"Il Senso della Vita: Discernimento & Consapevolezza" -PARTE II-
L'ultimo libro del saggista Antonio Serino: l'ennesima irrefrenabile voglia di comunicare il proprio pensiero alla ricerca dell'incontro con Dio.
(PARTE SECONDA)
"Farsi accompagnare nel cammino della propria vita dalla compagnia di Cristo vuol dire la possibilità di incontrare tanti altri che stanno altresì cercando la verità o, se vogliamo, un’altra realtà, e ciò significa far crescere la comunità, perché si apre il dialogo con Dio, si comunica agli altri di un Dio che è prettamente sociale, che ci consente di affrontare le diversità moderne con cognizione e sicurezza".
Con la forza del suo pensiero, maturato attraverso una lunghissima esperienza di fede, rafforzata giorno dopo giorno partecipando, impegnandosi con i fatti e non con gli intendimenti, offrendosi alla comunità che vuole costruire un vero percorso di cambiamento, Antonio Serino ha scritto il suo ultimo libro dal titolo "Il Senso della Vita: Discernimento & Consapevolezza".
L'autore ha dentro qualcosa di irrefrenabile: si chiama voglia di comunicare, di far conoscere il proprio pensiero per accrescere di contenuti il dialogo, per creare nuove occasioni di confronto. Non gli interessano condivisioni o critiche. E' uno che ci crede nel cambiamento, uno che vive dal di dentro tutte le problematiche legate alla fede, uno che non ha paura di affrontare, per come li vede con la costanza della sua presenza, gli ostacoli che quotidianamente si interpongono tra il desiderio, declamato per lo più nei cosiddetti salotti, di dare una svolta alla vita, rendendola più semplice e a misura umana, e la realtà, dove la vita si vive esattamente all'opposto.
Serino ha in se stesso il suo primo tenace interlocutore, che lo attanaglia fino ad esasperarlo. Alla fine gli chiede tregua, lo convince a dialogare, gli chiede la carità di ascoltarlo, si inebria di gioia quando la comunità parla del Dio di tutti, si accascia e si deprime, ma senza mai demordere, quando si imbatte con la falsità e con l'ipocrisia.
"L’uomo ha perso la cognizione della sua vera natura, che non è quella di vivere per sopravvivere, ma è quella di rispondere alle domande esistenziali: da dove veniamo? cosa facciamo? dove ci vuole portare la vita? ma più fondamentale è la domanda: come vogliamo costruire la nostra vita?".
E poi: "dal suo intelletto, proteso verso l’individuazione di ciò che gli avrebbe procurato solo bene, l’uomo ha tralasciato il senso della ragionevolezza, della consapevolezza, della meditazione o della ancor più semplice riflessione".
Il fedele cattolico che mette in pratica la Parola di Gesù "acquisisce ed avrà a propria disposizione un catalogo di possibilità di interventi che, una volta azionati lo metteranno in condizioni di modificare la vita guardando, ascoltando, riflettendo, analizzando, comprendendo e vivendo di conseguenza".
Un libro, secondo me, da proporre ai soloni e agli stolti; ma anche agli ignoranti. Un libro da leggere con la consapevolezza che nessuno di noi è Dio. Sperando che a capirlo siano soprattutto i soloni, gli stolti e gli ignoranti.
(Nicola Ciaramella)
- - -
ANTONIO SERINO è nato e vive a San Nicola la Strada. E’ laureato in Scienze dell'Economia e Gestione delle Imprese. La sua esperienza formativa ha forte matrice cattolica perché fin da piccolo la sua famiglia era composta da persone cattoliche, particolarmente attive nella parrocchia. Per questo motivo ha partecipato alle varie associazioni cattoliche presenti.
Ha mosso i primi passi nell’Azione Cattolica per poi passare alla vita della Parrocchia fino al Movimento Giovanile Missionario, promosso e curato dallo storico Direttore Diocesano Don Antonio Pasquariello. In questo Movimento, unitamente a tanti altri amici, ha contribuito all’animazione locale mediante raccolte fondi, mostre di oggetti di artigianato africano, nonché attività oratoriali per bambini.
Ha fatto parte ed ancora annovera la sua presenza in associazioni culturali e religiose, in quanto fermo assertore che la coesione sia uno strumento basilare per la crescita sociale e solidale.
Da circa trent’anni è componente del Consiglio degli Affari Economici della Parrocchia, di cui conosce la difficile gestione economico patrimoniale.
Dal 2019 coordina il gruppo Famiglia Betania, fortemente voluto dal già parroco di Santa Maria degli Angeli, Don Franco Catrame, un insieme di famiglie che studia le esortazioni apostoliche firmate da Papa Francesco, necessarie alla famiglia di oggi per comprendere e vivere in un modo più consapevole la vita odierna.
Dal 2020 collabora con il "Corriere di San Nicola".
Scrittore, saggista, ha scritto i seguenti libri (tutti pubblicati integralmente su "Corriere di San Nicola"):
-“Working progress”, 2021;
-"Cara famiglia”, 2022;
-“I quaderni della Famiglia Betania”, 2023;
-“Giovani e chiesa a confronto: quale religione?”, 2023;
-"La fede è in noi", 2024;
-"Il Senso della Vita: Discernimento & Consapevolezza", 2024.
- - - - -
“I nostri pensieri sono fiori che
nascono liberi e si protendono verso l’infinito.
Solo con una accurata coltivazione, però, essi
potranno conservare la freschezza e
la vivacità con cui sono nati”
(Antonio Serino)
- - -
Al caro amico Vincenzo
che mi ha accompagnato
nei pensieri e nelle azioni
e che mi ha indirizzato
verso l’unico vero
scopo della vita.
(Antonio Serino)
- - - - -
Leggi PARTE PRIMA
https://www.corrieredisannicola.it/varie/notizie/varie/il-senso-della-vita-discernimento-consapevolezza
- - -
PARTE SECONDA
DISCERNIMENTO E CONSAPEVOLEZZA
3- I BAMBINI
Leggendo un servizio giornalistico sui bambini mi è venuto in mente cosa e come gli adulti potrebbero attingere da questi piccoli tesori che sono vere e proprie risorse di sensazioni e sentimenti, per potersene avvantaggiare e migliorare sia il proprio modo di fare che gli atteggiamenti da assumere nei confronti di coloro che sono intorno, come potrebbero stimolarci e nello stesso tempo migliorare esaminandone solamente i comportamenti. Vorrei spendere qualche pensiero su questo mondo a parte, su questa fetta di umanità del tutto estraniata dalla vita circostante ma tanto piena di valori: cosa sono i bambini, come si esprimono, cosa interessa loro, e quali sono le aspettative che essi attendono che si realizzino? Coloro che fortunatamente hanno il privilegio di essere nonni, sanno di che stiamo parlando ma se entriamo più nello specifico avremo modo di capire come anche tutti gli adulti in generale possano imparare qualche cosa che farà bene alla loro vita. Secondo le considerazioni fatte dagli studiosi del settore, cioè quelli che analizzano l’intimo del bambino fino a poterne catalogare i loro tanti modi di fare, essi sono il centro del dinamismo umano. Si dice, infatti, che i bambini apprendano tanto, subito e senza difficoltà qualsiasi materia e ciò è dovuto al fatto che il loro cervello è libero da qualsiasi fonte di impedimento, è libero da ogni forma di preclusione o di limitazione che possa essere perciò una materia semplice o una complessa, o addirittura lingue straniere non appartenenti alla razza di provenienza. In altre parole, i bambini hanno la fortuna di avere un cervello aperto a tutti gli insegnamenti, senza nessuna chiusura intellettiva, senza limiti e senza difficoltà perché la loro mente è veramente genuina tanto da potersi aprire serenamente ad ogni forma di apprendimento. Dunque, sta ai genitori individuare dove andare a pescare le cose che a loro piacciono di più, captando i segnali espressi e che emergono dal loro complicato atteggiamento, scegliendo poi percettibilmente tutto ciò che corrisponde alle loro attitudini; nota bene: già in questo caso notiamo come sia indispensabile l’intervento dei genitori, per il bene dei figli e per le scelte più indicate per l’interesse degli stessi. Nei meeting che tanti manager imprenditoriali organizzano sia per la formazione del proprio personale che per motivare gli addetti ad una particolare branca della propria produzione commerciale i cosiddetti “ formatori” sono soliti richiamare l’attenzione su un particolare abbastanza sconosciuto alla maggior parte dei partecipanti ed evidenziano già nella prima lezione dei quesiti che nella storia sono poi diventati ritornelli e che più o meno suonano così: chi è il più grande venditore al mondo? Chi è l’imprenditore più intelligente al mondo? Ovviamente, ignari della risposta esatta chiunque potrebbe rispondere col nome di qualche grande personaggio conosciuto, un esperto della materia o qualche inventore di sistemi innovativi, ma non vi è nulla di più errato, perché la soluzione all’indovinello sta nei nostri paraggi, nelle nostre immediate vicinanze, perché è sempre intorno a noi: la risposta certa ed univoca è una sola: è il BAMBINO. All’inizio si resta tutti basiti della scoperta ma la spiegazione che in genere viene poi enunciata rende facile la comprensione. Infatti, essendo lo scopo primario di ogni imprenditore ottenere il successo delle proprie aspettative, il bambino è il più grande imprenditore perché con il suo modo di fare riesce ad ottenere sempre il risultato che si è proposto! Egli infatti riesce in poco tempo anche a determinare cosa vuole, le scelte, i tempi e le aspettative: è un concetto di uso frequente ed effettivamente è così. A ben pensarci, risulta proprio così: i bambini ottengono tutto ciò che vogliono, volutamente o inconsciamente, ed insistono – persino mediante il pianto – affinché la parte degli adulti intervenga per porre soddisfazione alle richieste di che trattasi. Se ciò fosse stato posto in essere da qualche professionista diremmo che si tratta di un grande stratega che pone in essere delle concezioni professionali, imprenditoriali oppure studiate a tavolino ma in questo caso stiamo parlando di bambini, di neonati, di soggetti che al momento non hanno studiato, che non hanno mai partecipato a qualsiasi tipo o stage di formazione: la cosa sconcertante, infatti, è proprio questa: essi lo fanno senza aver studiato né di aver partecipato a seminari di abilitazione o di formazione professionale: E’ UN DONO DI DIO che essi potranno coltivare sempre, basta che in futuro si attengano solo ad un principio naturale, quello di continuare ad essere sempre sé stessi e non lasciarsi mai condizionare dalle mode e dalle influenze del mondo esterno. Entrando in una forma di valutazione più complessa i fatti e, in definitiva la storia, ci confermano proprio questo: quanto più l’uomo è libero di muoversi e di pensare tanto più riuscirà ad imporre il proprio modo di fare e, quindi, il proprio pensiero. Ma i bambini non sono solo piccoli geni che crescono, come abbiamo accennato all’inizio sono anche portatori di sentimenti e passioni che stimolano i cuori e gli animi dei propri parenti: chi, infatti, quando abbraccia un bambino non sorride e non fa le smorfie a quell’essere che con sorrisini e sguardi magnetici avvinghia alle sue piccole ossa? Confesso che personalmente non riesco a stare vicino ad un bimbo senza che gli faccia smorfie o lo faccia ridere: è una mia personale forma di avvicinamento, che tende ad entrare nella sua empatia e nella sua sfera di amicizia e confesso altresì che questa azione sincera e semplice in genere ha subito sempre effetto. Ma penso e credo che tanti di noi facciano le stesse cose ed anche nei modi più disparati, perché si è comunque portati ad avvicinarsi a questi esserini che molto simpaticamente osservano, scrutano, riflettono su chi possiamo essere, ed alla fine porgono un leggero sorrisino o una piccola smorfia: in quei momenti ci siamo mai domandati perché siamo disposti a lasciarci prendere da quel dittatore senza che lui abbia parlato? Ci domandiamo perché ci facciamo così sudditi di un comandante che non si agita per niente? La risposta c’è e sta a noi cercarla. Forse è la voglia di dare amore, o è perché ci sentiamo coinvolti in una forte emozione, in un sentimento che va oltre la nostra ragione, oppure perché fondamentalmente siamo portati ad offrire amore e non sappiamo mostrarlo, perché il nostro cuore si è indurito a causa della monotonia che ogni giorno lo affossa e lo riempie di cose inutili. Sta a noi allora far riemergere ancora questo naturale e forte sentimento, questa necessità di dare amore e passione, sta a noi quindi riprenderci la nostra vera natura umana e cristiana, perché non dobbiamo mai dimenticarci che tutto si potrà fare solo se e quando riusciremo a mostrare quello che Dio ci ha concesso e che Cristo ci ha dimostrato. Questo è per quanto riguarda ogni singola persona: ma cosa vuol rappresentare per l’intera comunità parrocchiale la nostra esperienza di praticanti? Abbiamo visto come Betania sia stata indicata come la cittadina dell’antichità che accoglieva e che era a disposizione di ogni pellegrino o viandante che richiedeva aiuto e assistenza; quindi se i nostri formatori e le nostre guide spirituali ci riportano a questa evidenza è perché auspicano, richiedono ed attendono la nostra presa di coscienza per offrire l’opportunità di dichiarare la piena disponibilità ad intervenire in ogni esigenza e richiesta di aiuto o collaborazione. E’ questa, la nostra destinazione, il nostro fine: è il nostro amore e la nostra passione che dobbiamo, necessariamente , trasmettere ai nostri fratelli “ dal modo in cui vi amerete capiranno che siete fratelli “ C’è forse qualcosa di più esplicito di come Gesù ci sollecita ad abbracciarci nel Suo nome e mostrarci Suoi fedeli seguaci? Non avventuriamoci dunque nelle moderne avventure peccaminose che caratterizzano la nostra epoca, non disperdiamo nell’aria la Misericordia e la Carità che Dio ci dona in ogni istante. Facciamoci umili ed inutili servi di Dio. Tutto il resto lasciamolo agli altri, inconsapevoli di ciò che si perdono e del grave pericolo cui sono sottoposti. Noi, per fortuna apparteniamo a tutt’altro mondo, quello che verrà.
4 – SCIUMENA ED IL DELEGATO
Quanto è grande il discernimento ed a quanto si presta il discernere! Abbiamo ormai capito che il discernimento è la concretizzazione della consapevolezza nella nostra intimità, nel nostro stesso essere, di una situazione, di un avvenimento, di una coincidenza, di un qualcosa che riesce a catturare l’attenzione e riesce a metabolizzarsi interiormente a tal punto che ogni azione posta regolarmente in essere ne risulta poi positivamente compromessa ed automaticamente devia il normale corso della vita. Tale circostanza diventa reale attuazione quando poi nel corso della propria storia s’incrociano persone che contribuiscono con la propria personalità, il loro intervento o la propria prestazione a dare risposta a quei momenti che risultano significativi per la nostra vita oppure che si tratti di fasi delicate in cui siamo afflitti dai tanti perché e risposte, che diventano necessarie per poter ripristinare il senso originale del proprio carattere, della propria istruzione o del proprio sapere. Tali persone con la loro presenza hanno impresso un sigillo nella formazione e quindi anche nella stessa indole di quanti si sono prestati interessati alle loro “raccomandazioni” e qualche volta hanno dato anche un significato vero e profondo ad un nuovo modo di comportarsi tra i propri consimili. Ancora una volta, siamo di fronte ad un cambiamento di personalità dovuto principalmente all’insegnamento praticato da terzi soggetti che hanno oggettivato la cognizione di chi era in ascolto e ne ha scosso l’animo fino a provocarne una trasformazione caratteriale. Ancora una volta, quindi, si è in presenza di un discernimento scaturito dagli insegnamenti rilasciati a seguito di un “incontro”, ad un evento che riportava l’uomo alla vera realtà. Nell’ambiente religioso, poi, è normale riscontrare tantissime persone che offrono la loro disponibilità, basata su effettiva preparazione culturale, e tante di queste restano come sigilli nella propria mente perché contribuiscono a dare vita e, fortunatamente, continuano a fornire qualche forma di rinnovamento con il proprio pòrsi nella comunità. A volte si tratta di persone per lo più umili e molto modeste che, contrariamente ad altri che vogliono solo mettersi in mostra, mirano a diffondere messaggi di comunione, solidarietà, fratellanza o comunque di valori utili alla società. Anche nella mia storia personale, come in quella di tanti altri ragazzi dell’epoca è accaduto quanto sopra premesso e come loro, appartenenti all’era in cui ancora fanciulli immaturi partecipavamo agli incontri comunitari nei quali ben poco riuscivamo a comprendere, ho potuto beneficiare di quelle presenze che certamente hanno dato il loro contributo alla formazione di una coscienza del tutto innovativa, sperimentale per l’epoca ma ovviamente pionieristica. Come già premesso di tante figure “formative” ve ne sono stati tanti ma non posso qui fare a meno di citarne almeno due che per noi ragazzi sono diventati a loro insaputa emblemi e riferimenti perché, che come sopra riferito, hanno rivalutato la classe dei fanciulli della nostra epoca giovanile che, frequentando la chiesa locale, erano sempre presenti nelle funzioni parrocchiali e, di conseguenza, hanno dato l’apporto necessario per infondere in noi lo spirito vero della comunità. Il primo, o meglio la prima, è stata certamente Filomena, ovvero la storica “Sciuména”, così familiarmente chiamata perché essendo quasi tutti piccoli la consideravamo più che altro una nostra familiare e non una semplice formatrice. Filomena è stata la nostra nutrice di sentimenti e passioni amorevoli per la adorata chiesa. Oltre a prestare devotamente servizio in chiesa è stata sempre pronta per ogni genere di funzione religiosa ma non solo, perché il suo appannaggio principale era la formazione e la cura “in toto” dei chierichetti che erano presenti alle cerimonie in chiesa. Dai fiori alle candele, dalla pulizia ai vestiti dei ministranti, lei ha sempre provveduto a tutto e dove non è arrivata per mancanza di tempo vi è pervenuta lo stesso perché coadiuvata da uno stuolo di persone che subito è accorsa ad ogni richiesta di aiuto e collaborazione. Va sottolineato che tale affiatamento non è stato solo dato da noi presenti quanto principalmente dai nostri stessi genitori ai quali la povera Sciuména si è sostituita per inculcarci educazione, rispetto e tutto quello che era necessario per farci crescere con vera responsabilità. Ma la sua inconfondibile vicinanza la si è avuta non solo in quel periodo ma anche nel prosieguo, quando, divenuti un po' più grandicelli, ogni volta che la si incontrava (e tuttora la si incontri) si doveva dare riscontro agli insegnamenti ricevuti comunicando se eravamo promossi a scuola, se aiutavamo a casa, e così via e.. guai a dire bugie o false indicazioni: al prossimo incontro sarebbero volate le famose “carocchie” cioè sonori colpi che venivano indirizzati dietro la nuca con le nocche della mano chiusa: dolori che non puoi dimenticare perché ”offerti gentilmente solo a fin di bene“ per la salvaguardia della buona educazione e del rispetto. Quanto bene hanno fatto quelle carocchie se ancora oggi, dopo parecchi anni si avverte la sensazione di quel colpo in testa e la mano del malcapitato che sfregando la parte colpita cerca di scappare dalle mani di Sciuména! Considerazione a parte, invece, merita un altro personaggio della mia parrocchia in cui fin da piccolo ho mosso i passi nelle varie organizzazioni religiose. Era l’epoca dei movimenti studenteschi universitari ed anche tra i nostri concittadini ve n’erano di parecchi che oltre a farsi onore con i libri di scuola altrettanto lo mostravano mediante l’insegnamento e la formazione ai più piccoli che, frequentando la chiesa, volevano imparare tante altre cose che avrebbero potuto aiutarli nel loro futuro. Ogni giovane universitario, quindi, aveva una mansione, un incarico che andava assolto coerentemente con le idee proprie che, in definitiva erano quelle espresse anche in campo professionale. Così al gruppo dove ero presente anche io fu posto un giovane, ma grande professore, nel senso caratteriale, umano, sincero e passionale; e poiché tra noi e lui vi era una non piccola differenza di età non avevamo il coraggio - anche per via dell’educazione impartita dai nostri genitori, certamente diversa da quella d’oggi - come di consuetudine di chiamarlo per nome e fu allora istituito tra di noi il termine di “delegato” cioè di persona incaricata alla formazione dei ragazzi . Per noi allora lui non era colui che ci parlava solo di catechismo, di liturgia, di educazione ma era principalmente il “delegato” all’assistenza dei bambini della parrocchia, intendendo per tale ogni e qualsiasi cosa facesse riferimento al rispetto dei concetti cristiani. Oggi posso dire e confermare che quel termine, in definitiva, è stato veramente assolto con grande responsabilità dal “delegato”. Tutti coloro che all’epoca erano parte di quella squadra di formazione ancora oggi si rispecchiano nei principi all’epoca esposti da quel delegato, valori saldi posti a base della convivenza reciproca e riguardosa dei valori umani. Era talmente pacata e serena la sua “lezione” che difficilmente non potevi ricordare quello che con esemplare sincerità comunicava ai presenti. Mi ritorna sempre in mente quando la domenica mattina, dopo la partecipazione alla santa messa ci radunava dietro l’altare maggiore per condurci nell’aula a noi assegnata ed iniziava sempre con il solito intercalare ripetendo ” non dovete mai fare qualcosa di bene pensando di riceverne il contraccambio, non dovete mai fare dare per ricevere poi”, ed ancora: “dovete praticare l’amicizia a tutti, senza distinzione di sesso o provenienza” (attenzione, parliamo degli anni ‘70...); pensavo che fosse un modo di parlare sui generis ed invece queste poche parole si sono annidate nel mio DNA, divenendo la colonna sonora della mia vita e se oggi non vivo solo di ricordi, per quanto bellissimi, ma anche realizzazione di una personalità scevra di limitazioni imposte da persone o pregiudizi, lo debbo a lui, il nostro e mio “delegato”, al quale andrà la gratitudine per tutto il bene che mi ha donato consegnandomi quelle parole che in realtà riassumendo tutta la sua personale esperienza, fatta di vita vissuta, meditata e testimoniata con la propria vita, non dimenticherò mai. Potremmo allora completare la definizione di discernimento con una aggiunta perché giunti a questo punto credo che si possa includere nel termine di che trattasi anche il concetto del vissuto quotidiano da parte di terzi, nella fattispecie la dimostrazione fornita dai simpatici ed affabili formatori che, come abbiamo potuto comprendere, influenza sicuramente il comportamento di chi sta di fronte, a condizione che quest’ultimo si predisponga a far proprio quelle indicazioni trasmesse, caratterizzate da gratuità, armonia e responsabilità, il tutto identificato dalla consapevolezza di aver prodotto del bene facendo bene.
5 - IL LINGUAGGIO
In qualsiasi situazione o circostanza mi trovi, cerco in tutti i modi di esprimermi in parole povere, senza usare termini incomprensibili, complicati o intellettualoidi, per far in modo che vi sia un maggiore coinvolgimento in chi sta di fronte che, in tal modo, potrà così recepire adeguatamente il significato della mia esternazione ed essere quindi posto in grado di poter rispondere, oppure di esprimersi senza alcuna riserva. Questo atteggiamento in genere origina un’apertura nell’animo di chi sta di fronte e che si pone nel dibattito, alla buona conversazione, cioè raffigura un incoraggiamento a poter discutere genuinamente e senza mezzi termini di qualsiasi argomento si trattasse. Così facendo, l’interlocutore esporrà una dialettica in grado di rendere ogni pensiero personale fluido ed intellegibile, agevolando il confronto fra le parti. La cosa che sorprende talvolta è che quando si creano queste opportunità, il livello di dibattito s’innalza sempre di più, in quanto ognuno è portato ad esprimere la propria opinione ed il proprio parere in modo genuino, reale, senza alcun nascondimento di pensiero, diremmo senza alcuna riserva mentale. In altre parole, si comunica effettivamente ciò che ci si sente di dire, non si nasconde il proprio modo di vedere le cose e, alla fine, il significato del dibattito è realmente raggiunto. Quando si verifica invece l’esatto opposto e, come popolanamente si dice.. si parla a vanvera, cioè per perdere tempo, oppure perché non si hanno argomenti importanti da porre in esame, alla fine ci si accorge come il contenuto della discussione sia risultato scialbo, senza alcuna importanza, né per il tempo dedicato al confronto, né per le risorse sprecate per dedicarvisi. Ecco, questo è l’esatta sensazione di ciò che provo quando dopo aver parlato con diversi interlocutori - amici e non - mi accorgo che ho letteralmente “perso del tempo”, nel senso che tutto il dispendio di forze e di conoscenza messa in campo, al fine di procurare un effetto positivo a colui che avevo di fronte, è andato in fumo perché non ha prodotto alcun bene per ambo le parti e di riflesso mi si pone il quesito del perché si verifica questo genere di “stallo” in cui niente si concretizza: ho provato a darmi risposte in tal senso ma una sola mi viene da evidenziare, se non altro perché implica le conoscenze personali e le cognizioni culturali delle persone con cui ci si imbatte. Secondo la mia personale visione è probabile che tale risultato negativo si rilevi nel momento in cui ci si trova di fronte un interlocutore che esprime osservazioni e considerazioni senza che le abbia effettivamente metabolizzate, nel senso che predetto dirimpettaio presti la parola senza avere alcun senso di consapevolezza di ciò che espone. Da più parti viene detto che affinché la parola espressa procuri efficacia deve seguire un percorso obbligato in quanto va idealizzata nella mente, meditata e necessariamente metabolizzata cioè fatta propria, poi deve scendere nel cuore che è quel posto dove la parola è assorbita dalle emozioni, ed una volta rinforzata dai sentimenti risale alla bocca per essere comunicata. Quindi, quando una discussione o un incontro occasionale non lasciano il segno, che costituirebbero l’espressione della profondità del dialogo, vuol dire che tutto non si è risolto in un puro scambio di idee e valutazioni, ma si è tralasciato il significato delle parole e dato sfogo solo all’apparenza. Cosa se ne deduce da tutto questo? Che la gente molto spesso dialoga in modalità “offline”, nel senso che parla e sparla senza essere tuttavia o addirittura cosciente o addirittura ignara delle proprie azioni e parole. Questo ovviamente comporta un disagio non indifferente per chi, come tanti, sono appassionati alle riflessioni o sono attratti dalle considerazioni socio culturali di chi incontra. A questi soggetti risalta in modo istantaneo la difficoltà di approcciarsi adeguatamente in una esposizione verbale con chi, invece, non si identifica chiaramente o non presta attenzione nel modo dovuto. La causa di tutto ciò, generalmente, è da imputare al vortice sociale che quotidianamente assorbe nelle sue spire, pregiudicando ogni azione, ogni fare ed ogni dire. La pressione esercitata dal ritmo violento e costante del tempo che sfugge ad ogni controllo razionale non fa altro che aggredire sempre più le nostre risorse intellettuali, sociali e psicologiche fino al punto da annientare il nostro modus operandi. Come intervenire affinché si possa ripristinare il normale andamento “biologico” della nostra vita? Credo sia importante - se non fondamentale - rivedere il nostro stile di vita cioè riprenderci cura di noi stessi e delle cose che quotidianamente espletiamo, ma dovrebbero essere arricchite con la consapevolezza che ogni singola azione debba corrispondere realmente a ciò che si desidera fare e dire, perché tutto è finalizzato al miglioramento dello standard della vita, sia propria che quella collettiva.
6 - CONVIVIALITA’
Il fatto di poter trascorrere qualche volta insieme agli amici, parenti o semplici conoscenti, puri momenti di sana felicità, di condivisione e di comunione ravviva in me il senso della vera comunità che il Signore mi ha voluto presentare, dopo tanto peregrinare interiore, per darmi serenità e la possibilità di discernimento grazie al quale oggi mi sento di affermare e confermare che se benessere vi sia stato è certamente frutto di tale discernimento. Questo cammino che mi ha visto protagonista di continue ed a volte estenuanti battaglie mentali in cui si sono confrontati miti e realtà, certezze e falsi ideologie, col trascorrere del tempo e con l’aiuto di letture e studi appropriati, hanno rafforzato l’istinto di dedicarmi maggiormente al benessere dell’anima , e dall’inizio non potevo già conoscere quelli che sarebbero stati i cambiamenti in tema di considerazioni e ragionamenti che avrebbero variato il modo di pensare. Effettivamente credo che questo sia stato l’inizio di un percorso utile a concretizzare le varie fasi di meditazioni e riflessioni che si succedono durante il mio excursus vitae formativo. E’ in questa ottica che spesso penso e desidererei che si realizzasse un grande sogno: vivere in una nuova realtà che si basi su concetti non più presenti nella vita giornaliera, accompagnarsi a esperienze che danno vigore alle proprie credenze e che si conciliano con i più alti valori esistenziali. Insomma, se questo genere di sentimento sta venendo fuori lo devo senz’altro a quell’introspezione che tempo fa, senza aver le opportune conoscenze tematiche o dottrinali che avrebbero richiesto necessariamente una guida, cominciò a balenarmi in testa. E’ per questo motivo che mi sento obbligato a trasmettere questa riflessione, perché ritengo possa essere valida a diverse persone che sono alla ricerca di un qualcosa di fruttuoso che tenda sempre e comunque a trasformare lo spirito caratteriale di chi vi si appresta. Oggi mi sento rinato o meglio rinnovato, vivo una nuova vita, come quella che avrei voluto sempre vivere, circondato dall’amore e la passione per coloro che mi attorniano con le proprie esperienze, con le loro vite così come sono, piene di difficoltà o di soddisfazioni. Mi sembra di vivere in un’altra realtà, virtuale, impossibile, eppure … è così. Sono ben consapevole di ciò che ho intorno, ma non mi faccio assorbire dalla leggerezza che mi si presenta. E’ uno status di agiatezza che mi rallegra il cuore, ringiovanisce il mio animo e mi trasporta letteralmente nella sana consapevolezza di essere stato fortunato perché, appunto, comprendo che anche su di me è potuto scendere l’infinita Misericordia di Dio, che ha voluto molto umilmente accostarsi alla mia pochezza per darmi ancora una volta l’opportunità di aprirmi alla Sua volontà, al Suo infinito amore e di poter trarre auspicio per il mio futuro. E’ effettivamente strano sentirsi in questo modo, godere di un beneficio o di una posizione di estrema positività in cui riscontrare come – nonostante le tante difficoltà che s’incontrano quotidianamente - tutto proceda sempre ed inesorabilmente nel cammino tracciato dalla volontà divina. Questa situazione di estrema bellezza addirittura provoca in me un sentore quasi di “peccato” per non sentirmi succube di eventi nocivi o comunque percettibilmente ostili. Non che non ce ne siano, ma l’aiuto che trovo nella Fede in Dio e nel Signore Gesù non mi lasciano intrappolare nel giornaliero combattimento con l’egoismo e la sollecitudine della tentazione. Ciò che provo è una ridente gioia interiore, anche nei momenti in cui non c’è nulla di grandioso o meraviglioso, che diventa insuperabile quando mi trovo in presenza del Santissimo Sacramento, quando la Sua presenza provoca una emozione fortissima da togliermi il fiato. Una cosa è certa: non è suggestione ma è una esperienza viva e costante, provata e riprovata, esaltante e gaudente. Ed allora perché non comunicarlo? Perché non dire che tutti possono vivere questa estrema bellezza? Mi auguro con tutto il cuore che tutti insieme possiamo raggiungere un perfetto status di gioia e di felicità, confortati dalla Carità che Cristo ci elargisce ogni giorno, dalla Sua Infinita Misericordia che in ogni istante ci dona e nella Fede che per tutta la vita ci infonde.
7 - EVANGELIZZAZIONE
In una delle sue accorate udienze Papa Francesco ha introdotto un concetto importante nell’ambito della catechesi: la fondamentale e necessaria passione per l’evangelizzazione. Si tratta di un tema basilare per la Chiesa di oggi che, se continuerà in futuro a perseverare negli atteggiamenti di chiusura, rischierà di diventare incoerente e obsoleta. L’enunciazione base è che la Chiesa nasce missionaria, per cui deve annunciare la Parola di Cristo in ogni angolo della Terra; questo è il significato dell’evangelizzazione. Quando i cristiani trascurano l’annuncio gioioso di Cristo nel senso che si chiudono a riccio ed automaticamente si limitano in sé stessi, la loro fede appassisce perché non respira più l’ossigeno data dal muoversi, dal comunicare con gli altri che stanno ancora aspettando. E’ quindi indispensabile che i cristiani si muovano, agiscano e si spronino affinché lo Spirito Santo che è sopra di loro continui l’opera di irradiamento. Tante volte si è portati e vedere nella persona che sta accanto i suoi difetti, ma non altrettanto ci si interessa di altre cose, per esempio quali siano le sue difficoltà o le sue necessità, cioè anteponiamo l’egoismo proprio del dolce non fare niente all’irruente spirito caritatevole. E qual è l’atteggiamento che assumiamo noi che saremmo, anzi “siamo” davvero apostoli di Gesù perché appartenenti alla Sua Chiesa? aspettiamo che gli altri vengano a noi o siamo noi che andiamo per le strade a cercarli, per portare loro condivisione o comunione? Ciò che ha fatto l’Apostolo Matteo dovrebbe farci riflettere. Egli, era da poco divenuto seguace di Gesù, e presto ne sarebbe divenuto Suo apostolo ma non ci ha pensato due volte all’invito, anzi alla chiamata di Gesù per cui è ritornato a casa e dopo aver compreso il valore del messaggio ascoltato rimane frastornato e trasformato da quell’incontro con Lui. Vuole iniziare - ed effettivamente inizia da subito- a divulgare la Parola di Cristo ma non lontano dalla sua città, tra la gente che conosce, cioè incomincia la sua opera di sensibilizzazione nei dintorni di casa sua quindi non lontano da dove vive, nell’ambiente che già conosce e di cui sa bene cosa occorra per risollevare i poveri ed i bisognosi. Egli è pur tuttavia cosciente che al momento non ne sa molto, non è ancora pronto per le folle da convertire, sa bene che è alle prime armi e che quindi, non è tanto esperto ma confida nel Signore che metterà sulla sua bocca le parole adatte per comunicare e convincere chi non crede: questo è ciò che devono fare i cristiani, apostoli di oggi, pur sapendo che non lo fanno per sé stessi ma solamente per la gloria di Cristo. Questo evidenzia la necessità di una revisione della missione di evangelizzazione che, intesa come trasmissione del messaggio evangelico, purtroppo, oggi è contrariata da sfide talvolta o soggettive, a cui fortunatamente si riscontra un contraccolpo dato da un generale e timido risveglio religioso, caratterizzato anche dalla sempre più crescente domanda di vera esistenza. In definitiva l’evangelizzazione oggi ed in futuro dovrà attendersi variegate sfide e confronti, culturali ed interiori, cercando di trasmettere il messaggio evangelico in modo persuasivo. A questo ennesimo sollecito di Papa Francesco stanno rispondendo già da anni diversi ordini religiosi che sulla scorta delle tante sollecitudini avanzate a suo tempo anche da Papa Giovanni Paolo II hanno predisposto appositi studi relativi al settore, con l’obiettivo di fornire una adeguata risposta che trovi applicazione in qualche forma di ammodernamento al servizio di evangelizzazione. Rifacendoci al contenuto in materia presentato dal Concilio Vaticano II ha prevalso, in molte realtà religiose, la scelta sofferta del silenzio, allo scopo di riconsiderare l'esperienza cristiana per poter poi restituirle forza e vigore dal suo interno. Oggi, vuoi perché si riscontra la spinta della nuova e diffusa domanda sul senso religioso o perché dall’altra parte il rinnovamento conciliare ha restituito una intensa coscienza missionaria alla Chiesa, i credenti riscoprono con fierezza di avere una "buona notizia" da offrire anche nel contesto attuale, nonostante si configurasse come una sfida- alquanto complessa - visto che in tanti si immergono in dimensioni materialistiche e, quindi, per nulla spirituali.
8 – FRATELLI
Siamo stati creati dallo stesso Dio, Figli della stessa Mamma, Maria Madre di Dio, fratelli in Cristo, eppure…. Eppure ci mostriamo e dimostriamo di essere estranei gli uni dagli altri, e ancora continuiamo a comportarci da estranei! Mi rendo conto sempre più come il vincolo che ci dovrebbe unire totalmente, specie nei momenti di sconforto o di depressione, sia invece sottovalutato, carente o del tutto inesistente! Ogni giorno, in ogni angolo della Terra l’uomo si stacca dalla sua naturale esistenza, da tutto ciò che dovrebbe essere il suo orgoglio, per girovagare nei meandri dell’apatia e dell’indifferenza. Dimentica, ma forse sarebbe il caso di dire che ha sviato nella mente il ricordo da dove proviene, quale che sia la sua destinazione e cosa dovrebbe fare per realizzare il disegno divino. Egli si lamenta che è sempre più assorbito dai vortici del consumismo, dalla sfrenata corsa verso il soddisfacimento delle necessità umane, dalla mancanza di tempo da dedicare a sé stesso ed al suo prossimo. In questo modo egli manca il raggiungimento dell’obiettivo finale: la pacifica convivenza nel contesto sociale o meglio ancora, nel contesto comunitario. Si lascia prendere ed assorbire molto facilmente da inutili facezie, dal qualunquismo e peggio ancora dal pressapochismo, che diventa il sistema dominante della sua giornata e non fa memoria che Dio lo ha creato – a Sua immagine e rassomiglianza – per dare significato al Suo Creato. Eppure posti di fronte alla Creazione siamo tutti uguali, ognuno con i propri problemi, le proprie difficoltà, chi più bello e chi meno bello, chi più ricco e chi più povero, ma tutti ugualmente della stessa natura perché provenienti dalla stessa matrice divina. A scuola il nostro insegnante di religione ci sottolineava che l’uomo è parte della Creazione perciò ha derivazione divina e questo concetto, per quanto semplice, produce sempre tanta riflessione, per cui dovrebbe essere rispolverato di tanto in tanto. E’ questa pericolosa dimenticanza infatti che ci lascia spesso indifferenti quando ascoltiamo che il nostro vicino ha problemi e non ce ne interessiamo, quando ci viene chiesto aiuto ma noi non interveniamo, non ne siamo partecipi e non ci prodighiamo per tendere la mano. E’ questa presa di posizione che ci allontana progressivamente dall’unione in Cristo e, quindi, dalla comunità in cui trascorriamo gran parte della nostra esistenza. Siamo arrivati ad un menefreghismo totalitario che ha preso il posto del fraterno abbraccio in cui le braccia avrebbero dovuto attorcigliare non solo il corpo del fratello ma anche il suo cuore e il suo animo. Cosa produce di buono questo lassismo ? Addirittura tante volte restiamo soddisfatti per non essere intervenuti o a dare una mano per collaborare, motivando il nostro atteggiamento ad un qualcosa di necessario, perché in tal modo la parte soccombente, rimasta in difficoltà comprenderà la necessità di dover sottostare ad altri. Quindi, niente! Solo inconsapevole durezza di cuore, che isola dai propri simili. Eppure posti di fronte a Maria, siamo stati rigenerati nella figliolanza grazie a Cristo che sulla Croce, nelle Sue ultime parole di vita ha voluto consegnarci ed affidarci all’Amore materno della Sua cara Mamma, regalandoci il senso più profondo del Suo Amore Misericordioso. Grazie a quest’atto, Maria è divenuta tutt’ad un tratto Madre, Protettrice, Avvocata e nostra Speranza. Mi domando cosa ancora dovremmo avere che non abbiamo già? Abbiamo il nostro punto di riferimento per le nostre difficoltà, l’interlocutrice per i nostri bisogni, Colei che accorre sempre all’aiuto che richiediamo, la Madre perfetta che non lascia mai abbondonati i suoi figli. Chi, durante la giornata, non si lascia mai sfuggire di bocca il Suo nome, una invocazione a Lei? Madonna mia!… Mamma mia!.. ricorriamo a Lei ma poi ritorniamo a rintanarci nel nostro egoismo e nella nullità. Sentendoci invece tutti accumunati dallo stesso vincolo di parentela, avremmo più forza in noi stessi e negli altri che non considereremmo più lontani ed estranei ma vicini a noi ed al nostro cuore. Eppure siamo fratelli in Cristo, che così tante volte dapprima ci aveva chiamato amici, quando parlava ai Suoi Apostoli, per sottolineare quanto fosse stretto il Suo legame con noi, quanto fosse profondo l’Amore che provava e, oggi, tuttora prova per noi. Nelle Sue intenzioni avrebbe voluto un popolo di fratelli non solo a parole, ma specialmente nei fatti a tal punto da ricordarci che
“… da come vi comporterete e dal modo in cui vi amerete gli altri capiranno che siete fratelli”. Cristo attende che noi, Suoi fratelli, ripercorressimo la Sua vita seguendo la Sua Parola, mettendo in pratica i Suoi precetti e vivendo secondo la Legge che ci ha lasciati. Seguendo i Suoi insegnamenti e vivendo ogni momento della giornata con attenzione il volere di Cristo possiamo ottenere solo infinite benedizioni e misericordia, strumenti necessari per allontanare da noi il germe demoniaco della sopraffazione dei nostri istinti e dell’indifferenza verso i nostri fratelli. Sappiamo che le opere di carità alimentano la nostra Fede e che l’aumento della nostra Fede richiama l’attenzione dello Spirito Santo consolatore: allora cosa aspettiamo a rinnovare i nostri cuori e non lasciamo farci prendere da questo Amore così visibile e facile da ottenere? Lasciamo che il Signore Dio, Cristo Gesù e la Madonna prendano posto in noi affinché possiamo vivere serenamente in pace. Solo allora potremo veramente dire che siamo tutti creati da Dio, figli della stessa mamma e fratelli in Cristo. In uno dei suoi viaggi missionari, parlando di umanità Papa Francesco ha chiesto ai giornalisti se facessero mai carità ( nel senso di elemosina) a qualche barbone, immigrato, senzatetto ecc.. Ovviamente tutti hanno risposto di sì. Ma il Santo Padre ha ripreso :”nell’atto in cui stavate facendo la carità, avete toccato la mano del richiedente?” per intendere che la carità finalizzata solo al dare soldi non serve a tanto, perché a fine giornata, bene o male, il povero avrà raccolto qualche cosa, ma avrà trovato anche un attimo di comunione o solidarietà?, Il contatto della pelle tra i due personaggi della carità sviluppa un amore istantaneo che promette serenità e pace interiore ad ambedue. Perciò, quando ci apprestiamo a dare anche solo un piccolo contributo, non tralasciamo un istante per dargli la mano , facendogli presente che con quel gesto che, al di là delle posizioni in cui ci trova, gli siamo vicini nel dolore e nella sofferenza.
9 - GIOVANNI IL BATTISTA
Quando Giovanni il Battista battezzava nel fiume Giordano adunava attorno a sé folle di pagani che accorrevano da lui per farsi battezzare, benché non conoscessero ancora personalmente Giovanni, ma comunque desideravano farlo perché la notoria manifestazione della sua Fede arrivava in ogni città e la sua fama quindi circolava in ogni territorio, nonostante egli non si fosse mai mosso dal luogo in cui predicava, battezzava e ammoniva. Ciò perché il suo atteggiamento, vivo e vero, si identificava coerentemente con la sua fede. Tutta la sua vita era stata messa in pratica perché ispirato dalla Parola di Dio, dei Profeti e di tutti quelli che avevano avuto il grande privilegio di ricevere la grazia di Dio, per cui non aveva alcun genere di timore o paura. I nuovi battezzati, nuovi neofiti cristiani, avevano creduto in lui e l’avevano cercato per lasciare il paganesimo ed abbracciare il cristianesimo semplicemente perché motivati dalla testimonianza del suo credo. Nonostante la loro buona volontà però Giovanni li redarguiva comunque, ammonendoli che non bastava l’acqua del fiume ad esorcizzarli ed a perdonare i peccati finora commessi né tantomeno il buon proposito di non commetterne più e di comportarsi secondo la nuova legge impartita: per poter diventare veri seguaci di Cristo occorreva una trasformazione radicale che partiva dal cambiamento interiore, che poteva avvenire solo se assistiti dallo Spirito Santo. Quindi, non ci sarebbe stato cambiamento se non avessero avuto prima il contatto e la vita condotta in simbiosi con lo Spirito Santo. Avrebbero potuto fare ogni cosa, ma tutto sarebbe stato vanificato perché non sarebbe stato fatto con la consapevolezza del legame che avrebbero avuto con la forza misericordiosa e trascinante dello Spirito Santo. L’uomo degli anni duemila assomiglia tanto a quei neofiti, vuole in tutti i modi presentarsi come un vero penitente, remissivo e sottomesso alla volontà di Dio, ma non si accorge però che cerca di fare solo una semplice….. lavata di faccia, nel senso che vuole dimostrare agli altri il proprio buon senso, buona accoglienza e disponibilità e la sua conversione ma in definitiva, nel suo intimo sa (o forse non riesce a comprendere) che non è affatto cambiato interiormente e che la sua anima ancora non è del tutto aperta alla luce che rischiara quelle tenebre che gli offuscano e gli precludono la via della salvezza. La vita quotidiana lo porta lontano dalle riflessioni e dalle meditazioni che tanto bene fanno alla vita di ognuno, ma è un dato di fatto che tutto ciò che gli viene consigliato di fare non è preso affatto in considerazione perché fornisce sempre un alibi alle rinunce, agli inviti a partecipare ecc. del genere: “prima o poi prima ci penserò “, oppure …al momento sono troppo impegnato!. E Gesù? Ce ne siamo dimenticati? Cosa ne penserebbe Lui che dedica ogni istante della giornata a tutti noi, nessuno escluso, per soccombere alle nostre necessità? Lui, che non solo ha dato la vita per farci comprendere quanto è grande il Suo Amore per noi, ma ancor di più quanto tale amore sia ancora maggiore oggi, visto che continua a restare a disposizione per ascoltarci. Purtroppo tutto ciò tutto non ci scalfisce nemmeno un po', non ci tocca proprio per niente perché nonostante Egli ci dia le risposte che cerchiamo o ci fornisca in tanti modi la soluzione ai nostri problemi restiamo irremovibili nella nostra posizione di infelici statici . Eppure Egli sovviene alle nostre necessità ogni giorno, magari attraverso l’incontro con altre persone in grado di capirci e supportarci oppure facendoci vivere situazioni del tutto anomale, in modo da provocare scossoni ai nostri atteggiamenti. Ciò nonostante restiamo indifferenti, apatici, scostanti ed addirittura indispettiti verso quell’occasione gratuita che può risultare risolutrice. Perché? Perché ci facciamo vincere dal nostro egoismo. La nostra voglia di essere superiori a tutto ed a tutti, la presunzione di essere forti, di poter vivere senza alcun aiuto da parte di altri che potrebbero recarci qualche segnale da parte di Dio, oppure l’idea di essere o sentirsi migliori di altri ci allontana sempre di più da Gesù e ci priva dell’Amore più caritatevole e confortevole che potessimo sognare. Quante volte veniamo sopraffatti da ipocrisie, inimicizia, antipatia, gelosia, invidia oppure siamo presi da certe forme di incomprensione pur non sussistendone le motivazioni. Ma poi io mi chiedo: anche se per ipotesi fosse vero che esista qualche forma di negligenza da parte di altri, perché l’uomo pensa subito al distacco o al contraccolpo e non si indirizza invece verso la riconciliazione? Perché vuole dimostrarsi duro o indifferente verso l’amico o il conoscente che si è reso magari colpevole di una semplice diceria? Perché? Ancora una volta non si ferma a riflettere sul perché ciò accade; ancora una volta egli è preso dal suo egocentrismo e non pensa invece alle cose più reali ed importanti ed alla fine devia sugli altri le proprie incomprensioni. Ma il problema non sta in ciò che facciamo, la realtà è che non ci rendiamo conto di essere di nuovo vittime. Sì, siamo solamente persone intaccate dalla tentazione che, grazie alle sue molteplici forme, ben presto si trasforma in azione e dimentichiamo che la zizzania è sempre presente perché cresce insieme a tutto il resto e quindi si diffonde continuamente, pregiudicando il contesto in cui si viene a trovare, distruggendo l’armonia e la serenità in cui vive il Popolo di Dio, il popolo fedele, cioè noi! Cosa dobbiamo fare allora per riavvicinarci al Signore? La risposta è una sola: pregare, pregare, e pregare ancora! Ma pregare non per mostrare agli altri che siamo cattolici praticanti ed osservanti, ma perché così allontaniamo la presenza del “tentatore”, ci rendiamo più forti alle sollecitazioni al peccato, alle incomprensioni, alle difficoltà con gli amici e restiamo più vincolati ed ancorati alla verità, fonte di pace e di amore, che costituiscono l’inizio della comunione e della condivisione. Il diavolo stesso più volte ha fatto presente di essere stato autorizzato a tentaci, tuttavia gli è stato vietato di toccare personalmente i malcapitati ed allora gli resta solo una possibilità di attaccarci, interferire con la sensibilità umana nei tanti nodi che ha a disposizione fino ad arrivare ad accaparrarsi l’adesione dell’uomo che , per quanto debole ha però sempre l’amore più forte per difendersi: ricorrere alla protezione divina. Allora lasciamo che le tentazioni siano combattute da Cristo mediante la nostra preghiera ed iniziamo ad aver fiducia in noi stessi ma, più in particolare, del prossimo che abbiamo vicino. Spesso di parla o meglio, si sparla (e tanto anche!) di persone che, inaspettatamente ed anche inconsapevolmente sono proiettate al centro di malversazioni, dicerie e chiacchere che denigrano la loro dignità, talvolta anche senza aver mosso un dito. Tali situazioni, purtroppo, sono all’ordine del giorno a tal fine che ogni persona che ha in dotazione un telefonino cellulare sa quasi sempre di tutto e di tutti, in qualsiasi momento, così fatti e misfatti di tanta gente, specialmente verso i personaggi pubblici che sono sempre al centro dell’attenzione, che siano notizie vere o tendenzialmente false. Ovviamente, anche negli ambienti della Chiesa, dove regna la piena libertà di espressione si riscontrano avversità che non dovrebbero esistere in nessun modo; infatti, la partecipazione alla Chiesa è totale ed unanime e tutti i fedeli sono caratterizzati dal fatto che hanno un unico e stesso Credo, che li uniforma nella vita e nella preghiera. Quindi quando sentiamo voci che rappresentano un senso di divergenza allora vuol dire che qualche cosa sta per accadere – se non già accaduto - e, più verosimilmente, si tratta degli avvisi dei sintomi di allontanamento da Dio, perché nell’animo di chi persevera in questo modo di fare si sta facendo strada la tentazione diabolica che distoglie l’attenzione dal proprio cuore per far posto al proprio malcontento ed alla maldicenza che, come ben sappiamo è proprio appannaggio del “Tentatore”. Nel Vangelo è riportato l’esempio di Gesù che scaccia i demoni ma la folla (che in questo caso rappresenta la diversità di pensiero) anche se si trova nella stessa città (e quindi rappresenta l’avversità alla fede) lo incolpa di appartenere addirittura a Satana. Papa Francesco tiene a sottolineare che:
” Questo episodio contiene un ammonimento che serve a tutti noi. Infatti, può capitare che una forte invidia per la bontà e per le opere buone di una persona che si presta a servizio della Chiesa possa spingere qualcun altro a criticarla, sobillare quelle buone azioni o, addirittura accusarla falsamente. Qui c’è un vero veleno mortale: quella malizia con cui in modo premeditato si vuole distruggere la buona fama dell’altro. Dio ci liberi da questa terribile tentazione! E se, esaminando la nostra coscienza, ci accorgiamo che questa erba cattiva sta germogliando dentro di noi, andiamo subito a confessarlo nel sacramento della Penitenza, prima che si sviluppi e produca i suoi effetti malvagi, che sono inguaribili. Siate attenti, perché questo atteggiamento distrugge le famiglie, le amicizie, le comunità e perfino la società“ (Angelus, 10 giugno 2018).
Quindi facciamo tanta attenzione su ciò che diciamo o facciamo, per non provocare inutili battibecchi nella chiesa, per non creare velleità o sdegno in chi ci guarda, per non affossare la carità e la misericordia che tanto generosamente invece Cristo ci regala in ogni istante della nostra vita. Ci può essere d’aiuto ciò che ci consiglia Gesù in queste occasioni: pregare, pregare e pregare ancora, per far sì che non prestiamo al nostro nemico l’opportunità di creare crepe nella nostra anima, che fanno male agli altri ma specialmente a noi stessi. Un valido aiuto in tal senso potrebbe quello di agire controtendenza, cioè incolparsi per un qualcosa non commesso, riconoscersi provocatore e quindi causa del male inferto, umile peccatore di ciò che è provocato con il proprio modo di fare. Così ottemperando avremo la diretta e necessaria possibilità di chiederne perdono, quantunque non si sia commesso il malfatto. Papa Francesco ci fa riflettere anche su questo argomento quando ci rivela che:
“ la sofferenza, le lacerazioni, e quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile e la base della nostra vita! Anche in famiglia: quante di esse risultano disunite e non sanno perdonarsi, quanti fratelli si portano dentro il rancore. È necessario per questo ricorrere ed applicare l’amore misericordioso in tutte le relazioni umane: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, all’interno delle nostre comunità, nella Chiesa e anche nella società e nella politica”.
10 - IL GIUSTO VIVRÀ PER LA SUA FEDE
Nella lettura di testi che generalmente leggo per studiare o esaminare i commenti alla Parola di Dio spesso mi imbatto in testi anche di ispirazione non cattolica perché comunque sono attinenti ai medesimi argomenti cui sono solito addentrarmi, perché affascina quel modo pacato e abbastanza lucido delle esposizioni che, in definitiva collimavano con quelle di ispirazione cattolica. In particolare, nelle affermazioni e nei commenti sottolineati da predicatori di natura pentecostale o battista, ho riscontrato quello che costantemente viene ripetuto anche nelle nostre chiese cattoliche, quando si parla di tenacia nella fede, di intenzionalità impressa nelle preghiere, ma anche l’umiltà e la riverenza mostrata nel momento in cui ci si accosti ai sacramenti ed alla liturgia. Come si nota si tratta di temi che anche noi cristiani praticanti troviamo sulla strada che porta alla meditazione religiosa, per trovare risposta nel contatto con Dio. Diventa quindi evidente che questo genere di attività si rivela una prerogativa di chi ha intenzione di percorrere un cammino diverso da quello per la maggior parte praticato dalla gente comune e che si presta a fornire risposte alle domande esistenziali che ci troviamo di fronte nei momenti bui della nostra vita. E’ in quel contesto, infatti, che prevale nei nostri animi la necessità di una serenità spirituale che riteniamo essere fondamentale per dare significato alla routine della vita quotidiana. E capita che quando proprio non sai a chi rivolgerti per avere tali risposte sei “costretto” ad inginocchiarti e porgere deferentemente ossequio all’unica vera certezza che può dare riscontro alle richieste inoltrate; tutto sta nel saper esprimere la propria concezione, il proprio credo, la propria fede. A volte si sente dire
“anche io ho fede nel Signore, ma quello che vedo e sento in giro mi fa ripensare su tutto” , oppure “ prego tanto perché ho tanta fede, ma mi capitano cose talmente strane che mi fanno pensare che Dio non può aiutarmi”.
Quante strane ed imprevedibili affermazioni fanno diventare le nostre orecchie casse di risonanza delle più assurde dicerie che si possano mai adottare! Il nostro credo, intendo quello cattolico, prevede che si abbia fede perché si crede in Dio e come tale la nostra vita debba essere disposta alla Sua volontà, non per avere cioè un secondo fine. La nostra fede perciò non deve essere uno strumento che va utilizzato per chiedere a Dio il segno della Sua riconoscenza solo perché siamo figli suoi e per tale motivo degni di avere la Sua attenzione, sempre e comunque. In tal modo non esprimiamo nient’altro che la nostra meschinità, la pochezza, l’incomprensione della natura del rapporto con Dio. In tal modo non riusciremo mai a connetterci con Chi si obbliga a darci aiuto e attraverso la Sua Misericordia ci conforta nei momenti di bisogno e di protezione. Ma poi, un elemento fondamentale del concetto è quello che ci fa partecipi dell’aspettativa che Dio ha su ognuno delle Sue creature e che si riflette sulla immedesimazione nella vita concreta del cristiano così’ come da Dio stesso l’ha prospettata. Quindi, se ognuno di noi vuole vivere una vita grama, senza difficoltà e senza ulteriori preoccupazioni, non deve far altro che adattarsi all’ordinarietà di quanto fa ogni giorno, ripetutamente, non pensare ad altro ed attendere alle solite faccende giornaliere. Ma se vuol imprimere una svolta nella propria vita il credente deve virare a 360° e ribaltare i suoi programmi giornalieri perché affidarsi a Dio vuol dire disconoscere la propria vita ed assumere atteggiamenti del tutto diversi da quelli finora praticati per essere pronti a rispondere alla “chiamata” che Dio gli ha inoltrato con l’indicazione “ chi mi ama, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua..” Sta di fatto che il fedele, per essere seriamente intenzionato a comprendere la Verità, posto di fronte a questa scelta deve dichiararsi, cioè mostrare la validità della propria fede e non aver paura di quello che dovrà affrontare: questa è la massima espressione di vita cristiana. Torna utile, proprio in questo caso, una affermazione fatta dal celebre predicatore ritenuto il principe dei predicatori battisti riformati, Charles Haddon Spurgeon, che nella sua vita tenne centinaia e centinaia di assemblee in tutto il mondo. Proprio in una di queste celebrazioni ripeté: “ Credere è il nostro stile di vita e, quindi, ne abbiamo sempre bisogno. Se Dio ti dà grande fede, caro fratello mio, devi aspettarti anche grandi prove perché in proporzione a quanto crescerà la tua fede, dovrai dare di più e sopportare di più. Le piccole imbarcazioni possono rimanere vicino alla costa, come si addice a piccole barche, ma se Dio ha fatto di te una grande nave e ti carica abbondantemente, Egli vuole che tu sappia cosa sono le grandi onde e vuole che tu provi la loro furia, fino a quando vedrai i Suoi segni nelle profondità”. L’uomo, quindi, non deve aver paura di affrontare gli imprevisti perché di essi nella vita ci sono e ce ne saranno sempre, per cui invece di abbattersi o demotivarsi a causa del timore di non farcela egli deve abbandonarsi a Dio, non deve contare su di sé ma sullo Spirito risolutore con cui Dio, oltre a farci proteggere, interviene per ripristinare la serenità dell’anima. Così quando ci si ritrova in circostanze difficili o in situazioni in cui non si vede la possibilità di soluzione o la mancanza di appropriate idee, va richiesto l’immediato intervento dello Spirito Santo affinché nostro Consolatore e Patrocinatore, provveda all’esigenza invocata. Questo “abbandono” in seguito si consoliderà sempre di più, fino a diventare una necessaria dipendenza dalla quale nulla potrà mai più staccarci. D’altra parte già Gesù, all’atto della Sua ascensione ce lo aveva garantito “Vi farò inviare dal Padre mio il Paraclito, che vi assisterà come io ho potuto fare fino a quando ero con voi (rif. agli Apostoli), e non vi lascerà mai più”. E’ come un qualcosa che non conosciamo bene ma, dal momento in cui vi entreremo in contatto e ne fruiremo la protezione, diventerà il nostro punto di riferimento, per una vita consapevole e piena di Dio.
11 - IL MOMENTO PIU’ BELLO
Nel corso di un meeting a cui ho avuto il piacere di partecipare, siamo stati invitati ad eseguire una seduta di psicoterapia collegata al rilassamento mentale, finalizzata ad assumere atteggiamenti utili per ottenere una maggiore disponibilità alla meditazione. In tale incontro il tutor ha richiesto di pensare ad un evento, ad una cosa, oppure ad una circostanza che ci abbia procurato positività in senso di gioia, felicità, piacere o grande forza cioè un qualcosa che avremmo dovuto ricordare, da mettere al centro dei nostri pensieri ed a riportarla agli altri a condizione solo che si fosse trattato di una riflessione utile per la vita personale, e di auspicio per il proprio futuro. Era necessario quindi che tale meditazione doveva essere non solo pensata, ma anche e specialmente assimilata e posta alla base di un momento particolare che ha generato felicità. Personalmente mi sono trovato un po' a disagio perché avevo pensato - come tutti, credo – che durante l’arco della vita grazie alla protezione di Dio possiamo o abbiamo potuto assaporare tante sensazioni, emozioni, piaceri e abbia anche potuto vivere momenti con alto impatto per il carattere e per le inclinazioni intellettuali e spirituali. Devo dire che nell’istante della richiesta ai partecipanti sono passate per la mente tante occasioni e circostanze più o meno speciali (v. il giorno del matrimonio, la nascita dei figli e dei nipoti e via dicendo). Nel mio caso, però, nel fare i diversi paragoni e confronti mi sono accorto che pur essendo tali eventi di carattere emotivo o sentimentali di elevato contenuto, nella mia mente non riuscivano a darmi quella sensazione di poterne confermare occasione di profonda commozione né propulsori di spinte interiori o caratteriali e per me quindi non si trattava di circostanze azzeccate per rispondere. Mi allettava di più, invece, un momento molto particolare, anch’esso unico, che mi ha permesso di rientrare in me stesso, di rivoluzionare il mio modo di essere, quindi un frangente in cui sono stato profondamente toccato nell’intimo, nella parte interiore di me stesso che, proprio per questo, necessitava di una forte considerazione per essere potuta esternare. Si trattava di un momento eclatante, che ritorna in mente e che spesso rivedo nella mia memoria e nel mio cuore, che mi ha scosso l’intelletto ed ancor più l’animo. Si era agli inizi del periodo della pandemia da Covid, quando cioè vivevamo da reclusi, obbligati in casa per l’espandersi pericoloso della pandemia che stava mietendo centinaia di morti in tutto il mondo. Dopo qualche giorno il Santo Padre aveva chiesto a tutti i fedeli di unirsi a lui per una veglia di preghiera e di collegarsi con la diretta televisiva da Piazza San Pietro a Roma per invocare l’intervento del Signore al fine di porre fine a quell’eccidio. Vederlo così solo, in una piazza che solitamente è gremita fino all’inverosimile perché accoglie migliaia di persone, sotto una pioggia incessante, invocare la mano di Dio per far cessare quel flagello così pericoloso, mi ha suscitato una infinita umiliazione ed una reale incapacità di meditare a fondo su ciò che quell’uomo stava compiendo. L’umiltà e l’accoratezza mostrata dal Santo Padre mi ha turbato a tal punto che non ho potuto fare a meno di cominciare a chiedermi il perché di tutto questo visto che il Papa, ancora una volta stava chiedendo protezione a Dio quando invece è l’uomo stesso a non interessarsi più di Lui; perché il Papa si è dovuto inchinare alla Maestà Divina per ottenere perdono per le nefandezze a cui si è dedicato l’uomo a tal punto da provocare con la pandemia la morte di tanti suoi fratelli. In me si è verificato uno scombussolamento generale che ha destato la necessità, di unirsi almeno mentalmente e spiritualmente al Papa, non solo per la sua richiesta quanto per aderire in toto al concetto di condivisione e di comunione. In quell’istante mi stavo unendo idealmente al Santo Padre e mi sentivo così vicino a lui anche personalmente quasi come se lo tenessi per mano e lo accompagnassi verso le immagini del Crocefisso e del quadro della Vergine. In quel momento mi sono sentito libero nonostante tutto ciò che stava accadendo, in particolare il pericolo incombente, le morti, la prospettiva di una vita resa difficile e complicata per colpa dell’uomo e sono diventato felice, nonostante tutto. Ho compreso che non potevo più solamente stare a guardare ma era necessario innanzitutto non stare più in silenzio e tacere: dovevo portare fuori tutto il malessere che la società aveva immagazzinato dentro di me, ivi incluso l’indifferenza dell’uomo verso il bisogno degli altri su cui aveva fatto prevalere il proprio interesse di denaro e potere. Ciò che per tutto il tempo tenevo chiuso dentro di me adesso poteva e doveva essere utile ad altri. Quella sera l’animo si è sgravato di un peso insopportabile, quello dell’anonimato, e si è rafforzato perché nello stesso tempo mi ha fornito l’occasione per meditare e riflettere su ciò che di importante ha l’uomo e purtroppo non se ne rende ancora conto. Mi sono reso conto che il mio spirito mi stava presentando degli aspetti intellettuali ed emotivi mai conosciuti, una coscienza che mi conduceva ad una realtà vista non nel suo immaginario bensì nella sua vera consistenza. Ho compreso che ogni aspetto della mia vita doveva essere considerato sotto altri punti di vista, cioè fare riferimento alle mie personali convinzioni ed opinioni. Tale nuova realtà ha trasformato la “routine” in un qualcosa di concreto che necessita della personalità, del proprio credo, del proprio e consapevole modo di essere e di fare. Questo nuovo atteggiamento da assumere stravolge il proprio essere perché non riflette più solo il vivere ma anche il modo di pensare e considerare tutto ciò che capiterà nell’arco della giornata, così da quel momento in poi la mia vita ha subito una decisa svolta: l’attenzione posta ad ogni singolo “segno” che mi si presenta davanti non è più caratterizzato dalla superficialità di sempre, ma oggi si unisce all’energia ed alla misericordia con cui lo Spirito Santo si fa riconoscere ed accompagna in ogni istante della vita. Tutto questo mi ha rivitalizzato, ridandomi gioia, felicità, serenità ma soprattutto la consapevolezza della bellezza del messaggio di Cristo, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si frappongono per le strade della mia vita. Quell’incontro mai avuto ma che è stato sostituito da quell’unione avuta quella sera col Santo Padre mi ha rivitalizzato e con una gioiosa sterzata ha investito la mia anima da non potermi più staccare dall’idea di essere continuamente osservato e condotto dalle mani di Dio lungo la strada della salvezza.
12 - L’UOMO, LEBBROSO DEL 2000
L’uomo del 20° secolo è sempre restio a prendere posizione su ogni circostanza e rimane guardingo sulle proprie posizioni cognitive perché al fine di non sbagliare ritiene che egli debba prima valutare dove sta la propria convenienza dopodiché, seguendo sempre il proprio indirizzo investigativo in quella direzione, prenderà parte e semmai anche controvoglia, alla decisione in merito. Non si rende conto che questo atteggiamento si presta all’occorrenza e non ha alcun minino riguardo ai valori, concetti, ed agli ideali che sono stati impartiti dalla Parola di Cristo ed allora egli si comporta come la bandiera al vento che sventola in ogni direzione perché non conosce il senso della conoscenza e della verità. Per far sì che potessimo beneficiare della protezione, della vicinanza continua e fedele del Signore è necessario che ognuno si converta, nel senso che modifichi, consapevolmente, il proprio modo di pensare e, conseguenzialmente, quello di agire. Ma come ci si converte? La conversione è l’atto con cui la personalità spirituale di un fedele si trasforma per intervenuto cambiamento di atteggiamento verso la verità divina. Nella realtà una conversione non è facilmente individuabile se dapprima non si è aderito ad un processo radicale iniziato con la meditazione, che si basa sull’assunto che il Signore apre le porte alla conoscenza interiore e riporta la luce all’oscurità della nostra anima, che brancola nel buio della vita. E’ vero che noi siamo sempre portati a credere solo dopo aver visto, un po' come San Tommaso, che credette solo dopo aver veramente confutato la presenza di Cristo Risorto e dopo che ebbe la consapevolezza di aver di fronte il suo Gesù. Secondo questo concetto quindi, la Conversione non avverrebbe perché non vediamo di fatto il cambiamento, cioè non viviamo di fatto la trasformazione che dovrebbe farci uomini nuovi; solo dopo che abbiamo avuto certezza di quello che è successo riusciremmo a credere. Ma dimentichiamo che la conversione è un atto di estrema importanza perché investe tutta l’anima del richiedente che deve rinnovare il proprio “io” e la propria coscienza, e perciò deve essere invocata in modo sempre solenne e ciò non può aver luogo senza fare a meno della cosa più fondamentale che è la Preghiera, il veicolo su cui salire per dirigerci verso l’obiettivo finale. Lo scopo principale della Preghiera, infatti, è proprio quello di invocare il Signore per ottenere la conversione, quindi se non preghiamo non vi potrà mai essere una conversione e se comprendiamo quanto sia indispensabile e propedeutico pregare allora dovremo farlo nella piena consapevolezza, e perciò osservare i crismi della preghiera affinché essa sortisca gli effetti voluti, cioè che arrivi al cuore di Dio che, mosso dal pentimento mostrato, percepirà il reale “mea culpa” che costituirà l’azione che condurrà alla conversione. In tutto ciò, il Signore è sempre presente ed accanto ad ognuno tant’è che aspetta ed è paziente. Ma anche se la Sua pazienza è proverbialmente infinita, Egli comunque si rattrista quando vede che l’uomo per muoversi perde molto tempo. Dio si adatta alla nostra personalità ma aspetta che noi ci allineiamo a lui, per consentirgli di mettersi in contatto e in sintonia con ognuno di noi. Nel nostro vivere quotidiano siamo sempre pronti a discutere, su ogni argomento, invece di pregare, al fine di consentire di ottenere l’effetto che vogliamo. Tutto questo perché nelle relazioni con il prossimo oggi noi siamo portati a non ascoltare ed in genere a non prestare la dovuta attenzione. Per avere un rapporto ottimale con Dio bisogna sia prestare attenzione che ascoltare, è fondamentale stare in silenzio, perché grazie a questo atteggiamento gli potremo porre tutta la nostra attenzione. Possiamo quindi affermare che pregare corrisponda fondamentalmente a fare silenzio ed attenzione. Sì, ma a chi? In questo caso al Signore, quando ci troviamo in chiesa ma anche alla persona che incontriamo per strada, all’uomo che esprime la sua necessità di aiuto e a cui, purtroppo, nessuno risponde. Ecco dunque che ci si accorge che l’uomo non riesce a rispondere con fede alla richiesta di Dio, che è quella di fargli spazio allo scopo di permettergli di entrare nel suo cuore. In genere ci riconosciamo buoni e completi conoscitori delle Sacre Scritture ma non sempre siamo in condizione di poterlo verificare e di saperlo dimostrare. Anche nel confronto con Satana ne usciamo sconfitti perché lui conosce molto bene la Parola di Dio, molto di più rispetto a tanti cristiani, sarebbe davvero un grande un teologo, molto perspicace, perché conosce molto bene Dio che però ne limita le azioni perché è solo a chi ha Fede e nedà testimonianza Dio dà il potere di invocare, predicare e benedire: Satana proprio perché non ha fede in Cristo non agisce secondo i Suoi insegnamenti, non fa ciò che Dio gli ordina di fare, perciò è redarguito da Gesù nel non divulgare la Sua divina identità. Tanto per riconoscere la potenza della preghiera riconsideriamo ciò che accade nel Vangelo Di Marco (9, 14-29):
“ E giunti presso i discepoli, li videro circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro. Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». Gli rispose uno della folla: «Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora in risposta, disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?» Ed egli rispose: «Dall'infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: «Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più». E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi. Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera.
Quando ci è chiesto di intervenire o partecipare a qualche evento, anche importante, a volte capita di mostrarci disinteressati o poco partecipanti, tendiamo a soprassedere e pur consapevoli della rilevanza di tali eventi decidiamo comunque di non fare o non partecipare: cosa succede in questi casi? vuol dire che noi cioè il messaggio di Gesù non è sceso nel cuore. Ancora una volta la nostra natura umana limita l’ azione spirituale, ne impedisce l’esecuzione e ne occulta l’interesse. La reazione che dovremmo avere, al fine di evitare o consentire di poter proseguire senza indugio è una sola: investire tutto nella preghiera, perché in essa noi investiamo il tempo (perché realmente si tratta di una operazione ad alto rendimento!), ma a tutto il resto provvederà lo Spirito Santo, che ci guiderà nel contatto con il Signore; quindi diventiamo automaticamente CORPO (il contenitore del tutto) – ANIMA (la nostra mente) – SPIRITO (il luogo dei nostri sentimenti) - Cosa vuol dire ciò? Gesù ammonisce i Suoi Discepoli che non sono riusciti a liberare il giovane dal demone perché non hanno avuto fede, nel senso che non hanno mostrato convinzione o consapevolezza in ciò che stavano per compiere, non hanno avuto la dimestichezza di assaporare la grandezza e la potenza della preghiera. Il brano sopra riportato evidenzia vari argomenti, storici e sociali che, comunque e di fatto limitavano la possibilità di agire agli uomini del tempo. Infatti, per la Legge dell’epoca, i lebbrosi non potevano essere toccati da nessuno perché considerati “impuri” e quindi tutti coloro che avessero avuto occasione di venire a contatto con il lebbroso diventavano a loro volta impuri e di conseguenza venivano anch’essi allontanati dalla comunità. Nel momento in cui Gesù guarisce il lebbroso che l’aveva riconosciuto e che gli aveva chiesto la guarigione, non aspetta tanto e gli si avvicina subito per toccarlo, non perde un secondo di tempo e lo guarisce toccandolo: Gesù risponde in modo immediato alla richiesta di chi lo ha invocato con fede e speranza. Per tale motivo Egli stesso, in quell’istante, diventa un inosservante della Legge, perché non ha rispettato i principi imposti dalle regole del tempo: Egli rompe gli schemi, va contro le leggi ed i sistemi vigenti, anche a costo di perdere la sua onorabilità. Ma a Lui non interessano le vicende umane, non interessano le disposizioni transitorie che caratterizzano la storia solo per determinati periodi di tempo: Gesù si interessa solo ed esclusivamente all’uomo ed è per l’uomo che è disposto e procede ad andare controtendenza. Cosa ricaviamo da questa esperienza? Che il nostro egoismo si nasconde dietro falsi paraventi simboleggiati da false ideologie o da ingannevoli realtà che riescono ad imprigionare le nostre risorse e dalle potenzialità che Dio ci ha dotati per il mezzo della preghiera: la fede è indispensabile per compiere miracoli e la preghiera risulta essere l’unico strumento grazie al quale impietosire il cuore di Dio, produrre compassione in Dio Padre ed invocare che la Sua Misericordia liberi e guarisca l’uomo dai problemi che l’assillano.
13 - IL FUOCO DI DIO
Talvolta mi sento una frenesia addosso e non riesco a comprenderne il perché ma più che frenesia direi che si tratta di una forte energia che viene dal di dentro e non si placa ed attende di essere riversata o trasmessa su altri. Capita di sentirmi inerme e di non sapere cosa fare ma più il tempo passa e più diventano frequenti gli scossoni che si producono nell’animo. Devo ammettere anche che ciò mi allieta, in quanto dentro di me si instaura una stasi di assopimento dei sensi, una tranquillità interiore che mi dona calma e serenità. Ed è proprio per questo che non riesco a comprendere perché si verifica tutto questo. Una serenità prodotta da una forza esplosiva. Può sembrare una contraddizione ma è proprio così tant’è che torna normale pormi tante domande e cercare le risposte che possano darmi i risultati esatti. Ed allora mi ritrovo a analizzare tutto ciò che sta accadendo nella mia vita. Finisco per individuare che ciò non avviene sporadicamente, ma che ha una certa frequenza, cioè si verifica di tanto in tanto, quasi come se seguisse un andamento ciclico, e si manifesta in maniera nettamente palese on momenti cruciali, specie quando mi trovo alla presenza di Gesù, semmai in occasione di un momento di adorazione, di una processione o di esposizione eucaristica. E’ come se “quel” contatto stabilisca dentro di me un rigurgito dall’apatia in cui versa in quell’istante il mio stato d’animo e lo infonde con la forza prorompente del Cristo Risorto che “vuole” che si manifesti dentro e fuori di me la Sua volontà, che è quella di dire, fare, comunicare quanto è bello essere posseduti ed assorbiti dall’Amore di Gesù, quell’Amore che ci avvolge strettamente per farci inebriare della Sua Misericordia. E la cosa bella è che quando riesco veramente nello scopo prefissato, l’animo esulta, come se avessi fatto bingo alla lotteria! Esternamente rido, e sorrido ma internamente mi gonfio di felicità interiore! All’improvviso quella forza che era in me diventa esausta, come se fosse tutt’ad un tratto svanita, divenuta inesistente, o magari come se si fosse spostata dal mio corpo per trovare accoglienza presso altri. Così quel patrimonio che era solo mio ora diventa anche di altri, coi quali adesso posso condividere quel tesoro di cui ero stato beneficiato. L’unico mio cruccio sta nel gravoso impegno - ma caratterizzato dal vivo desiderio - che questo bene che mi ha gratificato con enorme beneficio possa essere accolto da altre persone, in modo che anch’esse possano gustare la bellezza della Verità e dei grandi benefici che ci elargisce lo Spirito Santo. Quest’anno, per esempio, ho avuto la grandissima fortuna, piacere, e onore di festeggiare una ricorrenza molto particolare. Infatti in quest’anno ricorre il 50° anniversario della mia prima partecipazione parrocchiale alla Processione Eucaristica del SS. Sacramento, un traguardo che diventa per me motivo di grande gioia poter partecipare senza alcuna interruzione – fino all’avvenuta pandemia degli ultimi anni - alla più grande celebrazione religiosa che mai potesse eseguirsi: la Processione Eucaristica. Meglio identificata come la Processione del Corpus Domini per me è sempre stato un avvenimento molto particolare e posso affermare con assoluta certezza e verità che per me non è mai esistita, né esisterà mai “festa” più sentita di tale processione. Essa è organizzata per una giornata del tutto diversa dagli altri 364 giorni dell’anno. E’ una giornata speciale, di tutto rispetto, in quanto ciò che accade va al di là della semplice routine quotidiana: fin dal primo mattino mi sento strano, una persona del tutto anomala rispetto agli altri giorni. Già dal mattino la mia circolazione sanguigna si velocizza, i valori pressori secondo me viaggiano a sé stanti, e la mente va all’imminente incontro (che come sempre si svolgerà di pomeriggio); sento ribollire dentro di me il sangue che mi richiama alla vicinanza con Cristo Re. E’ come se cadessi in uno stato di trance, non sento, né mi dedico ad altro: sono solo in attesa di poter accompagnare il Santissimo Sacramento per le strade della Città. Agli occhi degli altri tutto ciò può apparire come di un qualcosa d’intimo e personale, una forma esagerata di esibizionismo che mi vedrebbe coinvolto quasi come se fosse una cosa tutta e solo mia, che interesserebbe solo me e non anche gli altri fedeli: è un pensiero che potrebbe apparire possibile, ma purtroppo non è così! gli altri non sanno che si tratta di ben altro e precisamente di qualcosa che vede configurarsi nella mia persona non solo l’attesa di un anno ma anche l’evolversi di una serie di emozioni e di sensazioni che progrediscono di anno in anno fino a sfociare nella “passeggiata” di cui mi onoro di accompagnare il Signore Gesù. Durante quel tragitto che facciamo insieme, in quella circostanza nulla mi può sfuggire, riesco persino a percepire, ed anche molto bene, la meraviglia e le sensazioni di qualche spettatore che vede sfilare per le strade del centro il lungo corteo, una normale processione religiosa che, al pari di tante altre, porta in giro una immagine o un simbolo sacro. Quante volte mi è capitato, durante le processioni passate, di incrociare gli sguardi di tante persone indifferenti, che non degnano nemmeno di una riverenza o di un saluto: in quell’istante vorrei dire loro che stanno incrociando la strada con Colui che li ha creati, Colui che nonostante tutto è sempre pronto ad ascoltarli ed a fornire loro tutto ciò che serve per recare serenità alla loro anima; quell’aria di superficialità con cui trattano il passaggio di Cristo per le strade cittadine non si presta a favorire una loro ipotetica conversione perché in quei momenti il loro cuore e la loro mente sono occupati da blasfemie che inveiscono Cristo Misericordioso. Ed è un grande dolore perché dalle parole del Vangelo ricordiamo che Cristo passava tra la folla che lo attendeva e lo festeggiava prima che arrivasse in città, ed Egli riconosceva come quella gente era piena di fede. Oggi Cristo viene tra la folla, ma non gli viene fatto nemmeno spazio per il Suo passaggio, a causa della presenza di veicoli e di impedimenti stradali. In tal caso si evidenzia come l’incontro con Cristo per noi cristiani sia solo un desiderio di fede ricercato nella infinita misericordia di Dio ma che, all’atto della sua reale dimostrazione ci vede cadere nella insufficienza e nella pochezza e, perciò, ci fa rimettere solamente alla Sua Volontà per andare avanti e metterci in cammino. Quindi, per tanti partecipanti alla Processione l’evento è una pura e mera festa di ricorrenza ma per me assume un significato ben più diverso. Si porta Cristo tra le strade della città, tra la folla che lo dovrebbe attendere per festeggiarlo e glorificarlo, ed invece il tutto si ripiega a corteo dietro al Santissimo: alla fine della processione si rientra in Chiesa e posso confessare di rimanere sempre amareggiato per aver notato che non si è dato adeguatamente onore e festa al Signore, al Sommo Re. La speranza è che Egli continui a leggere nei cuori anche se so già che Lui già è a conoscenza che il nostro cuore comunque pulsa di amore e riverenza, nonostante la superficialità con cui trascorriamo il periodo del nostro incontro.
14 – PACE & ARMONIA
Spesso mi trovo coinvolto o mi accosto al gruppo interessato, per la vivacità con cui si aprono discussioni, dispute o liti tra amici, parenti o anche estranei che, in tali circostanze espongono e fanno rilevare un forte dissidio. Per tale motivo mi avvicino per potermici inserire innanzitutto per riportare lo stato del diverbio alla pacifica fase iniziale ma anche per far assumere le parti contendenti delle posizioni più serene e meglio disposte al dialogo o colloquio. In effetti, la maggior parte delle discussioni degenerano in modo tale che gli animi diventano incandescenti e non si prestano più ad affrontare le questioni con spirito di obiettività, travalicano il livello di calma e sprofondano nell’irascibilità, fino a pervenire talvolta anche a situazioni più…calde. Tutto questo perché rivela come l’uomo, in qualsiasi diatriba partecipi non è mai disposto a dare ragione a chi effettivamente ne ha ed anche a costo di diventare il fessacchiotto di turno propende per continuare nella propria ed ignorante dissertazione, errata o fasulla che sia. Ciò provoca sempre dei risentimenti nelle controparti a tal punto che chiunque sia presente nella lite certamente eviterà di impiantare nuove discussioni o argomentazioni con tale impertinente. Ma perché nasce questo stato di cose o meglio, come mai si arriva a tal punto da non identificarsi più come essere umani? Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, nei primissimi scritti sul Senso Religioso riporta che l’uomo, con i suoi pregiudizi, il suo orgoglio e la sua disinvoltura si è ormai rivestito di una corazza che ha indurito il proprio corpo e che si presta a difenderlo da tutto ciò che non è connaturato come lui. Questo livello di conoscenza imperfetta fa dell’uomo un perfetto animale selvatico che va avanti nella vita senza uno scopo, un vero obiettivo, un motivo per cui possa valere vivere la vita dignitosamente. E nel proseguire nella sua vita, quindi, incontra solo inciampi e trappole che lo coinvolgeranno e lo ridurranno allo stato brado, tanto che ci si potrebbe chiedere se c’è differenza tra quell’uomo e un animale. E la risposta in questo caso riflette purtroppo un NO perché in occasioni come queste l’uomo si priva di una sua prerogativa essenziale: la ragione. Noi cristiani, cioè seguaci di Gesù, che è stato la personificazione dell’amore misericordioso con cui ha stravolto il modo di ragionare, dovremmo essere l’esempio della mentalità che non si fa assorbire da questo modo di comportarsi, che non si presta al gioco stravagante della società che in tutti i tempi della storia ha comunque forzato la ragione umana fino ad assoggettarla al proprio sistema di vita. Il nostro modo di fare dovrebbe essere conforme a quello di Cristo o per lo meno accostarsi alla genuinità dell’essere umano che prevede di predisporsi alla condivisione ed alla comunione con i propri simili. Ciò vuol dire assumere un atteggiamento umile, modesto, accomodante e servizievole. Se ci adoperassimo in tal senso stravolgeremmo l’andazzo che in genere assumiamo quando dobbiamo scontrarci verbalmente con altre persone, eludendo quello che invece ci è stato dettato da Cristo. Cosa fare dunque? Penso che dovremmo riflettere di più, prima di assumere atteggiamenti “pericolosi”, cioè considerare più alla nostra natura cristiana che a quella sociale. Allora, se capitasse ancora un contrasto tra di noi o con altre persone, prima di partire con la sfuriata caratterizzata da rabbia e malcontento dovremmo fare memoria del messaggio di Cristo: porgi l’altra guancia!! Secondo tale “consiglio” dobbiamo rimanere impassibili alla reazione e perciò non risponderemo all’ingiuria ed alla provocazione con l’ira o con prese di posizione improduttive anzi, abbiamo un ulteriore strumento che porterebbe solo benessere alla nostra anima ed al nostro spirito: alla provocazione ed all’offesa arrecateci rispondiamo benedicendo l’offesa o il mancato rispetto profferitoci, otterremmo più forza spirituale, maggiore consistenza d’animo e profonda gratitudine da parte della nostra anima che così facendo consente allo Spirito Santo di rafforzare la propria azione salvifica su di noi. D’altra parte non abbiamo altre opzioni: se ci definiamo cristiani abbiamo la consapevolezza di doverci comportare in un certo modo, nell’unico modo certo: quello impartito da Gesù. Solo così possiamo finalmente esternare la nostra Fede che è piena esistenza condotta nel segno di Cristo.
(continua...)
-LA PROSSIMA PARTE DEL LIBRO SARA' PUBBLICATA IL 31 OTTOBRE
NIKIPEDIA
"TuttoSanNicola" l' Enciclopedia di San Nicola la Strada fondata e diretta da Nicola Ciaramella
PROSSIMAMENTE ON LINE
I LIBRI DI ANTONIO SERINOTutti gli scritti del saggista cattolico sannicolese
(Tutta la produzione letteraria è pubblicata su ©Corriere di San Nicola)
VIDEOFOTOTECA
Documenti filmati e fotografati per la storia e per l'attualità
-di Biagio Pace-
IL VADEMECUM DELLA RACCOLTA DEI RIFIUTI
Tutto quanto bisogna sapere sulla raccolta dei rifiuti a San Nicola la Strada
VINCENZO SALZILLO, PIANISTATutta la carriera artistica del talento musicale sannicolese
(a cura del ©Corriere di San Nicola)
NAPOLI NEL CUORE
Tutta la storia dell'evento promosso da Alfonso Moccia narrata ed immortalata dal Corriere di San Nicola
LA STORIA DELLA PROTEZIONE CIVILE DI SAN NICOLA LA STRADA Fiero di averla narrata ed immortalata sin dal primo giorno sulle pagine del Corriere di San Nicola.
Onorato di essere il giornalista più titolato a parlare di questa grandissima squadra.
Nicola Ciaramella
STORIA DEL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE DI SAN NICOLA LA STRADA Fu istituito nel 1991. Le carriere dei sette comandanti che sinora lo hanno guidato.
LA “GIORNATA IN RICORDO DELLE VITTIME SANNICOLESI DEL COVID”
Si celebra ogni anno il 7 Aprile
OGNI CITTADINO PUO' SALVARE UN CITTADINOTutti gli articoli del "Corriere di San Nicola" sul progetto
"SAN NICOLA LA STRADA CARDIOPROTETTA"
Come possiamo salvare un bambino con le vie aeree ostruite da corpo estraneo
IMPARIAMO TUTTI QUESTE MANOVRE !
Cosa sapere e cosa fare PRIMA, DURANTE e DOPO un terremoto
-Buone pratiche di protezione civile a cura anche del Nucleo della Protezione Civile di San Nicola la Strada-
IL MIO REGALO ALLA MIA CITTA'
Dipingi on line la "tua" città"
Un “clic" quotidiano cominciato mercoledì 9 febbraio 2005...
Una città, il cuore, la mente...
L'
"Ode alla mia città"
composta da
Nicola Ciaramella
PAOLO CONTE, PILOTA (TUTTO sulla carriera del piccolo grande fenomeno del motociclismo casertano)
Una LUCE sempre accesa su DON ORESTE Gruppo Facebook "DON ORESTE NON E’ ANDATO VIA”: continua, senza pause, l’iniziativa creata da Nicola Ciaramella per mantenere sempre vivo il ricordo dello scomparso amatissimo parroco di Santa Maria della Pietà.
29.ma Festa del Tesseramento dell’Associazione N.S. di Lourdes
Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione.Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione. 1
GIUSEPPE STABILE,
talento canoro sannicolese La biografia artistica
FELICI DI OFFRIRE LE NOSTRE FOTO AEREE
Il nostro GRAZIE a quanti hanno scelto le nostre immagini dall'alto di San Nicola la Strada quali icone di siti internet e di gruppi facebook locali
TUTTO IL "DISSESTO FINANZIARIO" MOMENTO X MOMENTO Come si giunse al giorno più nero della storia amministrativa sannicolese e chi nulla fece per evitarlo
San Nicola la Strada SEMPRE nel cuore ...Una bellissima iniziativa per tutti i sannicolesi...
PERCORSO QUARESIMALE CON LA SANTA SINDONE I VIDEO dei cinque incontri del programma promosso da Don Antimo Vigliotta e dal Prof. Luciano Lanotte