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Un’ alternativa “ecologica” alle discariche proposta da Pasquale Delli Paoli

Articolo di: Nunzio De Pinto

La termodistruzione con recupero energetico

Non molto tempo fa, il capogruppo di Forza Italia, Pasquale Delli Paoli, nell'esprimere il suo giudizio negativo nei confronti dell'esecutivo di Angelo Antonio Pascariello, avanzò, anche se sommessamente, l'idea che, invece di riaprire le discariche in località Lo Uttero, come pare stia facendo la giunta Falco a Caserta, si potrebbe pensare di localizzare nel nostro territorio un “ termovalorizzatore ”, che inquinerebbe poco o nulla rispetto alle discariche, creerebbe posti di lavoro e porterebbe ricchezza alle casse del Comune. L'idea non è balzana e non va aggredita per una sorte di pregiudizio, solo perché lo dice il WWF o Legambiente, oppure semplicemente perché ci facciamo suggestionare da ciò che succede ad Arzano. Prima di ogni cosa bisogna sapere di cosa stiamo parlando ed in ogni caso, prima di intraprendere qualsiasi azione pro o contro l'eventuale costruzione di questo strumento, si dovrà avviare uno studio di fattibilità che dovrà necessariamente tenere conto di una miriade di fattori.

Allora iniziamo questo viaggio cercando di capire che cos'è un termovalorizzatori.

Lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani rappresenta oggi un problema di dimensioni assai rilevanti, soprattutto in Italia, dove circa l'85 per cento dei rifiuti prodotti finisce ancora in discarica: ciò comporta inquinamenti diffusi del territorio e costi elevati di smaltimento e di risanamento.

Sviluppare modelli alternativi di gestione dei rifiuti è quindi una necessità imposta dall'insostenibilità della situazione attuale: in tale direzione va, senza dubbio, la termovalorizzazione , mediante la quale il rifiuto, inteso come fonte rinnovabile, diventa risorsa energetica. Che cos'è il termovalorizzatore ?

Si tratta di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani finalizzato alla produzione di energia elettrica.

La termodistruzione (o incenerimento, o termovalorizzazione) dei rifiuti consiste nella combustione controllata dei rifiuti stessi, con tempi di residenza e temperature di combustione tali da provocare la completa degradazione della sostanza organica e, se possibile, di tutti i sottoprodotti di combustione più dannosi per la salute umana. Al termine del processo vengono generate delle scorie, corrispondenti alla frazione incombusta del rifiuto, e delle ceneri, che vengono trascinate dai fumi di combustione. Il calore prodotto dalla combustione viene utilizzato per produrre vapore che, fatto espandere in una turbina, genera energia elettrica, che viene immessa nella rete Enel con ricavi per l'Ente locale e, in definitiva, per la collettività. Dalle scorie estratte dal forno vengono recuperati i rottami ferrosi, che possono essere reimmessi nel ciclo produttivo da cui provengono.

Il processo di termodistruzione si presta al trattamento di tipologie di rifiuti per cui la discarica non dà sufficienti garanzie (rifiuti ospedalieri, rifiuti liquidi pericolosi, ecc.), a causa delle elevate temperature raggiunte nella combustione, che provocano l'eliminazione degli agenti patogeni e la trasformazione dei composti più nocivi.

I fumi di combustione trascinano numerosi inquinanti allo stato gassoso, ceneri e polveri, su cui possono venire adsorbite molecole di inquinante. Nella linea di trattamento fumi le ceneri e le polveri vengono trattenute da opportuni sistemi di filtrazione (1-3% in peso di RSU in ingresso), e devono poi essere smaltite. A causa della presenza di microinquinanti, come ad esempio i metalli pesanti (piombo, mercurio e cadmio), le ceneri vengono considerate un rifiuto pericoloso, pertanto vengono in genere sottoposte ad un trattamento di inertizzazione (ad esempio mediante l'aggiunta di materiali leganti che immobilizzano le sostanze pericolose) prima del conferimento in discarica.

Nonostante la termodistruzione rappresenti una delle soluzioni più razionali per il trattamento della frazione di rifiuti che non può essere recuperata altrimenti, la localizzazione di un inceneritore (come del resto di qualsiasi impianto di trattamento o smaltimento di rifiuti) è sempre fortemente avversata dalle comunità locali, che temono che la presenza dell'impianto provochi un degrado dell'ambiente circostante, per quanto riguarda la qualità dell'aria, la viabilità, il paesaggio. Si tratta di un tipico esempio di intervento che, pur portando un beneficio all'ambiente e alla collettività nel suo complesso (se correttamente progettato, realizzato e gestito), viene contestato da chi dovrebbe ospitare l'impianto e teme di subire le conseguenze causate dalla produzione di rifiuti anche di “altri” (il cosiddetto fenomeno NIMBY – Not In My BackYards - ovvero “dovunque ma non nel mio giardino”).

Inoltre, spesso gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti vengono percepiti, nella sensibilità delle comunità locali, come maggiormente pericolosi e inquinanti di altre tipologie di insediamenti industriali che, a fronte di impatti quantitativamente più rilevanti, presentano un'immagine più pulita e ordinata, destando meno preoccupazioni.

Per questi motivi acquista grande importanza, nella localizzazione di questi impianti, un'attenta pianificazione del territorio, una seria valutazione preliminare di tutte le interazioni dell'opera con l'ambiente circostante e di tutte le possibili alternative, per giungere, anche attraverso la partecipazione pubblica, all'individuazione del miglior compromesso e delle misure di mitigazione e compensazione più adeguate.

 


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