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Sai perchè mi batte ancora il cuor... Ho visto Roger Waters

Cronaca di uno storico concerto dai contenuti universali, dove la musica riesce a tenere unite due e più generazioni. 



Sono già trascorse tre settimane dalla sua straordinaria esibizione e ancora non mi riprendo, mi assale una forte nostalgia, continuo a pensare a quella "piacevole" emozione provata nel rivedere Roger Waters esibirsi dal vivo. Colpa e merito della sua genialità della sua capacità espressiva che ha reso unico e grandioso uno spettacolo dai contenuti universali. Vorrei rivivere quei momenti condivisi questa volta con mio figlio, lui ventiduennenne ed io anzianotto. Mi stupisco come la capacità, o meglio la potenzialità, della musica, riesca a tenere unite due e più generazioni creando un ponte emotivo tra le persone.
Tantissimi, infatti, i giovani e giovanissimi presenti il 28 aprile a Bologna e tanti, tantissimi i maturi e... molto maturi, ma tutti connessi in uno spettacolo visivo-musicale di altissimo livello, immersi in un evento di quasi tre ore in cui chiaramente il messaggio artistico si intreccia indissolubilmente con quello sociale e politico.
A differenza del precedente tour "Us + Them" portato in giro nel 2018, in cui la componente spettacolare prevaleva molto su quella emozionale, questa volta invece il rapporto è invertito, risulta del tutto diverso, bilanciandosi maggiormente su quella personale, intima e poi politica, in uno show a 360°.
Un'emozione indescrivibile vedere quest'uomo sulla soglia degli 80 anni, apparentemente fragile, suonare pianoforte, basso, chitarra e poi cantare, muoversi su ogni lato del palco con la grinta di un ragazzino, spendersi totalmente ai suoi suoi fans come in una indiscindibile identità tra l'artista, l'opera che esegue ed il pubblico, ripagandolo pienamente di ogni aspettativa. Questa è la grande differenza che sussiste tra un grande genio creativo come lui e tanti altri "artisti": credetemi, si resta veramente stupiti nel vederlo così coinvolto e rapportato con tutti, ma con la consapevolezza che "This is not a Drill" potrebbe essere il suo ultimo tour... O Dio, lungi da me questa ipotesi, Waters non potrà mai abbandonarci e lasciarci indifferenti.

Tour mondiale, partito nel luglio del 2022 dagli USA continuando per il Canada, è poi approdato a marzo 2023 (dopo una breve pausa) in Europa partendo dal Portogallo; poi Spagna, Italia (iniziando con quattro tappe tappe a Milano) e poi ancora Olanda, Norvegia, Svezia, Danimarca Svizzera; e poi ancora ancora un secondo approdo in Italia con tre serate a Bologna, continuando in Germania, Francia, a seguire nella Repubblica Ceca, Scozia e terminare in Inghilterra. Manca all'appello solo la tappa in Polonia, cancellata a seguito di una polemica scoppiata sui media tra Waters e Olena Zelenska, moglie di Zelensky. Il musicista, attraverso una lettera aperta, accusava i Russi e gli estremisti nazionalisti Ucraini di aver condotto il mondo in una guerra disastrosa prendendosela in particolar modo con gli USA e con la Nato per la fornitura di armi all'Ucraina da parte dei paesi occidentali. Nella lettera Waters esortava la Olena ad intervenire chiedendo a suo marito di scegliere una strada diversa dalle armi. La discussione non è stata apprezzata dai leader polacchi, per cui hanno vietato all'artista di esibirsi, annullando il concerto previsto a Cracovia e definendo Waters persona non gradita.
Dopo tutte le date previste in Europa e dopo una pausa estiva, il tour riprenderà il percorso, a novembre saranno previste nuove tappe nei paesi sudamericani: Bolivia, Cile, ecc.

"This is Not A Drill" ("Questa non è un'esercitazione") è il concetto di tutto lo spettacolo, non è solo musica ma anche un manifesto politico, un momento di profonda riflessione umana, sociale. Sappiamo che Waters è contro il "capitalismo", il "razzismo", è contro quei "governi menzognieri", contro l'ideologia fascista: argomentazioni che risultavano esser presenti già in passato con i suoi ex Pink Floyd (mi riferisco a quel magico decennio che va dal 1973 al 1983), in quei testi di "The Dark Side Of The Moon", "Wish You Were Here", "Animals" e "The Final Cut" la cui straordinarietà sta nel fatto che, nonostante siano trascorsi 40 e 50 anni, continuino ad adattarsi perfettamente al periodo storico che stiamo vivendo.
Tematiche trattate soprattutto nei suoi brani da solista ("The Bar", "Deja Vu", "The Bravery Of Being Out Of Range", "Is This The Life We Really Want"), che non rappresentano solo critica sociale o condanne, ma un sentito tributo alle minoranze in genere, alle tante vittime innocenti di oppressioni, di guerre: il tutto portato in giro per il mondo attraverso questo mega tour.

Waters è sempre stato molto attento e molto chiaro sulle proprie posizioni, esprime la sua opinione senza mezzi termini ed anche questa sera lo dimostra facendolo palesemente addirittura pochi minuti prima dell'inizio dello show. Sul mega schermo appare una provocatoria scritta mentre la sua voce ne pronuncia le testuali parole. A molti potrebbero non esser piaciute, però hanno un significato molto chiaro e pungente: "Se sei il tipo che dice mi piacciono i Pink Floyd ma non sopporti le idee politiche di Roger, ti invito ad andartene a fare in culo al bar". Il concetto è questo: criticare il suo pensiero politico non può essere compatibile con l'apprezzare la sua musica e quella dei Pink Floyd, visto che messaggi politici sono sempre stati presenti in tutti i loro dischi, costituendone il "pilastro portante". Quindi il suo messaggio in chiaro è: "questa sera vi beccherete la mia visione del mondo anticapitalista e antimilitarista". Roger, insomma, ha voluto scegliere uno show senza sconti e senza compromessi.

Il titolo ("This is Not A Drill", "Questa non è un'esercitazione") è il concetto di tutto lo spettacolo, straordinario, ricco di musica con qualità del suono eccezionale al di sopra delle aspettative. Waters è contro le polizie di tutto il mondo, le grandi compagnie, gli oligarchi, contrariandosi alle politiche propagandistiche dei vari capi di governo (tra questi cita anche la Meloni) e si oppone a quei governi che lo accusano di antisemitismo impedendogli di esibirsi (come in Polonia), a quei presidenti americani, da Reagan a Trumph e Biden, definendoli criminali di guerra, così come a Putin, su cui pende un mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte Penale dell'Aja. Opinioni e pensieri supportate da frasi e da immagini eloquenti, talvolta forti e crude, continuamente proiettate sull'enorme schermo con lo scopo di sottolineare il contenuto delle canzoni, le accuse contro i potenti che dichiarano di essere i difensori delle democrazie, sconfessandoli come a dire "guardate che non ve la contano giusta".

Una attenzione particolare va data al grande palcoscenico a croce, sopra un gigantesco schermo anch'esso a croce per le proiezioni video; il tutto occupa il centro dell'arena immerso tra il pubblico in una visuale a 360 gradi, voluto e progettato così per eliminare ogni barriera visiva, tale da rendere l'ambiente tutt'uno ove musicisti e spettatori si fondessero in un unico corpo avvolti come in un caloroso abbraccio. E' strutturato su altezze diverse con quattro passerelle che si prolungano nel parterre consentendo agli artisti di spostarsi liberamente e suonare immersi tra il pubblico. Tutto lascia intendere che non sarà un "semplice" spettacolo ma ti rendi conto che stai per diventare partecipe di una pagina della storia della musica.

Il concerto inizia con la nuova versione di "Comfortably Numb" con i musicisti (ad eccezione solo del bassista Guy Seyffert) coperti dall'oscurità del palco, mentre sull'enorme schermo nero ancora ribassato appaiono immagini di grattacieli in rovina in una luce spettrale, sagome di uomini che camminano come zombi e con il capo chino sugli smartphone; sullo skylight di questa città in rovina si muove la sagoma di quel maiale, quello, per intenderci, rappresentato sulla copertina di "Animals". E' una nuova versione trasformata in una sorte di canto funebre, immersa in una cupa e quasi angosciante atmosfera apocalittica con lampi e tuoni che esplodono; non si sente l'assolo finale della chitarra di Gilmour: è qui sostituito dalle parti vocali delle coriste; in aggiunta al testo è stata inserita una nuova strofa, "Hear me/Oh hear me/ Please hear me when i call", la disperata richiesta di ascolto delle persone, una metafora di come ci stiamo dirigendo "comodamente insensibili" verso l'estinzione.
Lo schermo, a questo punto, si innalza mostrando man mano gli altri musicisti: i chitarristi Dave Kilminster e Jonathan Wilson; i tasteriesti Robert Walter e Jon Carin; il batterista Joey Waronker; Seamus Blake sassofonista ed infine le bravissime coriste Shanay Johnson e Amanda Belair. Tutti posizionati strategicamente in vari angoli e sparsi come in un immaginario "Bar" (titolo del brano inedito della scaletta) dove un pianoforte su cui poggiano bottiglie e bicchieri e suonato da Waters fa da punto focale della "sala", quasi a voler raccogliere e riunire i clienti del locale come in una sorta di intima e cordiale convivialità.

La musica oramai ha acceso gli animi di emozioni e si va avanti con "The happiest Days of Our Lives", "Another Brick in The Wall", part 2 e part 3, resi ancora più straordinari dalle belle immagini che scorrono, e poi ancora con "The Powers That Be" (brano del1987), "The bravery of Being Out of Range" e finalmente l'inedito "The Bar" scritto durante il lockdown.
Tra un brano e l'altro Roger si intrattiene con il pubblico raccontandosi apertamente per poi arrivare al cuore della storia dei Pink Floyd, omaggiando il caro e compianto amico Syd Barrett; lo fa nostalgicamente, con vari aneddoti, come quando, ricorda, lui e Syd Barrett decisero, dopo aver visto un concerto, di mettere su una band, e quando, entrambi fermi ad un semaforo, Syd di punto in bianco disse quanto fosse bella Las Vegas... (peccato, però, che non fossero a Las Vegas... la follia di Barrett era già in atto e segnerà poi la sua breve carriera).
La musica continua con "Have a Cigar", "Wish You Were Here" e la bellissima "Shine On You Crazy Diamond", part VI-VII, con tante immagini di quel periodo d'oro suscitando nuovamente emozioni da pelle d'oca. 

Il belare di pecore, con Waters che incita tutti a belare con lui, introduce "Sheep" (del 1977 da Animals), un brano di una potenza incredibile e con tanto di pecora gonfiabile che esce da dietro le quinte e inizia a volteggiare sul publico, mentre sullo schermo appaiono sequenze di altre pecorelle vestite con una tuta da arti marziali su cui è scritto "resist". Sono schierate pronte a ribellarsi, a non essere più pecore, ma pronte a lottare contro la cupidigia del potere, contro il capitalismo. Non e solamente un brano di autentica bellezza musicale, ma una vera opera d'arte in cui Waters rappresenta il bisogno di un radicale cambiamento sociale e politico, di un'autentica e costruttiva democrazia.
Termina così, "piacevolmente" estasiati e gasati, la prima parte di questo meraviglioso spettacolo.

Il cuore batte a mille, mi giro verso mio figlio, con stupore vedo i suoi occhi lucidissimi, leggo nel suo volto la forte emozione che sta vivendo... la consapevolezza di vivere ed assistere a quella scarica di sentimenti e di pensieri in cui si identifica.

La seconda parte inizia con in "In The Flesh", "Run Like Hell" dall'album The Wall: si vede Waters scatenarsi all'infinito pieno di energia e incitando il suo pubblico; tra fragorosi applausi e grida di stupore ecco apparire il gigantesco e già noto maiale gonfiabile che, con aria inquietante e con lo sguardo minaccioso accentuato dal simbolo di Meta Facebook (un otto coricato) disegnato a mo' di maschera sui suoi occhi, vola sulle nostre teste mostrando la scritta "Steal from the poor - Give to the rich" (rubare ai poveri per dare ai ricchi)... riferimento alla cupidigia dei potenti ("Pigs", porci) che per la loro sete di denaro si disinteressano del benessere e delle esigenze del popolo (le "sheep" del brano precedente, le pecore inermi, sfruttate, ubbidienti), e un'altra ironica scritta "Fuck the poor "(affanc... i poveri) con lo scopo di sottolineare la strafottenza dei poteri economici: allegorie attinte come spunto dai libri " Animal Farm" e "1984" di Geoge Orwell, come Waters stesso ha specificato prima di eseguire il brano.

C'è tanta politica in questo concerto, nei video tante eloquenti immagini crude (come quelle dei civili e dei reporter uccisi per errore dai soldati americani a Bagdad e di tutte le vittime di oppressioni), immagini facenti riferimento ai diritti dei palestinesi, degli yemeniti, all'antisemitismo, ai diritti umani, dei trans, delle minoranze etniche; immagini toccanti come la silenziosa ed eloquente marcia degli indiani del Nord Dakota (Iakota Sioux) che, nonostante abbiano protetto la loro terra, con grande coraggio, dall' l'invasione del "Serpente Nero" "(I magnati del petrolio), sono stati cacciati dai loro territori.
"Potreste gentilmente togliervi dal cazzo dalla nostra terra?", sottolinea la frase alla fine del brano "The Bar", in cui Waters, con una voce particolarmente dolce e calda, si accompagna al suo pianoforte. Prosegue poi con "Dejà Vu" e la stupenda "Is This the Life We Really Want?"

Arriva lo spazio in cui ci si immerge completamente in "The Dark Side Of The Moon" (proprio quest'anno ricorre il 50° anniversario).
Parte con "Money", il cui attacco di basso iniziale è storia conosciuta, in sequenza "Us and Them", "Any colour you like" "Brain Damage" e il capitolo finale di "Eclipse" con uno spettacolo visivo incredibile: il palco viene avvolto da otto grandi triangoli disegnati dai laser, mentre sullo schermo scorre l'elettrocardiogramma (così come disegnato nella copertina del disco) che batte al ritmo del cuore.
"Tutto ciò che accade nella nostra vita si sviluppa sotto la luce del sole ma anche il sole è eclissato dalla luna" ... e a noi non resta che contemplare la parte più oscura della luna"

Roger esegue il bis: è "Two Suns in The Sunset", un capolavoro di alto livello musicale ed emozionale, un testo amaro, significativo, la dura critica all'assurda corsa agli armamenti nucleari.
Sul finire del concerto, Waters, non stanco ma soddisfatto, si rivolge a tutto il suo pubblico, parla con loro aprendosi in un racconto anche intimo al centro del quale c'è la sua infanzia, la sua famiglia, raccontando episodi curiosi, uno dei quali il particolare ricordo di un suo viaggio in Italia fatto con la sua seconda moglie incinta; il ricordo più emotivo va a suo fratello maggiore scomparso un anno fa. Si siede al suo pianoforte circondato dai musicisti, sembra davvero essere in una sala bar, brinda bevendo un bicchierino di liquore messicano (il bicchiere della staffa) e in questa tranquilla atmosfera risuona "The Bar", continuando poi sul finale con "Outside the Wall", ultimo brano della serata.
Su queste note Waters, particolarmente commosso, saluta il pubblico, se ne va ripercorrendo l'intero perimetro del palco, presentando i componenti della band che con sole chitarre acustiche, fisarmonica e tastiera portatile fanno la passerella uscendo dall'Arena mentre si continua a vederli sul megaschermo nel backstage, accomiatarsi e salutare e ringraziare il loro pubblico.
Un epilogo significativo. Roger da protagonista ha dato spazio alla comunità, alle relazioni personali che sono il fondamento alla vita di ognuno di noi.
"Da soli o a coppie quelli che veramente ti amano camminano su e giù fuori dal muro, qualcuno mano nella mano, qualcuno si riunisce in band, i cuori sanguinanti e gli artisti resistono e quando hanno dato tutto ciò che possono, alcuni barcollano e cadono...dopotutto non è facile sbattere il tuo cuore contro il muro di un misero bastardo" ("Outside the Wall").

Avrei voluto che la serata non fosse mai finita.
Il concerto sembra essere stato il suo commiato in cui egli passa la staffetta; l'allusione al bicchiere della staffa bevuto sul suo piano e con i suoi musicisti potrebbe essere stata la metafora o il simbolo del passaggio del testimone agli artisti del futuro, il desiderio di condividere la propria esperienza e il proprio talento con gli artisti che seguiranno le sue orme. Waters è un artista straordinario, la sua eredità è un'impronta indelebile nella storia della musica, come quella lasciata dai grandi compositori, un tesoro per tutti, speriamo che continui che resti in forma più a lungo possibile.

Senza il rimpianto di tutti i suoi concerti da solista e quelli con i Pink Floyd visti in passato, mi chiedo se i prossimi a cui assisterò (Nick Mason, Jethro Tull, Steve Hacket) possano essere all'altezza di quest'ultimo...
Sono certo di si, la musica ha il potere di trasportarci in luoghi emozionali unici, di creare legami profondi con gli artisti a prescindere dalla spettacolarità, dall'importanza e dalla bellezza, rimanendo sempre la più bella forma di comunicazione umana, un'espressione di puri sentimenti.

Renato Ciaramella  
©Corriere di San Nicola  

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