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WORKING PROGRESS -di Antonio Serino- (Parte II)

Continua la pubblicazione, in varie puntate, della "raccolta di riflessioni" e di memorie di Antonio Serino. 
Molto emozionante la parte dedicata all'incontro dei ragazzi della parrocchia con "il giovane parroco" Don Antonio Pasquariello... 

 

Working Progress

-Antonio Serino-

In copertina:  Mandala colorato

Nell’ambito europeo sono i Mandala sono considerati come gli strumenti utili al ripristino della mente e del cuore. Si tratta di disegni utilizzati in diverse discipline per identificare aree sacre che estromettono influenze esterne ma gli orientali li utilizzano invece per rappresentare l’universo e guida verso l’illuminazione

Marzo 2021

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i diritti di riproduzione, anche parziale,

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Ai miei cari genitori

Ida e Saverio 

LEGGI PARTE I 
https://www.corrieredisannicola.it/varie/notizie/varie/working-progress

2. WORKING PROGRESS

La mia partecipazione ad associazioni, sia religiose che non, ha sempre caratterizzato la mia vita sociale, sia all’interno della comunità cittadina che negli ambienti di lavoro o professionali in cui mi sono ritrovato. E’ così è capitato che, anche dopo i tanti anni trascorsi partecipando alla vita comunitaria con gruppi di persone o associazioni di vario genere, pur sempre attente alle diverse tipologie di persone presenti nel contesto in cui vivevo, quella benedetta introspezione ha coinvolto anche me e le mie povere certezze finora accumulate. Le diverse attività fino ad allora svolte non riuscivano ad accontentarmi di ciò che facevo, non appagavano le mie voglie di prestarmi a favore di qualcosa o di qualcuno, ritenendolo un nonnulla rispetto all’enorme fabbisogno di necessità che si vede in giro: occorreva dell’altro, un qualcosa che mi avrebbe dato contentezza del mio operato, una piena soddisfazione del mio lavoro, qualunque esso sia stato.

Devo dire che tale insoddisfazione non è durata poco, almeno quanto basta per deviare il mio tempo anche in esperienze poco affine a ciò che cercavo.

Ho iniziato così a frequentare circoli culturali, sociali, avanguardisti e talvolta anche spregiudicati, di qualsiasi genere, pur di arrivare a capire di che cosa avevo realmente bisogno ma trovavo solo e sempre materialità, presenzialismo, mistificazione, criteri che fronteggiavano proprio ciò che cercavo.

Il caso emblematico, la famosa goccia che fece traboccare il vaso che mi diede lo spunto per iniziare veramente a ripensare e rimettere tutto in gioco mi si presentò durante gli studi. Allora frequentavo un movimento politico a cui non aderivo per ideologia o partecipazione ma per contribuire dal punto di vista prettamente sociale. In una assemblea aperta alla collettività, avente all’ordine del giorno manifestazioni pubbliche da organizzare per portare a conoscenza degli organi istituzionali delle innumerevoli difficoltà in cui versavano allora tante famiglie, il coordinatore della discussione pose il proprio orologio sulla tavola e, rivolgendosi ai partecipanti, comunicò che solo gli iscritti avrebbero potuto discutere in quanto aventi diritto e per tutto ciò che avevano da proporre avevano un tempo prestabilito massimo di cinque minuti: questo equivaleva a considerare che le opinioni e le riflessioni da esporre non avevano peso, in quanto inutili, ed era necessario importante enunciare solo il da farsi, l’agire.

Mi domandai, come forse anche altre persone presenti, come si potesse dar un limite di interesse alla sopraffazione di diritti e bisogni di tanta povera gente. Come era possibile “segnare” il tempo per dare una giusta e concreta risposta ai tanti interrogativi che ci ponevano i nostri interlocutori. E tutto ciò senza dar alcun peso ai pensieri che conducevano alle azioni. Non era concesso meditare, conoscere l’iter che portava ad una determinata decisione. Effettivamente poteva trattarsi di una banalità, di un sistema poco felice di discutere, non tanto adeguato alle circostanze ma non talmente importante da essere posto a base di una criticità riflessiva.

Sarà stato forse quel momento riflessivo che mi ha indotto a pensare che quel genere di esperienza non avrebbe certamente accompagnato la mia ricerca di quel qualcosa che avrebbe dato realmente senso alla mia vita. E’ stato quell’attimo a farmi comprendere che non stavo bene, non ero contento di me, non ero fiero del-l’aiuto che apportavo, in altre parole non ero pieno di me. Era necessario che ricercassi quel quid che mi avrebbe consentito di appagare la mia irrequietezza interiore. Sì, ma cosa dovevo fare? Dove poter cercare e trovare? E’ bastato quell’interrogativo, quell’input per stravolgere tutto.

Quel momento di semplice riflessione si è insidiato in me, nella mia mente come un punto di partenza per valutare ogni singola circostanza e ne fatto propri una condizione di vita a tal punto che da allora mi si presenta ogni qualvolta se ne rende la necessità per il mio bene, interrogandomi su ogni azione che mi accingo a fare, di ogni passo che faccio: insomma, un continuo working progress…

Ed il tempo passa. Una infinità di frammenti di vita ti passano davanti agli occhi, Ti arricchiscono la mente di ricordi, di situazioni, di volti, di momenti irrepetibili. Si arriva così ad ottenere una capacità di ascolto e di analisi che diventano qualità importanti ed imprescindibili per il prossimo agire.

Oserei dire anche che ci si affina a tal punto che si migliorano anche le risorse intellettive! Non a caso San Tommaso affermava che l’intelligenza altro non è che l’atto con cui l’uomo si apre mentalmente e senza presunzione alla verità, e se ne lascia riempire”.

Se, quindi, l’elemento cardine della partenza è l’intel-ligenza allora perché non applicarsi alle materie che sviluppano veramente affinità intellettive, che producono benessere e appagamento mentale? Sarebbe stato perciò utile darsi alla pura lettura di qualcosa che possa saziare l’intelligenza? E se molto gratuitamente Dio ce l’ha fornita, perché non interpretare le Sue parole, perché vi si potesse riscontrare quel qualcosa utile alla ricerca che si avvia?

Col passar del tempo, tutto sommato, non risulta complicato affrontare e seguire questo concetto e tante volte i risultati ottenuti potrebbero dar ragione nel voler continuare

Così, ripercorrendo con la memoria i tanti eventi che ho ricordato, valutato e confrontato con la mia personale ricerca, ho evidenziato alcuni particolari momenti, personaggi, episodi ed eventi riscontrati nella mia vita che, pur non dovendo influenzare il mio essere, sono divenuti essi stesso spunti di riflessioni e di meditazioni che hanno dato un concreto impulso, un evidente scossone al grigiore della routine giornaliera. Non si tratta di eventi portentosi, ma semplicemente di fatti o atti “avvertiti” dall’intimo a tal punto che ne hanno rafforzato il modo di fare e di essere, inducendo a seguire una rotta più cosciente e più fortificata.

Sia ben chiaro che non si è trattato di alcun stravolgimento di vita, ma mi hanno regalato quel famoso “quid” grazie al quale ho iniziato a tenere un diverso atteggiamento, più consono per interiorizzare eventi epocali o per poter meglio comprendere un determinato personaggio che, con il proprio modo di fare ha contribuito ai vari miglioramenti: tutto ciò che può portare ad una vita più sentita e piena di se stesso.

 

  1. UN DONO GRANDIOSO

Il primo grande e importante dono ricevuto è stato certamente la mia famiglia, una modesta famiglia, non avvezza a particolari voglie o utopie, composta da genitori dediti al lavoro ed alla prole, composta da tre figli, da crescere nel modo più sano possibile, cioè, inculcando loro i valori cristiani che essi hanno sempre ritenuto alla base della costruzione di qualcosa di buono e di nuovo, rispetto a quanto proponeva la società di allora. Una famiglia normale, come tante, senza alcun mega obiettivi, senza alcun immodesta meta, solo la volontà di continuare la propria esistenza secondo lo stile di vita adeguato alle proprie e reali possibilità economiche e basato su sani e principi valori umani e cristiani. Una vita, dunque, fatta di lavoro, sacrifici, felicità e una sana spensieratezza familiare. Una vita spesa tra la felicità di una passeggiata nella vicina Caserta, al semplice gustarsi un bel gelato al limone nella villa comunale. Ritrovarsi con nonni e zii era sempre una gioia continua perché permetteva a noi piccoli fanciulli di assaporare e, nel contempo, rafforzare, quello speciale rapporto generazionale in cui apprendi inedite storielle e racconti tratti da esperienze antiche o da fantasie popolari tramandate di padre in figlio. Ma la felicità più grande era il momento in cui , già da lontano, ci si correva incontro, stracolmi di gioia e di sorrisi, e le braccia protese in avanti, aperte e pronte per abbracciare: che brividi rivedere l’affetto di quelle persone tanto care! Il pensiero invece, mi riporta alla cruda realtà, va a riflettere sulla totale apatia odierna in cui non vogliamo sentirci ancorati da vecchi ricordi, da dolci e teneri affetti, dalla conoscenza del pregresso, nemmeno dalle cose che sono state molto importanti per la nostra crescita. Oggi “avertiamo la necessità sempre più pressante” di essere moderni, all’altezza delle nuove sfide, confrontabili con le nuove tecniche e metodologie che ci proiettano, utopisticamente, al futuro, fatto di immaginazione, ipotesi, sperimentazioni. Anche qualche grande personaggio pubblico continua ad affermare che “ il passato è passato, ora bisogna guardare al futuro, all’avventura che ci aspetta”.

Così, mentre gli studiosi contemporanei rileggono continuamente le pagine della storia passata, tanto per comprenderne meglio i segreti, quanto per poter evitare tantissimi errori compiuti da personaggi illustri del passato, ma anche per apportare miglioramenti alla vita del futuro, i progressisti, invece, si danno al pettegolezzo. Ne è la prova provata che quella fornita da tante reti televisive, dove non è raro assistere a trasmissioni di puro e stravagante accanimento mondano. Oggi, ciò che interessa è solo la modernità, la moda, il gossip o, come ben ripete ad libitum, il caro Papa Francesco, il chiacchiericcio.

Così si perde l’essenza vera, il gusto della vita. Si perde l’ascolto della vera colonna sonora della crescita di ogni essere.

Ma le cose belle della vita, si sa, durano sempre poco e, quando vengono a mancare, ti conducono in un abisso, in un vuoto tremendo: situazioni del tutto inaspettate e difficili da affrontare. E così capita, che con la perdita della cara mamma, la vita ci mette di fronte alla dura realtà. Tutto cambia. E’ stato il mio primo stacco, il mio primo “incontro”, con la vita, in particolare col Dolore.

Da quel momento in poi “ ogni pagliuzza diventa una trave, pesante da sopportare e da reggere nel tempo”, perchè non sei più un bambino o giovane, perché i tuoi pensieri, i tuoi obiettivi diventano ben altro. Il tuo futuro devi cambiarlo e da subito, perché non può essere più come quello che ti eri prospettato, come quello che avevi sempre sognato. I giochi, allora, lasciano il posto a momenti di vuoto incolmabile. In ogni momento il ricordo provoca la tristezza e ti lascia solo, anche quando sei in compagnia, come ti capita a scuola, allo studio, nei quali non hai la possibilità di essere seguito “come si deve”.

Per non parlare dei divertimenti, nei quali non hai più con chi poter lasciarsi andare al ridere, perché la gioia diventa una vera e propria chimera: non si può essere felici senza colei che ti ha dato al mondo, che ti ha nutrito proprio con quell’amore che ora ti ha fortifica per poter affrontare il modo. E ti accorgi che la tua vita di botto è cambiata: non hai più il coraggio di ridere, non riesci più nemmeno ad essere contento per un qualcosa di bello che sei riuscito ad avere o per un regalo inatteso. Tutto ti scivola addosso, non ti appartiene, i sentimenti e le emozioni ti restano sempre dentro, incapaci di darti forza e di renderti comunque parte essenziale del mondo: quella ricchezza di cui ti aveva fatto dono Dio ora non servono più ad alimentare la radice della vita. Diventi così parte di un mondo in cui sei alieno. Ed il tempo trascorre e diventi adulto, come si suole dire, senza essere stato un bambino, come tutti gli altri, spensierato, avvolto dall’attenzione dei tuoi cari che accorrono alle tue richieste ed ai tuoi desideri. No. La tua vita si ferma per cedere il passo ai ricordi, belli o brutti, ma che servono a riportarti indietro, a quei pregressi momenti di felicità che ti facevano sentire un’altra persona.

Potranno trascorrere anni ed anni, ma il ricordo di quel particolare amore ti rimane fisso nella mente e nell’animo, e ti accompagna durante i trascorsi della vita. Non ne potrai fare a meno, perché è parte integrante del tuo metabolismo. Lo “stacco” provoca, inesorabilmente, il cambiamento nei tuoi rapporti con tutto e tutti: il mondo ti appare tutto diverso, e se da un lato il dolore ti fortifica e ti rende più duro nella vita magari, persino ad essere indifferente a ciò che ti accade, dall’altra parte la tua stessa condizione emotiva ti    rende partecipe di tutte le sensazioni che attirano la tua attenzione: all’improvviso tutto ciò che potevi ritenere insignificante si rivela, invece, tanto più importante perché ti offre una visione diversa della vita, perché ne dai una diversa interpretazione. E va a finire che questa nuove versione apporta valore alla tua maturità. E tu incominci a capire che questo atteggiamento di apertura verso la riflessione può comportare solo miglioramenti alla tua vita. E ti abitui a farne tesoro, interessandoti di tutto ciò che finora non era niente per te. Dal buio della vita scaturisce la luce della vita nuova. Una luce che ti illuminerà la mente, che ti accompagnerà sempre, che sarà la spiegazione ai tuoi tanti perché, quesiti che necessitano di una risposta valida, che apporti valore aggiunto al tuo bagaglio di umanità.

  1. IL GIOVANE PARROCO

Nello stesso anno in cui accusavo l’immane perdita, il buon Dio, che tutto vede e tutto sa di cui abbisognano le povere menti umani e le nostre care anime, mi apriva le Sue porte regalandomi il mio primo grande e importante incontro della gioventù: un giovane sacerdote che, sostituendo il parroco deceduto, prendeva possesso della Chiesa che frequentavo. Il Signore mi riapriva la porta della vita, proponendomi a moltissimi ed interessanti momenti di vita. Gli anni che da lì ho trascorso nella scia degli insegnamenti di quel giovane parroco, che per me, come per tanti altri ragazzi e non, che lo hanno conosciuto, e che ancora adesso, da adulti, percorrono la luce che egli ha acceso sul sentiero della nostre grezze e monotone vite, sono state la testimonianza di come la tua esistenza può cambiare se ”incontri” un fatto nuovo, una nuova speranza, una nuova proposta, un qualcosa che varia il tuo modo di vivere la quotidianità. Quel giovane sacerdote, che per noi è e resterà sempre il “nostro don Antonio”, ancora oggi noi conoscenti lo additiamo ai nostri figli come promulgatore di un sistema diverso di interpretare la Comunità e la Chiesa.

Praticamente eravamo quasi sempre con Lui, in Chiesa o fuori talvolta per una raccolta stracci, o di fondi necessari al mantenimento delle spese per le varie organizzazioni per i bambini, o per partecipare all’organizzazione di feste patronali o mostre missionarie, insegnamenti che hanno contribuito a darci una solida e fondamentale formazione cristiana, cattolica e sociale.

Abbiamo iniziato praticamente da piccoli, avevamo undici anni, i più grandi tredici. Ma tutti, però, eravamo trattati alla stessa stregua, con lo stesso atteggiamento, con le medesime parole di aiuto, di conforto e di sostegno.  

Serate interminabili trascorse tutti, insieme al nostro “don” a giocare a pallone sul sagrato della locale Chiesa e mentre si giocava si cresceva, sia individualmente che come gruppo, che aumentava sempre più. E poi di corsa in Chiesa, per presenziare ai riti, alle celebrazioni religiose. Quel modo di fare ci rendeva partecipi ad un nuovo modo di vivere la comunità. Sì, eravamo piccoli ma così crescevamo anche, assaporando nello stesso tempo, valori semplici ma edificanti. Ed il passo da giovani ad adulti è stato molto facile, primo perché eravamo sempre seguiti dai giovani del gruppo, perché ricalcavamo le orme tracciate da quelli che lasciavano il posto ai maturandi perché si affacciavano al mondo del lavoro, partendo per nuove realtà in cui portavano la ricchezza di quanto ricevuto da quegli insegnamenti. Quello stare insieme, a distanza di anni, ha caratterizzato i nostri sentimenti, le nostre capacità professionali e, come naturale conseguenza, la nostra presenza nel tessuto sociale e comunitario. Infatti, quegli anni fatti di incontri giovanili, meeting, esperienze di responsabilità supportate dalla sua continua ed affettuosa presenza, hanno concorso a darci una robusta personalità nel nostro contesto sociale. Così, grazie alla sua proposta di conoscere, approfondire e vivere una vita più adeguata alle reali necessità del periodo e secondo i canoni cristiani, insieme a tanti altri coetanei ho potuto riconsiderare il vecchio sistema di vita. E’ stato così che adesso stavo facendo le stesse cose che facevo prima, ma con un valore aggiunto, un nuovo significato: non fare niente se non ricevi alcun arricchimento interiore. Quindi, tutto ciò che facevo, anche se era tutto uguale a prima, mi regalava una nuova sensazione, come se contemporaneamente venisse eseguito con leggerezza fisica ma anche con una profondità d’azione. Così la vita riprende il suo vero senso. Ti rimette in carreggiata, nella univoca traiettoria della tua vita e ti restituisce conforto e felicità, nonché un naturale godimento del tuo stesso modo di fare. Il mio vivere all’interno di questo contesto è stato un susseguirsi di riflessioni, di meditazioni che hanno, naturalmente, caratterizzato un nuovo modo di vedere e vivere gli eventi. Non sarò mai abbastanza grato a quel giovane sacerdote che, interpretando magnificamente il suo ruolo paterno verso i giovani della nostra comunità ha trasformato la nostra gioia di vivere, sostituendo l’indifferenza del tempo perso, al bar o in piazza, con la gioia e la felicità, per essere riusciti a costituire un oratorio, o un rudimentale ed improvvisato cinema in cui proiettare film a cui assistevano intere famiglie unitamente ai propri figli o, ancora, per aver partecipato alla costituzione di altri gruppi di formazione in altri confinanti comuni. D’un tratto, sulla tua pelle compaiono brividi di contentezza, che nient’altro ti potrà procurare. Ed anche se il tempo ti passa accanto, la mente corre sempre alle serate che ci hanno visto tante volte seduti sui gradini del sagrato mentre, accompagnati da una chitarra e dalle voci talvolta stonate, accennavano a canzoni moderne, ovvero strimpellamenti di diversa tipologia, o alle tante manifestazioni cittadine che apportavano sane distrazioni dalle problematiche quotidiane.

Ma se quel tempo, purtroppo, non potrà più ritornare, il nostro modo di riflettere su ciò che è stato ci fa rivivere oggi e coscientemente, le medesime emozioni e le stesse sensazioni di allora.




(Fine PARTE II) 

©Corriere di San Nicola 
diretto da Nicola Ciaramella 




ANTONIO SERINO è nato a San Nicola la Strada, dove tuttora vive. La sua esperienza formativa ha naturalmente matrice cattolica perché fin da piccolo la sua famiglia era composta da persone cattoliche, particolarmente attive nella parrocchia. Per questo motivo ha partecipato alle varie associazioni cattoliche presenti. 
Ha mosso i primi passi nell’Azione Cattolica per poi passare alla vita della Parrocchia fino al Movimento Giovanile Missionario, promosso e curato dal carissimo Direttore Diocesano Don Antonio Pasquariello. In questo Movimento, unitamente a tanti altri amici, ha contribuito all’animazione locale mediante raccolte fondi, mostre di oggetti di artigianato africano, nonché attività oratoriali per bambini. 
Ha fatto parte ed ancora annovera la sua presenza in  associazioni culturali e religiose, in quanto fermo assertore che la coesione sia uno strumento basilare per la crescita sociale e solidale. 
Da circa trent’anni è componente del Consiglio degli Affari Economici della Parrocchia, di cui conosce la difficile gestione economico patrimoniale. 
Da circa due anni coordina il gruppo famiglia Betania, fortemente voluto dal parroco Don Franco Catrame, un insieme di famiglie che studia le esortazioni apostoliche firmate da Papa Francesco, necessarie alla famiglia di oggi per comprendere e vivere in un modo più consapevole la vita odierna.
Dal 2020 collabora con il Corriere di San Nicola.




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