5 dicembre, la “Lummenera” di San Nicola
Dalla Rotonda alla Piazza il fuoco ardente della tradizione. Attesissime le esibizioni di Peppe Rienzo e La Barca di Teseo.
Nell'articolo, la vecchia Storia della Lummenera.
Confesso che da sannicolese innamoratissimo di una delle sue più grandi tradizioni popolari, «’A lummenera ‘e Santu Nicola», sono rimasto agghiacciato dal titolo della locandina, dove campeggia il nome di un santo... forestiero.
Lo so bene, anzi benissimo, che la nostra favolosa Lummenera sannicolese, da secoli nei cuori dei sannicolesi qui nati e qui vissuti, è stata inserita in un programma ultracomunale inventato dalla Regione e al quale il nostro Comune ha aderito da alcuni anni. Per carità, alzo le mani, ci mancherebbe, ma mi è di conforto il grande Ferrini di “Quelli della Notte”, che avrebbe detto, come dico io ora, “Non capisco, ma mi adeguo”.
Veniamo al programma predisposto in sinergia dal Comune e stimati collaboratori, come sempre delizioso, che vede protagonisti amatissime associazioni ed amatissimi artisti.
Ad accendere il fuoco in Largo Rotonda e a portare la fiaccola fino a Piazza Parrocchia saranno i fantastici corridori della Asd Atletica San Nicola. Qui altra accensione della lummenera e degustazione di una favolosa pietanza tipica tradizionale preparata ed offerta dalla Pro Loco (per la prima volta senza il suo grande presidente Carletto D'Andrea da poco scomparso). Il tutto, come sempre sotto l’occhio vigile della Protezione Civile e della Polizia locale, tra le note e i balli dei favolosi, attesissimi, Peppe Rienzo e La Barca di Teseo.
UN PO’ DI STORIA PER CHI NON SA O NON RICORDA
«’A lummenera ‘e Santu Nicola» è tramandata come antico rito propiziatorio della vigilia di San Nicola, messo in atto nella serata precedente alla ricorrenza del Santo Protettore della città di San Nicola la Strada, per far sì che il veneratissimo San Nicola portasse con sé prosperità e benessere.
Quando, insomma, San Nicola la Strada era un piccolo borgo agricolo con pochi abitanti tutti dediti alla coltivazione della terra, il 5 dicembre sera la gente si riuniva in tutti gli angoli delle principali strade del paese intorno ad un grande falò per fare baldoria.
A fare da colonna sonora i versi della filastrocca “Suonno si viene, viene alla buon’ora all’ora ca’ nasceva Santu Nicola”.
Come ci racconta nei suoi libri lo storico Franco Nigro e come un po’ ricordiamo anche noi, che negli ultimi anni della Lummenera eravamo bambini o poco meno che ragazzini, dopo la mattinata e il pomeriggio spesi per raccogliere il materiale da bruciare (fascine, paglia, legna), la sera si faceva a gara, soprattutto nei due quartieri storici della città, il “Tuorno” (la Rotonda) e il “Trivice” (la piazza) per allestire le “lummenere” più grandi, più luminose e più durevoli.
«‘O tuorno», ovvero la Rotonda, dalla forma del largo intorno ai due “emisferi” cittadini spezzati dal Vialone, detta anche i “pellicci” (i prati) per l’erba che ricopriva i suoi campi...
«‘O trivece», ovvero il “trivio”, dall’incrocio di Via XX Settembre (‘A via ‘a Maronna, detta così da quando esiste, perché era ed è la strada che conduce alla chiesa di Santa Maria della Pietà), Via Santa Croce (‘A via ‘a roce, detta così perché vi era una cappella della Santa Croce, patronato della settecentesca famiglia Santoro) e Via De Gasperi (‘A via ‘e pagliare, che conduceva al tenimento detto La Pagliara, ove nel 1813 la reale amministrazione acquistò del terreno per costruirci lo Stradone e i Passeggiatoi davanti alla reggia).
Ma non solo al Tuorno o al Trivice.
A fare la propria lummenera ci pensavano anche gli altri abitanti del paese, tutti rigorosamente individuati in base alla propria strada di provenienza.
C’erano, così, oltre alla “lummenera di for ‘o tuorno”, della “Via ‘a Maronna”, della “Via ‘e pagliare” e della “Via ‘a roce”, anche le lummenere di “ ‘A ret Sant Cummar” (Via SS. Cosma e Damiano), “ ‘A via ‘e nunziatelle” o “ ‘Ncopp ‘e taglie” (Via Appia), “ ‘a via ‘e perruni” (Via Bronzetti), “ ‘a via ‘o turco” (Via Cairoli), ecc.
Ogni strada aveva la sua Lummenera. Tutti, il giorno dopo, a vantarsi di aver fatto quella con la fiamma più alta. Tutti a sfottersi e a scherzare (ma a volte si faceva anche sul serio...) per prendersi il merito di essere i campioni della lummenera.
Un po’ come un palio: dove per pochi batte il cuore del proprio quartiere e per tutti la gioia della propria città.
Tutti, insomma, per vincere una gara il cui unico premio era la soddisfazione di poterlo raccontare a tutti gli altri.
E poi, con il freddo imperante, la gente si riuniva intorno al fuoco e raccontava “i cunti” (chiacchiere, “fattarielli”, episodi realmente accaduti o personalmente vissuti e anche fantasie) nella speranza di trarre da essi insegnamenti, per se stessi e per chi ascoltava.
A narrarli erano per lo più i vecchi, molto rispettati e dei quali si riconosceva la saggezza.
E mentre le strade della città continuavano a non spegnersi della luce dei falò, intorno al fuoco anche giochi, scherzi, balli e tammurriate organizzate dai più giovani e, immancabili, assaggi di vino nuovo, di pettole e fagioli e abbuffate di dolci fatti in casa.
Momenti di grande socializzazione per tutti, vissuti all’insegna della semplicità.
C’era bisogno di calore e di allegria nella fredda serata invernale. Ed ecco, a questo punto, l'abilità dei giovani che si lanciavano a saltare nelle fiamme per raggiungere il lato opposto del falò. Era un gioco divertente, ma anche pericoloso, che suscitava meraviglia e ammirazione negli spettatori. Il giovane che attraversava il fuoco con un lungo salto sembrava un angelo che volava indenne, senza essere bruciato dalle alte fiamme.
©Enciclopedia Corriere di San Nicola
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