A chi non è
mai capitato di voler stipulare un contratto con l’Enel
e sentirsi dire che la propria strada non risulta negli
archivi in quanto trattasi di strada che tutt’ora,
pur se dotata di servizi pubblici (fogne, pubblica illuminazione,
ecc.) è considerata ancora privata?
Ancora oggi c’è chi ha lo stesso numero
civico di un altro abitante a cento metri più
avanti… e c’è chi abita allo stesso
numero civico dell’amico sul pianerottolo, ma
di una strada a cui è attribuita un nome diverso…
Chiedete, ad esempio, agli abitanti della Rotonda lato-est
qual è il proprio numero civico e tutti, stranamente,
vi risponderanno 40…solo che cambia la strada:
per alcuni è Largo Rotonda, per altri Largo Pietà,
per altri ancora Piazza Rotonda.
Questa enorme confusione nella nostra toponomastica
raggiunge livelli parossistici laddove è la stessa
amministrazione pubblica a non avere le idee chiare
sull’esatta denominazione della nostra città:
che è “San Nicola la Strada”, anche
se qualcuno sostiene che a volte è necessaria
l’abbreviazione, come sui cartelli stradali, “S.
Nicola la S.” (bruttissimo, meglio San Nicola
l. S.) o ancora “S. Nicola la Strada (di fronte
al Pal. Sccac).
La questione non è solo di forma, che deve comunque
avere il suo giusto peso, se è vero come è
vero che si spendono soldi per festeggiare il nostro
nuovo gonfalone e poi in tutti gli atti ufficiali del
Comune il vero nome di San Nicola la Strada viene sistematicamente
stravolto. I risvolti, ovviamente, sono anche di tipo
pratico:
l’impossibilità di gestione informatizzata
del nostro patrimonio immobiliare;
l’esatta conoscenza della consistenza e proprietà
dello stesso.
Tutto ciò si ripercuote negativamente sulla lotta
all’evasione (le entrate comunali si basano proprio
sugli immobili e non si può pensare di contrastare
efficacemente l’evasione se non si è a
conoscenza del proprio patrimonio) e sulla programmazione
del territorio (anche chi non è vicino alle “questioni
di palazzo” conosce la diatriba fra i numeri che
circolano sulla consistenza degli abitanti attuali e
prospettici della nostra città).
Ecco che diventa necessario la costituzione all’interno
della nostra macchina comunale del S.I.T. (sistema informativo
territoriale) attraverso la gestione diretta del catasto
urbano.
La possibilità ci è offerta dalla cosiddetta
Riforma Bassanini, mai troppo attuata e mai compiutamente
compresa nelle possibilità e nelle opportunità
concesse alla pubblica amministrazione.
L’ente comune è chiamato ad intervenire
su gestione, uffici e competenze affidate oggi all’Agenzia
del Territorio e quindi a contribuire al miglioramento
delle condizioni del sistema catastale, giacchè
conosce (o almeno dovrebbe conoscere) le carenze informative
degli archivi dei beni immobili (in molti casi sono
informazioni già in suo possesso); gestisce amministrativamente
gran parte delle variazioni sul territorio (ad esempio
attraverso il rilascio delle concessioni e le comunicazioni
di inizio attività); è direttamente interessato
alle variazioni oggettive e soggettive (ad esempio ai
fini ICI ed altre imposte comunali legate agli immobili);
tende, per dare efficacia alla propria attività,
ad integrare gli archivi alfanumerici e grafici connessi
con la toponomastica, la numerazione civica, la verifica
dei tributi comunali, la gestione delle reti tecnologiche,
la gestione del PRG (certificati di destinazione urbanistica,
varianti, vincoli, piani attuativi), ecc.
La scelta che il nostro ente deve fare è se gestire
tale nuova funzione singolarmente o associarsi con altri
enti, così come auspicabile, perché l’Unione
dei Comuni costituisce il prototipo più avanzato
di modello associativo incentivato, fra l’altro,
finanziariamente dallo Stato.
E’ chiaro che ad essa devono conferirsi, anche
in modo progressivo, sempre più funzioni: non
si giustifica, in termini di costi e vantaggi, la costituzione
di tale ente associativo solo per una o per poche funzioni,
per cui l’Unione recentemente istituita dal nostro
ente con San Marco Evangelista e Maddaloni per la gestione
del ciclo integrato dei rifiuti urbani deve necessariamente
ampliare il proprio spettro di competenze con l’obiettivo
di raggiungere economie di scala e di un miglioramento
dei servizi erogati.
E’ solo attraverso tale tipo di impostazione e
di filosofia gestionale che termini come efficienza
ed efficacia, mutuati dal mondo imprenditoriale privato,
possono attecchire e germogliare in un terreno, quello
dell’amministrazione pubblica, che mal si presta,
(chissà perché?) a metabolizzare tali
concetti e a costituire il perno delle future decisioni
riguardanti la gestione della cosa pubblica.
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