QUALE IDENTITA’ PER IL CRISTIANO OGGI?
Don Franco Catrame: “Si registra una distanza sempre più divaricata tra la visione cristiana dell’uomo e quella radicale, libertaria, egemone nella cultura contemporanea”
Il tema dell’identità cristiana è oggetto di investigazione teologica, culturale, socio – politica. Riguarda l’essenza stessa della realtà umana. E’ una questione antropologica, perché riguarda la qualità e la dignità dell’uomo, la definizione e la gerarchia dei valori; è una questione che riguarda la qualità delle relazioni dell’uomo con gli altri uomini, con la scienza, con la tecnica.
É la stessa identità umana in discussione. Si registra una distanza sempre più divaricata tra la visione cristiana dell’uomo e quella radicale, libertaria, egemone nella cultura contemporanea. Molte teorie tendono a negare la parte spirituale dell’uomo. Ma c’è da chiedersi fin dove potrebbe arrivare l’uomo con la sua ferocia e la sua capacità tecnica, se il suo agire fosse il semplice prodotto di forze biologiche contrastanti, se smettesse di confrontarsi con qualche valore, se l’uomo non avesse una coscienza, una reazione morale, una critica, con le quali misurare il proprio comportamento morale, se davvero sopprimesse l’anima.
Noi siamo convinti, perché crediamo, che c’è una Voce, che sempre grida all’uomo la sua vera origine, la sua dignità: è lo Spirito di Dio. I discepoli di Cristo sono testimoni del compimento di una promessa (Giovanni, 15- 16): “Vi manderò lo Spirito Santo. Egli è lo Spirito di Verità, vi guiderà alla Verità tutta intera. Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” I discepoli sono i “mandati” ad annunciare la “salvezza del Risorto”, il Regno di liberazione e di Grazia (Luca, 18) “Io effonderò il mio Spirito su ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni (Atti, 2, 17)”, il Dio che ci ama, che ci ha rivelato di essere a sua immagine (Gen.,2) , di possedere cioè la sua infinita dignità, in quanto suoi figli, e che, per dimostrare il suo Amore, si è incarnato ed è morto sulla croce. I discepoli sono testimoni che Gesù di Nàzaret risuscitando, ci ha sciolto “dalle angosce della morte….e ci ha fatto conoscere le vie della vita, ci ha colmato di gioia” con la sua presenza (Salmo 15, 14).
I discepoli sono testimoni di una fede e di una gioia: Dio ama ed è presente.
Perché, conoscendo, queste cose, rimaniamo indifferenti e aridi, abbiamo“ un cuore duro” (Lettera agli Ebrei, citando il Salmo 95)?
Il pericolo è che i cristiani si chiudano nei loro recinti, si difendano, siano vittime di quello che i sociologi e gli psicologi chiamano "shock radicale”, che colpisce le popolazioni colpite dalle calamità naturali. “ Lo shock radicale lascia le persone devastate in maniera cronica, a sbraitare sul fatto che il loro mondo è stato loro brutalmente sottratto". Uno degli effetti dello shock radicale è il voler vivere con persone simili a sé. Si diventa sospettosi e si prova disagio con la gente diversa. Parte della comunità cristiana soffre attualmente di shock radicale. Il rischio opposto è quello di cedere alle mode culturali, di indossare una identità debole, frantumata, sradicata dal messaggio cristiano.
Il dovere del cristiano è recuperare la sua identità, testimoniare la sua cittadinanza spirituale, ricomporre a sintesi le diverse dimensioni del vivere. Il cristiano ha un compito: difendere l’identità e la dignità dell’uomo quale immagine di Dio, questa identità forte, infinita è aperta al mistero dell’infinita misericordia ed amore di Dio. La dignità della vita non è negoziabile, non è nella disponibilità di alcuno.
L’uomo è in relazione con Dio e Dio è relazione con gli uomini (cfr. Enciclica: Eros e Agape), e questa relazione ha compimento nella persona di Gesù Cristo.
Verità sconvolgente: comprenderla significa comprendere la tremenda e meravigliosa responsabilità del cristiano nel trasmettere questa sempre “nuova verità”. Significa anche essere consapevoli dei “frutti” di questa novità, di essere coerenti “testimoni”, “edificatori” della pace e della giustizia, difensori convinti della dignità dell’uomo e del creato, operai nella vigna del Signore, costruttori della città dell’uomo. Il mio docente di Antropologia teologica, Mons. Ignazio Sanna, ha pubblicato, nel 2006, un suo libro:
L’identità aperta. Il Cristiano e la questione antropologica. Ed. Queriniana. Riprendo dalla copertina del libro alcuni stralci della presentazione del suo Testo.
La tesi è che “la concezione dell’uomo come immagine di Dio, proposta dall’antropologia cristiana, è in grado di garantire e difendere la vera umanità dell’uomo”. La categoria dell’uomo immagine di Dio, nucleo dell’antropologia cristiana, ha una sua validità che supera le contingenze delle stagioni culturali, ed allo stesso tempo ha reso possibile lo sviluppo di un’antropologia cristiana, non in contrapposizione alle altre antropologie, ma in dialogo con esse.
“Una tale concezione, sostiene il Prof. Sanna, è capace di sostituire un’identità aperta nel significato di debole, modulare, precaria, impersonale, con un’identità aperta nel significato di forte, universalistica, esemplare, non esclusiva, adattabile da ogni uomo, sotto ogni orizzonte di tempo e cultura, perché è il nucleo dell’antropologia cristiana. Questa identità forte, propria dell’immagine di Dio, ha diffuso nel mondo un tipico stile di vita e interpretazione del reale, uno stile ben delineato nella Lettera a Diogneto, (1° sec.).
Questo carattere di cittadinanza spirituale si deve realizzare nella nostra società globalizzata nel rispetto della necessaria dialettica di incarnazione e differenza…. L’idea forte della natura umana, considerata incommensurabile perché creata da Dio, difende l’uomo contro l’idea debole di una natura umana manipolabile dalle biotecnologie come materia” .
Il tema dell’Identità cristiana è trattato anche nell’ Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”. Con l’Enciclica, possiamo fare un ulteriore passo in avanti nella ricerca ontologica dell’identità cristiana. La dinamica interna fra eros e agape, lo sviluppo dall’amore da indeterminato a determinato, con la scoperta dell’altro, e la combinazione fra amore ascendente e discendente (n. 7) mostrano in atto la qualità umanizzante della fede cristiana e il potente rinnovamento operato sia nell’immagine di Dio che dell’uomo. Una « immagine di Dio» come unico (n. 9), in relazione d’amore con l’uomo, in alleanza con un popolo, all’origine del gesto creativo. «L’eros di Dio per l’uomo (…) è insieme totalmente agape».
Egli è sorgente di ogni essere, amante con tutta la passione, fonte di conoscenza e di esperienza mistica (unità col divino in cui Dio e l’uomo rimangono sé stessi; n. 10). In parallelo s’illumina la nuova immagine dell’uomo, non più scindibile fra dato carnale e spirituale, non isolabile né rispetto a Dio, né rispetto alla creazione, né rispetto all’altro da sé (uomo-donna), né rispetto agli altri che partecipano della stessa umanità. “A suggello di tale concezione, Benedetto XVI ricorre alla teologia giovannea ed evoca la «figura stessa di Cristo che dà carne e sangue ai concetti» con un «realismo inaudito» (n. 12). Comprendiamo l’amore dal suo fianco squarciato e della sua offerta abbiamo «una presenza duratura attraverso l’istituzione dell’eucaristia» (n. 13). Così a ciascuno è possibile vedere Dio nella Scrittura, nei sacramenti, nella Chiesa, negli altri e mettere in pratica l’amore, comprendendolo come sentimento, come conoscenza, come volontà, come relazione (n. 17).
Infine, se manca l’amore di Dio l’altro rimane un estraneo, se manca l’amore del prossimo il rapporto con Dio si atrofizza (n. 18).”
Francesco Catrame
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