Marilena Natale e Crotone: il silenzio delle foreste che crescono
Silenzio o rumore? …e la brezza leggera ci accarezza
La foresta cresce in silenzio. Fa più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce - recita un antico proverbio cinese. Ma forse, non sempre è così.
Oggi il malaffare, ad esempio, agisce in modo diverso rispetto al passato, non è più plateale, rumoroso, anzi fa sporchi affari quasi in silenzio.
Ma esistono silenzi e silenzi.
Nella quiete di una brezza leggera, Dio si manifestò ad Elia, non lo fece con un terremoto, con una bomba o provocando un disastro.
A volte, però, il rumore è necessario. Bisogna capire i tempi e le modalità sia dell’uno sia dell’altro.
I tanti risultati ottenuti, i molti personaggi che lavorano incessantemente per la giustizia, spesso ci appaiono come la foresta che cresce nell’indifferenza.
Pochi giorni fa è stato presentato il libro di Marilena Natale "Io e Sandokan", la giornalista di Aversa sotto scorta dal 2017. Lei denuncia la camorra, con ogni mezzo, anche sui social, alza polveroni, fa rumore insomma. Nonostante questo, il suo impegno cresce, opera nell’indifferenza di molti. Non tutti sanno.
La giornalista campana nel 2010 inventò lo slogan "A Natale non pagare il pizzo, fai con me il falò dei camorristi". E fermava le persone per strada, proponendo di bruciare insieme le foto dei boss, e tutto in diretta sui social. Oggi, sono i rifiuti tossici ad uccidere in silenzio, non più bombe e pistole.
In uno dei suoi post sui social il 7 novembre scorso annunciava senza giri di parole:
Emilio Marinelli resta in carcere! Il tribunale del riesame ha confermato la tesi accusatoria della DDA di Napoli! Il giovane rampollo criminale ostentava il suo potere pensando di essere intoccabile. La giustizia è lunga ma arriva sempre! Da Montecarlo al carcere è un attimo.
Intro a "Io e Sandokan".
A distanza d’una decina di anni dalle condanne definitive inflitte ai suoi capi storici, la holding criminale casalese non vuole mollare la presa. I boss delle nuove generazioni hanno dimostrato di essere all'altezza dei loro predecessori. La malavita ha allungato i suoi tentacoli anche nel settore sanitario, spesso grazie alla complicità di politici e imprenditori asserviti al clan. La grintosa reporter Marilena Natale, minacciata di morte per le sue inchieste sul campo e costretta a vivere da anni sotto scorta, racconta la storia di Sandokan, lo spietato boss di Casal di Principe, Francesco Schiavone, della sua famiglia di camorristi e del suo lavoro di cronista nella “Terra dei Fuochi”; ma anche delle nuove leve criminali, che però hanno imparato la “lezione”: meno si spara, più gli affari vanno a gonfie vele, grazie anche a delle crepe nel sistema giudiziario. Un racconto che lascia, però, anche spazio alla speranza, per la lotta coraggiosa di chi si oppone alla camorra: testimoni come don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, che nel libro racconta dell’agghiacciante incontro con il pentito Carmine Schiavone; Raffaele Gragnaniello, l’ispettore capo che coordinò il clamoroso arresto del re dei boss Francesco Schiavone, che rivela la caparbia di quegli incredibili mesi di indagini; Federico Cafiero De Raho, fino al 2022 Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, che firma l’introduzione. E con loro tanti altri “partigiani del bene”, nati dal seme del sangue di don Peppe Diana.
Poco distante dalla Terra dei fuochi si trova Crotone, tristemente nota come “Terra dei veleni”. Spesso sul Corriere di San Nicola ci siamo occupati delle vicende della città calabrese, dove un disastro simile a quello campano si è consumato in questi anni.
E mentre la foresta cresce in silenzio, il palazzo Mangeruca, quasi simultaneamente all’uscita di Io e Sandokan", fa rumore tra detriti e nuvole di polvere. L’ecomostro di Torre Melissa, in provincia di Crotone, costruito dalla ‘ndrangheta calabrese, è stato abbattuto, restituendo un pezzo di territorio alle persone oneste.
L’edificio abusivo di sei piani era stato realizzato su 6 mila metri quadrati e adibito a mobilificio. Dopo il sequestro, ci si era resi subito conto che i costi per un eventuale riutilizzo erano eccessivi.
Sono serviti 400 chili di dinamite per distruggere il simbolo della criminalità calabrese, un rumore che ha fatto fare salti di gioia a chi ha lavorato per il suo abbattimento. Le maestranze, i tecnici, gli esponenti dello Stato e i cittadini hanno esultato: lo scempio è stato cancellato, quell’oltraggio all’ambiente a pochi passi dal mare finalmente non c’è più. Un nuovo orizzonte è stato restituito ai legittimi proprietari, alla gente comune.
Laddove c'era l'ecomostro sorgerà adesso un'area camper da 35 posti.
"Abbattere il Mangeruca - ha commentato il sindaco di Melissa Raffaele Falbo - significa vedere tornare il territorio alla sua bellezza e alla normalità. Perché questa terra ha bisogno di normalità".
Anche la bellezza a volte fa rumore, più di un meraviglioso silenzio.
Giovanna Angelino
©Corriere di San Nicola
Scrittrice e Copywriter SEO
Editorialista presso meer.com/it
dirige lifestyleslow.com
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