Parla l’autore de “L’Odio e la Follia”
Lo psicologo Dott. Emanuele Mingione, tra gli esperti italiani del “caso Breivik”, ci riceve nel suo studio di San Nicola la Strada. Dalla ricerca sullo stragista norvegese, agli attuali casi di radicalismo, anche nel casertano. Tra le nuove patologie e il problema degli psicofarmaci.
Abbiamo il piacere di incontrare nel suo studio di San Nicola la Strada il Dott. Emanuele Mingione (classe 1980), psicologo, psicoterapeuta, docente, giornalista e saggista.
Il Mingione (nato a Piedimonte Matese) cresce a San Nicola la Strada, dove attualmente esercita la libera professione, assieme alle collaborazioni cogli istituti scolastici casertani (come Mediatore Sistemico Familiare e Scolastico, nonché Responsabile dello Sportello di Ascolto Psicologico). Inoltre è Direttore della rivista online “ioPsicologo Magazine”. Tante e interessanti attività quelle svolte e in corso.
Al di là dell’ambito formativo e delle consulenze, lo psicologo è un apprezzatissimo saggista.
Il suo ultimo lavoro, “L’Odio e la Follia”, il caso di Anders B. Breivik, è recensito anche dalla RAI, per la rubrica “Lo Scaffale” (Tg3 Campania), oltre a comparire nella lista “Lettura consigliata 2016”, della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale (S.I.P.P.R.) e sulla rubrica “Apertamente”, di Radio Prima Rete Stereo di Caserta.
Ricordiamo ai lettori che il Breivik, sopranominato “Il Mostro di Oslo”, è il terrorista norvegese autore degli attentanti del 22 luglio 2011, che hanno provocato la morte di settantasette persone. Un caso saltato agli occhi della cronaca di tutto il mondo. Tra gli specialisti che ne hanno approfondito la figura e le devianze, c’è Emanuele Mingione.
Rivolgiamo alcune domande all’autore.
-“L’Odio e la Follia”, al di là dell’ambiente professionale, sociologico e medico, da quali altre platee è stato apprezzato?
«C’è la Storia, c’è la Politica sotto diversi punti di vista. Basti pensare al Manifesto di Breivik, che fonda questo gruppo di “nuovi crociati”, impegnati nella guerra contro l’islamizzazione. Teorie e concetti. I collegamenti al “Complotto Eurabia”. C’è la Psicologia, sia come Criminologia, sia come Psichiatria e Psicoterapia Familiare, che è mia stretta competenza. Si osserva la situazione familiare e personale di quest’uomo. C’è la Filosofia. C’è la Letteratura, come l’Orwell citato dallo stesso stragista, nell’affermare la presenza di un Grande Fratello, della necessità di lottare contro il multiculturalismo. Nello studio sono andato a leggere i parallelismi con altri casi, dall’Unabomber americano, ai casi della Florida. Ad esempio, la sola idea di dover armare gli insegnanti è follia. Esiste inoltre il problema dell’emulazione in questi casi e il Breivik, attualmente autore della più grande strage compiuta da una sola persona, può diventare un traguardo da superare».
-Ci dica qualcosa in più sul corso della ricerca.
«Sono stato in Norvegia. Oslo è la capitale del Nobel per la Pace. Questa situazione ha cambiato le cose. Breivik era anche contro le donne e gli omosessuali. Ebbene, l’ultimo piano del museo di Oslo è dedicato alla storia dei diritti degli omosessuali. Ho addirittura le foto degli islamici norvegesi che protestano contro l’ISIS. Bisogna guardare anche a questi fatti per capire cosa è stato “colpito” quel 2011.
E’ una figura complessa. Breivik si dichiarava sionista, ma nel contempo aveva una visione elitaria simile a quella delle SS naziste, oltre a forti analogie con alcune idee tipiche del Ku Klux Klan. Vi esistono discorsi simili anche a quelli della “Famiglia Manson”. C’è molta esaltazione. Si sente un giustizie e considera il proprio un atto politico, non un crimine. Addirittura si era costruito una armatura (che non ha usato nel corso della strage), che ha chiamato “L’Armatura di Loki”, il Dio norreno del Caos».
-Come è sezionabile la struttura del testo?
«Il volume ha tre parti, tre parti che lo tagliano trasversalmente. La prima parte è la narrazione dei fatti. La seconda, riguarda i contenuti ideologici e tecnici del Manifesto del Breivik. La terza, include una chiave di lettura storico-psicologica».
-Invece, per il grande pubblico?
«L’opera è complessa. Non è semplice. E’ ricca di tante cose, per un pubblico direttamente interessato».
-Tornando al saggio, uno dei temi abbracciati è quello dell’attuale estremismo. Qual è la realtà provinciale?
«In Italia cerchiamo il nemico. Accusiamo l’immigrato di rubarci il lavoro ed evitiamo di prendercela con l’imprenditore che sposta la fabbrica all’estero.
Guardiamo al fenomeno degli “haters”. E’ gente che non ha nulla da fare. Sono frustrati. E ciò genera aggressività. Se ci aggiungiamo i disturbi mentali, abbiamo dei potenziali “Breivik” (per quanto, l’autore della strage, fosse dichiarato perfettamente in grado di intendere e di volere al momento del crimine).
Guardiamo anche al caso di Luca Traini (il caso di Macerata). Oggi tanti giovani stanno ricorrendo alla violenza. Sono fuori dal contesto sociale. Destra e Sinistra non hanno importanza, la violenza non deve essere mai tollerata. Guardiamo anche a Caserta cosa sta succedendo. Cosa risalta alle cronache. L’episodio di un quarantacinquenne armato di manganello contro dei ragazzi. Ma non solo. Anche a San Nicola la Strada abbiamo avuto scontri sul Viale Carlo III (in cui erano responsabili ambo le parti!).
Nel casertano esiste anche lo sfruttamento degli immigrati. Iniziando da chi affitta loro delle stanze (decine di persone ammassate e non a poco prezzo). La nostra accoglienza è sbagliata. Se dobbiamo accogliere, dobbiamo essere anche in grado di gestire, come avviene in Irlanda, ad esempio. L’Irlanda, a differenza nostra, ha seri programmi».
-Buona parte del suo lavoro è con i ragazzi.
«A Carnevale ci si vestiva o da “Pelliccetta” (la signora che sviene all’Outlet) o da “Jenny Savastano”, imitandone il linguaggio. Si esalta l’arroganza. Essere arroganti è essere vincenti. Così appare. Gomorra emula la realtà, non viceversa. La serie televisiva è la perfetta fotografia della nostra realtà. Io mi occupo molto dei bambini e noto che adottano, sin da giovanissimi, tali modelli. Non c’è posto per la gentilezza».
-Quali saranno i prossimi progetti professionali ed editoriali?
«L’idea verte sull’inserimento degli psicoterapeuti relazionali nelle scuole. In Campania c’è la legge, ma non viene applicata.
Editorialmente, vorrei lavorare a un romanzo familiare da psicoterapeuta. La capacità professionale nella narrativa. E vorrei anche scrivere qualcosa sulla psicologia della scuola. Inoltre, parlare delle nuove patologie, gli “Ikiko Mori”. Una patologia dei ragazzi che hanno un ritiro sociale completo. Si rinchiudono nelle loro stanze e non vogliono vedere nessuno. Da qui può svilupparsi anche la dipendenza da Pc, o da serie televisive. Le cause scatenanti: bullismo a scuola e un padre severo (e assente) in famiglia, con una madre permissiva. A ciò si aggiunge una tendenza ossessiva e all’isolamento».
-Ci sono casi di “Ikiko Mori” anche qui?
«Sì. Questi casi li abbiamo anche qui. Ho impiegato due mesi di lavoro solo per fare uscire dalla stanza il ragazzo e c’è ancora tanto lavoro da fare, nonostante gli ottimi progressi».
-Vuole aggiungere qualcosa?
«Sì. Oggi diamo con troppa facilità gli psicofarmarci agli adolescenti e si comunica malissimo. Lo scriva espressamente. Oggi si riceve subito un cellulare. La società sta correndo troppo. E’ il tema del consumismo».
Antonio Dentice d’Accadia
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