I Quaderni della Famiglia Betania
Sintesi delle lezioni e degli incontri tenuti dal gruppo di famiglie di Santa Maria degli Angeli nel primo semestre 2023
-di Antonio Serino-
Che cos’è un gruppo di famiglia?
Dove si trova? Cosa fa?
Il gruppo di famiglia è una struttura parrocchiale composta da singole coppie di coniugi che, animati da stessi ideali e obiettivi, propongono un sistema di comunità all’interno della medesima parrocchia dove, oltre a prestare il proprio contributo nelle più disparate forme di assistenza, realizza anche il proprio scopo che è quello di arricchire la propria natura attraverso la Parola di Dio, trasmettendo e condividendo gioie e dolori propri. Ma ciò non basta, in quanto non solo praticando le attività all’interno della chiesa si prende cognizione del proprio essere, ma per diventare comunità, e per far sì che tale comunità cresca è indispensabile che chi fa parte di un gruppo deve essere accogliente con chi non ne fa parte e specialmente non deve trattare come uno straniero o come intruso il nuovo partecipante ma deve considerarlo fondamentalmente come un fratello o come una sorella anche perché se chi partecipa non si sente accolto al primo incontro, difficilmente sarà presente al secondo, di conseguenza, un gruppo che presta attenzione all’esterno e non si apre è destinato a scomparire perché quell’obiettivo che si era posto, e cioè diventare una piccola comunità aperta agli altri non sarà mai raggiunto. Al contrario, se il gruppo va avanti, funziona e miete successo, allora anche la parrocchia si rivitalizza, fornisce nuove risorse e nuova linfa alle proprie strutture, producendo coesione in tutte le forme: si inizia così un percorso che si identifica con quello sinodale, in cui tutti i membri della comunità si muovono e interagiscono per il raggiungimento dello stesso ed unico fine; quindi, occorre farsi portavoce di chi chiede aiuto e nello stesso tempo diventare risposta a quella chiamata. E’ in questo modo che la parrocchia diventa prossimità, diventa punto di convergenza delle esigenze del territorio, così’ come a suo tempo Gesù è stato attento alle persone, ai discepoli, al suo popolo che lo reclamava ed al quale chiedeva aiuto.
IL GRUPPO “FAMIGLIA BETANIA”
DELLA CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI
Il Gruppo “Famiglia Betania” è composto da nuclei familiari appartenenti alla chiesa Santa Maria degli Angeli ma apre le sue porte anche ad altre composizioni familiari di altre comunità che trovano corrispondenza con i propri ideali e concetti di vita cristiana e si dedica principalmente alla formazione della stessa famiglia, per aiutarla e supportarla nello svolgimento della vita quotidiana, mediante lo studio delle encicliche, delle lettere papali ed infine delle raccomandazioni che molto spesso Papa Francesco le dedica. Questo tipo di formazione che oggi si propone a tutte le famiglie della parrocchia offre non solo momenti di riflessione sulle esperienze di coppia e di famiglia proponendo punti di riferimento sicuri in una società incerta e frammentata ma anche momenti di gioiosa e felice convivialità in cui il legame interpersonale degli appartenenti si consolida, affiatandosi nelle relazioni soggettive e familiari. Infatti per noi credenti il piano umano e quello di fede devono diventare nella realtà una unica cosa, elementi inseparabili, per cui la Parola di Dio è il mezzo che li unisce e consente di poter trascorrere la propria vita in tutta la sua pienezza. E’ per questo che di solito la singola famiglia cerca necessariamente di unirsi in gruppi, perché ha bisogno di confrontarsi con altri coniugi, con altre famiglie, con altre e diverse realtà che detengono un proprio patrimonio di risorse e di umanità. Ciò servirà specialmente a fare chiarezza della propria vita e giungere alla condivisione con altri alla luce della Parola del Signore in contesto di mutuo aiuto nell’approfondimento della Parola e nella solidarietà interna al gruppo. Considerando da sempre la famiglia come la cellula fondamentale della società e della Chiesa ne consegue che persiste un nesso tra famiglia e collettività perciò se la comunità parrocchiale non contribuisce ad aiutare la coppia e la famiglia, tutta la pastorale rischia di essere paralizzata. La nostra esperienza di Famiglia Betania è nata perché, partendo da una cultura prevalentemente singola alcune coppie hanno mostrato la necessità di ritrovarsi insieme per:
- • riorganizzare i propri rapporti sia nel contesto familiare che in quello comunitario;
- • riuscire ad ottenere una rivisitazione sia della propria vita che in quella familiare, basata sulla semplicità e sulla gioia;
- • fare esperienza di piccola Chiesa domestica, ponendo al centro della vita Cristo Signore, riscoprendo il rapporto con Dio e con gli altri e diventando messaggeri dell’amore di Dio per l’uomo.
Obiettivo principale della nostra piccola comunità quindi è quello di sostenere e rafforzare la famiglia, coinvolgendola in un nuovo tipo di esperienza, fatta di comunità e chiesa. Infatti, i suoi componenti condividono le stesse necessità realizzando una moltiplicazione delle relazioni di gruppo. Per questo la Famiglia Betania anche se segue una programmazione di incontri periodici quotidianamente si aggiorna e si scambia notizie ed informazioni, condivide le gioia, le pene, le problematiche dei propri partecipanti sostenendosi reciprocamente. In tal modo il Gruppo Famiglia Betania riesce a :
- • incoraggiare e rafforzare la famiglia, fornendo momenti formativi a carattere teologico e sociologico mediante la preghiera che coinvolge la coppia e la famiglia ma anche momenti in cui prevalgono esperienze più forti e sentite negli incontri con la Parola di Dio;
- • riscoprire e rivitalizzare il ruolo della famiglia al servizio degli altri, conducendola per mano ad abbandonare l’aspetto egoistico per portarla al centro della comunità stessa;
- • far vivere l’esperienza concreta della comunità per sentirsi Chiesa in cammino attraverso incontri prefissati e partecipando alle attività di formazione svolte in gruppi più ampi
A tutti coloro che volessero “provare” come si può stare bene insieme senza alcuna controindicazione, provare nuove sensazioni che fanno bene al cuore, vivere momenti di condivisione e comunitari in assoluto spirito di fratellanza, diciamo :
“VENITE, SIETE I BENVENUTI”
GLI INCONTRI DELLA FAMIGLIA BETANIA
La nostra grande famiglia ma ancora piccola comunità Betania sta continuando nel suo sviluppo formativo ad incontrarsi periodicamente (due volte al mese) per discutere su tematiche bibliche, molto semplicemente impartite da Don Antimo che è divenuto nostra nuova guida spirituale a seguito del trasferimento in altra sede del parroco predecessore don Franco che volle impiantare queste seme di comunità nella nostra parrocchia e che molto argutamente volle dedicare a Betania, in omaggio alla città dell’apertura e dell’accoglienza. Sistematicamente come sempre vengono affrontate sia situazioni basilari presenti nel Vangelo e nella Bibbia, ma viene anche dato impulso alle finalità che sono proprie del Gruppo Betania che vengono riscontrate allorquando deve prestare la propria opera anche nelle varie attività espletate in chiesa. E’ forse per questo motivo che quando è richiesta la presenza e la manovalanza betaniana diventa per tutti una sorta di festa perché ritrovarsi tutti insieme per uno stesso scopo diventa esaltante, n quanto ci si sente utili sia alla chiesa che alla comunità, allo stesso tempo. Questo stato di felicità preme di più alla nostra preparazione e la formazione diventa fondamentale non solo per sé stessi ma anche e specie per comprendere quanto sia importante il servizio ai terzi. E proprio perché è necessario non perdere mai di vista l’obiettivo da raggiungere dobbiamo rivedere il nostro modo di vivere, la nostra partecipazione alla vita attiva della famiglia naturale in primis, poi quella parrocchiale in cui esprimiamo la nostra totale adesione al Progetto di Dio. Quindi, diventa fondamentale far memoria di tutte quelle nozioni ricevute, delle lezioni impartite - che ci specificano il modo con cui ci dobbiamo approcciare al sistema vita – in definitiva, di tutto quello che abbiamo vissuto, esaminato, meditato e posto in pratica fino ad ora. Per questo motivo ho ritenuto opportuno rielaborare l’insieme degli incontri che abbiamo fatto in questo primo semestre del 2023, nella speranza che possano aiutarci a ricordare cosa ci siamo ripromessi, cosa abbiamo deciso di fare, come vogliamo comportarci nell’assetto interno al gruppo ed alla stessa parrocchia. Una lettura delle sintesi fatte può agevolarci a far memoria di quanto ci serve per affrontare adeguatamente la nostra prossima vita.
Gennaio 2023
In questo primo incontro della nostra famiglia Betania per l’anno 2023 porgiamo innanzitutto a tutti gli auguri di buon anno, di pace e serenità. Devo innanzitutto portarvi i saluti e gli auguri anche di Don Franco, istitutore del nostro gruppo parrocchiale, col quale mi sono già sentito qualche giorno fa e che mi ha invitato a porvi gli auguri, i saluti ed i ringraziamenti per come ci stiamo inserendo nel contesto diocesano, visto che ha ricevuto dal Padre Vescovo bei apprezzamenti per l’attività di formazione e preparazione cui ci stiamo dedicando. E veniamo a noi. Avevo preparato un po' di argomentazioni da dedicare a questo primo incontro, ma poiché negli ultimi tempi si sono verificate diverse occasioni e diversi eventi che mi hanno permesso di riflettere su tante cose e mi hanno anche messo in discussione il mio stato d’animo, ho voluto rimandare ad altri incontri queste tematiche per passare invece a qualcosa di più vicino a noi. Nel primo testo che ho avuto il piacere di comporre, intitolato WORKING PROGRESS, ho rappresentato in chiave autobiografica l’esperienza di cattolico presente nella mia vita. Il motivo principale di quel testo è quello di predisporci a ”sentire” la chiamata che ci viene da Dio, o meglio, disporre la nostra mente ma ancor più specificatamente il nostro cuore ad ogni specie di INCONTRO che ci troviamo di fronte, che può essere un vero e proprio incontro con una persona, oppure un dialogo o una intervista fatta ad un personaggio importante oppure un momento in cui ci troviamo a vivere una sensazione o una emozione che ci sconvolge a tal punto da metterci in crisi perché, semmai, ci riempie di interrogativi e di dubbi che vanno contro quelle certezze che nel corso degli anni abbiamo accumulato senza porci alcuna domanda del genere: cosa ho ricavato da questo incontro? Come mi può agevolare questa esperienza nuova in cui mi sono imbattuto? Oppure, cosa vuol dire adesso, per me, trovarmi di fronte a questa nuova situazione che mi mette in discussione e mi pregiudica la vita che finora vivevo senza preoccupazione? Si tratta della cosiddetta CRISI DI IDENTITA’, una fase della nostra vita in cui non ci riconosciamo più rispetto a prima, un momento in cui tutto ciò che iniziamo a considerare è diverso da quello che prima era semplicemente normale. Noi adesso stiamo vivendo le fasi immediatamente successive al Santo Natale e per tanto tempo abbiamo sentito parlare dei Re Magi che, una volta trovato il Bambinello, su segnalazione dell’Angelo hanno cambiato strada per ritornare a casa. Ovviamente noi sappiamo che la storia è una cosa, l’interpretazione è un’altra. Diamo una spiegazione a quello che è successo a loro partendo da un riferimento che non sia quello storico, dando così una interpretazione più spirituale: quei Sapienti che per tanto tempo erano alla ricerca del Bambinello (cioè erano in uno stato di conversione perché erano alla ricerca di DIO) sono giunti alla fine della loro missione (cioè con l’aiuto della Grazia hanno finalmente compreso il verso senso della vita, perché sono riusciti a trovare DIO) ma dove? Nel posto più singolare che non avrebbero mai potuto cercare, se non indirizzati dalla Cometa che è stata la loro FEDE, compagna di lungo viaggio (cioè in una capanna, tra la gente povera). E nel momento in cui sono stati fortunati nella loro ricerca, hanno potuto ringraziare DIO per la loro Fede mostrandogli tutto ciò che l’essenza umana poteva donare, doni che rappresentano l’umanità, la regalità, la divinità. Quel momento così magico, QUELL’INCONTRO, li trasforma, li rende più forti di prima così che il Signore stesso, mediante un Suo Angelo li accompagna su un’altra strada, intesa come una vita nuova, fatta di base di certezza rappresentata dall’incontro con Dio fattosi uomo. QUEST’INCONTRO spiega il perché di quel mio libro. L’INCONTRO con DIO stravolge la vita, la rende consapevole delle bellezze che prima non potevamo godere, ci rivela il senso vero del nostro essere e ci svela qual è la nostra vera natura e, quindi, ci rende partecipi della bellezza divina, dell’infinito Amore che Dio prova per noi. E’ qui che incominciamo a conoscere tutte quelle cose che prima, o perché sempre impegnati in altre cose inutili, o perché stressati dal ritmo della vita, non avevano proprio un senso di completezza e pienezza. E’ qui, adesso che iniziamo a vedere le cose più chiare. Se non ancora l’avete capito, è con quest’incontro che si entra nella sfera di contatto diretto con Dio, e vi posso garantire che, da quel momento in poi, qualsiasi cosa possiate dire, fare ma anche pensare, Dio vi risponderà IMMEDIATAMENTE e la cosa bella è che riuscirete a conoscere le risposte, ve ne renderete conto e ne sarete sbalorditi perché penserete che è impossibile che quella cosa che avete chiesto Dio ve la sta rendendo con tutto l’Amore possibile. Quante volte ci hanno detto che Dio ci ha rivelato di essere sempre accanto a noi, di essere presente nella nostra vita in ogni istante della giornata, di essere sempre pronto ad intervenire quando ci riteniamo gravemente oppressi e senza alcuna speranza: sarebbe bastato solo chiederglielo, ovviamente con fede ed umiltà. DIO è PADRE, per cui provvede sempre ai nostri bisogni, ma Egli è anche MADRE, perciò ci avvolge di Amore, Misericordia, Bontà, Carità, Pietà e Perdono. Allora chiediamoci: chi sbaglia? Perché tante volte diamo la colpa a Dio se succedono tante cose terribili, anche quando perdiamo un nostro familiare, quando si verificano drammi in una famiglia e via dicendo? Perché invece non valutiamo cosa abbiamo fatto noi per evitare che simili cose accadano? Questo è un concetto che ci deve entrare in testa una volta e per sempre. DIO E’ AMORE, PERCIO’ NON POTRA’ MAI DARE DOLORE AI PROPRI FIGLI. La colpa è solamente del nostro egoismo, del nostro IO che ha preso il posto di DIO.
Febbraio 2023
Stasera parleremo di un argomento molto delicato e molto difficile anche da affrontare perché riguarda la fede. È un argomento importante perché sconfina dalla ragione per entrare nella introspezione personale cioè la valutazione del nostro intimo, del nostro Spirito. Per poterlo fare abbiamo assistito qualche settimana fa alla proiezione di un filmino che rappresentava quello che capita diciamo quasi ogni giorno anzi capita ogni giorno della nostra vita: è l'occasione in cui si vede un signore che si approccia alla chiesa e partecipa alla una Consacrazione ed è sottoposto a degli stimoli mai provati fino ad allora e incomincia a vedere cose che non aveva mai visto prima. Cosa significa ciò? che all'improvviso nella sua vita, come anche nella nostra vita, interviene un qualche cosa, che può essere un incontro, un evento, un fatto o una circostanza che interferisce con il nostro mondo giornaliero ed inizia a trasformarci. In che modo? Innanzitutto ci incomincia a far ragionare, a far pensare su quello che è la nostra vita, su quello che stiamo facendo, se siamo contenti, se siamo soddisfatti. In altre parole, inizia a farci pensare, e a pensare cose mai provate prima. Questo comporta un'analisi della nostra vita che serve a mettere a confronto il nostro atteggiamento rispetto al nostro ideale, al nostro obiettivo o i nostri desideri. Per poter capire veramente l’importanza del filmato vi riporto due piccoli esempi. Partiamo dal presupposto che essi riguardano anche noi e che prima di noi è già accaduto a tanta altra gente ma la cosa più eclatante è che è capitato anche a San Pietro mentre navigava sulle acque del lago di Galilea insieme a Gesù ed agli altri Apostoli. Gesù è adagiato sulla barca e si sta riposando. Le onde del mare prendono il sopravvento sulla tranquillità e incominciano a far oscillare la barca. Ovviamente gli apostoli che stanno sulla barca insieme a Gesù incominciano ad avere paura, iniziano a tremare da questo barcollare della barca che da un momento all'altro può capovolgersi ma notano che Gesù stranamente è tutto tranquillo è come diciamo noi “non se la fa passare nemmeno per la testa”. Arrivati a un certo punto, però, gli Apostoli ancor più intimoriti svegliano Gesù e gli fanno presente della pericolosità in cui si stanno avventurando. Gesù li ammonisce imputandogli poca fede e mancanza di fiducia visto che Egli è lì, in mezzo a loro. Gli Apostoli sappiamo erano tutti pescatori e solo qualcuno, come Matteo era un poco più elevato culturalmente ma gli altri purtroppo erano quasi ignoranti quindi non riuscivano a comprendere come mai ci fosse tutta quella tranquillità nel Signore Gesù e la meraviglia aumenta quando Egli si è alzato per gridare al vento di calmarsi e il vento immediatamente ubbidisce al comando e cessa la sua azioni cioè praticamente tornò il sereno anche nella movimentazione delle acque. Il secondo esempio è molto più difficile e molto più eclatante. Sempre a bordo della barca Pietro e gli altri Apostoli stanno pescando quando all'improvviso il mare incomincia ad oscillare mettendo in pericolo la stabilità della barca e quindi ovviamente pregiudicando la loro incolumità. Hanno paura e chiedono ovviamente aiuto. Sempre all’improvviso vedono da lontano qualcuno che, camminando sulle acque va verso di loro. Lo identificano per un fantasma ma sappiamo che non si tratta del fantasma E’ Gesù che si rivolge a loro sempre con la solita calma e chiede loro di cosa avessero bisogno; Pietro preso dalla paura chiede al Signore di aiutarli ad affrontare questo pericolo: Gesù gli risponde dicendo che non c'è problema, basta andare ed aggrapparsi a LUI. Pietro, ancora miscredente, chiede al Signore di dimostrargli che sia veramente LUI e per farlo chiede che gli ordini di andare da LUI. Solo dopo aver avuto rassicurazione Pietro preso dall’entusiasmo scavalca il bordo della barca e scende nell'acqua ed inizia a camminare andando verso il Signore. All'improvviso una piccola ondata lo destabilizza cioè gli toglie la sicurezza dei piedi e lui inizia ad affondare; preso dalla paura ritorna ad invocare il Signore per aiutarlo e fare in modo che non perisca. Il Signore ancora una volta allunga la mano, lo tira su e gli dice “Uomo di poca fede hai avuto paura nonostante io ti avessi dato certezza della tua salvezza”. Abbiamo riportato due esempi di due eventi molto semplici descritti nel Vangelo per indicare con quanta ignoranza rappresentiamo la nostra miscredenza alla misericordia e all’ Amore che il Signore ci dà in tutti gli istanti della nostra giornata per tutta la nostra vita. In questo caso sveliamo anche la simbologia che c’è dietro a questi due fatterelli. La barca rappresenta la nostra vita; le mareggiate ed i venti sono le improvvise difficoltà e le pericolosità che la vita purtroppo ci presenta quotidianamente; l'acqua è il percorso che noi facciamo; Dio è la nostra Fede cioè non rappresenta se stesso ma identifica la nostra Fede. Infatti come andiamo a vedere San Pietro gli apostoli hanno paura perché durante la loro traversata hanno Fede perché hanno la fede con sé, hanno Dio che sta dormendo ma è con loro e quindi sono al sicuro ma appena la Fede sonnecchia vanno nella tremenda paura. Cosa succede allora? Hanno necessità di DIO (risvegliare la fede) di rivolgersi al Signore (cioè di volgersi alla Fede) per far capire e affrontare serenamente il percorso della loro vita. Nello stesso nello stesso modo capita a Pietro che preso dalle preoccupazioni della sua vita (La Barca) che cosa fa? chiede al Signore se è veramente LUI che gli ordini di andare verso di LUI cioè chiede alla Fede di sostenerlo (ricordiamo sempre che in questo caso Gesù è solamente una simbologia perché rappresenta la fede) Ringrazia la Fede che ha identificato nel Signore per essere stato salvato ed anche in questa circostanza il Signore (cioè la fede) gli dice quanta poca fiducia, quanta poca certezza ha avuto. Poiché stiamo trattando di diverse cose come Fede, certezze, e fiducia potremmo fare confusione e per questo facciamo un po’ di considerazioni e poniamoci per primo la domanda che cos'è la fede? Se troviamo nei vari dizionari il significato della parola Fede si presta a diverse interpretazioni a seconda che ci interessiamo di filosofia, di psicologia, di religione o di altro ma l’interpretazione più semplice identifica la Fede come la credenza di concetti, di dogmi ed affermazioni che non implicano l'esistenza o perlomeno non richiedono la prova di ciò che si discute e, quindi, ciò significa credere in qualche cosa che non può essere verificato. Quando si discute su questioni basilari la prima cosa che ci viene detto a noi cattolici è che dobbiamo credere senza chiedere prove. Ma non solo a noi cattolici: ai fratelli protestanti addirittura viene detto persino che la guarigione della salute non è possibile se non c’è abbastanza Fede. Come possiamo avere fede senza richiedere delle prove? Come possiamo dare fiducia a qualcuno se non sappiamo nulla sulla persona che ci viene presentata? Facciamo un confronto, serio e pericoloso allo stesso tempo: abbiamo sentito parlare spesso di massoneria pur non sapendo quasi nulla di tale settore. La massoneria era una organizzazione segreta (adesso non più) diciamo elitaria, in cui persone importantissime per la loro capacità di guida sono definiti “illuminati” cioè talmente pieni di luce, di ragione e di conoscenza che possono dare una interpretazione a tutto ciò capita ai propri adepti, ai propri fedeli. La massoneria, abbiamo detto, però che è un'organizzazione che si pone come obiettivo il potere assoluto cioè il dominio sulla gente ponendo in essere un certo tipo di discriminazione sociale non curante delle comunanze umanitarie. Il confronto col Cristianesimo è decisamente è possibile perché anche in questo esistono gli illuminati, ma sono di tutt’altra specie perché in questo caso sono tutte le persone, perché con il solo fatto di aver ricevuto il Battesimo hanno ricevuto in dono Sapienza, Intelletto, Carità e Misericordia: in forza di tutto ciò i cristiani decidono di aderire al disegno di Dio di predicare il Vangelo e lo fanno dimostrando con la propria vita e spesso proprio perché seguaci di Cristo testimoniano con la propria fede la propria dedizione giungendo talvolta anche la martirio, che è la massima espressione dell’amore dimostrato verso qualcuno a tal punto da offrire la propria vita per la sua salvezza. Oggi noi ci dobbiamo domandare se perseguiamo una fede talmente totalitaria che ci porti anche alla devozione fino all'estremo vuoto della del martirio: cioè siamo pronti ad offrire la nostra vita? o il materialismo ci ha ormai stravolto? E cosa siamo disposti a fare per ritornare alla vera Fede? L'abbandono alle pratiche religiose più che devozionali ed il continuo negarsi alla preghiera ed alla dimostrazione della Fede con il vissuto quotidiano, cioè con la nostra vita ordinaria, ci fanno comprendere che la nostra Fede sia ormai svuotata, una Fede che non ha più nessun significato, che non ha nessun collegamento con quella che ci chiede Cristo. La Fede che purtroppo dovrebbe essere il sale del cristiano, che dà energia al mondo non c'è più e allora per rimediare la Chiesa ci sprona affinché la Fede sia rivitalizzata mediante la pratica della CARITA’. Dobbiamo fare un carico enorme di amore, condivisione, comunione con tutti, senza aspettare che ci siano ringraziamenti, gratifiche o applausi: RICORDIAMOCI CHE TUTTO CIO’ CHE FACCIAMO PER LA CHIESA, PER IL SIGNORE GESU’, PER LA NOSTRA PARROCCHIA non è per apparire belli davanti agli altri, non è farsi bello o mettersi in mostra ed apparire importante: se pensiamo a questo non c’e’ niente di piu’ sbagliato perché tutto e’ fatto per la gloria e la magnificenza di Dio e facciamo attenzione: fare il bene, cioè fare CARITA’ ci comporterà un beneficio anche a noi, di riflesso, perché al maggior bene prodotto avremo la persistente benedizione dello Spirito Santo. Solamente così potremo capire ciò a cui non sappiamo dare spiegazione né valutazione e saremo in grado di poterle apprezzare perché riusciremo non più a vedere con gli occhi materiali ma con gli occhi del cuore: solo allora capiremo che la barca non è più una semplice barca ma è la nostra vita; che le onde del mare non sono onde del mare ma sono le difficoltà della vita; che Dio stesso Cristo stesso non è Cristo ma è la FEDE che vive in noi.
Marzo 2023
La nostra famiglia Betania sta lavorando molto sul concetto di appartenenza, di condivisione, di comunione e come tutte le famiglie che lavorano bene e nel rispetto della volontà di Dio si presta bene all’azione, invisibile, dell’odio e del disprezzo delle forze maligne che vogliono in tutti i casi minacciare la bontà, la genuinità e l’amore che noi “ betaniani “ cerchiamo di dimostrare agli altri. Per ricorrere ai ripari, come tutte le famiglie del mondo, dobbiamo cercare di coalizzarci in questa battaglia, unendo le nostre forze ma principalmente le nostre preghiere affinché non prevalga la malizia e l’odio del maligno. La nostra presenza nella comunità è davanti all’occhio di tutti e ringraziando Dio anche il Padre Vescovo ci accompagna in questa esperienza, visto che riferisce ad altre comunità diocesane della nostra attività. Ciò ci deve rendere forti e consapevoli che stiamo lavorando non per avere dei vantaggi o popolarità, perché il Vangelo di dice di ESSERE SERVI INUTILI, ma lavorare per il bene divino e non per quello personale. Allora ogni critica ed ogni disappunto posto da chiunque altro tralasciamola, non devono costituire elemento di dissidio tra di noi, non sono fatti per diventare forme di contrasto tra di noi perché la verità è che non possono diventarlo, perché noi siamo diretti a tutt’altre cose. Noi abbiamo avuto la fortuna di un INCONTRO, quello fra le nostre famiglie, che oggi sono assistite dalla forza della Parola del Vangelo e dello Spirito di Dio. Forse non ce ne rendiamo conto, ma il fatto stesso che tutti noi qui proviamo un vincolo di appartenenza, il fatto che cerchiamo di stare sempre insieme, magari anche per un momento di convivialità, dimostra come stiamo vivendo la condivisione fatta a suo tempo dagli apostoli. Riporto ciò che in un incontro all’inizio della nostra esperienza Don Franco ci disse quasi per scherzo e che, vista la situazione corrente nel mondo cattolico e cristiano, come gruppo dovremo pensare non ai semplici incontri fra di noi, ma alla formazione che ci serve per essere nuovi apostoli, perchè siamo indirizzati a capire realmente ciò che il Signore vuole da noi, al pari degli apostoli che all’inizio del Cristianesimo, abbracciando la Verità di Cristo andarono per il mondo per annunciare l’Amore di Dio. Noi non siamo certamente tanto fedeli e seguaci come i primi apostoli ma dobbiamo sforzarci di comprendere di poterlo diventare, ed attraverso il messaggio di Dio, l’amicizia e le nostre affinità cristiane che si stringono sempre di più dobbiamo cercare di portare nella nostra comunità - ed anche oltre - il nostro legame fatto di condivisione e di comunione.
Aprile 2023
Se siamo qui presenti è perché apparteniamo al gruppo Betania che sta cercando di approfondire la propria religiosità e la sua appartenenza ad una realtà che vuole crescere sempre di più per cui nei nostri incontri poniamo in essere discussioni ed aspetti che servono unicamente a migliorare le nostre conoscenze in materia. Abbiamo già detto tante volte, però, che la crescita collettiva, cioè di tutto il gruppo si verifica se nei nostri contatti familiari vi è la stessa crescita che stimola il desiderio di portare la propria esperienza interna nel contesto del gruppo. Allora stasera cercheremo di analizzare e approfondire il rapporto che abbiamo all’interno della nostra famiglia e specificatamente nel rapporto tra marito e moglie, visto che sono i due elementi da cui nasce il vincolo matrimoniale e che avrà come naturale conseguenza la figliolanza, che sarà il futuro della società. Inoltre, proprio perché noi coniugi qui presenti ci definiamo “cristiani” dobbiamo valutare come ci poniamo – sempre come coniugi cristiani – all’interno della casa, che diventa, in questo modo, CHIESA DOMESTICA. Non a caso proprio il Concilio Ecumenico Vaticano II, sessant’anni fa, individuava la necessità di dare importanza a questo nucleo di persone che, oltre ai propri doveri familiari avrebbe dovuto anche rivestire i panni di educatori religiosi. Il dono della FEDE che Dio ha posto nella donna e nell’uomo è rafforzato quando i due diventano una sola cosa col matrimonio e lo consolida quando arriveranno i figli, perché da quel momento in poi essi diventeranno i primi maestri della fede. Come vediamo, allora, i coniugi costituiscono la spiritualità coniugale che non sta a significare solo pregare insieme (e qui ci domandiamo: ABBIAMO PREGATO QUALCHE VOLTA INSIEME AL CONIUGE? Se la risposta è sì, allora è tutto ok ma se è un no allora chiediamoci perché…). Questo per chiarire che pregare vuol dire che all'interno del mio contesto familiare ho una GRAZIA che mi permette di crescere e che in tempi abbastanza lontani, abbiamo già ricevuta sull’altare al momento del nostro sì perché col sì noi non siamo più solo dei semplici e singoli cristiani, ma con la nostra appartenenza la incrementiamo diventando sposi, genitori e seguaci in Cristo. In questo modo permettiamo allo Spirito Santo di scendere su di noi per infondere forza ed energia cristiana. Ma c’è anche un ulteriore aspetto che riguarda i coniugi rispetto alla Fede ed al proprio modo di pregare, e ciò riguarda i figli. La prima cosa da osservare infatti è che i figli, durante la crescita, non solo ascoltano o almeno dovrebbero ascoltare i consigli ed i pareri dei genitori, ma hanno necessità di “vedere”, cioè di osservare e quindi verificare che i due genitori veramente si amano e dimostrano apertamente ciò che solitamente dicono loro. In altre parole, i genitori sono lo specchio della storia dei propri figli che non lasciano trapelare niente di tutto ciò che fanno i loro genitori, nel bene e nel male. E’ chiaro, allora, che se ricevono dimostrazioni positive altrettanto faranno anche loro ma se da quanto impartito avranno avuto solo un segno negativo certamente non daranno alcun buon apporto alla società. Da questo ci accorgiamo quindi che il rapporto tra marito e moglie dovrebbe essere preso in considerazione molto attentamente. Di solito il tutto si ferma all’esteriorità, in cui i due esplicano solo le formalità coniugali senza scendere nelle profondità del rapporto stesso: quindi, c’è stato il matrimonio, la festa, ci sono i giorni belli della spensieratezza, la libertà che forse è mancata a tutt’e due, i figli che stanno per arrivare ma ci chiediamo… è questo il legame coniugale? E’ tutto qui la base della società? Ci domandiamo, invece, cosa dire o discutere col coniuge per valutare cosa succede tra i due oltre la quotidianità che vivono regolarmente? Entrano mai in sintonia con argomenti non sempre all’ordine del giorno? Tutto questo noi lo abbiamo visto leggendo AMORIS LAETITIA, di Papa Francesco, che riporta considerazioni e suggerimenti che fanno capire l'essenziale dell'amore tra i coniugi. San Tommaso d’Aquino definisce l’amore coniugale come unico, in quanto pur proveniente da due diverse persone si rafforza in un singolo bisogno di rafforzare il sentimento mediante la grazia, cioè gli sposi si muovono, agiscono, operano, ma è lo Spirito Santo che è su di loro che gli permette di rivitalizzare il legame che li unisce. Deve solo individuare che gli sposi siano attenti alla Sua presenza e dunque, cosa deve essere fatto per far sì che lo Spiro Santo possa riconoscere questa predisposizione dei coniugi? L’amore vissuto dagli sposi non può prescindere da tre parole:
- CONSOLIDARE
- APPROFONDIRE
- CRESCERE
Per prima cosa va consolidato l’amore esistente tra i due sposi che si sono scambiati al momento della scelta.
All’inizio si tratta di un amore che potremmo definire acerbo, perché si è all’inizio, non ha ancora radici nel cuore dell’altro, per cui si è ancora un po’ diffidenti.
Ma stare insieme, vivere emozioni e situazioni unitamente fanno sviluppare un legame che porta inesorabilmente a vincolarsi sempre di più: è una forza attrattiva che si chiama AMORE RESPONSABILE.
In forza dell’amore dichiarato, lo Spirito Santo ne riconosce la validità e lo appoggia, fortificandolo e rendendolo saldo nelle avversità della coppia. Il nostro amore come sposa e sposo cresce se permettiamo allo Spirito Santo di agire all'interno della nostra famiglia. Per questo motivo quest’amore va approfondito, dev’essere valutato e considerato e trattato in modo che possa essere sempre crescente.
ATTENZIONE: l'amore coniugale viene prima di tutto, prioritario, prima del lavoro, prima della casa, addirittura anche prima dei figli che sono il frutto di questo amore e non deve essere intenzionale, nel senso che l’amore dato non deve attendersi una corrispondenza: è un dono, e come tale non deve essere contraccambiato per dovere ma per sentimento. Ci sono due persone che si donano, questo è ciò che abbellisce il matrimonio cristiano. Il grande nemico dell'amore è l'abitudine, cioè quell’insieme di cose ordinarie che caratterizzano la nostra vita giornaliera e che limitano le nostre conoscenze a tal punto che non ci accorgiamo nemmeno di avere al nostro fianco un mondo inesplorato di risorse preziose. Ciò vuol dire che io non devo chiudere gli occhi perché altrimenti non potrò mai vedere che cosa ho di straordinario davanti. Quando ci siamo sposati abbiamo fatto una promessa, nella buona e nella cattiva sorte e talvolta ci facciamo forza e ci riteniamo consapevoli di avere tanta forza e coraggio nel sapere affrontare tante disavventure, ma in realtà non sappiamo che in definitiva è lo Spirito Santo che ci assiste ed aiuta a mantenere questa promessa. Perciò se riusciamo a capire tutto ciò vuol dire che il nostro percorso e la intesa coniugale hanno prodotto i propri frutti. La nostra fede è cresciuta. Questa è la realtà, non è fantasia, perché nulla è impossibile a Dio.
Allora domandiamoci: dopo tanti anni di matrimonio il nostro amore è cresciuto? Vediamo a che punto è arrivato il nostro amore. La chiesa domestica deve partire da questo, altrimenti non parleremmo più di chiesa domestica ma di Famiglia Cristiana. Se Gesù per poterci parlare dell’amore verso Dio Padre si è incarnato in un essere vivente perché aveva necessità di un corpo, per far vivere in noi lo Spirito Santo abbiamo bisogno che il nostro corpo rispecchi la gloria dello Spirito Santo che ci fortifica in continuazione: basta solo volerlo e richiederlo. In conclusione: restiamo sempre due persone con le nostre fragilità, ma l’attenzione che poniamo verso queste fragilità ci rende cauti e ci rende più inclini a chiedere forza allo spirito di Dio ed il risultato è evidente: ne usciamo forti, molto forti, più forti addirittura della morte, visto che chi ha veramente vissuto un matrimonio cristiano non lascia il proprio amore davanti ad una bara.
ATTIVITA’ PARROCCHIALE
della FAMIGLIA BETANIA
Tra le varie attività intraprese quest’anno dalla nostra Famiglia Betania vi è la partecipazione agli incontri di preparazione al matrimonio delle coppie di fidanzati che diranno il loro “sì” quest’anno e che si presentano alla nostra comunità per seguire il previsto calendario di formazione prematrimoniale. La Famiglia Betania è stata invitata per quattro incontri a rappresentare a tali coppie la propria attività, i propri obiettivi e, per quanto possibile, fornire tutte le delucidazioni, pareri e alternative richieste in tali incontri che potevano spaziare dal fidanzamento ai litigi, alla nascita dei figli, all’allontanamento ecc. Inoltre, la Famiglia Betania ha partecipato con assoluta dedizione alla celebrazione della Quaresima 2023 vivendola con passione e determinazione. Anche in questo caso sono stati riportati i riassunti dell’esperienza realizzata. Quindi, in definitiva ho ritenuto utile riportare i primi due incontri, che sono quelli basilari per la costituzione di una nuova famiglia e che rispecchiano in definitiva le aspettative che non solo i prossimi sposi cercano di realizzare, ma anche ciò che si aspetta la Chiesa dalla loro unione e ciò che serve per vivere costantemente ed assiduamente la quaresima per tutto l’anno.
ANNO PASTORALE 2022-2023
“Itinerario per fidanzati”
- IL PERIODO DEL FIDANZAMENTO
Stasera ho il piacere di inaugurare il ciclo di incontri con voi fidanzati, prossime coppie di sposi che nell’arco dell’anno 2023 diranno il proprio “sì” per formare nuove famiglie. Questo incontro si incentra sulla composizione della famiglia non intesa come quantità di persone che la formano, ma come insieme di risorse e di patrimonio individuale. Per questo motivo iniziamo con la nostra famiglia Betania di cui sono coordinatore: l’intitolazione è stata voluta dal caro don Franco Catrame, precedente parroco di questa parrocchia che ha retto fino al mese di settembre dell'anno scorso. Personalmente ho avuto il piacere dell'invito da parte del nuovo parroco Don Antimo Vigliotta di partecipare a questo progetto per l'operazione con le coppie che formeranno le prossime famiglie per due motivi:1°) perché ciò mi pone nella veste di testimone di vita vissuta dalla famiglia Betania in quella più grande che è la parrocchia; 2°) perché avendo compiuto diversi studi in questo contesto sono riuscito anche ad elaborare alcuni testi pubblicati che riguardano proprio questo genere di argomentazione e che mi danno adesso l'opportunità di poter dare un piccolo contributo al vostro progetto di vita in comune. Questo itinerario per voi fidanzati intende favorire la vostra crescita umana e spirituale cercando di aiutarvi a rileggere l'esperienza del vostro amore alla luce del Vangelo: è un cammino rivolto a tutti i giovani che vogliono vivere più in profondità la ricchezza del periodo di fidanzamento. Betania è una famiglia inizialmente composta da pochi gruppi. Oggi si sta trasformando in una piccola comunità e per questo lascia sempre le sue porte aperte a tutti coloro che vogliono dare un senso alla propria vita. Lo spirito dell'antica città chiamata Betania, che significava apertura verso la società in realtà oggi assume maggiore contenuto in riferimento alla propria disponibilità alla condivisione ed alla comunione con gli altri senza alcuna distinzione di sesso razza o colore politico. La sua formazione si basa sui dettami di Papa Francesco del quale studiamo encicliche e testi vari che pongono la famiglia al centro del suo pontificato e per diverse ragioni. Innanzitutto perché il nucleo familiare deve essere necessariamente rivalutato e riconsiderato nella sua più ampia importanza dato che la pone come piccola chiesa domestica. Attenzione: non stiamo parlando di famiglia come struttura sociale ma proprio come raggruppamento in termini religiosi perché la famiglia prima che appartenere alla società appartiene a Dio perché da lui costituita. Quindi noi parleremo della famiglia come centro di risorse religiose collegata alla natura stessa della famiglia e ci aiuteremo con le stesse presentazioni che ci fa Papa Francesco. Il Papa infatti è consapevole della leggerezza con cui oggi tante coppie di giovani affrontano il senso matrimoniale per questo egli invoca maggiore coinvolgimento anche da parte della circostanza e comodità mediante corsi, incontri e preparazioni adatte a dare consapevolezza alle scelte degli sposi sempre presi dalle più frivole attività dei preparativi. Per questo motivo egli tiene a precisare che il matrimonio va inteso come un cammino di maturazione senza avere aspettative troppo alte. Secondo la sua visione bisogna inculcare nella mentalità dei giovani che la parola del Signore per quanto difficile sia da intendere è gioia perché per ricolmare i cuori e la propria vita bisogna solo aderire al Suo progetto, il resto sarà opera di Dio. Penso che ognuno adesso stia pensando che sarebbe una cosa bella se però fosse vero e se si potesse porre rimedio alle cose negative del mondo. Vedete, la Parola di Gesù ha una risposta per ogni preoccupazione che c'è. La base di partenza è quella che in realtà il nostro pensiero deve un poco adeguarsi a un nuovo modo di concepire la coppia. Secondo voi la religione o meglio il Vangelo di Cristo potrebbe essere visto come una soluzione ai nostri problemi? La risposta è sì nella misura in cui sappiamo trarre dalla narrazione dei fatti, dagli eventi indicati nel Vangelo, la corrispondente verità, la morale, o la spiegazione al nostro problema!!!! Si potrebbe obiettare che sono belle parole ma di difficile considerazione è giusto ed è per questo che dobbiamo partire dalle fondamenta. D'altra parte una casa senza fondamenta non dà sicurezza e comunque pregiudica la sicurezza e la stabilità dell'intero fabbricato quindi la famiglia che non pone le sue basi sulla concretezza delle proprie consapevolezze rischia di crollare di fronte agli scossoni della vita. Non vogliamo dire che la famiglia improntata nel Carisma Cristiano sia immune dei pericoli che sono al di fuori della porta di casa ma forte delle energie che le è stata impressa dalla formazione e dalle convinzioni cristiane potrà sicuramente ad affrontare simile avventura. Partiamo dal presupposto che l'uomo e la donna non sono soltanto due persone, due corpi due fisici, due materialità. Essi rappresentano specialmente due mondi autonomi, complessi straordinari che oltre al proprio materialismo sono fatti anche di risorse intime indecifrabili ed ognuno ha le sue potenzialità, perché Dio ha concesso loro di essere semplicemente unici, cioè non troveremo mai una persona che sia uguale ad un'altra, potrà avere dei caratteri psicosomatici o anche in quelle caratteriali ma mai uguaglianza. Perché Dio non ci ha creato in serie? perché ci ha fatti in esclusiva? Ci siamo mai posto questa domanda? Proviamoci! Ci hanno sempre detto che Dio ha creato l'uomo e la donna per far costruire la famiglia ma è una frase ridotta ai minimi termini; in realtà la creazione di queste due figure è collegata alla creazione di un mondo nuovo in cui due diverse realtà si fondono per diventare un unico centro di interesse e da cui in seguito si svilupperanno tutte quelle risorse e tutti quegli elementi che caratterizzeranno il regno voluto da Dio. Quindi non Creati per essere singoli ma per appartenere al mondo per abitarlo per rispettarlo per renderlo ricco e gioioso agli occhi del Signore. In altri termini l'uomo e la donna devono congiungersi innanzitutto a livello relazionale per modificarsi, per integrarsi e per migliorarsi affinché la successiva vita di coppia sia una diretta e felice conseguenze di quanto unito. E in questo modo che i rispettivi caratteri si modificheranno senza alcun dubbio anche se talvolta vogliamo far ridurre rispetto al coniuge fare muro contro muro snobbarsi e solo scopo di far prevalere la propria idea sull'altro o sull'altra è tutto fuoco di paglia. Di scaramucce ce ne saranno a migliaia e termineranno in pace o muso lungo a seconda se uno dei due saprà e farà il passo di riconciliazione. E questo momento diventa fondamentale per la crescita della relazione di coppia. Molte volte anche avendo ragione in una discussione ci si scusa come se si avesse torto e questo l'atteggiamento difficile da adottare talvolta perché è difficile a considerarlo che ci può dare la consapevolezza che ci fa cambiare apportando beneficio e possibilità alla nostra relazione con il nostro partner. Il rapporto che vede la coppia partecipante alla realizzazione del progetto Divino inizia come da manuale: c'è l'incontro, la conoscenza reciproca, l'innamoramento, le affinità del fidanzamento, il matrimonio quindi la famiglia. Quindi tutto ciò che essa farà è una diretta conseguenza di ciò che Dio pone in essi per far conoscere la propria volontà fatta di amore e di misericordia. Ci domandiamo se seguendo questo concetto non daremmo ragione alla definizione della religione come oppio dei popoli? La risposta potrebbe essere certo di sì se proseguissimo in questa direzione ma come sempre c'è un ma: infatti, alla fine di ogni singola predisposizione Dio ci lascia il libero arbitrio, per cui siamo sempre noi a scegliere che genere di scelta voler operare. In questo percorso che per tanti è un semplice andamento del rapporto di coppia si sviluppano invece tanti elementi che evidenzieranno le virtù e i difetti del futuro di coppia: ricordiamoci infatti che gli sposi, cioè voi, lascerete padre e madre i due per unirvi a costituire una carne sola. È vero che ognuno di voi è attratto dalla bellezza del compagno, della compagna, dagli atteggiamenti, dal sorriso, da altri elementi piacevoli ma quando oltre a questo incontro vi è anche l'apertura del cuore nell'altro soggetto solo allora potremo dire che è veramente scioccata la famosa fiamma d'amore. I due soggetti della coppia inizieranno a prendersi cura dell'altro reciprocamente quasi per forza di inerzia ma devono sapere è una consapevolezza che viene da lontano da un appartenenza Divina ed è proprio in questo legame che si deve evidenziare la riconoscenza al Signore. Perché secondo voi ci si sposa in Chiesa? Non basterebbe andare in Comune? Ci si sposa in chiesa per dare senso reale al desiderio espresso da Dio nel vedere compiere il miracolo dell'unione tra i due suoi prescelti cioè gli sposi. Quindi ritorniamo al concetto di base che non siamo noi a sceglierci ma è qualcun altro che lo consente al fine di poter creare le condizioni per realizzare il suo disegno su questa terra. Quindi se il Signore ha progettato un suo disegno per ognuno di noi, col matrimonio egli unisce due strade e due progetti per realizzarne uno solo: questo è il principio per cui essi avranno un'unica vocazione. Egli nel selezionarci ci affida un compito non proprio facile: costruire, formare, rafforzare una famiglia cioè quella cellula primaria della società che diventa Santa per diretto intervento di Dio e se non dimentichiamo che il Signore ci offre il suo aiuto in ogni istante della giornata allora non abbiamo motivo di non aver Fede e nell'essere fiduciosi e per essere consapevoli se lo siamo meno andremo a verificare il sistematicamente il nostro rapporto con Dio. Come? Dio parla di ognuno di noi a seconda del carattere del lavoro che esplica degli incarichi delle rivesti eccetera e noi siamo obbligati a rispondergli per ricevere la sua parte di Santità per beneficiare delle sue infinite Grazie. Per comprendere un po’ il senso di quello che stiamo celebrando, dobbiamo rifarci all’enciclica AMORIS LAETITIA nel cui quarto capitolo ritroviamo un po’ il caposaldo di tutta la struttura dell'enciclopedia stessa. E’ l'inno di San Paolo e riporta il commento di Papa Francesco ai concetti espressi da San Paolo circa l'unione matrimoniale. Nella realtà questo capitolo riepiloga un po' quelli che sono i consigli pratici ai novelli sposi, che veramente tendono alla costruzione di un rapporto solidale e unico con il proprio partner ed è anche emblematico il titolo dato dal capitolo in questione: L'amore nel matrimonio che si presta attraverso la benevolenza l'assenza di invidia la mobilità il rifiuto dell'aggressività e il perdono la volontà di scusarsi la fiducia la speranza e ultima ma non per ultima la capacità di sopportazione. Il cammino che gli sposi devono intraprendere con la vita coniugale non può basarsi solo sul proprio amore non basta raggiungere il livello di perfezionamento che consente loro di vivere a pieno la bellezza della loro unione. Bisogna rivitalizzare ogni giorno quell'amore, per far sì che esso diventi il motivo centrale della vita di coppia. Come? con la pazienza, la benevolenza, l'altruismo ed il Perdono. Nell'amore spesso tra i coniugi si evidenzia l'amore stesso di Dio, nel comportamento degli Sposi si deve ricalcare il concetto espresso da Dio, quindi gli sposi non devono farsi sorprendere dall'istinto e lasciarsi prendere dal desiderio di reagire, controbattere a chi le offende. Essere pazienti però non significa soggiacere alla supremazia o alla tirannia del potere dominante, essere paziente vuol dire prendere coscienza del torto subito e non reagire impulsivamente. Notiamo come la pazienza non sia una semplice accettazione della sottomissione ma diventi un meccanismo nel quale la nostra coscienza prende forza e si consolida da questo momento in poi prendiamo consapevolezza di fare bene e del bene. La pazienza dunque non è un sentimento ma un movimento che porterà solamente al bene. E nel vivere con amore ci si accorge che l'io lascia il posto agli altri perché ci sta cuore tutto ciò che di buono come il nostro prossimo tralasciando invece il proprio posto. Se permettiamo al male di entrare nella nostra vita e ancor di più nel nostro intimo corriamo il rischio di annidarci dentro un rancore che crescerà sempre di più, perché invaderà tanti aspetti della nostra vita e così facendo iniziare a pretendere ritorsione o vendetta il perdono invece rende accomodante ogni situazione rende possibile ogni genere di pace. Nel contesto familiare i gesti che si producono ingrandiscono l'unione tra i componenti della famiglia e li fortifica allo stesso tempo perché evidenziano quel legame sentimentale che contraddistinguono ogni movimento. Basta che semplici parole come Permesso, Grazie, scusa siano evocate spesso per poter dare più senso alla vita familiare. Quanti silenzi infatti pregiudicano e causano danni alle famiglie. Conclusione: un grande sacerdote siciliano Padre Matteo La Grua, scomparso nel 2019, indicava spesso le condizioni da osservare per ottenere un buon cammino unitario della Coppia. Egli interpretava l'unione degli sposi non come l'inizio di una favola bensì come la sua fine visto che col matrimonio finiscono le belle cose che ci si aspetta di avere e inizia un nuovo tipo di vita tutto scuro ed ignoto che nasconde ogni possibile novità che a seconda delle proprie idee possono essere anche superiori alle aspettative. Perché? Perché nei giorni che seguono la celebrazione del matrimonio gli occhi si spalancano sulla scenografia della realtà e gli sposi iniziano ad interpretare non più il ruolo degli spettatori bensì quello degli attori del film che si gira, un film la cui trama si basa esclusivamente sull'abbandono al partner, all'amore e alla fiducia che si ripone nel coniuge. Cosa fare allora per chiedergli l'equilibrio nell'Unione? Secondo padre La Grua la realtà va affrontata con coraggio unitario e con fede. Gli sposi non devono dar retta a parenti ed amici ma hanno un solo obbligo sentire il peso delle proprie responsabilità per un solo motivo: la voce dei sentimenti ha un lasso temporale definito, cioè quello della vita, per cui non si può creare una famiglia basandola su criteri che hanno una limitata validità temporale. Invece bisognerebbe dar retta a un qualcosa che duri di più nel tempo e che rispondesse alle proprie esigenze, a quell'amore giurato davanti a Dio, che si presterà a dare conforto ad ogni nostra azione e contro cui nessuno potrà mai prevaricare.
- LA NASCITA DEL PRIMO FIGLIO
Come è ben immaginabile, l’arrivo di un figlio all’interno di un nucleo familiare comporta un disequilibrio della normalità e di tutto ciò che costituivano le operazioni che si facevano precedentemente. Per certi versi non si tratta solo di un improvviso cambiamento delle abitudini cui eravamo molto piacevolmente abituati a fare ma quello che invece ci preme forse di più: IL DISAGIO, cioè quello stato di cose che ci vede costretti a fare cose mai fatte prima ed a sottostare a determinate cose che molto difficilmente avremmo fatto prima, e questo in virtù della presa di conoscenza di un nuovo stato familiare. In questa circostanza siamo consapevoli che tutto che era prima adesso sarà difficile, se non impossibile eseguire senza una ferma coscienza che ad ogni azione cui siamo diretti corrisponderà un livello di responsabilità quasi interiore, che anche se non esternamente visualizzabile, ci umanizza in quanto prende nel sentimento più puro che è quello dell’amore è per la famiglia. L’arrivo di un figlio, quindi, comporta inevitabilmente una riorganizzazione nella struttura e nella movimentazione della famiglia. Già in questa delicata fase assistiamo ad un fenomeno mai registrato prima: l’innalzamento del livello di maturità della coppia perché trovandosi di fronte a una serie di innovazioni nel contesto umano, se non è preparata può diventare vittima di quei cambiamenti e riflettersi sull’equilibrio della coppia, portandola veramente alla crisi. Durante il periodo di fidanzamento, in genere, sui parlotta un po’ sull’argomento, trattandolo solo nell’aspetto positivo, tralasciando quelle che sono o potrebbero essere le difficoltà o gli imprevisti post matrimoniali: già di per sé, aver trattato solo di temi positivi, è da considerarsi in errore perché ciò potrebbe pregiudicare il rapporto fresco fresco di istituzione. Ma ci auguriamo sia solo a titolo di scaramanzia (anche se sappiamo bene che in tutto ciò che si fa siamo sempre e solo noi gli arbitri del gioco). Vedete, l’arrivo di un bebè in famiglia è una rivoluzione copernicana, che non investe solo i neo genitori ma interessa anche le relazioni che ricorrono con gli altri parenti, specie con i neo nonni, con i quali vanno intessuti nuovi tipi di rapporti sociali, visto che si tratta di un evento multi generazionale (ci sono infatti i neo genitori, i neo nonni ma anche neo zii, i neo cugini, ecc,.). CHE TRASFORMAZIONE! Ma andiamo per fasi: la prima che incontriamo è la GRAVIDANZA. Solitamente la notizia di una gravidanza dà piacere principalmente alla mamma cui seguono subito le nonne e poi papà e nonni. VERO? In questo periodo è tutto fiori e rose: lo stato di grazia in cui si trova la donna contagia tutti coloro che le sono intorno. Si vive contemplando la gioia dell’arrivo che sarà, dei sorrisi che esprimerà il nascituro, dei sentimenti con cui lo si allieterà per intere giornate stringendolo fortemente in braccio. MA ATTENZIONE: è in questo momento che non va dimenticato che il futuro non si scrive come lo vogliamo noi, ma si presenterà bene o benissimo, ma talvolta può presentarsi anche con qualche difficolta’ ed allora non bisogna demordere, e occorre trovare forza in altro. Quindi, si passa dalla leggerezza con cui si è goduto dell’attesa alla depressione in cui si abbatte perché … le cose non sono andate come volevamo noi… Questa delicata situazione va subito considerata perché l’immediatezza con cui si opera presta coraggio ed energia nell’affrontare gli imprevisti del caso. E’ su questa energia che la nuova famiglia troverà il vigore per affrontare poi in futuro le sfide che le si presenteranno. A dare forza infatti non saranno solo il papa e la mamma, ma anche un bambinello che non sa ancora parlare con la propria voce ma che sa però dare voce al proprio cuore, col proprio sguardo e la propria tenerezza. Seconda fase: NASCITA. L’ingresso tra le pareti della casa del nuovo ospite come abbiamo detto sconvolge il ménage finora in corso in famiglia: da questo momento, col varcare la soglia dell’entrata della casa il bebè romperà equilibrio di ogni sorta: non ci saranno orari prefissati per le cose prima standardizzate, non ci sono divertimenti o appuntamenti da poter programmare se prima non si è in grado di determinare i fabbisogni e le necessità del bimbo/a e quelli propri, ovviamente adattati alle circostanze. Come abbiamo già visto: l’impreparazione a queste situazione da parte dei neo genitori può sfociare in continui distacchi, liti, e può arrivare alla famigerata crisi. Va infatti rivisto il rapporto fra di loro per assestarsi su un altro tipo di equilibrio che tenga conto delle variazioni da apportare. Infatti, la dinamicità con cui girava l’affiatamento marito – moglie adesso viene leggermente aggravato dalla presenza di un terzo che, in questa circostanza diventa incomodo, ma lo è solo per il tempo strettamente necessario ad accudire alle sue esigenze: fatto questo il rapporto fra i due potrebbe tornare senz’altro nei limiti di quelle che erano le precedenti abitudini. Diventare padre e madre comporta necessariamente l’assunzione di un tipo di responsabilità cui non si era abituati per il fatto stesso che non se ne era mai parlato o messo in considerazione. E questo comporta timori e paure da affrontare subito, magari anche con l’aiuto di persone più esperte, quali i … nonni. Ma diciamo anche che ciò si verifica intorno al primo anno di vita, quando ancora il ritmo di vita del bambino non è tanto esigente quanto lo diventa tra il secondo ed il terzo anno, cioè quando la sua vita inizia a cambiare per la necessità di trovare altri contatti ed altre sensazioni, riducendo ancor più il tempo a disposizione dei genitori e riportandoli quindi ad una limitazione delle proprie risorse e della propria vita privata, ma ciò dipenderà sempre da come ci si vorrà approcciare alla vita a tre. Terzo momento: IL FIGLIO REALE E’ ANCHE IDEALE? I neo genitori hanno atteso nove mesi prima di poter vedere il proprio figlio/a e tale attesa specie per il primogenito, è maggiormente avvertita. Nel periodo dell’attesa, essi hanno elaborato tante fantasticherie e tanti progetti sul nuovo soggetto che sta per arrivare fino ad idealizzare un tipo di figlio che farà questo o quello, diventerà questo o quello, e poi, semmai, vedremo come poter fare…. In altre parole abbiamo disegnato per il prossimo arrivato una programmazione trentennale che tiene conto solamente di ciò che vogliamo o desideriamo noi, e non abbiamo per niente valutato che quel nuovo arrivato è un cumulo di risorse che gestirà autonomamente e secondo modalità che egli stesso riterrà opportune. Nelle nostre considerazioni in fatti, non abbiamo tenuto contro del suo stato fisico, delle sue emozioni, delle sue tendenze, della sua personalità. In realtà, i genitori agendo in tal modo non stanno aiutando il proprio figlio a crescere, ma lo stanno già prevaricando, lo stanno caricando già di imposizioni cui lui sicuramente non vorrà sottostare. Per questo motivo il bambino crescerà attorniato da fantasie e desideri che contageranno il suo modo di comportarsi, ed influenzeranno negativamente le sue potenzialità che potranno essere ridotte o addirittura annullate. L’importanza quindi dei genitori e ancor di più dei nonni, che solitamente sono i più “accoglienti” è quella di assicurare al figlio una vita fatta senza filtri e senza limitazioni soggettive. Quarta fase: L’EQUILIBRIO FAMILIARE Le necessarie cure per il bambino e l’interessamento alla sua salute da parte della mamma genera necessariamente e molto sovente, un allontanamento del consorte, allo scopo di poter prestare le dovute attenzioni alle necessità del nuovo arrivato. Può sembrare strano ma la forza del marito potrà essere determinante nell’equilibrio fra madre e figlio, perché dovrà essere in grado di contenere gli innumerevoli cambiamenti di umore cui assisterà mei mesi successivi al parto. Le statistiche che rilevano i casi di crisi coniugali riportano un’alta percentuale di casi in cui il marito avrebbe abbandonato la moglie nell’assistenza di cui parlavamo prima. E questo stato di cose fa nascere il sospetto, oggetto di completa rottura tra le parti, che ci fosse un disinteresse per le problematiche di che trattasi o magari un menefreghismo di sana natura maschilista. La relazione a tre è sotto molti aspetti un nuovo modo di stare insieme anche per quelle coppie che anche se vivono la propria esperienza relazionale da più tempo assisteranno anch’essi ad un radicale cambiamento delle relazioni familiari, perché dovranno agire e fare tutto in funzione della disponibilità verso il nuovo arrivato che ne cattura l’attenzione e si presta a gratificare con un piccolo sorriso. Quindi come potremmo chiudere questa prima fase? Potremmo dire che prepararsi al lieto evento vuol dire non solo essere felici per il prossimo evento che caratterizzerà la gioia di una famiglia, ma anche gestire tutto in modo da saper adeguatamente accogliere il cambiamento, con le cose belle e quelle meno belle che potranno derivare da quella nascita.
QUARESIMA 2023
Primo Incontro
Quante volte ci abbandoniamo alla nostra tristezza, al nostro pietismo, alla nostra voglia di non fare nulla perché ci sentiamo dimenticati da Dio, come se ci avesse lasciati in balia della nostra vita e della nostra sorte? Quante volte siamo sopraffatti dal pensiero che nulla possiamo fare perché non vediamo alcuna possibile soluzione ad un problema che ci troviamo intorno? E’ la nostra natura umana che ci spinge verso la crisi, verso il baratro. Ma peggio ancora è la consapevolezza che siamo fortunati ad aver un aiuto, un appoggio talmente grande che non riusciamo persino a sentirlo e vederlo. Siamo talmente presi dai nostri inutili pensieri quotidiani che, sempre secondo noi, devono essere risolti altrimenti non stiamo bene in pace con noi stessi. Ancora una volta, quindi, siamo portati a considerarci come unico rimedio a noi stessi ed alle nostre afflizioni, dimenticandoci che, invece, non siamo noi a trovare le risposte giuste ma siamo solo il mezzo con cui affrontare tali problemi. Facciamo degli sforzi spaventosi per proporci da soli contro le avversità della vita eppure non ricordiamo ciò che Dio ci dice continuamente” chiedete, e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”. Quante volte abbandoniamo l’idea che Dio sta aspettando un nostro invito, una nostra richiesta a che possa inviare il proprio Spirito su di noi per alleggerirci del peso che ci carichiamo inutilmente e che tante volte non riusciamo a sopportare? L’uomo è diventato talmente egoista da pensare che può farcela senza alcun aiuto. E quando vi riesce diventa così indifferente al ricorso a Dio che non considera più la preghiera come lo strumento più valido e potente per difendersi. Se solo pensassimo e riflettessimo quanto ci offre Dio Padre potremmo capire quanto ci fa diventare intelligenti perché riflettere e meditare continuamente sul nostro comportamento, sulle relazioni che allacciamo con i nostri simili, alle emozioni che suscita in entrata ed in uscita dalla nostra anima… ci procura più capacità di assimilare concetti e nozioni fondamentali non solo per la nostra anima ma anche per il nostro stesso modo di vivere nella comunità in cui troviamo. Questo atteggiamento che ci assorbirà ci mostrerà al pubblico per quello che siamo realmente: seguaci di Cristo. Dice il Signore “… dal modo in cui vivrete e vi amerete capiranno che siete fratelli”.. In questo modo facciamo presente a chi ci osserva che nessuno come noi potrà mai avere a disposizione un Dio che ricorre ad ogni invocazione del suo popolo perché forte della Fede che Lui stesso ci ha consegnato al momento del nostro Battesimo. E queste cose che riceviamo in dono Noi Fedeli di Cristo siamo obbligati a non dimenticarcelo ma anzi siamo tenuti a tramandarlo ai nostri figli ed ai figli dei nostri figli. Tutto ciò per confermare che noi cristiani dobbiamo vivere col Cuore e non seguire la monotonia del giorno. Ciò realizza il volere di Dio, dà piena attuazione alla Sua Legge. Anche Gesù, nel far rispettare la Legge che prevedeva l’osservanza dei Comandamenti rilasciati a Mosè dichiara che è necessario tenere fede a quelle indicazioni ma la Sua venuta non è in contrasto con quelle leggi e perciò non dispone la loro cancellazione ma serve a dare concretizzazione a quelle Leggi. Papa Francesco dice che: ”Gesù non dà importanza semplicemente all’osservanza disciplinare e alla condotta esteriore. Egli va alla radice della Legge, puntando soprattutto sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie. Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito, che ci rende capaci di vivere l’amore divino. (Angelus, 16 febbraio 2014)
QUARESIMA 2023
Secondo incontro
Molte volte, anche negli ambienti della Chiesa si riscontrano avversità che non dovrebbero esistere in nessun modo, visto che la partecipazione della Chiesa è totale ed unanime: tutti i fedeli sono caratterizzati dal fatto che hanno un unico e stesso Credo che li uniforma nella vita e nella preghiera. Quindi quando sentiamo voci che rappresentano un senso di divergenza allora vuol dire che si tratta di sintomi di allontanamento da Dio, perché nell’animo di chi persevera in questo modo di fare si sta facendo strada la tentazione diabolica che distoglie l’attenzione dal proprio cuore per far posto al proprio malcontento ed alla maldicenza. Nel Vangelo è riportato l’esempio di Gesù che scaccia i demòni ma la folla, che in questo caso rappresenta la diversità di pensiero anche se si trova nella stessa città (e quindi rappresenta l’avversità alla fede) lo incolpa di appartenere addirittura a Satana. Papa Francesco ci dice che :” Questo episodio contiene un ammonimento che serve a tutti noi. Infatti, può capitare che una forte invidia per la bontà e per le opere buone di una persona possa spingere ad accusarla falsamente. Qui c’è un vero veleno mortale: la malizia con cui in modo premeditato si vuole distruggere la buona fama dell’altro. Dio ci liberi da questa terribile tentazione! E se, esaminando la nostra coscienza, ci accorgiamo che questa erba cattiva sta germogliando dentro di noi, andiamo subito a confessarlo nel sacramento della Penitenza, prima che si sviluppi e produca i suoi effetti malvagi, che sono inguaribili. Siate attenti, perché questo atteggiamento distrugge le famiglie, le amicizie, le comunità e perfino la società. (Angelus, 10 giugno 2018) Quindi facciamo tanta attenzione su ciò che diciamo o facciamo, per non provocare inutili battibecchi nella chiesa, per non creare velleità e/o sdegno in chi ci guarda, per non affossare la carità e la misericordia che tanto generosamente invece Cristo ci regala in ogni istante della nostra vita. Ci può essere d’aiuto ciò che ci consiglia Gesù in queste occasioni: pregare, pregare e pregare ancora, per far sì che non prestiamo al nostro nemico l’opportunità di creare crepe nella nostra anima che fanno male agli altri ma specialmente a noi stessi. Un valido aiuto in tal senso è il riconoscersi provocatore e quindi causa del male inferto, umile peccatore di ciò che è provocato con il proprio modo di fare. E di conseguenza, chiederne perdono. Papa Francesco ci fa riflettere anche su questo quando ci dice:” Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita! Anche in famiglia, anche in famiglia: quante famiglie disunite che non sanno perdonarsi, quanti fratelli e sorelle hanno questo rancore dentro. È necessario applicare l’amore misericordioso in tutte le relazioni umane: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, all’interno delle nostre comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica. (Angelus, 13 settembre 2020)
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Quelli che seguono sono semplicemente degli spunti di riflessione, cioè degli argomenti posti in essere a seguito di una particolare riflessione o meditazione che hanno originato una certa importanza e quindi la necessità di rendere partecipi tutti gli appartenenti alla famiglia Betania. Sono constatazioni di fatto che provengono dalla vita reale e che possono provocare disagi o tensioni nel mondo reale. Per questo motivo credo sia utile considerare i diversi aspetti che hanno attirato la personale attenzione e le fondamentali considerazioni che vanno poste affinché tali riflessioni servano a farci crescere sia a livello personale che collettivo, rendendoci sempre più pronti all’azione dello Spirito Santo per portare a tutti la Parola di Dio e l’esperienza della nostra Fede che ci autentica come cristiani e seguaci di Cristo.
- COME PARLARE?
Cerco in tutti i modi di esprimermi, in tutti i casi ed in tutte le circostanze, in parole povere e senza usare termini intellettualoidi, per far in modo che vi sia un maggiore coinvolgimento in chi mi sta di fronte e che possa, in tal modo recepire adeguatamente il significato della mia esternazione. Questo atteggiamento in genere dovrebbe procurare solamente un’apertura dell’animo di chi mi sta di fronte al dibattito, alla buona conversazione, dovrebbe trattarsi di un incoraggiamento a poter discutere genuinamente e senza mezzi termini di qualsiasi argomento si trattasse. Così facendo, l’interlocutore porrebbe tra di noi ogni dialettica ed ogni pensiero personale in modo semplicemente fluido, in un modo intellegibile che agevolerebbe il confronto fra le parti. Ma la cosa che mi sorprende talvolta è che quando si creano queste possibilità, il livello di dibattito s’innalza sempre di più, in quanto ognuno è portato ad esprimere la propria opinione ed il proprio parere in modo genuino, reale, senza alcun nascondimento di pensiero, senza alcuna riserva mentale. In altre parole, si comunica effettivamente ciò che ci si sente di dire, non si nasconde il proprio modo di vedere le cose e, alla fine, il significato del dibattito è realmente raggiunto. Quando si verifica invece l’esatto opposto, cioè si parla tanto per perdere un po’ di tempo, oppure perché non si hanno argomenti importanti da porre in esame, alla fine ci si accorge come il contenuto della discussione è stato scialbo, senza alcuna importanza, né per il tempo dedicato al confronto, né per le risorse sprecate per dedicarvisi inutilmente. Ecco, questo è l’esatta sensazione di ciò che provo quando dopo aver parlato con diversi soggetti, appartenenti alla mia cerchia di amici e di conoscenti mi accorgo che ho letteralmente “perso del tempo”, nel senso che tutto il dispendio di forze e di conoscenza messa in campo, al fine di procurare un effetto positivo per colui che avevo di fronte, è andato in fumo perché non ha prodotto alcun bene per ambo le parti. In conseguenza di ciò allora mi porgo la domanda perché si verifica questo genere di “stallo”, in cui niente si concretizza? Ho provato a darmi diverse risposte ma una sola mi viene da evidenziare, se non altro perché implica le conoscenze personali e le cognizioni culturali delle persone con cui ci si imbatte. Secondo la mia personale visione è probabile che tale risultato negativo si rilevi nel momento in cui ci si trova di fronte un interlocutore che esprime osservazioni e considerazioni senza che le abbia effettivamente metabolizzate. Da più parti, infatti, ci viene detto che affinché la parola espressa procuri efficacia deve partire dalla mente perché idealizzata, meditata e riflessa, poi deve scendere nel cuore perché quello è il posto dove la parola è assorbita dalle emozioni ed una volta rinforzata dai sentimenti risale in bocca per essere comunicata. Quindi, quando si verifica che una discussione o un semplice incontro occasionale non abbia lasciato un segno, che sarebbe espressione della profondità del dialogo, vuol dire che tutto non si è risolto in un puro scambio di idee e valutazioni, ma si è caduti … in basso, tralasciando il significato delle parole e dando sfogo solo all’apparenza. Cosa se ne deduce da tutto questo? Che la gente molto spesso dialoga in modalità “offline”, nel senso che parla e sparla senza essere tuttavia convinta delle proprie azioni e parole. Questo ovviamente comporta un disagio non indifferente per chi, come tanti, sono dedichi alle riflessioni o sono attratti dalle considerazioni socio culturali di chi incontra. Infatti, a questi soggetti risalta in modo istantaneo la difficoltà di approcciarsi adeguatamente in una esposizione verbale con chi, invece, non si identifica chiaramente o non presta attenzione nel modo dovuto. La causa di tutto ciò, generalmente, si imputa al vortice sociale che quotidianamente ci assorbe nelle sue spire, pregiudicando ogni nostra azione, ogni nostro fare ed ogni nostro dire. La pressione esercitata dal ritmo violento e costante del tempo che….sfugge ad ogni controllo razionale, non fa altro che aggredire sempre più le nostre risorse intellettuali, sociali e psicologiche fino al punto da annientare il nostro stesso modus operandi. Come intervenire affinché si possa ripristinare il normale andamento “biologico” della nostra vita? Credo sia importante se non fondamentale rivedere il nostro stile di vita, riprenderci cura di noi stressi e delle cose che quotidianamente espletiamo consapevoli, però, che ogni singola azione corrisponde realmente a ciò che si desidera fare e dire e che tutto è finalizzato al miglioramento dello standard della vita, sia propria che quella collettiva.
- CONVIVIALITA’
Il poter trascorrere insieme momenti di sana felicità, di condivisione e di comunione ravviva in me il senso della vera comunità che il Signore mi ha voluto ripresentare, dopo tanto peregrinare, per darmi la serenità interiore e forse la possibilità di discernimento. Effettivamente credo che questo sia stato l’inizio di un percorso che concretizza le varie fasi di meditazioni e riflessioni che si sono succedute durante la mia personale formazione. E’ in questa ottica che credo si stia realizzando il mio sogno: vivere in una nuova realtà che si basi su concetti non più presenti nella vita giornaliera, accompagnarsi a esperienze che danno vigore alle proprie credenze e che si conciliano con i più alti valori esistenziali. Insomma, è come dire che se sta succedendo lo devo senz’altro a quell’introspezione che anni fa, senza alcuna guida, cominciò a balenarmi in testa. E’ per questo motivo che voglio trasmettervi questa riflessione, perché ritengo possa essere valida anche a voi, per condividere con voi questa mia esperienza che, senza alcun dubbio, mi ha letteralmente stravolto. Oggi mi sento rinato, vivo una nuova vita come quella che avrei voluto sempre vivere, circondato dall’amore e la passione per coloro mi attorniano con le proprie esperienze, con le loro vite, così come sono, piene di difficoltà o di soddisfazioni. Mi sembra di vivere in un’altra realtà, virtuale, impossibile ma… è così. Sono ben consapevole di ciò che ho intorno ma non mi faccio assorbire dalla leggerezza che mi si presenta. E’ uno status di agiatezza che mi rallegra il cuore, ringiovanisce il mio animo e mi trasporta letteralmente nella sana consapevolezza di essere fortunato a tal punto di considerare di essere stato toccato dalla infinita misericordia di Dio che ha voluto molto umilmente accostarsi alla mia pochezza per darmi ancora una volta l’opportunità di aprirmi alla Sua volontà, al Suo infinito amore e di poter trarre auspicio per il mio futuro. E’ effettivamente strano sentirsi in questo modo, godere di un beneficio o di una posizione di estrema positività in cui riscontrare come – nonostante le tante difficoltà che s’incontrano quotidianamente - tutto procede sempre ed inesorabilmente nel cammino tracciato dalla volontà divina. Questa situazione di estrema bellezza addirittura provoca in me un sentore quasi di “peccato” per non sentirmi succube di eventi peccaminosi o comunque percettibilmente ostili. Non che non ce ne siano, ma l’aiuto che trovo nella Fede in Dio e nel Signore Gesù non mi lasciano intrappolare nel giornaliero combattimento con l’egoismo e la sollecitudine della tentazione. Ciò che provo è una ridente gioia interiore, anche nei momenti in cui non c’è nulla di grandioso o meraviglioso, che diventa insuperabile quando mi trovo in presenza del Santissimo Sacramento, quando la Sua presenza provoca una emozione fortissima da togliermi il fiato. Non è suggestione, è esperienza viva e costante. Provata e riprovata. Esaltante e gaudente. Ed allora perché non comunicarvelo? Perché non dirvi che anche voi potete vivere questa estrema bellezza? Mi auguro con tutto il cuore che possiate – e possiamo tutti insieme - raggiungere un perfetto status di gioia e di felicità, confortati dalla Carità che Cristo ci elargisce ogni giorno, dalla Infinita Misericordia che in ogni istante Cristo ci dona, nella Fede che per tutta la vita Cristo ci infonde.
- I BAMBINI
Ascoltando un servizio giornalistico sui bambini mi è venuto in mente cosa potremmo attingere noi adulti da questi tesori per potercene avvantaggiare e migliorare il nostro modo di fare o i nostri atteggiamenti nei confronti di coloro che sono intorno a noi e, nello specifico, noi appartenenti alla Famiglia Betania cosa ci potrebbero regalare studiando i loro comportamenti. Vorrei spendere infatti un po' di pensieri su cosa sono i bambini, come si esprimono, cosa interessa loro, e quali sono le aspettative che essi attendono che si realizzino. Noi tutti, ed in particolare tutti coloro che fortunatamente hanno il privilegio di essere nonni, sanno di che stiamo parlando ma se entriamo più nello specifico avremo modo di capire come anche noi tutti (adulti) possiamo imparare qualche cosa che farà bene alla nostra vita. Secondo le considerazioni fatte dagli studiosi del settore, cioè quelli che analizzano l’intimo del bambino fino a poterne catalogare i tanti modi di fare di questa piccoli, essi sono il centro del dinamismo umano. Si dice, infatti, che i bambini apprendono tanto, subito e senza difficoltà di materia. Questo è dovuto al fatto che il loro cervello è libero da qualsiasi fonte di impedimento, che possano essere materie semplici o complesse, o addirittura lingue straniere non appartenenti alla razza di provenienza. In altre parole, i bambini hanno la fortuna di avere un cervello aperto a tutti gli insegnamenti, senza nessuna preclusione, senza limiti e senza difficoltà. Sta ai genitori individuare dove poter pescare le cose che piacciono di più, scegliendo percettibilmente tutto ciò che corrisponde alle attitudini del proprio figlio (notiamo come gia’ in questo caso e’ indispensabile l’intervento dei genitori, per il bene dei figli e per le scelte piu’ indicate per l’interesse degli stessi). Nei meeting che ogni manager imprenditoriale si accinge a organizzare evidenzia già dalla prima lezione lo stesso ritornello e sentirsi dire: chi è il più grande venditore al mondo? Chi è l’imprenditore più intelligente al mondo? Risposta certa ed univoca: IL BAMBINO, perché con il suo modo di fare riesce a determinare cosa vuole, le proprie scelte, i propri tempi e le sue aspettative. Lo sapevate? Effettivamente e realmente è così. Ma la cosa sconcertante è che essi lo fanno senza aver studiato né di aver partecipato a seminari di abilitazione o di formazione professionale: E’UN DONO DI DIO che essi potranno coltivare in futuro, basta che si attengono solo ad un principio naturale, quello di continuare ad essere sempre se stessi e non lasciarsi condizionare dalle mode e dalle influenze del mondo esterno. In questo momento entriamo in una forma di valutazione più complessa ma i fatti e in definitiva la storia ci confermano proprio questo: quanto più l’uomo è libero di muoversi e di pensare tanto più riuscirà ad imporre il proprio modo di fare e, quindi, il proprio pensiero. Ma i bambini non sono solo piccoli geni che crescono, sono anche sentimenti e passioni che stimolano i cuori e gli animi dei propri parenti: chi, infatti, quando abbraccia un bambino non sorride e non fa le smorfie a quell’essere che con sorrisini e sguardi magnetici ci avvinghia alle sue piccole ossa? Io confesso che personalmente non riesco a stare vicino ad un bimbo senza che gli faccia smorfie o lo faccia ridere: è una mia personale forma di avvicinamento che tende ad entrare nella sua empatia e nella sua sfera di amicizia e vi confesso che questa azione sincera e semplice ha subito effetto, sempre. Ed in quei momenti ci siamo mai domandati perché siamo disposti a lasciarci prendere da quel dittatore senza che lui abbia parlato? Ci domandiamo perché siamo così sudditi di un comandante che non si agita per niente? La risposta potrebbe esserci, se vogliamo cercarla. Forse è la voglia di dare amore, forse è perché si sentiamo coinvolti da una forte emozione, da un sentimento che va oltre la nostra ragione, oppure forse è perché fondamentalmente siamo portati ad offrire amore ma non sappiamo mostrarlo, perché il nostro cuore si è indurito a causa della monotonia che ogni giorno lo affossa e lo riempie di cose inutili. Sta a noi far emergere di nuovo questo forte sentimento, questa necessita’ di dare amore e passione, sta a noi quindi riprenderci la nostra vera natura umana e cristiana, PERCHE’ NON DOBBIAMO MAI DIMENTICARCI CHE TUTTO SI POTRA’ FARE SE E QUANDO RIUSCIREMO A MOSTRARE QUELLO CHE DIO CI HA CONCESSO E CHE CRISTO CI HA DIMOSTRATO. Questo è per quanto riguarda ogni singola persona: ma cosa vuol rappresentare per noi della piccola famiglia di Betania? Come tutti oramai sappiamo Betania è la cittadina dell’antichità che accoglieva ed era a disposizione di ogni pellegrino o viandante che richiedeva aiuto e assistenza. E se Don Franco all’inizio della nostra storia ritenne di dover dare un nome a questa piccola comunità con quella denominazione (famiglia Betania) era perché aveva un motivo valido: auspicava e voleva darci l’opportunità di dichiarare la nostra piena disponibilità alla comunità maggiore, quella parrocchiale, di intervenire in ogni sua esigenza e richiesta di aiuto o collaborazione. Era ed è perciò la nostra forma di istituzione, la nostra finalità, il nostro fine: è il nostro amore e la nostra passione che DOBBIAMO, NECESSARIAMENTE , trasmettere ai nostri fratelli concittadini. … dal modo in cui vi amerete capiranno che siete fratelli…. C’è forse qualcosa di più esplicito da farci capire come Gesù ci sollecita ad abbracciarci nel Suo nome e di mostrarci Suoi fedeli seguaci? Non lasciamoci farci prendere dunque dalle peccaminose avventure che caratterizzano la nostra epoca, non disperdiamo nell’aria la Misericordia e la Carità che Dio ci dona in ogni istante della nostra vita. Facciamoci umili ed inutili servi di Dio, Tutto il resto lasciamolo agli altri, inconsapevoli di ciò che si perdono e del grave pericolo cui sono sottoposti.
Noi, fortunatamente apparteniamo a tutt’altro mondo. Quello che verrà.
- EVANGELIZZAZIONE
In una delle sue ultime udienze Papa Francesco ha introdotto un altro capitolo importante nell’ambito della catechesi: la passione per l’evangelizzazione. Come egli stesso specifica, si tratta di un tema basilare per la Chiesa di oggi che, se continua a perseverare negli atteggiamenti di chiusura, rischia di essere incoerente e obsoleta. LA CHIESA NASCE MISSIONARIA, per cui deve annunciare la Parola di Cristo in ogni angolo della Terra: questo è il significato dell’evangelizzazione. Quando i cristiani trascurano l’annuncio gioioso di Cristo si limita in se stessa e la fede appassisce perché non respira più l’ossigeno data dal muoversi, dal comunicare con gli altri che stanno aspettando. E’ quindi indispensabile che i cristiani si muovano, agiscano, si spronino affinché lo Spirito santo che è sopra di loro continui la propria opera di irradiamento. Tante volte siamo portati e vedere nella persona che ci sta accanto i suoi difetti ma non riusciamo a distinguere quali siano le sue difficoltà o le sue necessità, cioè anteponiamo lo spirito caritatevole all’egoismo proprio del non fare niente. Allora noi, che saremmo, anzi siamo davvero apostoli di Gesù perché appartenenti alla Sua Chiesa, cosa facciamo: aspettiamo che gli altri vengano a noi o siamo noi che andiamo per le strade a cercarli, per portare loro condivisione o comunione? Matteo, che sarà il futuro apostolo di Gesù, alla chiamata di Gesù non fa altro che alzarsi, ritornare a casa e, trasformato dall’INCONTRO con Lui, inizia tra la gente che conosce a divulgare la Parola di Cristo, cioè nei dintorni di casa sua, non lontano da casa sua, nell’ambiente che già conosce e di cui sa bene cosa occorra per risollevare i poveri ed i bisognosi. Lui è cosciente che non ne sa molto, sa bene che è alle prime armi, non è tanto esperto ma CONFIDA nel Signore che mette sulla sua bocca le parole adatte per comunicare e convincere chi non crede. QUESTO E’ CIO’ CHE DOBBIAMO FARE NOI OGGI, CRISTIANI DI OGGI, APOSTOLI DI OGGI, pur sapendo che non lo facciamo per noi ma è solamente per la gloria di Cristo.
- FRATELLI
Siamo stati creati dallo stesso Dio!!!
Siamo Figli della stessa Mamma, Maria Madre di Dio!
Siamo fratelli in Cristo!
Eppure….
Eppure siamo estranei gli uni dagli altri!
E ci comportiamo come estranei!
Mi rendo conto come il vincolo che ci dovrebbe unire totalmente, specie nei momenti di sconforto o di depressione, sia sottovalutato o del tutto inesistente! Ogni giorno, in ogni angolo della Terra l’uomo si stacca dalla sua naturale esistenza per girovagare nei meandri dell’apatia e dell’indifferenza verso tutto ciò che invece dovrebbe essere il suo orgoglio. Si dimentica – o forse sarebbe il caso di dire che non ha più ricordo da dove proviene, quale che sia la sua destinazione, cosa dovrebbe fare per realizzare il disegno divino. Si lamenta che è sempre più assorbito dai vortici del consumismo, dalla sfrenata corsa verso il soddisfacimento delle necessità umane, dalla mancanza di tempo da dedicare a sé stesso ed al nostro prossimo. In questo modo viene a mancare il raggiungimento dell’obiettivo finale: la pacifica convivenza nel contesto sociale o meglio ancora, contesto comunitario. Si lascia prendere ed assorbire molto facilmente da inutili facezie, dal pressapochismo che diventa il sistema dominante della sua giornata. E dimentica che Dio, invece, lo ha creato – a Sua immagine e rassomiglianza – per dare significato al Suo Creato. Eppure posti di fronte alla Creazione siamo tutti uguali, ognuno con i propri problemi, tutti con le proprie difficoltà, chi più bello e chi meno bello, chi più ricco e chi più povero, ma tutti ugualmente della stessa natura perché provenienti dalla stessa matrice divina. Il nostro insegnante di religione ci sottolineava sempre che l’uomo rientra nella Creazione per cui egli ha natura divina ma dovrebbe esserci qualcuno che ogni tanto glielo ricordasse. E’ infatti questa pericolosa dimenticanza che ci lascia indifferenti quando ascoltiamo che il nostro vicino ha problemi e non ce ne interessiamo, non ne siamo partecipi e non ci prodighiamo per tendere una mano. E’ questa presa di posizione che ci allontana progressivamente dall’unione in Cristo e di conseguenza, dalla comunità in cui trascorriamo gran parte della nostra esistenza. Siamo arrivati ad un menefreghismo totalitario che ha preso il posto del fraterno abbraccio in cui le braccia dovrebbero attorcigliare non solo il corpo del fratello ma anche il suo cuore e il suo animo. E poi, questo lassismo cosa ci produce di buono? Niente! Solo inconsapevole durezza di cuore che ci isolerà dai nostri simili. Eppure posti di fronte a Maria, siamo stati rigenerati nella figliolanza grazie a Cristo che sulla Croce, nelle Sue ultime parole di vita, ha voluto consegnarci l’Amore materno della Sua cara Mamma, regalandoci il senso più profondo del Suo Amore Misericordioso. Grazie a quest’atto, Maria è divenuta tutt’ad un tratto Madre, Protettrice, Avvocata e nostra Speranza. Mi domando cosa ancora dovremmo avere che non abbiamo già? Abbiamo il nostro punto di riferimento per le nostre difficoltà, l’interlocutrice per i nostri bisogni, Colei che sempre accorre all’aiuto che richiediamo, la Madre perfetta che non lascia mai abbondonati i suoi figli. Chi, durante la giornata, non si lascia mai sfuggire di bocca il Suo nome, una invocazione a Lei? Madonna mia… Madre buona… quante volte ricorriamo a Lei per le necessità del momento? E poi ritorniamo a rintanarci nel nostro egoismo e nella nullità. Sentendoci tutti accumunati dallo stesso vincolo di parentela, avremmo più forza in noi stessi e negli altri che non considereremmo più lontani ed estranei ma vicini a noi ed al nostro cuore. Eppure siamo fratelli in Cristo che attraverso i Suoi Apostoli tante volte ci ha chiamati amici, per sottolineare quanto fosse stretto il Suo legame con noi, quanto fosse profondo l’Amore che provava e tuttora prova per noi. Nelle Sue intenzioni avrebbe voluto un popolo di fratelli non solo a parole, ma specialmente nei fatti a tal punto da ricordarci che … da come vi comporterete e dal modo in cui vi amerete gli altri capiranno che siete fratelli . Cristo attende che noi, Suoi fratelli, ripercorriamo la Sua vita seguendo la Sua Parola, mettendo in pratica i Suoi precetti e vivere secondo la Legge che Lui ci ha lasciati indelebile nella nostra anima. Seguendo passo passo i Suoi insegnamenti e vivendo ogni momento della giornata con attenzione al voler di Cristo non possiamo che ottenere altro se non infinite benedizioni e misericordia, strumenti necessari per allontanare da noi il germe demoniaco della sopraffazione dei nostri istinti e dell’indifferenza verso i nostri fratelli. Ci è stato insegnato che le opere di carità alimentano la nostra Fede e l’aumento della nostra Fede richiama l’attenzione dello Spirito Santo consolatore: allora cosa aspettiamo a rinnovare i nostri cuori? Perché non ci lasciamo farci prendere da questo Amore così visibile e facile da ottenere? Lasciamo che il Signore Dio, Cristo Gesù e la Madonna prendano posto in noi affinché possiamo vivere beatamente e serenamente in pace. Solo allora potremo veramente dire che siamo tutti creati da Dio, figli della stessa mamma e fratelli in Cristo.
- IL FUOCO DI DIO
Talvolta mi sento una frenesia addosso e non riesco a comprenderne il perché. Una energia che viene dal di dentro e non si placa ed attende di essere riversata su altro. Talvolta mi capita di sentirmi inerme e di non sapere cosa fare ma più il tempo passa e più diventano frequenti gli scossoni che si producono nel mio animo. Devo dire con sincerità che tutto questo mi allieta, in quanto dentro di me si instaura una stasi di assopimento dei sensi, una tranquillità interiore che mi dona calma e serenità. Ed è proprio per questo che non riesco a comprendere perché si verifica tutto questo. Una serenità prodotta da una forza esplosiva. Può sembrare una contraddizione ma è proprio così. E come al solito mi pongo tante domande e cerco quelle risposte che possano darmi i risultati esatti. Ed allora mi ritrovo a analizzare tutto ciò che sta accadendo nella mia vita. Finisco quindi per individuare che ciò non avviene sporadicamente ma ha una certa frequenza, cioè si verifica di tanto in tanto e si manifesta palesemente quando sono alla presenza di Gesù, in occasione di un momento di adorazione, di esposizione o di una processione eucaristica. E’ come se “quel” contatto stabilisca dentro di me un rigurgito dall’apatia in cui versa il mio stato d’animo e lo infonde con la forza prorompente del Cristo Risorto che “vuole” che si manifesti intorno a me la Sua volontà, che è quella di dire, fare, comunicare quanto è bello essere posseduti da Gesù, assorbire quell’Amore che ci avvolge strettamente per inebriarci della Sua Misericordia. E la cosa bella è che quando riesco veramente nello scopo prefissato, l’animo esulta, come se avessi fatto bingo alla lotteria! All’improvviso quella forza che era in me diventa esausta, come se fosse tutt’ad un tratto inesistente, o magari essersi spostata dal mio corpo per trovare accoglienza presso altri. Così quel patrimonio che era solo mio ora sta diventando anche di altri, con i quali adesso posso condividere tutto il tesoro di cui ero stato beneficiato. Vorrei solo che adesso questo bene sia di conseguenza “girato” anche ad altri, in modo che ogni persona intorno a noi possa gustare la bellezza della Verità e dei grandi benefici che ci elargisce lo Spirito Santo.
- LA PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI
Quest’anno ho avuto la grandissima fortuna, piacere, e onore di festeggiare una ricorrenza molto particolare. Infatti in quest’anno 2023 ricorre il 50° anniversario della mia prima partecipazione alla Processione Eucaristica del SS. Sacramento. Si tratta di un traguardo che diventa per me motivo di grande gioia aver potuto presenziare ininterrottamente – fino all’avvenuta pandemia degli ultimi due anni - alla più grande celebrazione religiosa che mai potesse eseguirsi. Per me, infatti, la Processione Eucaristica, meglio identificata come la Processione del Corpus Domini, è sempre stato un momento molto particolare e posso affermare con assoluta certezza e verità che per me non è mai esistita, né esisterà mai “festa” più sentita di tale processione. E’ una giornata speciale, di tutto rispetto in quanto ciò che accade va al di là della semplice routine quotidiana: già dal mattino mi sento strano, una persona del tutto anomala rispetto ai giorni ordinari. Già dal mattino la mia circolazione sanguigna si velocizza, i valori pressori secondo me viaggiano a se stanti, e la mente va all’imminente incontro che come sempre si svolgerà di pomeriggio; sento ribollire dentro di me il sangue che mi richiama alla vicinanza con Cristo Re. E’ come se cadessi in uno stato di trance, non sento, né mi dedico ad altro: sono solo in attesa di poter accompagnare il Santissimo Sacramento per le strade della Città. Agli occhi degli altri tutto ciò può apparire come di un qualcosa di molto personale, che interesserebbe solo me non altri, che vedrebbe configurarsi nella mia persona non solo l’attesa di un anno ma anche l’evolversi di una serie di emozioni e di sensazioni che progrediscono di anno in anno fino a sfociare nella “passeggiata” di cui mi onoro di accompagnare il mio Signore Gesù. Durante quel tragitto che facciamo insieme, in quella circostanza nulla mi può sfuggire, riesco persino a percepire molto bene la meraviglia di qualche semplice spettatore che la considera una normale processione religiosa che, al pari di tante altre, porta in giro una immagine o un simbolo sacro. Tante volte mi è capitato, infatti, durante le processioni passate, di incrociare gli sguardi di tante persone, indifferenti, che non degnano nemmeno di una riverenza o di un saluto: vorrei dire loro che stanno incrociando la strada a Colui che li ha creati, Colui che nonostante tutto è sempre pronto ad ascoltarli ed a fornire loro tutto ciò che serve per recare serenità alla loro anima e quell’aria di superficialità con cui trattano il passaggio di Cristo per le strade cittadine non si presta senz’altro a favorire una loro ipotetica conversione perché in quei momenti il loro cuore e loro mente sono occupati da blasfemie che inveiscono solo Cristo Misericordioso. Ed è un grande dolore perché dalle parole del Vangelo ricordiamo sempre che una volta Cristo passava tra la folla che lo attendeva e lo festeggiava prima che arrivasse in città, ed Egli riconosceva come quella gente era piena di fede. Oggi Cristo viene tra la folla, ma non gli viene fatto nemmeno spazio per il Suo passaggio, a causa della presenza di veicoli e di impedimenti stradali. Da qui possiamo evidenziare come l’incontro con Cristo per noi cristiani sia certamente un desiderio di fede che cerchiamo nella infinita misericordia di Dio ma che, nel momento delle reale dimostrazione di quel desiderio cadiamo nella insufficienza e nella pochezza e ci rimettiamo solamente alla Sua Volontà per andare avanti e metterci in cammino. Quindi, mentre per i tanti partecipanti alla Processione l’evento è da “catalogarsi” a comune festa di ricorrenza, per me assume un significato ben più diverso. Si porta Cristo tra le strade della città, tra la folla che lo dovrebbe attendere per festeggiarlo, per glorificarlo, ma il tutto si ripiega a….. corteo dietro al Santissimo…. Purtroppo alla fine di ogni processione rientriamo in Chiesa e posso confessare di essere sempre amareggiato per non aver potuto adeguatamente fare festa al mio Signore, al mio Re. Spero che Egli legga bene nei nostri cuori ma so certamente che Lui già lo sappia che il nostro cuore comunque pulsa di amore e riverenza, nonostante la superficialità con cui trascorriamo il periodo del nostro incontro.
- PACE & ARMONIA
Spesso mi trovo coinvolto in discussioni, dispute o alterchi tra amici, parenti o anche estranei in cui vorrei tanto inserirmi per riportare lo stato del diverbio alla fase iniziale per far assumere le parti contendenti delle posizioni più serene e meglio disposte al dialogo o colloquio. In effetti, la maggior parte delle discussioni degenerano in modo tale che gli animi diventano incandescenti e non si prestano più ad affrontare le questioni con spirito di obiettività, travalicano il livello di calma e sprofondano nell’irascibilità, fino a pervenire talvolta anche a situazioni più…calde. Ma perché nasce questo stato di cose o meglio, come mai si arriva a tal punto da non identificarsi più come essere umani? Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, nei primissimi scritti sul Senso Religioso riporta che l’uomo, con i suoi pregiudizi, il suo orgoglio e la sua disinvoltura si è ormai rivestito di una corazza che ha indurito il suo corpo e ben si presta a offendere tutto ciò che non è connaturato come lui. Questo livello di conoscenza imperfetta fa dell’uomo un perfetto animale selvatico che va avanti nella vita senza uno scopo, un vero obiettivo, un motivo per cui possa valere vivere la vita dignitosamente. E nel proseguire nella sua vita, quindi, incontra solo inciampi e trappole che lo coinvolgeranno e lo ridurranno allo stato brado. A questo livello di considerazione ci si pone la domanda se c’è differenza tra quell’uomo e un animale. Credo proprio di no, perché in quest’occasione l’uomo di priva di una sua prerogativa essenziale: la ragione. Noi cristiani, cioè seguaci di Gesù, che è stata ed è la personificazione dell’amore misericordioso con cui ha stravolto il modo di ragionare, dovremmo essere l’esempio della mentalità che non si fa assorbire da questo modo di comportarsi, che non si presta al gioco stravagante della società che in tutti i tempi della storia ha comunque forzato la ragione umana fino ad assoggettarla al proprio sistema di vita. Il nostro modo di fare dovrebbe essere conforme a quello di Cristo o per lo meno accostarsi alla genuinità dell’essere umano, predisporsi alla condivisione ed alla comunione con i propri simili. Ciò vuol dire assumere un atteggiamento umile, modesto, accomodante e, infine, servizievole. Così facendo stravolgeremmo l’andazzo che in genere abbiamo quando dobbiamo scontraci verbalmente con altre persone, eludendo quello che invece ci è stato dettato da Cristo. Cosa fare dunque? Penso che dovremmo riflettere di più, prima di assumere atteggiamenti “pericolosi”, cioè considerare più alla nostra natura cristiana rispetto a quella sociale. Allora, quando capiterà, ancora una o tante volte, un contrasto tra di noi, o con altre persone – conosciute o meno – prima di partire con la sfuriata caratterizzata da rabbia e malcontento facciamo memoria del messaggio di Cristo: .. porgi l’altra guancia!! Non rispondiamo all’ingiuria ed alla provocazione con l’ira o con prese di posizione improduttive anzi, lanciamo noi la provocazione: benediciamo l’offesa ricevuta, otterremmo più forza spirituale, maggiore consistenza d’animo e profonda gratitudine da parte della nostra anima che così facendo consente allo Spirito Santo di rafforzare la propria azione salvifica su di noi. Non abbiamo altre opzioni: se ci definiamo cristiani abbiamo la consapevolezza di doverci comportare in un certo modo, nell’unico modo certo: quello impartito da Gesù. Solo così possiamo finalmente esternare la nostra Fede che è piena esistenza condotta nel segno di Cristo.
- LA RAGAZZA SCOMPARSA
Tanti anni fa ero all’inizio degli studi universitari e poiché non frequentavo tanto i corsi di studio perché impegnato in altre cose, mi trovavo a recarmi in facoltà solo sporadicamente a tal punto che, confesso, provavo una forma di estraneità e di isolamento ogni volta che andavo in segreteria perché non conoscevo nessuno, e lo stesso fatto di trovarmi da solo mi faceva quasi rigettare l’idea di essere studente. Ma la rabbia che provavo e che peggiorava il mio stato ansioso era quello di vedere specialmente altri studenti che si approcciavano quasi con spavalderia presso i bidelli a cui chiedevano piaceri e favori (in cambio di giuste ricompense). Tra tutti questi faceva eccezione una ragazza di mia conoscenza perché compaesana che, invece, ogni volta che doveva fare qualcosa trovava libero accesso senza difficoltà, diciamo che aveva una grande fortuna nel trovare sempre la strada facilitata per qualsiasi cosa dovesse fare e questo, in definitiva l’ho potuto notare perché le circostanze erano sempre tali che avevano dell’incredibile. La storia mi rendeva sempre più pensante a come si potesse mai creare quella sorte di facilità e perché a lei e non anche a me, visto che anche io non mi ero mai rivolto mai ad altri per ottenere i servizi scolastici. Inoltre, quella ragazza mi era nota perché conoscevo bene il suo modo di fare il modo gioioso di porsi nel contesto e come con quanta serietà di apprestava a comunicarsi ad ogni celebrazione religiosa. Vedevo in lei una genuinità incontaminata e forse per questo l’avevo notata fra tutti coloro che insieme a me frequentavano l’università. La cosa bella è che anche lei, per altri motivi, non frequentava i corsi, e non per questo la carriera universitaria non andasse male, anzi, otteneva sempre bei voti agli esami. Ma poteva mai essere solo fortuna? Iniziai così a riflettere su come e cosa attorniasse quella ragazza che si muoveva senza alcun indugio e/o preoccupazione e senza attendersi nulla anche in rapporto ai risultati. All’improvviso sparì dalla circolazione. Venni a sapere che aveva preso impiego per cui si era trasferita all’estero ma stava continuando il suo percorso universitario. Poi ebbi notizia che si era laureata, stava mettendo su famiglia ed era in procinto di acquistare casa. La “serie fortunata” non finiva, fortunatamente per lei. Ma che era baciata dalla sorte? Era forse nata con le famose sette camicie? Col senno di poi, e in particolare oggi grazie a riflessioni e meditazioni che nel corso degli anni mi son servite a darmi le spiegazioni che cercavo o magari per affinare il mio animo spirituale e facendo richiamo al rapporto particolare con la Rivelazione, iniziai a chiedermi se quella ragazza mai più rivista forse godeva di un appoggio extra terreno. Pensavo infatti a quante volte l’avevo notata in chiesa o in altre celebrazioni. La sua partecipazione alla Santa Messa era una forma di devozione particolare, era una fedele attiva, che si prestava nelle orazioni e nel canto. Allora iniziai a comprendere che era naturale che vi fosse una linea diretta tra lei e la fede e solo adesso potevo comprenderne perché: in essa trovava ispirazione il suo fare, si rapportava alla cosa più preziosa che potesse mai avere, il confronto col suo intimo, rappresentato da quel Dio che l’ispirava, la proteggeva, l’aiutava in ogni cosa si apprestasse a svolgere. Mi tornava adesso chiaro come fosse sempre allegra, chiara, docile, ma comunque sempre attenta ai propri doveri ed a quanto doveva espletare. Pensai che allora, tutto quel modo di fare, così fortunato e agevolato forse non era altro che lo svolgimento di azioni eseguite con l’accompagnamento divino, che ben si presta a chi spera e crede nell’intervento di Dio in tutto ciò che si chiede e si invoca. E così dopo tanti e tanti anni, con buona pace del mio spirito, ho avuto finalmente la risposta ad un cruccio che mi assaliva da tantissimo tempo, ed allora oggi mi sono chiesto perché non tentare allo stesso modo di imitare l’atteggiamento espresso da quella ragazza? Bisogna però crederci per davvero altrimenti potremmo trovarci su un binario morto. Vediamo quindi come è positivo “sfruttare” le esperienze vissute da altri. E’ come assorbire le altrui esperienze per carpirne i lati positivi e le risultanze favorevoli. E man mano che passa il tempo tale pratica diventa fondamentale per dedicarci con più attenzione all’introspezione personale nella quale poter trovare risposta alle tante incognite ma, la cosa più importante si riflette nel come far prendere contatto della nostra mente con il cuore di Dio.
- LA CONSAPEVOLEZZA DI SBAGLIARE
In genere il popolo di Dio è portato alla credenza che, poiché è “prediletto dal Padre…” tutto gli è dovuto e tutto gli deve essere concesso, non deve avere alcuna limitazione, perché si è credenti ed in quanto tale i cristiani hanno la naturale predisposizione ad avere il meglio dalla vita. In questa bassa interpretazione della concezione cristiana si racchiude tutto l’insieme della pochezza umana ed ancora una volta ritorna al suo caos mentale primordiale. Non vi è nulla, infatti, di più errato e insano. La mentalità che con il passare dei secoli l’uomo ha assunto a base per il proprio modo di vivere non è altro che l’espressione più elementare della nullità intellettuale che ha prodotto l’evolversi sociale nel tempo. Il dover adeguarsi alle continue variazioni di natura ambientale, sociale, economiche ecc. ecc., hanno originato nella mentalità dell’uomo la necessità di dover provvedere a sé stesso non in base alle proprie effettive esigenze ma facendo riferimento a quanto richiesto o offerto dal “sistema”, identificando in tale concetto l’insieme di tutte le regole non personali che dovrebbe in determinati modi regolare il vivere collettivo. Ciò vuol dire che l’essere umano è stato depauperato della propria vitalità che è stata sostituita dall’interesse sociale che è diventato in tal modo il primario scopo. L’uomo, quindi, non è più un essere ragionevole, dotato di un proprio sistema intellettuale che lo differenzia dai suoi simili e dalle altre risorse connaturali, non è più un insieme di potenzialità che possano rivitalizzare il tessuto sociale a 360 gradi, non è più quel ricco patrimonio genetico che ha ricevuto all’atto della nascita ma è adesso la risultanza di congetture, pregiudizi, limitazioni e quant’altro che più di negativo possa esternare. In al modo egli non fa altro che alienarsi sempre più fino a sprofondare nell’abisso più oscuro dell’interiorità umana. A questo punto ci si potrebbe chiedere come mai l’uomo non si è accorto di questo degrado in cui versa oppure perché non ricorre ai ripari per poter affrontare o almeno di iniziare a reagire verso il mondo esterno? Perché non prende posizione contro una simile circostanza? Perché non trova conforto in chi è riuscito a ribellarsi alla propria apatia e cerca di assimilare la vittoria altrui per il proprio bene? La risposta – o le risposte - da trovare sono nel proprio io. Solamente analizzandosi con obiettività – ma con serenità – si può riuscire a comprendere sé stessi ed individuare le cause che comportano un allontanamento dalla propria naturale conformazione interiore. In questo caso è possibile individuare come fattori personali, insieme ad altri prettamente circostanziali, alterano l’animo del soggetto, esponendolo ad ogni possibile forza esterna dominante. Quale potrebbe essere l’arma per combattere queste forze? Innanzitutto dovremmo capire se l’uomo intende veramente azionare la propria dignità di essere ragionante perché, da come si evince, non sempre è predisposto a farlo e potremmo ravvisare in questo modo di fare - o di non fare – il non volersi scontrare con contesti pericolosi, oppure non voler aderire a movimenti innovatori che potessero causare nuove problematiche, o ancora autoescludersi perché non in grado di opporre opportune resistenze alle forze maggioritarie che controllano il sistema. Questo stato di cose, “creato” dall’uomo come diretta conseguenza di uno smisurato opportunismo oppure per approfittare di circostanze favorevoli, lo ha allontanato dalla realtà e dal vero senso della vita, inteso come necessità di essere partecipe della storia non in modo passivo ma estremamente attivo. E quale potrebbe essere il modo per venirne fuori e capovolgere la situazione? Quando si è in grado di capire che si è sbagliato qualcosa, quando capiremo che col nostro modo di fare abbiamo “fallito” dando origine ad un modus operandi del tutto erroneo allora vuol dire che abbiamo elevato il modo di ragionare portandolo ad un livello superiore che ci consente di dare una spiegazione ai nostri errori, cioè si è in grado di individuare le cause che hanno generato quegli sbagli e solo allora si potrà adeguatamente apportare le dovute correzioni e di integrare con opportune varianti il nostro modo di procedere ed ottenere validi risultati che alla fine ripristineranno le condizioni primarie. In tutti gli ambiti, scientifici e non, purtroppo non esistono metodi o criteri che possano aiutarci nella ricerca di che trattasi, e quindi siamo impossibilitati a trovare una giusta toppa ai vuoti creatisi nel tempo. Qualcuno tenta in questo contesto a farsi dare una mano da nuove forme di socializzazione, altri cercano di aiutarsi con sistemi tecnologici che si sostituirebbero alle intelligenze umane con sintesi robotiche amorfe e inumane. La soluzione c’è, è molto vicina a noi, eppure non le prestiamo la dovuta attenzione. Quando Gesù Cristo, passando e ripassando tra le folle, di città in città, proclamava la gioia dell’uomo solo nel caso avesse dato retta alle Sue parole, non è mai stato preso in considerazione, ma quando è avvenuta la Sua Morte e la Resurrezione, eventi che hanno dimostrato che tutto ciò che Egli aveva preannunciato si erano rivelati precisi, allora la gente ha creduto. Cioè l’uomo ha bisogno di “verificare” che ciò che gli viene presentato abbia realmente un riscontro nella realtà. Solo quando egli riesce a far combaciare la parola con il fatto presta attenzione, solo quando l’antefatto è dimostrato con il suo verificarsi allora l’uomo crede e nel credere presta attenzione anche a sé stesso, a ciò che realmente deve fare affinché possa beneficiare di tutto quello che gli è stato presentato. Cristo, e lo ripeterei all’infinito, nel suo Discorso della Montagna ha enunciato i criteri ed i parametri per una civile convivenza, per un sistema di vita individuale ottimale che nel momento in cui viene praticato origina anche fedeltà nella sequela. Pochi e semplici esempi di come un uomo deve comportarsi per essere felice e sereno e nello stesso tempo raggiungere lo scopo vitale, che è quello di mettere in pratica i Comandamenti di Dio. Si tratta di piccoli concetti che eludono l’invasione degli attacchi del mondo esterno, raggirano anzi prevengono le mode ed i disagi che provocano angosce e depressioni. Basterebbe solo mettere in pratica questi piccoli dettagli per porre le basi per una vita di tranquillità, priva di difformità e di pericoli per le nostre anime. Il modo di fare e gli atteggiamenti da assumere secondo questa logica non provocherebbe assuefazione, cioè incoscienza nel fare, ma un continuo consolidamento della convinzione di fare bene e per il proprio bene. Le cosiddette Beatitudini altro non sono che accorgimenti per dare un senso alla propria vita, una impronta del proprio essere nella storia. Con la naturale conseguenza che il profitto maggiore investirà l’intera società che ci circonda, e che sarà invasa di una rivoluzione copernicana all’insegna dell’amore, dell’aiuto reciproco, della passione all’altro. Ma l’uomo potrà giungere a questa determinazione solo nel momento in cui, forte dell’aiuto che viene dall’alto per comprendere tutto ciò, si abbandona allo Spirito di Dio che sprigionerà su di lui l’abbondanza di energia spirituale ed intima che necessita alla sua convinzione. Nel momento in cui nell’uomo scende la misericordia di Dio si aprono cieli nuovi e terre nuove, nuove prospettive e certezze future per una nuova vita, vissuta all’insegna del benessere personale e sociale.
- COSA FARE?
Ci sto riflettendo da tanto tempo e devo dire che mi è davvero difficile non esternare un pensiero che mi porto dentro, che non trova risposta esaustiva nella mentalità comune e che necessita di un buon supporto per essere consolidato. Come da tanto tempo si va dicendo, l’uomo è pervaso dalle innumerevoli attività, attrazioni, sollecitazioni e meraviglie che ogni giorno lo distraggono dalla primaria attività cui dovrebbe essere indirizzata la sua mente, e lo riportano nel grigiore della quotidianità, che è caratterizzata dal nulla: per questo motivo è indaffarato a fare tante cose ma a fine giornata non gli resta niente di costruito, niente di importante per la propria anima, nulla che possa edificare se stesso. In effetti, la sua giornata è stravolta dal can can delle cose che “deve“ fare, altrimenti tali cose si assommano e gli rendono difficile il proseguire nella stessa giornata o nei giorni a venire. Potremmo dire che egli si trova all’interno di un gigantesco imbuto da cui non riesce ad uscire perché le sue forze o il suo coraggio non sono tali da vincere quel sistema che lo tiene imbrigliato, quella forza di gravità che lo obbliga a non fare o non dire. Con il senno di poi non mi sentire in grado di incolpare di nullità, di inefficienza o di impotenza quell’essere che suo malgrado è stato coinvolto, fin dai tempi remoti, ad aderire obbligatoriamente ad un metodo di vita superficiale, generico, molto approssimativo a tal punto che oggi gli fa spesso affermare “… ma quando finisce questa vita storta, grama, senza interesse”. Quindi, in fin dei conti non è colpa sua se oggi la sua esistenza è talmente appiattita da non provare alcuno stimolo per sperimentare qualcos’altro, qualche spinta che lo rivitalizzasse. Questa è l’evidenza di come la società, che è formata da tutti noi messi insieme, stravolge la sua naturale conformazione per dirigere l’attenzione verso forme di aggregazione materialistiche e consumistiche del tutto improduttive per il singolo soggetto e lontane dalla concezione basata sui valori cristiani che, al contrario, tendono a sviluppare sempre più una politica di aggregazione civile, comunitaria, di condivisione, in cui le problematiche di tutti sono rappresentati in seno alla collegialità per trovare degna risposta e soluzione al singolo partecipante. E’ in questo spirito di contraddizione che si rileva come l’uomo, per quanto possa dichiararsi strenuamente credente, praticante, osservante delle leggi e delle prescrizioni religiose in effetti combatte inconsciamente se stesso e dietro l’alibi che tali concetti e regole spirituali sono difficili da comprendere o da mettere in pratica, si abbandonano alle modalità più semplici ed immediate ed alla portata di tutti, regole che definiremmo “light” perché approcciabili senza alcun compromesso con la propria vita, con la propria coscienza ed il proprio credo. E poi? Il passo immediatamente successivo è il pentimento dell’errore commesso, dello sbaglio che poteva comunque evitare ma che ha snobbato per vivere più serenamente. Ci domandiamo perché allora l’uomo agisce in questo modo, dapprima comportandosi in modo improprio, senza senso, e poi si pente in continuazione degli sbagli che commette, ma in definitiva non reagisce mettendo in campo quelle che sono le sue naturali risorse. La risposta o se vogliamo, la consapevolezza di tutto ciò avviene un po’ prima e, in tal caso, come già detto, non imputerei la colpa ai malcapitati. Per comprendere il senso di questa riflessione dobbiamo porre alcune modifiche ai termini lessicali esposti, per introdurre qualche concetto più complicato ma più incisivo. Innanzitutto all’ordine delle idee che evitano l’attenzione e la meditazione, per ricorrere al modi di fare “inefficace” sostituiremo quello della “sollecitazione”, della “tentazione”, dell’”affronto crudele”, che sono termini che esulano dalla soggettività dell’uomo in quanto non proveniente da lui , bensì da una controparte ben più crudele che lotta nel segreto per carpire la buona fede insita in ognuno di noi per sopraffarla con maleficio e inganno. Cosa vogliamo intendere? L’uomo in realtà è continuamente in gioco con la propria vita perché c’è chi ha “investito” e continua ad investire su di lui per accaparrarsi la sua anima, non tanto perché gli serve, ma perché gode nel sottrarla alla potenza di Dio. D’altra parte costui ha sempre riferito a Gesù che avrebbe fatto sempre tutto il possibile per rubare anime votate all’amore di Dio. Quindi, non è un divertimento, è un obiettivo che nella notte dei tempi, allorquando Lucifero fu scaraventato sulla Terra da San Michele Arcangelo con le sue Milizie Celesti facendo andare in fumo in pochissimo tempo la voglia di paragonarsi a Dio e, così perdendo, si è dovuto accontentare del titolo di principe del buio. Qui sulla terra, da tempi immemorabili, con tutto il suo essere il maligno mina le anime degli uomini perché non ha più necessità di volare in alto. Da quanto risiede sulla terra, infatti, il suo unico scopo è quello di avvicinare gli esseri, specialmente quelli più deboli nella Fede, scendere al passo con quello degli esseri umani, per presentarsi come proprio simile, per essere “vicino” alle altrui esigenze e presentarsi con le sue proposte, alternative molto suggestive, favorevoli, accomodanti ma ingannevoli: in cambio di cosa? C’è chi ci crede e quindi si mostra disponibile a vendersi per ottenere subito quello che gli è stato proposto ovvero la soluzione ai suoi problemi. L’angelo demoniaco non deve più volare perché l’uomo sta per strada: il suo lavoro non è fatto in aria ma sulla terra dove potrà trovare chi adescare. Ma chi crede invece nella proposta di amore e di misericordia, fatta da messaggi divini che incitano a combattere questa guerra terrena col malvagio, possono elevare le proprie convinzioni invocando la forza, lo spirito di Dio e la sua infinita carità grazie alla quale si possono sconfiggere le tentazioni diaboliche che mettono a repentaglio le nostre anime. Notiamo come si contrappone la Verità e la Giustizia di Dio all’inganno dell’accusatore: le invocazioni che innalziamo al cielo per richiedere la protezione di Dio volano nell’aria, si dirigono verso il Paradiso, viaggiano nello spazio e nel tempo; al contrario, l’attività denigrante del tentatore serpeggia per terra, perché lì è stato scaraventato nello scontro con la Milizia Celeste. Quindi, se vogliamo veramente essere chiamati ed essere figli di Dio e non abbandonarci alle persuasioni malfattrici dobbiamo vivere all’insegna dell’invocazione, della preghiera, della sollecitazione alla carità: solo in questo modo possiamo abbandonare il pericoloso terreno terrestre in cui si annida il peccato e “volare” con le nostre anime lassù dove siamo liberi da ogni attaccamento materiale e dove possiamo diventare invece tutt’uno con Dio Padre.
- COSA SI PUÒ FARE CON GLI OCCHI CHIUSI?
Potrà sembrare un giochino da fare solamente con i bambini a cui spesso dedichiamo spazio per insegnare giochi improduttivi e inutili per risvegliare la loro intelligenza e i loro stimoli interiori. Eppure, in tante occasioni sono gli stessi bambini che con “qualche“ modo di fare, oppure con una occhiatina maliziosa ci trasmettono in modo subdolo ed inconscio qualche cosa di prezioso. Nel nostro caso, vorrei CONVINCERVI come con gli occhi chiusi possiamo arrivare a fare, pensare e dire altrettante cose cui non si potrebbe mai arrivare se non diretti ed accompagnati da apposito allenamento o, nel caso più opportuno, da apposito percorso. Il tutto nasce dalla consapevolezza, acclarata nel mondo reale, che la nostra mente, allorquando siamo presi da tanti impegni oppure sotto stress a causa di contingenti impegni lavorativi e/o di altro, reagisce in modo del tutto anomalo, apatico, senza alcun senso, senza alcuna partecipazione all’azione che si sta per compiere. Di tanto ne diamo la colpa ovviamente al nostro stile di vita, assediato dai ritmi di vita impostici dalla società di oggi e, più che mai, dalla fretta che è insita in ogni nostro movimento. Ma se ragioniamo su questo argomento notiamo che poi tutta questa diretta imputazione non è giusta perché le cause di tanta distrazione o di mancata adesione alla vita reale è dovuta principalmente dal fatto che abbiamo smarrito il QUID che alimenta la nostra vitalità. Cos’è il Quid? E’ l’attimo fuggente che lascia la nostra vita piena di risorse, piena di considerazioni e di possibilità per destinarla ad una magra vita fatta di apatia, nonsense, e di perdite di alacrità. Cosa fare allora per riprenderci la nostra esistenza? Cosa dobbiamo inventarci quindi per poter ritornare allo stato originario e rinforzarci così come lo eravamo tanto tempo prima? Noi che fortunatamente abbiamo una matrice comune che ci proviene dall’appartenenza a Cristo, che con la Sua venuta ci ha insegnato tante cose, non dovremmo aver paura di incamminarci sul giusto sentiero proprio perché abbiamo dalla nostra parte la consapevolezza di riconoscerci uniti in un unico punto di riferimento: quel Cristo che con il Suo esempio ci ha trasmesso i valori certi, univoci ed indifferibili con i quali poter impiantare ognuno per sé stesso il cammino verso una vita giusta, serena e soprattutto piena di Dio. Per poter quindi porci in azione è necessario adeguarci a tali insegnamenti. E come i calciatori per affrontare un gioco pesante, duro e faticoso devono allenarsi per ottenere una ottima prestazione di gioco e arrivare all’obiettivo finale che è quello di vincere la partita, noi cristiano dobbiamo altrettanto prestare quotidianamente attenzione a ciò che facciamo, che sia in corretta adesione agli insegnamenti ricevuti da Gesù, grazie ai quali ci fortifichiamo, rinforziamo la nostra muscolatura sensoriale, diamo vigore alla nostra interiorità ed al nostro spirito in modo da che possiamo affrontare il nostro nemico fatto di distrazioni, sollecitazioni peccaminose, ed allontanamento dalla vera realtà, quella che ci conduce all’esaltazione dei valori che ci sono stati donati con la nostra creazione. Un buon allenamento anzi direi un ottimo sistema per poter prepararci a questa possibilità, come abbiamo già avuto molte volte detto e ridetto, è quello di tralasciare il nostro “solito” comportamento per assumere un altro tipo di atteggiamento, fatto di meditazione e riflessioni, che agevolano in modo straordinario il ripristino delle nostre condizioni originarie. Comprendere e applicare al nostro stile di vita le cose che riusciamo a captare con il nostro spirito ci fa star bene e ci conduce alla serenità grazie alla quale possiamo affrontare con viva partecipazione alla vita quotidiana. Per poter giungere a questi risultati, dunque, è necessario annullare del tutto le nostre cognizioni sistemiche, i nostri modi di fare per catapultarci nell’ignoto personale che è il nostro intimo, la nostra più estrema interiorità in cui sono collocate le risposte ai nostri quesiti. E non c’è cosa più tranquilla e beata di rispondere chiudendo gli occhi, un semplice movimento che però mette in azione tutto un mondo di reazioni, che spazia all’infinito ponendoci al centro di ogni “visione” che ci appare, che ci propone ogni vera soluzione alle problematiche che rappresentiamo nella vita quotidiana. Per poter “vedere” l’ignoto e rispondere adeguatamente alle circostanze, dunque, non dobbiamo essere ”presenti”, cioè non dobbiamo rispondere con gli occhi aperti, perché essi ci limitano e ci impediscono veramente di agire nel modo giusto, ma bisogna estraniarsi dalla percezione reale, allontanarci dai nostri cinque sensi per “aprire gli occhi del cuore” . Quanti richiami ci vengono fatti da Gesù nel Vangelo a proposito del cuore, inteso non come organo vitale del corpo umano, ma come stato di grazia, di felicità, di gioia; quante volte il Signore richiama la nostra attenzione agli insegnamenti da Lui dettati, necessari proprio a regolarci la vita da vivere. Tutto ciò che viene fatto col cuore proviene dal Cuore, dalla Passione, dall’Amore e, perciò produce gioia immensa. Solo grazie a questi organi virtuali, fatti di spiritualità e conoscenza interiore potremo vincere nella vita reale, testimoniando ciò che il Signore vuole da noi: essere portatori di amore e gioia. Questo dovrà essere allora l’obiettivo della famiglia Betania: portatrice di pace e serenità e far sì che le sollecitazioni e le rimostranze che ci sono proposte da quell’essere tentatore che è sempre pronto a carpire la nostra buona fede, vengano a cadere all’istante grazie allo Spirito che ci sovrasta e ci protegge.
- LA VITA
La vita per noi cristiani è sacra, per tanti motivi, innanzitutto perché ci è stata data da Dio. E con questo dono nulla può prescindere dalla considerazione sacra ed inviolabile che tutto ciò che Dio dona non può essere rimessa o estorta da altri. Nel nostro credo è fondamentale vedere la nostra esistenza sotto tanti punti di vista ma non può non includere al primo posto che dobbiamo a Lui la nostra esistenza e quindi, tutto ciò che ne deriva, sia per il bene che per le cose impreviste che possiamo definire negative o ostacolanti, anche se in queste circostanza è lo stesso Creatore a darci forza ed incutere coraggio nel poter proseguire perché ci sarà sempre Lui ad incoraggiarci e dare energia per controbilanciare gli ostacoli alla nostra vita. Oggi siamo presi totalmente dal vortice del dinamismo, visto in tutti i suoi aspetti, per cui abbiamo poco tempo o diamo poca attenzione o per lo meno dedichiamo pochissimo spazio alla meditazione ed alla riflessione sugli aspetti più naturali che ci portano allo svolgimento delle ordinarie cose di ogni giorno. E’ questo genere di attività inconsciamente apatica che ci porta abbastanza lontana dalla realtà, cioè da quegli aspetti veritieri per cui vale la pena esistere! Se ci dessimo maggiore importanza o quella parte di attenzione vitale per risolvere le nostre problematiche quotidiane. Sarebbe il caso, quindi, rivalutare il nostro modo di vivere, pensare, comportarsi, di relazionarsi, di fare comunità. Stravolgere il proprio modo di vivere ponendo al centro della propria vita l’essenza della vita stessa, credo si possa ottenere quale risultato più immediato e vincente quel sano ottimismo che procura calore umano ed affiatamento sociale.
Inno alla Vita
Mi sei stata regalata con il più bel desiderio.
Fin da piccolo ti ho sempre portata al mio fianco e man mano che crescevi ti adulavo sempre più.
Da grande sei diventata la mia passione preferita.
Ti ho cullata quando ti consideravo ancora piccola.
Ma ti ho dato importanza quando tu mi hai preso sul serio
Ti ho abbracciata e ti ho stretto a me perché non posso fare a meno di vivere senza ricorrere a te.
Sei sempre nei miei pensieri perché sei parte importante di me e perciò devo darti sempre maggiore importanza.
Mi accompagni nei momenti più importanti della mia vita, specie quando mi poni gli interrogativi più delicati della mia esistenza.
Mi hai fatto crescere all'ombra dei tuoi insegnamenti e mi hai donato consapevolezza delle mie doti e delle mie risorse.
Mi hai stretto a te nei momenti più brutti della mia esistenza regalandomi protezione e comprensione,
e nei momenti più belli, invece, mi hai fatto scoprire quanto è bello vivere e quanto sia importante farlo bene.
Ora che sono più adulto mi rivedo nel mio passato e non posso far altro che ringraziarti per tutto ciò che mi hai dato…….., vita mia!
C O N C L U S I O N E
PRIMO SEMESTRE 2023
Giugno 2023
Stasera concludiamo il primo semestre di attività e formazione pastorale della nostra famiglia Betania. E’ stato un periodo effettivamente un po' vivacizzato in quanto è stato caratterizzato, come deve essere una struttura libera, da persone che hanno voluto aderire alla propria formazione attraverso un cammino comunitario e partecipare perciò sia agli incontri in chiesa che agli incontri di convivialità, che definirei più di agape cristiana. Ci sono state anche alcune mancanze, dovute per lo più ad impossibilità a continuare a partecipare per impegni personali o familiari ma per tutti, comunque, la porta di Casa Betania è sempre aperta, perché noi dobbiamo e siamo pronti all’ACCOGLIENZA. Devo ammettere che questo periodo ci ha visti sia impegnati nei servizi accessori alla parrocchia, sia nei servizi propri della formazione, come quelli catechistici. Siamo stati presenti quasi sempre anche alle attività diocesane e sinodali con il Padre Vescovo nei limiti di disponibilità che abbiamo avuto e oggi possiamo dire, se non altro, che la Chiesa Santa Maria degli Angeli, con il gruppo Betania, i giovani dell’A.C., l’Arciconfraternita e le diverse associazioni, è ben rappresentata nel contesto diocesano. Per quanto ci riguarda, il livello di preparazione e di formazione così come imperniato fin dall’inizio della nostra costituzione, sta salendo pian piano e col tempo il rapporto tra noi stessi partecipanti, lo dico a titolo personale ma credo di poter rappresentare il pensiero di quasi tutti, si è notevolmente stretto a tal punto che la famigliola Betania possa avere le caratteristiche in futuro per diventare una vera e propria comunità betaniana. Il modo diverso di approcciarci alle varie tematiche che stiamo via via discutendo – come per esempio la possibilità di dialogare tra noi confrontandosi con le nostre personali esperienze – ci ha dato anche la possibilità di esternare le nostre impressioni come anche le problematiche che abbiamo all’interno delle rispettive famiglie di provenienza, ricevendo risposte dagli altri partecipanti e ciò evidenza che quando c’è condivisione c’è anche compartecipazione in chi sta ascoltando. Infatti, se così non fosse ci troveremmo all’interno di un circolo chiuso all’ottusità così come fermamente imposta dalla società circostante. Quest’anno stiamo toccando argomenti seri ed infrequenti inerenti la Fede, la Carità, l’azione salvifica dello Spirito Santo ecc. ecc. Stasera non dobbiamo prolungarci su questi temi ma devo sottolineare due cose, importanti e sensibili dal mio punto di vista. Il primo: Don Antimo, nelle sue omelie dedicate la settimana scorsa alla Santissima Trinità ha riepilogato in pochissimo tempo ciò che ho appreso mediante le personali riflessioni e meditazioni per interi anni: se vogliamo una vita serena, in cui gli eventi esterni non possono intaccare la nostra sensibilità non abbiamo altra scelta che ricorrere alla SS. Trinità perché Dio Padre, nella Sua funzione di Padre ci ha donato la vita ma non ci ha mai lasciati soli; ci ha dato Suo Figlio, Gesù Cristo, Amore incarnato per disporsi a morire in virtù della nostra Redenzione ed all’ascesa al cielo di Cristo ci ha inviato lo Spirito Santo Consolatore, il nostro Paraclito che aleggerà sempre su di noi pronto a scendere quando gli arriva una nostra invocazione, che sia però sentita ed espressa amorevolmente da parte nostra, per proteggerci e difenderci dalle tentazioni e dalle sollecitazioni dannose che ci arrivano dal mondo. Purtroppo non abbiamo nessuna altra via di scampo: la nostra salvezza è data solo dall’opportunità di votarci alla SS. Trinità che aspetta in ogni istante della nostra vita di poter iniziare ad operare. E aggiungeremo che gli interventi dello Spirito Santo non lo potremo mai vedere se ci accingiamo a farlo con i nostri occhi; infatti, essendo di natura divina lo Spirito agisce solo mediante la dimostrazione di cuore, per cui dobbiamo prestare attenzione solo “chiudendo” gli occhi ed accendere la luce del nostro cuore: in questo modo saremo proiettati in una realtà del tutto diversa in cui regna pace e serenità. Il secondo: Il Padre Vescovo durante la celebrazione della SS. Trinità due giorni fa, tra le varie cose comunicate nell’omelia recitava: all’atto della Comunione Dio entra in noi, noi diventiamo tutt’una sola cosa con Dio, ma Dio in quell’istante diventa anche noi per cui in quell’istante assorbiamo la forza e la divinità trinitaria che può combattere tutti e tutto. E’ quella forza e quell’energia che ci permette di diventare invincibili: non possiamo aver paura di muoverci, fare, dire, lavorare, operare, non possiamo avere il lusso di criticare perché semmai ci sentiamo limitati in qualche cosa, come molto spesso affermiamo proprio per non fare o perché non vogliamo dare la nostra disponibilità. Quindi, vedete che se prestiamo attenzione a quello che viene detto - specie in omelie così delicate ma importanti - troviamo il conforto per le nostre azioni, per le nostre giornate che possono apparire incolori ma che invece hanno tutt’altro sapore, capiamo cose importanti che da soli non possiamo mai riuscire a comprendere. Vi devo qui indicare una cosa bella che sento vivamente dentro di me, a tal punto che mi è difficile trattenere. Quando anni fa Don Franco di chiese di poter organizzare una “specie” di gruppo che si interessasse delle encicliche di Papa Francesco non ci pensai tanto a dare la risposta, ma non perché volevo apparire come fautore di un nuovo comitato o aggregazione religiosa anzi qualcuno ni ha addirittura paragonato all’ombrellino di seta, che è sola apparenza ma non ripara tanto: No!, la mia decisione era qualcosa di più, molto di più. Era come se qualcuno mi chiedesse di uscire finalmente allo scoperto e di farmi promotore di cose che avevo in animo ma che mai avevo avuto il coraggio di diffondere, proprio perché coperto da timori e vergogne che potevano pregiudicare sentimenti e stati d’animo che elevavano il mio essere da quella vita grigia che precedentemente conducevo; finalmente potevo iniziare a capire qualcosa di più particolare rispetto alla via parrocchiale che avevo fatto da piccolo. E’ iniziata così un’avventura che mi ha preso sempre di più, facendomi dedicare a studi e riflessioni più particolari ed adesso, senza voler scendere nei dettagli, vi dico che non posso e non riesco più mollare e sapete perché? Perché penso, e credo, che quello Spirito Santo di cui tante volte ho sentito parlare senza comprender mai veramente cosa fosse, come “lavorasse”, come intervenisse sul popolo di Dio oggi mi sta accompagnando in ogni istante della mia giornata, sia perché lo scomodo tante volte ma anche perché in altri momenti della giornata interviene direttamente senza alcuna invocazione, perché conosce molto bene le necessità del caso. Potrebbe trattarsi di una affermazione abbastanza ridicola e una cosa simile potrebbe far sorridere. Personalmente vi posso confermare che sinceramente che a me, talvolta, anzi molte volte mi procura emozioni talmente forti, ispirazioni talmente belle da trattenere il singhiozzo e che non posso fare a meno di versare qualche lacrima di piacere. Ed è proprio in quegli attimi che mi sento vicinissimo al Signore, alla Sua presenza, al Suo contatto; in quegli istanti vi dico, mi sento molto molto bene perché nessun’altra cosa attira la mia attenzione, tutto è rivolto verso lo sguardo all’Alto, mi sento vicino a Dio, alla Sua Volontà, al quale chiedo comunque e sempre di poter essere suo strumento di condivisione e di comunione. L’augurio mio, fraterno e comunitario, e che tutti voi possiate vivere le stesse sensazioni, le stesse emozioni e le stesse partecipazioni. Ve lo auguro di cuore, perché sentireste come il vostro animo e la stessa vita vostra cambierebbe alla sola idea di essere accanto al Signore e che tutte le vostre preoccupazioni, pur sempre presenti, non graverebbero nella vostra vita ma sarebbero adeguatamente sopportate con la forza donata da Dio.
Vi auguro allora buone ferie, buon riposo e vi aspetto al rientro, pronti per le battaglie della ripresa!!!
Antonio Serino
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