, è l’importanza puntata sul ruolo di tutta la famiglia, intesa quindi interezza dei suoi componenti, al fine di poter delineare una politica etica, economica, filosofica o di riflessione, per poter tutelare la dignità della vita umana. A capo di questo importante Dicastero è stato posto il Card. Kevin Farrell che così ha presentato la nascita di questa enorme struttura: “i laici in prima persona sono chiamati a formare altri laici alla vita cristiana e ad assumere maggiori responsabilità nelle proprie parrocchie e nelle diocesi. Sono i laici, specialmente i giovani, che sono chiamati ad apportare il loro contributo creativo e “visionario” alla Chiesa e a farsi missionari presso i loro coetanei. Sono i laici sposati che possono, meglio di chiunque altro, assumersi la responsabilità di preparare al matrimonio e di accompagnare le altre coppie. Sono i laici che devono essere presenti nel mondo della politica per orientare i governi ad adottare misure adeguate a difesa della vita, in favore delle famiglie, degli anziani, dei giovani, delle persone portatrici di disabilità o che sperimentano tante altre forme di fragilità”. Anche nell’ambito delle attività programmatiche, come quelle relative alla preparazione degli eventi di risonanza mondiale che annualmente come la Giornata Mondiale della Gioventù oppure gli Incontri delle Famiglie, il Dicastero si pone lo scopo di individuare le migliori iniziative volte a formare i fedeli laici affinché esprimano in pienezza la loro vocazione e missione battesimale secondo la diversità di culture e le tradizioni di ogni paese. Sono state anche cercate le modalità di aiuto, sostegno e incoraggiamento che il Dicastero può offrire a diocesi e Conferenze episcopali che non hanno ancora sviluppato iniziative di formazione oltre a quelle legate alla preparazione sacramentale. Ed ancora: sono stati istituiti all’interno di questa struttura vaticana due uffici abbastanza particolari, denominati appositamente “Ufficio Donna” e ”Ufficio Chiesa e Sport” perché attraverso essi la visione religiosa copra anche la sensibilità mostrata verso il mondo delle donne e gli ambienti sportivi, proponendo adeguate pastorali. Ma l’aspetto senza dubbio predominante è quello dell’attenzione posta al mondo dei giovani e della famiglia: in questo contesto il Dicastero di che trattasi, in questo senso, si fa interprete della sollecitudine della Chiesa per i giovani, promuovendo le iniziative del Santo Padre nell’ambito della pastorale giovanile mentre per la famiglia, viene posta la cura pastorale della famiglia, la tutela della sua dignità e del suo bene, basati sul sacramento del matrimonio; se ne favoriscono i diritti e la responsabilità nella Chiesa e nella società civile. Il Dicastero promuove convegni ed eventi internazionali sulla famiglia. Segue, inoltre, le attività degli istituti, delle associazioni, dei movimenti ecclesiali e delle organizzazioni cattoliche, nazionali e internazionali, il cui fine è servire il bene della famiglia.
CONCLUSIONI
Abbiamo voluto affrontare un’ argomento come quello qui esposto perché riguardava un qualcosa di grandioso e talmente complesso che potesse essere visionato attraverso una scenografia storica in cui apparissero tanti fattori relazionanti fra loro ed a cui è necessario comunque dare attenzione per poter offrire alle varie problematiche una valida alternativa se non una buona dose di disponibilità, accompagnata da una certosina pazienza e corollata dalle modalità che vengono suggerite dagli organi preposti a tal riguardo. E’ certamente un’ardua impresa, perché pone al centro dell’attenzione una problematica storica e complessa che investe epoche, situazioni ed evoluzioni in costante rinnovamento. Rilevare, esaminare e discutere certi fattori che devono essere inquadrati necessariamente in contesti diversi tra loro, caratterizzati ognuno da manifestazioni di interesse collettivo e perciò sociale, è estremamente difficoltoso se non si parla di tutta la tematica in modo obiettivo, sincero e per quanto possibile, in armonia con le regole generali che garantiscono il funzionamento della cellula familiare. Ma il nostro vero obiettivo era quello di dare importanza alla formazione della famiglia, al suo sviluppo, al nascere dei dissidi ed alla possibile valutazione di fattori psicologici, pedagogici e via di seguito allo scopo di poter evitare o almeno, di poter adeguatamente intervenire nel contesto familiare al fine di migliorare le condizioni relazionali in essa contenute. Si è iniziato rapportando la comparazione immaginaria creata dagli antichi greci verso la società di allora per arrivare ai giorni nostri, maggiormente colpiti dalle nuove leve che, come la punta di un iceberg, man mano che emergono apportano significativi cambiamenti alla mentalità corrente. Per tale motivo e per apportare un minimo di obiettività è stato necessario puntare ad una duplice considerazione, un punto di vista civile in quanto la famiglia costituisce quel primo nucleo di composizione umana in cui si creano le condizioni di una reciproca convivenza ed uno religioso, perché fondamentalmente la famiglia, fin dalla sua naturale creazione porta un retaggio di natura essenzialmente religioso che, col passar del tempo ha ceduto il posto a quello più sociale, visto l’enorme interesse mostrato dagli studiosi i quali a loro volta e come sempre alla fine di ogni singola dissertazione pongono l’oggetto esaminato – nella circostanza la famiglia – al centro di tutti gli eventi ed il risultato, visto che interessa maggiormente la realtà civile, non può che applicarsi che ad essa. Partendo da questa considerazione, che è in larga parte anche veritiera, da parte nostra non possiamo però concedere agli studi condotti e che saranno come sempre ulteriormente portati avanti da altri studiosi che interverranno, siano immuni da un altro genere di riflessione che riteniamo anch’essa di particolare attenzione e che investe tutte le risorse della famiglia: è quella fatta dai riferimenti cristiani, pronunciati nei documenti sacri della Bibbia, del Vangelo e di tanti altri scritti che riportano consigli e determinazioni che ogni famiglia deve adottare per costituire la propria solidità, la propria unione, ed il proprio futuro ma anche dei continui interessamenti che la Chiesa pone di volta in volta in vista di eventuali prossimi ribaltamenti sociali. La storia in tantissime occasioni ha strumentalizzato la famiglia, colpevolizzandola crudelmente per la sua inefficienza e non corrispondenza alle necessità epocale. Essa è stata per interi decenni svalutata di significato, derubata dai poteri forti del momento delle proprie ricchezze morali ed istituzionali. Le epoche che si sono susseguite non hanno fatto altro che addossare a questo piccolo centro sociale tutte le responsabilità di che trattasi, investendolo di inadeguatezza a far fronte ai mutamenti sociali, considerati più che altro pragmatici rispetto alle idee utopistiche dalla famiglia. Ma la determinazione che ha portato le nuove generazioni ad assalire l’immobilismo centrale a favore della collettività ha originato anche dapprima malcontento, avversione e quindi contrasto anche al concetto centralizzante della società che conta, teorizzando su ogni sorta di provvedimento, interessandosi più di argomenti affini ai propri interessi che non l’assistenza e la protezione quella buona istituzione che è la famiglia. Quindi, se dal lato civile non ancora pervengono segnali positivi al riguardo in quanto realizzano solamente provvedimenti palliativi transitori, in quello religioso c’è un continuo fermento di interesse al mantenimento di quelli che sono gli standard ideali per una perfetta sintonia di tutte le risorse di una famiglia. Senza dover ripercorrere tempi lontani, annoveriamo la dimostrazione dall’operato di alcuni pontefici che, in anticipo sui tempi e sulle apatie mostrate dai governanti circa la necessità di adottare politiche innovative a favore specialmente dei giovani, “sentinelle del futuro”. Ci riferiamo agli innumerevoli riferimenti fatti da Papa Giovanni XXIII, da Giovanni Paolo II ed infine da Papa Francesco, che ancora imperterrito ed instancabilmente continuamente sollecita le varie strutture cattoliche ad indire sinodi, convegni, giornate di studi, per evidenziare di volta in volta, la ricerca di eventuali problematiche che vanno ad attanagliare la società per poter porre i dovuti rimedi alla luce degli insegnamenti cristiani forza coinvolgente dell’umanità. Tale attività, si fa sempre più pressante nello stesso settore giovanile, considerato come elemento aggregativo dotato di un fortissimo potenziale innovativo. Il richiamo fatto da Papa Francesco, in particolare, non esclude alcuna attività che prescinda dalla presenza dei giovani, forza irruente della società. Le sue encicliche, come già in precedenza evidenziato, non sono solo testi a carattere evangelizzatore o religioso ma abbracciano anche altri generi di argomenti, specie quegli aspetti più cari ai giovani come l’ambiente, l’economia, la solidarietà e, quindi, come al pari dei propri simili che negli anni cinquanta manifestavano per abbattere l’indifferenza generale verso le problematiche di quell’epoca, essi oggi manifestano per essere partecipi per una società più giusta, equa, e solidale, ma sottolineano la loro volontà in modo pacifico, affrontando dibattiti, discussioni e confronti non precludendo alcun tipo di collaborazione o di intervento ma senza mai dover ricorrere ad imposizioni e azioni belligeranti. Tutta la famiglia oggi deve lavorare al fine di trovare la condizione in cui essa possa scoprire la speranza del domani, quella garanzia che nel contesto sociale la potrà riparare da influenze e mistificazioni, e l’accompagnerà verso il raggiungimento dei propri obiettivi, fatti di pace, concordia e serenità.
Uno dei primi cortei del Movimento Studentesco che aprirono la strada alle contestazioni degli studenti e di li a poco anche della classe operaia
La foto mostra come allo striscione della foto precedente sia già stato apportato un ritocco da parte dei contestatori studenti: non più Movimento Studentesco ma Potere Studentesco
Le contestazioni iniziarono a coinvolgere anche le decisioni politiche e militari: emblematica quella contro l’intervento militare americano in Vietnam
La moda fu uno dei primi settori in cui si evidenziò la fase nuova della contestazione giovanile: non più abiti trasandati ed oltre modo sempre fuori moda ma giovanili nelle presentazioni e nelle comodità che fornivano che mettevano in risalto i corpi femminili come mai era stato fatto fino ad allora.
L’innovazione tecnologica oggi ha preso il pieno dominio di tutte le attività dell’uomo, annullando quasi del tutto la percezione della manualità, delle risorse e delle comunicazioni.
La gioia e la felicità provata dai bimbi quando giocano con i nonni li rende consapevoli che ogni momento di gioco è una moltitudine di sensazioni che rivivranno nei ricordi a venire
Anche un piccolo bacio espresso in un attimo può racchiudere l’insieme di amore, affetto, passione coinvolgente, che resterà sempre un segreto fra nonni e nipoti.
I nipotini esprimono il loro rapporto umano con i nonni mediante la propria tenerezza
La scuola dei tempi andati, quando si apprendevano cenni di lezioni ma specialmente lezioni di comportamento colorate con narrazioni di storielle dei nonni, a volte tanto colorate di fantasia, ma spesso tanto piene di verità e vita vissuta.
La gioia di partecipare attivamente alla famiglia cristiana è semplicemente radiosa e contagiosa…
B I B L I O G R A F I A
- Luca Benvenga : Il Conflitto Generazionale – Soggettivazione e caratteristiche comportamentali in Italia dai teenager degli anni 50 al proletariato giovanile metropolitano degli anni 70 –
- Luciano Moia : I Temi del Sinodo Quali parole per educare nella postmodernità ?
- Prof. Aristide Fumagalli (Scuola di teologia per laici “Alfonso Tedesco”) La Famiglia come figura di valore
- Karl Mannheim : Il problema sociologico delle generazioni
- Paola Bignardi :”Christus vivit” “Il dialogo fra giovani e adulti per una Chiesa che annuncia”
- Don Francesco Catrame “La Famiglia Cristiana”
- Enzo Bianchi : Dove va la Chiesa?
- Vaticano News : I Viaggi di Papa Francesco
PUBBLICATO PER VOLERE DELL'AUTORE
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Febbraio 2023
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Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione.Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione. 1
GIUSEPPE STABILE,
talento canoro sannicolese
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