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L'ANGOLO DELLA POESIA

 

 


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Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione.Un magnifico pomeriggio in Santa Maria degli Angeli all’insegna della fraternità, della fede e dell’amicizia nel nome della Santa Vergine, in attesa del 163.mo anniversario dell’Apparizione. 1

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TUTTO IL "DISSESTO FINANZIARIO" MOMENTO X MOMENTO 
Come si giunse al giorno più nero della storia amministrativa sannicolese e chi nulla fece per evitarlo 

San Nicola la Strada SEMPRE nel cuore
...Una bellissima iniziativa per tutti i sannicolesi...

PERCORSO QUARESIMALE CON LA SANTA SINDONE 
I VIDEO dei cinque incontri del programma promosso da Don Antimo Vigliotta e dal Prof. Luciano Lanotte

"Quando un papà vola in cielo" e le mie altre...

 

 







Scritta il 9 settembre 1986, a notte fonda, nell’auto parcheggiata fuori della sala di rianimazione dell'Ospedale Civile di Caserta, mentre si erano ormai perse tutte le speranze di rivedere viva mia madre, giacente in stato di coma irreversibile. Ella sarebbe spirata a distanza di pochissime ore...

 

A MIA MADRE

 

 

«Se vi accarezzate, mi accarezzate;
se vi abbracciate, mi abbracciate;
se vi amate, mi amate;
se vi desiderate, mi desiderate.

 

 

Figli miei,
che importanza ha non vedere più il mio corpo?
Che importanza ha non sentire più la mia voce?
Voi mi vedete,
voi mi sentite
in ogni istante della vostra vita:
non vi ho abbandonato,
sono lì, accanto a voi, accanto al Signore.

 

 

Se non vi avessi creato, non sarei così felice!
Vi assicuro che Qui tutto è meraviglioso:
da Qui vi guiderò, con l'aiuto di Dio,
per tutta la vostra vita.
Vi guarderò, vi amerò, vi abbraccerò, vi sentirò:
vi dirò tutto quello che il Signore
mi dirà per voi
per farmi amare e per farvi amare
sempre di più».

 

 

Mamma,
quanto è dolce soffrire
nel ricordo della tua bontà!
Mamma,
ora che abbiamo finalmente capito
cos'è la sofferenza,
cos'era la tua sofferenza,
vogliamo vivere insieme ad essa,
perché solo così
potremo esserti più vicino.
E non ti preoccupare
se noi tutti siamo imbronciati:
passerà! Ma non passerà la nostra gioia
di saperti felice e beata
nel Regno Celeste.
Sappi che noi non aspettiamo altro
che rivederti,
ma lasciaci prima continuare a soffrire
per poterti amare ancora di più.

Tutto quello che volevi
lo stiamo realizzando.
Volevi la nostra felicità,
il nostro accordo, i nostri sorrisi,
le nostre carezze ai nostri figli,
la nostra serenità interiore,
il nostro futuro, la nostra fede:
ebbene, Mamma, tutto ciò
noi stiamo costruendo tra mille sofferenze,
perché solo così è e sarà più bello.

 

 

Mamma,
non ti preoccupare per le nostre lacrime.
Aspettaci ancora un po'!
Dacci ancora un po' di tempo
per continuare a soffrire
nel ricordo della tua dolcezza:
solo così potremo vestirci meglio
per raggiungerti e per portarti fin là
il frutto
dei tuoi indistruttibili insegnamenti.

 

 

Mamma,
la voglia che abbiamo di te
è la nostra sofferenza;
il tuo perenne sorriso
è la nostra speranza;
la tua beatitudine
è la nostra gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1984


AA (ADORABILE ADELE)

 

 

 

Quando ti svegli, al mattino,
e farfugli mille parole
aspettando chi per primo ti sorrida,

tu sei la vita.

 

 

 

Quando mi abbracci e ti stringi al collo
con la paura di restare sola,

tu sei la tenerezza.

 

 

 

Quando ti avvicini alla tavola imbandita
e te ne stai in attesa,
con gli occhietti languidi e canini,

tu sei la gioia.

 

 

 

Quando mi prendi la mano
e mi porti dove vuoi,
facendomi infinite moine,

tu sei l'amore.

 

 

 

E quando tutto tace
e socchiudi gli occhi,
lasciandomi solo
ad ammirare tanta dolcezza,
e quando ti addormenti
e resto deluso e vuoto come non mai,

tu sei ... tutto! Sei la mia adorabile Adele.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

1971


CHIOME DORATE

 

 

 

Le chiome dorate delle nubi
che calano da oriente
si infrangono
nel melodico turbinio del vento
fino a congiungersi in drappi di velluto
dai contorni tenui e delicati
come il tuo volto.
Il cielo si ferma a guardarti...
e tutto diventa sereno.

 

 

 

A quale spettacolo più sublime
potranno più assistere i miei occhi
ora che hanno conosciuto
l'incanto del tuo sguardo?

 

 

 

Dove potrò più andare
ora che tutte le strade
mi conducono alla tua luce?

 

 

 

Cosa posso più cercare
ora che ho accarezzato
tutti i sapori inebrianti
della tua esistenza?

 

 

 

Quale gioia
potrà più bussarmi
ora che ho respirato
il profumo del tuo sorriso?

 

 

 

Come potrò più soffrire
ora che non ho più lacrime
da versare per i miei desideri?

 

 

 

Eccelsa Tu, estasiante Magia,
immensa Siula!

Le tue labbra
sono le mie labbra,
le tue mani
sono le mie mani;
ogni tuo bacio, ogni tua carezza
sono la fragranza
della mia vita.

 

 

 

Eccelsa Tu, estasiante Magia,
immensa Siula!
Ogni tuo bacio,
ogni tua carezza
sono la disperazione
della mia morte!

 

 

 

Eccelsa Tu, estasiante Magia,
immensa Siula!
Voglio viverti per non morirel

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Sabato 14 settembre/ martedì 17 settembre 1968
Canto in ottonari ed endecasillabi rimati secondo lo schema ABCBC. L'ultima strofa è in decasillabi sciolti.
Amore era, nella mitologia, il figlio di Giove e di Venere. Si è soliti rappresentarlo in sembiante di fanciullo alato armato di arco e frecce, scagliando le quali contro dei e mortali accende in essi la passione d'amore. S'innamorò di Psiche, una bella mortale, e tal diventò anche lui...

 

 

 

DIVIN FIGLIO DEL PIO GIOVE

 

 

 

Divin figlio del pio Giove,
divin figlio di Venere,
che di venustà accese il divin
ed eccelso Monte: le ali fiere,
oh!, abbandona al destin!

 

 

 

Noi mortal ad ardue prove
non più spingere con corsa celere;
oh!, deponi l'arco e sin dal mattin
medita su le tue vere
colpe, che con l'ebbrante vin
d'ogni uomo e di me han altrove
traslato il senno. E primavere
vedrò cader come grandin
che porta via le chimere.

 

 

 

Getta le tue aguzze frecce al fin
che le passioni mortali entrin ove
nulla è detto avere.

Ma qual cosa fò, me meschin?
Come mai oso dal trono far cadere
tutte le speranze d'ogni cuoricin
che trepidante si move
vocando tutte le sere?

 

 

 

Vivi, Amore! Abbraccia Psiche!
Rendi felice ogni mortale
e non piegare le tue saette
al vil canto d’un cuore afflitto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Sc
ritta il 16 dicembre 2003, a pochi giorni dal 62.mo compleanno del mio carissimo amico Mimmo D’Angelo scomparso improvvisamente tre mesi prima.
Spesso, in vita, aveva letto il mio romanzo mai pubblicato “Speme e delusione”. Il passo che più gli piaceva era quello finale, il suicidio del protagonista. Mi diceva “Tu sei pazzo...” e mi chiedeva di non rompergli le scatole con le mie lamentele... Ne rubo qualche verso per dedicarglielo con altri che il cuore mi suggerisce.


 

BUON COMPLEANNO, MIMMO

 

 

Spero tanto che tu abbia raggiunto la calma necessaria
per renderti conto che la nostra meravigliosa favola
non meritava assolutamente di concludersi
con la tua improvvisa partenza.

 

 

Ti sei, dunque, portato via il mio album delle emozioni: e va bene!
Ma vuoi spiegarmi, adesso, come devo fare
per riaccendermi con le vibranti luci del tuo sorriso?
E come devo fare per continuare a nutrirmi della tua bontà?
E per impregnare i miei passi della tua saggezza?
E, soprattutto, come diavolo devo fare
per risentire il fruscìo della tua mano rassicurante?

 

 

Me l'hai combinata grossa, amico e “fratello” mio!
Ma quello che è successo ormai è successo.
Io sono qui a riconoscerti tutti i miei crucci,
ripetuti tante e tante volte.
Sì, è vero, sono stato un allievo poco attento alla tua grandezza:
te lo dicevo spesso che sono un po' tonto...
Ti chiedo scusa se sono fatto così,
con un carattere indubbiamente complicato
e difficile da gestire per un uomo semplice e sensibile come te.

 

 

Se amassi Dio come ti amo
e se soffrissi per Lui come soffro per te,
sarei un santo.
Ma purtroppo non lo sono.
Ed eccomi, allora, pronto ad inchinarmi, per l'ultima volta,
di fronte alla tua venerabilità di compagno divino
con tutte le mie debolezze e tutti i miei affanni
di misero e fallace mortale.

 

Ti chiedo di perdonarmi,
di comprendermi in tutti i miei sconsiderati limiti
e di serbare di me l'immagine vera di un amico
che da te è stato creato,
per te ha vissuto
e che nell'osannante ricordo di te
troverà la forza di amare se stesso.

 

 

Accogli nel tuo cuore immenso
queste mie sincere parole
e tienile conservate per l'eternità.
Spero tanto che sempre ti saranno di aiuto e di conforto,
arrecandoti ulteriore gioia nei momenti più belli
che costelleranno continuamente la tua Vita. 

 

Mi prostro a te, dio e re,
inondato da lacrime di disperazione,
augurandoti tutta la felicità che non hai avuto il tempo di conoscere
e che un giorno lontanissimo leggerò nel tuo sorriso,
se il mio tanto trascurato Dio
mi concederà di incontrarti
nell'angolo più sperduto dell'Universo.

 

Ti ho amato veramente,
ti amo e ti amerò
finché il mio cuore si alimenterà
di quel respiro che solo tu hai saputo donarmi.

 

Buon Compleanno, Mimmo!

 

 

 






Scritta il 21/8/2003 a Pizzo Calabro, nel villaggio turistico PortoAda, per il 18.mo compleanno di Rosa.

 

 

 

BAGLIORE DI ROSA

 

 

 

Le stelle più luccicanti
si tengono per mano
in un gran girotondo;
ma, da sole, non bastano
per rivaleggiare
con lo splendore
dei tuoi diciotto anni.

Limpida puella,
estasiante sapore di gioventù,
Immensa Rosa:
il mondo si allieta
della tua fragranza;
i magici colori della vita
ti ruotano intorno
per festeggiare il tuo sorriso.

Limpida puella,
estasiante profumo di gioventù,
Immensa Rosa:
tieni sempre acceso
questo meraviglioso spettacolo!






Mercoledì 20 novembre 1968
Sonetto in endecasillabi sciolti

 

MAGICO DECLINO

 

Col medesmo magico incanto
con cui allor nacque in me feroce,
sì è fuggita, forse per destino,
la passion d'amore che felici

a me tolse giorni di questa sempre
delusa e mal -ahimè!- prolata
vita, che a ben altri in tal verde
e sì spensierata etate giova.

Ahi! Non a me! Questo mio cor tremante
portommi spesso a folli fantasie,
che al sol pensar di lei volavo

verso il mite e felice cielo
del suo amor. Ora restami il nome
che forse tornerà un dì più fiero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Scritta per la "pagellina" del trigesimo della morte (22/11/1980) di Gerardo Cante

 

A MIO SUOCERO

 

 

Chetar non possiamo
il nostro animo
se non a te volgendoci,
o Signore!

 

 

Solo tu sai cosa
e quanto abbiam noi perso
per arricchire il tuo regno celeste.

 

 

E solo tu, Signore,
saprai darci la forza di vivere
per coltivare la speranza di riaverLo,
in quel dì,
al nostro fianco e allor per sempre.

 

 

Noi ti pregheremo, Signore,
per far sì che da noi allontani il peccato;
perché se il peccato noi vivremo,
certamente mai più Lo rivedremo.

 

 

Siam tuoi, Signore,
come nostro fu il Suo corpo
e come nostra sarà l'infinita gioia
di ritrovarci, noi tutti,
per sempre insieme,
accanto alla Sua anima.






Canto in endecasillabi a rima baciata scritto il 6 dicembre 1968, nel giorno di San Nicola.
E' dedicato a mio Zio Nicola, morto tre anni prima, la persona che mi voleva più bene dopo mia madre e mio padre. Tengo molto a questi versi, perché, oltre a rappresentare per me una immagine di bontà, mi ricordano con grande dolcezza e, nello stesso tempo, nostalgica amarezza, quelli che furono un po' i simboli della mia adolescenza: uno zio, un solaio, gli amici (alcuni dei quali poi nemici), i cuginetti, l'usuale pranzo nel giorno del Santo Patrono.

 

 

 

SEI DICEMBRE

 

 

 

Tre lunghi autunni son già passati
da che sorrisi io vidi troncati.

 

 

 

Non più allegria in questo vil giorno
ma sol rancor pel non più ritorno.

Tornami in mente il triste pensier
che giammai allora solea aver.

 

 

 

E rivedomi saltante e gaio
insiem con i cugini nel solaio

 

 

 

e insiem con gli altri ch'io or spregio
per della vita amaro presagio.

 

 

 

Rivedo Lui fiero e del dì pago
e più triste è in me tal imago,

 

 

 

or che son di tanto dolo satollo
mentr'Ei già lo era d' avvezzo pollo.

 

 

 

Ahi! Forse tal in me sarà ‘l rimorso
che mai più godrò nel celere corso?

 

 

 

Eppur sento che gioie vedrò
andar come de le foglie mesto declinar;

 

 

 

ma almeno avrò pacato il cor
che di simil imprese ha già ardor.




 


Giovedì 13 agosto 1970
Si tratta di un "tristrofico progressivo" di mia ideazione.
La sua caratteristica metrica è rappresentata dalla progressione sillabica dei versi nelle tre strofe. Infatti, mentre le prime due strofe comprendono versi rispettivamente di otto, nove, dieci e undici sillabe, la terza è formata da versi di nove, dieci, undici e dodici sillabe. Tutto questo risponde ad un preciso scopo dialettico, che è quello di evidenziare il momento culminante del tema, cioè la reazione quasi inconscia dell'animo (terza strofa) di fronte all'incalzare descrittivo del sentimento in parola (prime due strofe). Sono rimati solo il primo e terzo verso della seconda strofa. La prima strofa termina sempre con un verbo.

 

 

 

 

 

MALINCONIA

 

 

 

Scaltra, cauta, silenziosa
scende in me come un'ombra
e vassene a loggiar laddove
è non concesso a noi indagare...

Immagini e visioni
che stento quasi a conoscere
s'affollano come le illusioni
che d'ognun annebbiano la ria vista.

Lanciansi spoglie le mie mani,
ma di sol polvere si coprono:
e la mia mente torna miserrima
a consumarsi tra mille rie fantasie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Ode alla mia città
Scritta nel dicembre 2004 e pubblicata nel numero storico 29 del Corriere di San Nicola cartaceo per celebrare l’amore sviscerato per la mia città che mi ha spinto a fondare il Corriere di San Nicola-on line, il primo quotidiano di San Nicola la Strada.

 

 

 

UNA CITTÀ, IL CUORE, LA MENTE...

 

Si può amare in tanti modi una città.
Si può adorarla per tanti motivi.
Perché è
bella.

Il fascino delle sue cose ti coinvolge,
ti eccita fino al punto di non farti desiderare altro.
In ogni particolare del suo volto
cogli l’ebbrezza di un sorriso.
Vedi in lei una dea, una regina,
una giovane principessa
che ti accompagna in una favola senza fine.
Capisci che è lì l’essenza del tuo abitare,
il dolce rapimento di ogni tua azione quotidiana.
Ti sussulta il cuore ad ogni suo mutare,
ad ogni accendersi delle sue luci,
ad ogni ascolto dei suoi clamori.
Tutto ti sembra familiare,
persino quelle realtà inarrivabili
che mai potrai toccare,
mai saprai domare,
neanche con uno sforzo sovrumano
messo in atto dalla tua mente illusa
e fortemente lanciata verso la felicità.


Si può amare in tanti modi una città.
Si può adorarla per tanti motivi.
Perché è buona.

Ti accoglie nel suo seno
quale figlio che si nutre di quella terra.
Ti addolcisce con l’alito del suo respiro.
Ti edifica intorno una cornice di incantevoli immagini.
Ti dona desiderio di vivere,
smania di programmare,
onestà e gentilezza verso i tuoi fratelli,
certezza di non poter mai fare a meno dei suoi lamenti.
Ti vezzeggia di moine e di promesse.
Ti protegge nei tuoi affanni.
Mai si stanca di lenìre i tuoi dubbi,
le tue ansie, di aprirti alla speranza,
di fugare le tue sofferenze.


Si può amare in tanti modi una città.
Si può adorarla per tanti motivi.
Perché è semplice.

Con lei cammini facile, cammini bene,
non vai a corte, non hai bisogno di vestirti da sapiente.
Il suo odore è naturale,
non si miscela di filtri esotici,
poco spazio lascia ai voli contorti della follìa.
Ti dice grazie perché l’hai perdonata,
le dici grazie perché ti ha capito.
Viverci è il massimo
per chi odia gli imperscrutabili meccanismi della slealtà
e si batte per il genuino sapore della schiettezza.
Ti guida con affetto e simpatia,
si accorge delle tue emozioni
e le raccoglie in uno scrigno di ricordi.

Ti riporta nella fanciullezza,
cospargendoti i sentimenti di profumato entusiasmo.
Non parla difficile, detesta i se e i congiuntivi.
Ama il presente, ti slega dai ritmi dello stress,
vuol fare di te una sua tenera creatura,
senza spingerti ad odiare il futuro.


Si può amare in tanti modi una città.
Si può adorarla per tutti questi motivi.
O, forse, per niente di tutto questo.
O per il contrario di tutto questo.

La mia città!

 

Più mi odia e più la amo.
Più mi vuole distruggere e più la sento mia.
Giorno e notte, mentre vivo, mentre muoio,
quando sorrido, quando piango.
Il senso della mia vita alloggia lì.
Lì sono gelosamente serbati tutti i miei più dolci ricordi,
la mia nostalgia, i miei rimpianti.
La mia città!
Più mi ferisce, più me ne innamoro.

Mente mia, abbi pietà di me.
Non permettere ad alcuno di mormorarti infamie.
Mente mia, ti prego, tieniti da parte,
non rispondere al fango e continua a vivere un sogno
che un giorno, forse, ti verrà offerto
e che vedrai innalzato sul podio della realtà.

Non dentro un palazzo.
Ma semplicemente in un angolino piccolo piccolo,
sperduto e caldissimo del mio cuore.

 

 






Martedì 17 settembre 1968
Sonetto in endecasillabi sciolti


NOTTI INSONNI

 

 

 

Passo le notti insonni pensando
a te, mio dolce angelo d’amore.
M’alzo, mi affaccio alla finestra:
ma non la beltà del cielo stellato,

né gli estrosi bagliori notturni,
né la frizzante aria che respiro
posson farmi scordar del tuo sorriso
che, ora più che mai, sembrami lontano.

Dove sei, mio triste sogno d’amore?
Orsù! Rendi quest’anima felice!
Ridai vita a questo cor guerriero!

Passan inesorabili i dì
e di sola speme vive colui che
di vita non sa più goder le gioie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Sonetto in endecasillabi sciolti scritto giovedì 12 settembre 1968

 

 

 

PENSIERO D'AMORE

 

 

 

Sin dal primo dì in cui ti ho vista,
gentil creatura adorabile,
nel mio cuor si mosse ardita speme
di conquistarti oppur morire.

Stanotte ti ho sognato ancora
e un grido di gioia infinita
si è alzato nel caro silenzio
da le mie stanche membra tormentate.

Continuo a cercarti tra la gente;
ma un sorriso, uno sguardo fugace
eppur non chetano il mio animo
che ben altro fato di questa triste
e nostalgica etate bramerebbe:
esser dunque sempre a te vicino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Scritta nella notte tra il 18 e il 19 ottobre 2002 (alle ore 2.05) vegliando il mio papà sul letto di morte

 

QUANDO UN PAPA’ VOLA IN CIELO

 

 

 

Quando un papà vola in cielo,
si alzano con lui le rondini:
perché un papà non può volare
da solo.

 

 

 

Quando un papà vola in cielo,
vibrano intorno a lui i violini:
perché un papà non può volare
nel silenzio.

 

 

 

Quando un papà vola in cielo,
si accendono per lui le stelle:
perché un papà non può volare
nel buio.

 

 

 

Ma ora che a volare sei tu,
papà mio,
ti accompagnino lassù
anche tutte le gioie,
tutte le ansie, tutti i desideri
e tutte le certezze
con cui hai riempito i miei vuoti
e celebrato il mio amore.

 

 

 

Suonerò sempre per te
un concerto di emozioni
per cercare il tuo volto
tra i miei sospiri
e per rivivere ogni attimo
della tua dolcezza.

 

 

 

E quando, quel giorno,
si intoneranno per me
i cori delle rondini,
i fremiti dei violini
e il bagliore delle stelle,

 

 

 

ti donerò il mio cuore
per raggiungerti
e per stringerti in un abbraccio
che non avrà più fine.


 

 

 



1971

SEI PAZZA

 

 

Sei pazza perché mi fai vedere il sole
quando c’è la luna.

 

 

Sei pazza perché mi fai gioire
quando c’è da disperarsi.

 

 

Sei pazza perché mi fai viaggiare in aereo
quando odio volare.

 

 

Sei pazza perché mi rubi l’anima
quando mi è rimasto solo il corpo.

 

 

Sei pazza perché mi fai ancora vivere
quando ho solo voglia di morire.

 

 

Sei pazza quando dici che tutto può finire.

 

 

Sei pazza quando mi fai vedere un deserto
attraverso un granello di sabbia.

 

 

Sei pazza perché non riesco ad odiarti,
sei pazza perché hai rubato tutti i miei giocattoli,

 

 

sei pazza perché...
...perché sei tu...
la più saggia che abbia mai conosciuto.




1968
Ultima lettera prima del suicidio del protagonista del romanzo “Speme e delusione"
(sottotitolo: "Speranza, Illusione Ultima, Lasciami Amore")

ADDIO, SIULA!

 

 

 

 

 

 

Spero che tu abbia raggiunto
la calma necessaria
per renderti conto
che la nostra meravigliosa favola
non merita assolutamente
di concludersi in questo orribile modo.

Nell'album dei ricordi no,
non devono esserci offese e moftificazioni
dettate dalla rabbia
e da uno stato d'animo esasperato
fino all'inverosimile.

 

 

 

Quello che successo ormai è successo.
lo sono qui a riconoscere tutti i miei errori,
ripetuti varie volte, ma mai ispirati da malafede
né da intendimenti ingannatori.

 

Ti chiedo scusa se sono fatto così
con un carattere indubbiamente complicato
e difficile da gestire per una donna sensibile,
leale, onesta e trasparente come te.

 

 

Se amassi Dio come ti amo
e se soffrissi per Lui come soffro per te,
sarei un santo.

 

 

Ma purtroppo non lo sono.
Ed eccomi, allora, costretto ad inchinarmi,
per l'ultima volta,
di fronte alla tua venerabilità di donna divina
con tutte le mie debolezze e tutti i miei affanni
di misero e fallace mortale.

 

Ti chiedo di perdonarmi,
di comprendermi in tutti i miei sconsiderati limiti
e di serbare di me l'immagine vera di un uomo
che da te è stato creato, per te ha vissuto
e che nell'osannante ricordo di te
troverà la forza di amare se stesso.

 

Accogli nel tuo cuore immenso
queste mie sincere parole, Siula,
e tienile conservate per l'eternità.
Spero tanto che sempre
ti saranno di aiuto e di conforto,
arrecandoti ulteriore gioia
nei momenti più belli
che costelleranno continuamente la tua vita.

 

Mi prostro a te, dea e regina,
inondato da lacrime di disperazione,
augurandoti tutta la felicità
che non ho mai potuto farti conoscere
e che un giorno lontanissimo
leggerò nel tuo sorriso
se il mio tanto trascurato Dio
mi concederà di incontrarti
nell'angolo più sperduto dell'universo.

 

Ti ho amato veramente, Siula,
ti amo e ti amerò
finché il mio cuore
si alimenterà di quel respiro
che solo tu hai saputo donarmi.


 

BENTORNATO, FRANCESCO !

13 marzo 2013. Papa Francesco si era affacciato da pochi minuti. Neanche il tempo che sospirassi che già era entrato nel mio cuore. Con semplicità. Con umiltà. Con la luce dell’amore. Con la grandezza del suo nome meraviglioso!


Ci è mancato il sapore della pace.

In un mondo in guerra con se stesso.


Ci è mancata la sublimazione della povertà.

In un mondo che accumula e si veste di luccichìi.


Ci è mancata la forza della rinuncia.

In un mondo che non si spoglia.


Ci è mancato il desiderio del creato.

In un mondo che distrugge e si barra gli occhi.


Ci è mancato il dialogo con la natura.

In un mondo che spezza le ali agli uccelli.


Ci è mancato il sapore del sorriso.

In un mondo che non sa neanche piangere.


Ci è mancata la gioia della tenerezza.

In un mondo che non ha pietà.


Bentornato, Francesco!


Grazie a te

sentiamo più vicine queste meraviglie sepolte.


Grazie a te

sentiamo la forza di riviverle tutte.


Grazie, Francesco,

di essere tornato.


Grazie, Francesco,

di essere il nostro papa.


Che bello non farsi rubare la speranza.


Che bello camminare con te!

 




 


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