La speranza ricolmi il cuore
Don Franco Catrame parla di “Spes non confundit”, la bolla del papa per l’indizione del Giubileo 2025
-Riprende la rubrica “Riflessioni di Don Franco” su Corriere di San Nicola-
“Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”.
L’espressione potrebbe racchiudere la ricchezza della Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025 “Spes non confudit”, scritta da papa Francesco, che si apre alla luce dell’espressione di San Paolo “Speranza che non delude” perché offre la certezza dell’amore di Dio.
La categoria dell’incontro si intercetta subito all’inizio come un punto fondamentale in grado di guidare i pellegrini che giungeranno a Roma e quanti nelle Chiese particolari celebreranno l’Anno Santo.
Non è da sottacere, inoltre, il contesto di evangelizzazione in cui Papa Francesco ha inserito il prossimo Giubileo. Un annuncio che viene rivolto a tutti perché “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene”.
La comunità cristiana in questo modo si fa portatrice di un contenuto che va oltre i propri confini ecclesiali per toccare il cuore e la mente di ogni persona.
La Bolla si affretta a considerare la profonda unità che intercorre tra le tre “sorelle”, solo intende fare della “sorella minore”, per riprendere il linguaggio di C. Peguy, la sua prediletta: “La speranza, insieme alla fede e alla carità, forma il trittico delle “virtù teologali”, che esprimono l’essenza della vita cristiana.
Riguardo il tema dell’indulgenza, che è il primo contenuto del Giubileo, “Spes non confundit” offre una chiave interessante di lettura quando afferma: “Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime”. Oggi soprattutto è facile toccare con mano i tratti di una cultura sempre meno disposta al perdono e più incline alla vendetta e al rancore. Sentimenti questi che non portano alla speranza, ma alla disperazione perché impediscono di raggiungere la felicità.
Un’originalità propria di “Spes non confundit” consiste nella presentazione dell’evento giubilare nell’unità fondamentale di annuncio e segni che ne rendono evidente e concreto il contenuto.
Una scelta felice che permette di riprendere il pensiero della costituzione conciliare sulla Rivelazione Dei Verbum. La scelta di porre in un’unità profonda annuncio di speranza e segni che la rendono tangibile fa emergere almeno due peculiarità.
La prima, con il richiamo ai segni si rende visibile e tangibile l’annuncio della speranza che è sempre difficile poter definire. La seconda, consente di avvicinare più direttamente il nostro contemporaneo con un linguaggio a lui più consono. La cultura che viviamo presenta dei tratti caratteristici che fanno dell’immagine il punto di riferimento privilegiato nella comunicazione.
L’elenco di segni proposto merita di essere ricordato. Si evita in questo modo il rischio di fermarsi solo all’annuncio della speranza, rimanendo in un orizzonte teorico senza sentire l’esigenza del coinvolgimento personale diretto: la pace; la trasmissione della vita; i detenuti per i quali il Papa intende aprire perfino una “Porta Santa” all’interno di un carcere “perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”. Il richiamo a tutti i vescovi perché si facciano portavoce contro la pena di morte; i giovani e gli anziani; gli ammalati, i profughi, migranti e rifugiati…
La parola del Papa giunge anche in questo caso puntuale e provocatoria: “Le loro attese non siano vanificate da pregiudizi e chiusure; l’accoglienza, che spalanca le braccia ad ognuno secondo la sua dignità, si accompagni con la responsabilità, affinché a nessuno sia negato il diritto di costruire un futuro migliore”.
Gli “appelli” che il Papa rivolge in “Spes non confundit” possono essere interpretati come ulteriori segni di speranza che richiedono l’impegno di tutti perché il creato sia rispettato e conservato nella sua interezza; alla stessa stregua il richiamo per “condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli”: prima che di magnanimità, è una questione di giustizia; l’appello per l’unità dei cristiani nella ricorrenza dei 1700 anni del primo concilio a Nicea.
Un’ultima considerazione è decisiva per cogliere il senso della Bolla giubilare “Spes non confundit”. La speranza è la grande dimenticata. L’insistenza sulla fede e la carità hanno portato l’oblio su contenuti che sono decisivi, primo fra tutti quello della salvezza portata da Cristo e la promessa della vita eterna.
Con grande passione Papa Francesco riprende questo tema e scrive: “In virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui”.
La Bolla si sofferma a lungo su questo tema presentando i grandi interrogativi che spesso sorgono dal profondo del cuore e non sempre trovano la risposta adeguata. È così davanti alla morte delle persone che si amano quando sorge la domanda di dove possano essere e in quale luogo; se c’è veramente una vita dopo la morte e come può essere; sul giudizio di Dio per ognuno di noi, ricordando che è sempre compiuto alla luce della misericordia. Insomma, risponde Papa Francesco: “Cosa sarà dunque di noi dopo la morte?
Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà”.
L’intenzione del papa nella bolla “spes non confundit” è di offrire “Una parola di speranza”; poi si delinea “Un cammino di speranza” che si fa forte presentando alcuni “Segni di speranza”.
In questo momento storico che sembra segnato dal rifiuto della speranza, il Papa sente l’esigenza di compiere “Appelli per la speranza” rivolti soprattutto a quanti detengono le sorti dell’umanità; infine, l’appello finale riprende l’immagine che sostiene la vita credente, “Ancorati alla speranza”.
Il Logo del Giubileo diventa l’emblema più coerente: nelle vicende drammatiche della vita a nessuno è consentito sperare da solo, ma sempre e solo insieme, nella solidarietà e fraternità che tutti abbraccia alla croce di Cristo, àncora di speranza.
Don Franco Catrame
(gennaio 2025)
©Corriere di San Nicola
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RIFLESSIONI di DON FRANCO
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Don Francesco Catrame
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