L’INGRESSO MESSIANICO DI GESÚ
Vangelo di Domenica 28 marzo 2021 (Domenica delle Palme)
(Dal profilo fb di Don Franco Catrame, Parroco di Santa Maria degli Angeli in San Nicola la Strada, Delegato Diocesano per i diaconi permanenti)
Tutto l’impegno quaresimale di penitenza e di conversione in questa domenica viene focalizzato attorno al momento cruciale del mistero di Cristo e della vita cristiana:
la croce come obbedienza al Padre e solidarietà con gli uomini, la sofferenza del Servo del Signore (cf prima lettura) inseparabilmente congiunta alla gloria (seconda lettura).
La strada che Gesù intraprende per salvare per regnare si pone in contrasto con ogni più ragionevole attesa perché egli sceglie non la forza e la ricchezza, ma la debolezza e la povertà. Il compendio della celebrazione odierna è offerto già nella monizione che introduce la processione delle Palme:
«Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore... Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione... Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione».
Vertice della liturgia della Parola è la lettura della Passione: è a questo centro che occorre volgere l’attenzione, più che alla processione delle palme. I ramoscelli d’ulivo non sono un talismano contro possibili disgrazie; al contrario, sono il segno di un popolo che acclama il suo Re e lo riconosce come Signore che salva e che libera; ma la sua regalità si manifesterà in modo sconcertante sulla croce.
Proprio in questo misterioso scandalo di umiliazione, di sofferenza, di abbandono totale si compie il disegno salvifico di Dio.
Nell’impatto con la croce la fede vacilla: il peso di una croce schiaccia il Giusto per eccellenza e sembra dar ragione alla potenza dell’ingiustizia, della violenza e della malvagità. Sale inquietante la domanda del «perché» di questo cumulo insopportabile di sofferenza e di dolore che investe Gesù, il Crocifisso, e con lui tutti i crocifissi della Storia. Sulla croce muoiono tutte le false immagini di Dio che la mente umana ha partorito e che noi, forse, continuiamo inconsciamente ad alimentare.
Dov’è l’onnipotenza di Dio, la sua perfezione, la sua giustizia?
Perché Dio non interviene in certe situazioni intollerabili?
Solo la fede è capace di leggere l’onnipotenza di Dio nell’impotenza di una croce.
E’ l’impotenza dell’Amore. Gesù ha talmente amato il Padre («obbediente fino alla morte e alla morte di croce»: seconda lettura) da accogliere liberamente il suo progetto «per noi uomini e per la nostra salvezza». Gesù non muore perché lo uccidono, ma perché egli stesso «si consegna» (cf Gal 2,20) con libertà sovrana, per amore.
Questo amore supremo che egli dona perdendo se stesso e diventando solidale con tutte le umiliazioni, i dolori, i rifiuti patiti dall’uomo, dà la misura dell’annientamento (cf seconda lettura) di Gesù e manifesta il rovesciamento delle situazioni umane: la vera grandezza dell’uomo non sta nel potere, nella ricchezza, nella considerazione sociale, ma nell’amore che condivide, che è solidale, che è vicino ai fratelli, che si fa servizio. Dio vince il dolore e la morte non togliendoli dal cammino dell’uomo, ma assumendoli in sé. Il Dio giusto si sottrae ai nostri schemi di giustizia, che reclamerebbero la vendetta immediata sui cattivi e sugli accusatori dell’Innocente: la sua giustizia si rivela perdonando e togliendo all’omicida anche il peso del proprio peccato.
ll vinto che perdona il vincitore lo libera dalla sua aggressività mortale mostrandogli come l’amore vinca l’odio. Nel legno della croce le prime generazioni cristiane hanno saputo scorgere il segno della regalità di Cristo. Gli evangelisti non hanno bisogno di attendere la risurrezione di Gesù per proclamare l’inizio del mondo nuovo. Già la croce è carica di novità, è l’inizio di un nuovo ordine di cose.
Anche se tutto è apparentemente finito e le forze del male sembrano avere prevalso su Gesù, i segni che ne accompagnano la morte (cfMc 15,37-39; Mt 27,51) lasciano filtrare la novità: il velo del Tempio si squarcia indicando che l’antico Tempio con i suoi ordinamenti e le sue attese è finito.
Il Tempio nuovo è il corpo di Cristo che Dio ricostruirà con la risurrezione; e il primo ad entrare in questo Tempio sarà un pagano, il Centurione, per la sua professione di fede (Mc 15,38; Mt 27,54). Nell’annientamento del Figlio di Dio nasce una nuova umanità. Il mistero della morte diventa mistero di vita e di trionfo.
In questa domenica di Passione, la Croce è al centro della contemplazione della Comunità cristiana che in essa legge il progetto misterioso di Dio e adora la regalità di Cristo. Una regalità che rinuncia a schemi di potenza umana, che indica per quali strade umanamente illogiche passi la « gloria», che diventa misura di confronto e di verifica nel servizio dei fratelli.
Delegato Diocesano per i diaconi permanenti
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