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"CANCELLATE LA MASTROIANNI! BONIFICATE LO UTTARO!!

Lo chiede il ComER alla commissione parlamentare

Chiare e precise le richieste del ComER di fronte alla commissione parlamentare che indaga sul "fenomeno" rifiuti. Messina e Maietta ammessi all'audizione in prefettura. Per Roano il "nodo" è la ancora bassa percentuale di raccolta differenziata


Sono note a tutti le “arringhe” che hanno visti protagonisti in questi ultimi anni gli esponenti del Comitato Emergenza Rifiuti al cospetto degli organi istituzionali per condannare gli scempi perpetrati all’ambiente e difendere il diritto alla salute di duecentomila cittadini del comprensorio San Nicola la Strada-Caserta-Maddaloni-San Marco Evangelista.

L’ultima è datata mercoledì 15 luglio e si è tenuta davanti alla Commissione parlamentare sui rifiuti, dove il ComER è stato ammesso ad una importante audizione che la dice tutta su quanto siano riconosciute, e pesino, le sue competenze in materia.
Ecco, in tutta la sua intierezza, il comunicato stampa che Antonio Roano, il recente nuovo presidente della storica associazione ambientalista, ha diramato per sancire un’altra fondamentale tappa per la definitiva “conquista”, da parte dei residenti che ne respirano l’aria, di un territorio che sembra ancora appartenere al diavolo.


Giuseppe Messina, Giovanna Maietta e Antonio Roano: la storia del ComER è piena dei loro nomi

«Tra le associazioni ambientaliste del territorio casertano, anche il Comitato emergenza rifiuti è stato ammesso all’audizione davanti la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che si è tenuta il 15 luglio presso la prefettura di Caserta. Quali rappresentanti accreditati sono  intervenuti  l’agronomo dott. Giuseppe Messina, e la sig.ra Giovanna Maietta. Nel presentare alcuni documenti concernenti la situazione delle discariche casertane, ed in particolare quella già sequestrata de Lo Uttaro, e quella della Cava Mastroianni, prevista nel decreto 90/08, i rappresentanti delle associazioni hanno fatto presente che ogni soluzione del problema ambiente non può che passare attraverso il coinvolgimento delle popolazioni interessate, sia nella fase di progettazione sia nella fase di attuazione delle linee programmatiche decise dagli organi istituzionali, quali la regione, la provincia e i comuni. La scelta dei siti da destinare a discarica o ad altri impianti collegati al ciclo dei rifiuti non deve essere più frutto di un imposizione “legislativa” calata dall’alto e priva di concreti elementi di verifica sulla idoneità tecnica dei siti destinati ad ospitare un impianto di rilevante impatto sulle popolazioni interessate, anche perché se organi dello Stato accertano la inidoneità di una zona, fino a inserirla tra i “siti di interesse nazionale” da bonificare, non è possibile che altri organi (o addirittura in alcuni casi gli stessi in tempi diversi) continuino a prevedere in quelle stesse zone altri e nuovi siti di raccolta e deposito rifiuti, come è successo per Lo Uttaro e per la Cava Mastroianni.  Le associazioni ambientaliste non intendono perpetuare la logica del “NIMBY” (non nel mio giardino), ma  farsi promotore di una corretta logica ambientale, che va dalla diminuzione della produzione e del consumo del materiale non riciclabile, all’accelerazione di una spinta raccolta differenziata, per evitare i possibili rischi alla salute derivanti dall’utilizzo di discariche non controllate ed abusive, come ne esistono a migliaia in questa regione,  e dall’incenerimento come unica conclusione del ciclo dei rifiuti. E’ stata quindi sollecitata la Commissione parlamentare non solo a verificare l'attuazione delle normative vigenti in materia di rifiuti, ma anche ad analizzare i comportamenti della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali, nonché ad indagare sul rapporto tra il ciclo dei rifiuti e le organizzazioni criminali, che come è stato evidenziato dalle ultime indagini della magistratura campana, spesso è intervenuta non solo nella gestione degli impianti, ma anche ed addirittura nell’individuazione dei siti in cui impiantare i siti di stoccaggio, le discariche o gli stessi inceneritori, e tutto ciò ovviamente contribuisce a minare la credibilità delle istituzioni da parte della collettività. E’ stato poi chiesto una modifica della legislazione sia in termini di ripristino di una normale logica partecipativa, come richiesto dalle normative comunitarie, sia in termini di cancellazione della Cava Mastroianni dall’elenco delle discariche da aprirsi, e ciò a seguito di un accurato esame, pure consegnato alla Commissione, da cui si deduce che l’impiantistica già in essere in Campania, ed in particolare nella Provincia di Caserta, è ampiamente sufficiente per contenere rifiuti indifferenziati, e rifiuti di altro genere, nonostante la limitata percentuale di raccolta differenziata ancora  raggiunta in Campania. E’ questo comunque ancora lo snodo fondamentale da cui partire per evitare ulteriori crisi emergenziali: far rispettare le leggi non solo, per la costruzione di discariche e bruciatori, ma anche e soprattutto per imporre più alte percentuali di raccolta differenziata.
Nella relazione si è infine accennato al problema delle cave e dei cementifici che circondano in  particolare la città di Caserta, che, seppure sottoposte a vincoli legislativi ambientali e paesaggistici, continuano ad essere interessate ad attività estrattive incontrollate ed addirittura di incenerimento, e rischiano così di produrre ulteriori elementi di inquinamento del territorio, che interessano gran parte della popolazione di Caserta e delle zone limitrofe».

L’agronomo Giuseppe Messina, il pluriacclamato cofondatore del ComER nonché responsabile di Legambiente Caserta, noto anche per diverse pubblicazioni sul “fenomeno” rifiuti in Campania, ha, ovviamente, portato a corredo del suo intervento una serie di documenti che, spiegando dettagliatamente, come suo solito, tutti gli aspetti della vicenda rifiuti nella nostra regione, specialmente in Terra di Lavoro, sfociano in proposte concrete che sarebbe un delitto trascurare.
«
Sento la necessità di considerare che ci troviamo di fronte a due Italie che non si conoscono e non si capiscono
», dice Messina rivolgendosi ai membri della commissione bicamerale di inchiesta in una mail, successiva all’incontro, in cui annuncia l’invio degli atti completi dell'audizione e delle proposte del Comitato. «La questione principale da noi è la malavita organizzata (abbiamo un unico datore di lavoro che è la camorra) che abita con noi e non risparmia con la sua presenza nessun Palazzo, così come l'informazione. Se volete fare subito qualcosa, proponete al parlamento di approvare una legge nella quale si stabilisca che se una persona è riconosciuta come mafiosa, bisogna togliergli automaticamente la patria potestà (la famiglia è la loro forza) e allontanare i figli e affidarli a famiglie sconosciute e lontane. Nel Gattopardo, ad un certo punto il Principe Salina disse a proposito del cambiamento dei siciliani che già ad undici anni era troppo tardi. Togliere la patria potestà ha la stessa valenza che togliergli i soldi. Sulla scia dell'operato di Falcone e Borsellino ritengo questa legge essenziale. Sono convinto, tuttavia, che per la così grande e articolata partecipazione e consenso sociale che viene attribuito alle mafie, non si potrà sconfiggerla con i soli sistemi che il metodo democratico ci impone. Dovete capire che qui siamo in guerra. Una vera guerra e chi è sconfitto paga con la vita».

A seguire, e riteniamo di doverla pubblicare integralmente per la sua incommensurabile valenza, ecco la relazione riguardante Cava Mastroianni e LoUttaro prodotta il 15 luglio dai paladini del nostro ambiente, per i quali non ci stancheremo mai di spendere spazio, parole e ringraziamenti per quanto hanno fatto, fanno e faranno a favore delle nostre popolazioni.

LA CAVA MASTROIANNI

La Cava Mastroianni, nel Comune di Caserta, è uno degli 11 siti di discarica individuati “legislativamente” (e quindi senza nessun accertamento tecnico preventivo formalizzato attraverso idonei provvedimenti amministrativi dagli organi a ciò deputati) dal governo italiano con il decreto legge n. 90 del 23 maggio 2008 (poi convertito nella legge n. 123 del 14 luglio 2008) con la finalità, dichiarata dallo stesso decreto, di evitare possibili “riflessi dannosi di portata imprevedibile per la salute delle popolazioni della regione” collegati alla presenza di “rifiuti giacenti o comunque sversati sulle strade e nei territori urbani ed extraurbani”. Costituisce cioè, ancora una volta negli ultimi 15 anni, il tentativo, sempre fallito, di “risolvere” l’emergenza rifiuti attraverso la realizzazione di siti di discarica individuati con scelte calate dall’alto. Scelte che sono poi risultate estremamente penalizzanti per la popolazione interessata, nella misura in cui andavano ad insistere su territori già drammaticamente compromessi dalla presenza di enormi quantità di rifiuti sversati in maniera più o meno lecita. A questo danno poi si è aggiunto quello ambientale per le modalità di costruzione dell’impianto e per la sua gestione, come è stato ampiamente dimostrato per la vicenda di Lo Uttaro.
La Cava Mastroianni rappresenta, infatti, null’altro che l’ampliamento della ben nota discarica Lo Uttaro, (dalla quale la separa solo una parete di tufo di poco meno di un metro di spessore), messa sotto sequestro dalla magistratura con decreto penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 19 novembre 2007 per disastro ambientale (dovuto sia alla inadeguata localizzazione che alla cattiva gestione) e chiusa, contestualmente, dal Tribunale civile di Napoli perché estremamente pericolosa per la salute pubblica. Con la differenza che rispetto alla Lo Uttaro la cava in questione ha una volumetria (1.500.000 mc) di circa 5 volte superiore, con tutto ciò che significa in termini di impatto sulle matrici ambientali.
E, d’altro canto, dalla relazione che il Comune di San Nicola la Strada, confinante con l’area di discarica, ha commissionato nel giugno del 2008 al Prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia presso l’Università Federico II di Napoli, emerge come in questa cava di tufo a fossa con pareti verticali, la cui profondità rispetto al piano di campagna è mediamente di circa 10-15 metri, il tufo si presenti fratturato in più punti “con varie fasce subverticali di alterazione molto friabili”, e con “l’ammasso tufaceo caratterizzato da un’elevata permeabilità dovuta alla porosità” e alle dette “fasce subverticali caratterizzate da fratture beanti”. Cosicché “anche in seguito ad eventi piovosi di durata superiore alle 24 ore il fondo a conca della cava non si allaga grazie alla rapida filtrazione dell’acqua verso la sottostante falda”.
Basterebbero anche solo questi elementi per escludere dai siti tecnicamente possibili la Cava Mastroianni.
Ma vi è molto di più:

-     la detta cava è al centro di una conurbazione di oltre 200.000 abitanti. Tale area, com’è noto, pur ricadente nel comune della città di Caserta è limitrofa ai comuni di San Nicola La Strada, Maddaloni e San Marco Evangelista;

-         la confinante (è attaccata) discarica Lo Uttaro continua ad inquinare le matrici ambientali di tutta l’area circostante. Il percolato presente nell’invaso, non adeguatamente aspirato, ha realizzato un autentico lago in ebollizione, e costituisce un autentico pericolo per la salute pubblica e l’ambiente;

-         la Mastroianni è confinante, oltre che con la discarica Lo Uttaro, anche con la discarica del Commissario di Governo del 1995 (800.000 mc circa la prima dell’emergenza rifiuti!), con la discarica Ecologica Meridionale (oltre 1.500.000 mc) con il sito di trasferenza della città di Caserta (sotto sequestro giudiziario) e con il sito di stoccaggio (cosiddetto Panettone) realizzato nel 2002, nonché è vicina alla discarica Migliore Carolina (oltre 2.000.000 mc);

-         a meno di cinque metri dal confine occidentale della cava passano due condotte dell’acquedotto della Campania Occidentale (con una portata d’acqua di circa 700 litri al secondo) che rifornisce una buona parte dei comuni a sud del capoluogo casertano e di quelli della zona orientale della provincia di Napoli fino alla stessa città di Napoli, alimentata attraverso il serbatoio posto sotto la collina di Capodimonte cui le condotte confluiscono. La realizzazione della discarica rappresenterebbe in tal senso un pericolo concreto di inquinamento anche dell’acqua potabile;

-         nelle immediata vicinanze della cava sorgono i resti archeologici dell’antica città osca, poi romana, di Calatia, rispetto ai quali la Sopraintendenza ai beni Archeologici di Caserta si è già espressa con parere negativo alla realizzazione dell’invaso nella misura in cui pregiudicherebbe la tutela dei reperti ivi presenti.

D’altro canto, lo stesso Sottosegretario Bertolaso ha riconosciuto nella sua relazione al Parlamento del marzo 2009 la necessità che l’area in cui è situata la Cava Mastroianni (comprensiva di ben 4 discariche, per oltre 6.000.000 di mc di rifiuti, un sito di trasferenza e un sito di stoccaggio) sia oggetto di un radicale intervento di bonifica prima che possa essere utilizzata a qualsiasi scopo. Risulta, pertanto, del tutto anomalo, frutto probabilmente di scelte che ancora una volta sfuggono alle logiche risolutive del problema, il continuare a mantenere tale cava tra i siti indicati dal decreto 90 come quelli che il governo intende utilizzare.
Tanto più che l’evenienza di una bonifica dell’area appare ipotesi estremamente remota se è vero che a distanza di ben 20 mesi dalla chiusura della confinante discarica Lo Uttaro ad opera della magistratura (che contestava, tra le altre cose e a seguito di ns denuncia, ai dodici indagati, il reato di disastro ambientale) e nonostante gli impegni assunti in tal senso dal Commissariato nel Protocollo d’intesa dell’11 novembre 2006 che individuava il sito, nonostante la ripetute richieste da parte di questo Comitato, e nonostante gli incontri istituzionali tra le parti interessate (Provincia, Sottosegretariato, Consorzio di Bacino, Commissariato alle bonifiche) avvenuti su iniziativa dell’Assessore all’ambiente della Provincia di Caserta nei primi mesi del 2009, la detta discarica non risulta ancora neppure messa in sicurezza. Costituisce, invece, a tutt’oggi un pericolo serio per la salute della popolazione che vive nei dintorni a causa dell’elevata presenza di percolato che si sta disperdendo nella falda.
E proprio con riferimento alla contigua discarica di Lo Uttaro codesta Commissione parlamentare, nella relazione stralcio sulla regione Campania della precedente legislatura, evidenziava significativamente come “l’inefficienza collusiva” delle istituzioni preposte alla soluzione dell’emergenza-rifiuti, di cui la vicenda Lo Uttaro era “tristemente emblematica”, non aveva impedito l’apertura della discarica nonostante le medesime istituzioni fossero in possesso di quegli stessi documenti che avevano consentito alla magistratura di accertare l’inadeguatezza del sito.
Cosicché oggi, il Comitato Emergenza Rifiuti chiede audizione a codesta Commissione parlamentare per metterla al corrente dello stato dei fatti relativi alla Cava Mastroianni e per evitare che si ripeta quella mancanza di “raccordo informativo” che, nel caso d Lo Uttaro, avrebbe impedito “al legislatore di adottare decisioni fondate su presupposti contrari al vero; e ciò ancor più ove la falsità di tali presupposti fosse risultata ben evidente all’apparato investigativo e giudiziario”.
E d’altro canto, se la realizzazione delle discariche, seppur localizzate in siti non idonei, venisse giustificata in un’ottica di provincializzazione, secondo la quale ogni provincia deve “contribuire” con un proprio sito alla “soluzione” dell’emergenza, giova ricordare che il territorio della provincia di Caserta ha costituito negli ultimi tre anni prima con la discarica di Lo Uttaro, poi con il sito di stoccaggio di Ferrandelle, nel Comune di Santa Maria la Fossa (almeno 500.000 tonnellate di rifiuti pari a oltre 1.000.000 di mc) e in questi giorni con la mega-discarica di San Tammaro-Maruzzella 3 (1.600.000 mc) e l’impianto per il trattamento del percolato nella stessa area, il principale sversatoio regionale a servizio del “ciclo” di gestione dei rifiuti. Chiediamo, pertanto, a codesta Commissione di

-                     attivarsi affinché sia cassata dal piano vigente la realizzazione della discarica Mastroianni;

-                     accelerate le procedure (anche richiedendo i poteri sostitutivi esercitabili dal Ministro per l’ambiente) per la messa in sicurezza e la bonifica dell’ex discarica di Lo Uttaro;

-                     messa in sicurezza e bonifica dell’area di Lo Uttaro.



LO UTTARO: UNA BOMBA CHIMICA PER 200.000 PERSONE

Lo Uttaro è una località del Comune di Caserta, nella zona sud-est della città, al confine con i Comuni di San Nicola la Strada, San Marco Evangelista e Maddaloni e baricentrica rispetto a tutti e quattro i nuclei abitati. E’ caratterizzata dalla presenza di decine di cave di tufo a fossa che negli ultimi 30 anni, una volta dismesse, sono state utilizzate come luoghi di abbandono di rifiuti solidi urbani e industriali pericolosi di ogni provenienza.
Fino ai primi anni 90 è stata in funzione la discarica Migliore Carolina che ha seppellito nelle sue pieghe più di 2.000.000 di mc di ogni sorta di rifiuto. Sono state realizzate, poi, in rapida successione la discarica Ecologica Meridionale (oltre 1.500.00 mc) e nel 1998 quella confinante del Commissario di governo (almeno 800.000 mc). Si stimano in oltre 6 milioni di mc i rifiuti di ogni tipo interrati nel territorio de Lo Uttaro. Le periodiche crisi ed emergenze che hanno interessato negli ultimi anni l'intera Regione Campania hanno trovato spesso uno sbocco a Lo Uttaro. Così è sorto il sito di trasferenza, attualmente sotto sequestro da parte della magistratura, che ospita circa 20.000 tonnellate di rifiuti, quello di stoccaggio (cosiddetto 'Panettone') che ospita i rifiuti della città di Napoli (almeno 10.000 t) raccolti in tutta fretta per consentire lo svolgimento della “Notte Bianca del 2005.
Il progressivo accumulo di rifiuti ha determinato inoltre la cessazione delle attività economiche nel frattempo sviluppatesi in quella stessa zona con il conseguente abbandono degli edifici sorti a tale scopo, tra i quali la sede di una multinazionale dell'informatica (che dava lavoro a circa 500 persone) e il macello della città di Caserta, costato più di 6 milioni di Euro, e ora devastato da ripetuti atti di vandalismo perché abbandonato dall’Amministrazione comunale di Caserta (danno erariale e all’economia agricola essendo l’unico macello autorizzato UE della regione). E il medesimo destino è toccato ai resti archeologici dell'antica Calatia, confinanti con l'area di discarica e la cui valorizzazione per finalità turistiche è resa impossibile dalla situazione circostante (Caserta è stata dichiarata, appena due mesi fa Città Turistica).

La discarica
La discarica, denominata correntemente Lo Uttaro, è allocata per la precisione nella cava Mastropietro, un invaso da circa 300.000 mc situato appunto in località Lo Uttaro al limitare dei quattro comuni, al centro di una conurbazione di più di 200.000 abitanti. La creazione della discarica Mastropietro rappresenta un autentico caso di misfatto ambientale. Infatti, già nel settembre 2005 la Regione Campania aveva dichiarato l’area Lo Uttaro (comprensiva del nuovo sito, all’epoca interessato da sversamenti abusivi di circa 80.000 tonnellate di rifiuti) “Sito di interesse nazionale” da bonificare, visto il gravissimo stato di degrado ambientale. Nonostante questo, nell’ottobre 2006 allorquando il Commissario di governo per l’emergenza rifiuti (all’epoca Guido Bertolaso appena nominato) chiede per la Provincia di Caserta un sito idoneo da adibire a discarica per i rifiuti trattati e provenienti dal CDR di Santa Maria Capua Vetere il Prefetto di Caserta costituisce un gruppo di lavoro che individua 6 cave ritenute idonee all’uso richiesto e sceglie (?) – con dichiarazioni e atti tecnici falsi- la cava Mastropietro in località Uttaro. L'11 novembre del 2006 viene sottoscritto un Protocollo d’intesa firmato dal Sindaco di Caserta Nicodemo Petteruti, dal Presidente della Provincia di Caserta Sandro De Franciscis e dal Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania Guido Bertolaso, che formalizza la scelta de Lo Uttaro (con previsione di futuri ampliamenti).
Il protocollo aveva caratteristiche anomale. Il documento impegnava in forma personalistica i firmatari e presumeva finanche la sua inefficacia in caso di dimissioni di Bertolaso. Questo accordo passò sotto silenzio in beffa al buon senso e a tutte le affermazioni di democraticità che la Carta di Aalborg, sottoscritta dall'Italia, prevedeva nei casi di impianti pericolosi per la salute dei cittadini. Un impegno di così grave portata non ebbe neanche il passaggio preventivo nelle assisi comunali e provinciali ma fu ratificato a cose fatte a colpi di maggioranza dalle forze politiche al governo negli enti locali soffocando ogni dibattito libero e proposte alternative. Nel frattempo viene pubblicata, sulla G.U. 285 del 7/12/06, la Legge 290 che, di fatto, vieta al commissario di localizzare discariche in siti come Lo Uttaro.
Con ordinanza n° 3/2007 il commissario Bertolaso indica la cava Mastropietro come discarica, approva il progetto preliminare, ed in 7 giorni nomina una commissione di gara che bandisce, aggiudica ed affida alla ditta vincitrice i lavori, senza evidenza pubblica. A lavori quasi ultimati, lo stesso commissario approva il progetto definitivo con ordinanza n° 75: siamo al 16 Marzo 2007.
Nonostante questo la discarica abusiva viene collaudata, a causa della dichiarazione dell’Arpac che attesta essere sussistenti “le condizioni essenziali richieste per il rispetto dell’ambiente”. Sin dall'inizio risulta chiaro che oltre che criminale la scelta di impiantare la discarica fu effettuata con assoluta inefficienza e mancanza di rispetto delle elementari regole di sicurezza. L'invaso della discarica, sorto a ridosso di una precedente discarica, non ha un sistema efficace di raccolta del percolato, non ha coperture dei rifiuti, non ha adeguati impianti connessi.
Entro il 23 giugno sarebbe dovuta iniziare, in base al Protocollo d’Intesa, la rimozione dei rifiuti dal sito di trasferenza, ma gli impegni non vengono rispettati.
Tre giorni dopo, nel corso dell’udienza ex art. 700 c.p.c. svoltasi di fronte al Tribunale di Napoli, il consorzio ACSA, che gestisce il sito, deposita alcune analisi a campione effettuate dalla società Chelab di Treviso incaricata di fare i controlli nella discarica dalla stessa ACSA. La relazione afferma che a Lo Uttaro, discarica autorizzata allo smaltimento di rifiuti non pericolosi, si stanno smaltendo “rifiuti pericolosi che non possono essere smaltiti neppure in discariche per rifiuti speciali se non previamente trattati”.
Nel pieno delle esalazioni da discarica il giudice monocratico dr.ssa Como del Tribunale civile di Napoli accoglie il ricorso dei cittadini casertani e, con un’ordinanza del 3 agosto 2007, decide per la chiusura della discarica giudicandola una “scelta frettolosa a discapito della salute delle persone”. L’ordinanza conferma che a Lo Uttaro “vi è presenza di sostanze altamente pericolose che superano i limiti massimi consentiti” e che “tutta la falda monitorata è inquinata”. Incredibilmente due giorni dopo il commissario straordinario riesce ad ottenere dal Tribunale la sospensione dell’ordinanza, in attesa della discussione del ricorso presentato contro tale decisione, paventando “il rischio igienico e sanitario che si sarebbe generato dalla impossibilità di reperire subito un altro sito per la raccolta e lo stoccaggio dei rifiuti”, visto che quello di Lo Uttaro rappresenta l’unico sito per lo smaltimento di tutta la Campania. Il ferragosto dei casertani passa con le finestre chiuse per non respirare la vomitevole puzza de Lo Uttaro. Il 22 agosto, durante la prima udienza del ricorso Commissariale contro l’ordinanza di chiusura di Lo Uttaro, il giudice decide di prendere tempo e nominare un consulente tecnico d’ufficio (CTU) per la verifica della pericolosità della discarica.
Il 15 ottobre il Consulente tecnico, prof. De Rosa, deposita la relazione richiestagli dal Tribunale di Napoli. E’ un'ulteriore conferma della pericolosità della discarica. Vi si legge che “l’abbanco di ulteriori quantità di rifiuto nell’invaso, risulta aggravare il già elevato grado di rischio di impatto cui sono soggette tutte le componenti ambientali, compresa la salute pubblica, dell’ambito territoriale limitrofo”. E ancora: “Sulla base di quanto riportato si evince che la scelta del sito Lo Uttaro per la localizzazione della discarica per rifiuti solidi, oltre a contravvenire ad indicazioni normative e di merito espresse in più parti, non risulta rispondere ai criteri in base ai quali tale scelta è stata giustificata”.  Ai primi di novembre il commissario Pansa parla in un’intervista del “Paradosso Caserta”. La città che ospita la discarica illegale e pericolosa è anche quella più interessata dalla presenza di cumuli di rifiuti in strada.
Il 9 novembre il Comitato dei garanti effettua un sopralluogo nel sito di trasferenza di Lo Uttaro accertando che, a distanza di un mese dall’inizio delle operazioni di rimozione, sono state tritovagliate solo 7000 tonnellate di rifiuti che giacciono per buona parte ancora nell’area del sito, a dispetto delle tanto sbandierate bonifiche.
Il 20 Novembre, in contemporanea, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dott. Piccirillo e il Tribunale Civile di Napoli dispongono la definitiva chiusura della discarica. Il provvedimento di sequestro penale viene eseguito dai Carabinieri del NOE che provvedono anche a notificare ben 12 avvisi di garanzia per vari reati, tra cui disastro ambientale, a carico di dirigenti e tecnici che hanno responsabilità nella decisione di aprire la discarica nonché nella sua gestione. La conferma dell’ordinanza di chiusura emessa nel mese di luglio dal  Giudice del Tribunale civile di Napoli Fausta Como, invece, si fonda sulle risultanze della relazione del CTU Prof. De Rosa confermando appieno le preoccupazioni della popolazione circa la pericolosità del sito.
A distanza di un anno dall’ordinanza che disponeva l’inizio dei lavori a Lo Uttaro la città di Caserta e quelle con essa confinanti sono sommerse da migliaia di tonnellate di rifiuti che non vengono raccolti dalla prima metà di dicembre.
Il 7 febbraio, su richiesta del commissario straordinario Gianni De Gennaro, il PM del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Guarriello dispone il dissequestro temporaneo per 30 giorni della discarica allo scopo di consentire i rilievi necessari ad accertare la possibilità di un suo ulteriore utilizzo. Il giorno dopo il CTU nominato dal Procuratore consegna una relazione che ribadisce nelle linee essenziali la preoccupazione sull’inadeguatezza e pericolosità del sito. Il 12 febbraio il commissario De Gennaro, a seguito delle risultanze dei rilievi effettuati dal Genio militare sulle vecchie discariche di Ariano Irpino, Montesarchio, Villaricca e Lo Uttaro,  dichiara, in conferenza stampa, che non intende più utilizzarle e sottolinea per la prima volta le ragioni delle popolazioni che protestavano. In particolare definisce Lo Uttaro  un “pozzo di veleni” e afferma di aver trasmesso alla Procura della Repubblica gli esiti delle indagini effettuate che dimostrerebbero la falsità della documentazione fornitagli dal Commissariato e dall’ARPAC circa la idoneità dei siti ad ospitare ulteriori sversamenti di rifiuti.
Il 25 maggio viene pubblicato il decreto 90/2008 e si scopre tra le dieci discariche del piano Bertolaso (nel frattempo nominato sottosegretario con delega all’emergenza rifiuti in Campania) è presente anche la cava Mastroianni in località Torrione del Comune di Caserta, confinante con la discarica Lo Uttaro dalla quale la divide solo esile parete di tufo. Tale cava ha una volumetria di circa 1.500.000 mc (circa cinque volte quella di Lo Uttaro). Il decreto consente di sversare nelle nuove discariche anche rifiuti pericolosi (ceneri leggere e pesanti e fanghi industriali). Assai singolare è che tra i limiti cui deroga il decreto vi sono anche quelli relativi agli “idrocarburi totali” rintracciati in concentrazioni molto elevate proprio nella discarica Lo Uttaro. Evidente poi è il tentativo di demolire l’operato della magistratura prevedendo lo spostamento delle competenze in materia di rifiuti al Tribunale e alla Procura di Napoli e la necessità che i provvedimenti cautelari, sia civili che penali (cioè sia l’ordinanza civile di chiusura che il sequestro penale), siano riconfermati rispettivamente entro 20 e 30 giorni dal TAR Lazio e dal Giudice per le indagini preliminari (in composizione collegiale). La Procura della Repubblica di Napoli non tarderà a confermare il sequestro penale del sito, ribadendo le preoccupazioni della magistratura Samaritana sulla pericolosità della discarica.
Tale gravissima situazione ambientale impone, con ogni consentita urgenza e quale azione prioritaria, la bonifica del sito attraverso la rimozione del materiale sversato e quello illecitamente stoccato per almeno 80.000 tonnellate sin dal 1989 così come ampiamente provato e suffragato dallo stesso capo cantiere della ditta incaricata di realizzare, di fatto, sopra una discarica illegale con materiale di incerta natura e provenienza, una discarica pubblica che per come è stata costruita e gestita costituisce un autentico pericolo per la salute pubblica e l’ambiente.
Tuttavia l’evenienza di una bonifica dell’area appare ad oggi ipotesi estremamente remota se è vero che a distanza di ben 20 mesi dalla chiusura della discarica ad opera della magistratura e nonostante gli impegni assunti in tal senso dal Commissariato nel Protocollo d’intesa dell’11 novembre 2006, nonostante la ripetute richieste da parte di questo Comitato, e nonostante gli incontri istituzionali tra le parti interessate (Provincia, Sottosegretariato, Consorzio di Bacino, Commissariato alle bonifiche) avvenuti su iniziativa dell’Assessore all’ambiente della Provincia di Caserta nei primi mesi del 2009, la detta discarica non risulta ancora neppure messa in sicurezza.
E’ evidente, con riferimento a tale vicenda, che la bonifica dell’area, urgente e necessaria già dal settembre 2005, costituisce oggi un passo fondamentale oltre che per ripristinare un livello minimo di protezione delle matrici ambientali, a tutela dell’incolumità e della salute pubblica, anche per ripristinare un livello minimo di legalità e di fiducia nelle istituzioni che costituisce un prerequisito fondamentale per la definitiva uscita dall’emergenza e per ogni possibile prospettiva di sviluppo di questo martoriato territorio.
In tal senso, è fondamentale che vi siano adeguati stanziamenti per consentire le attività di messa in sicurezza e di bonifica, che tali fondi non vengano distratti per altri utilizzi, e che vi sia un adeguato controllo sui soggetti cui vengano affidate tali opere di bonifica.
Per quanto sopra esposto chiediamo a codesta Commissione, di far proprio il presente documento e avviare tutte le azioni in suo possesso per assicurare il ritorno alla normalità delle popolazioni che insistono nell’area di lo Uttaro e il completamento del policlinico universitario distante poco meno di 700 metri dalla discarica.

                                                                                  

 

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