L’Umanesimo di Angelo Calabrese
Incontro con l’erudito critico artistico-letterario residente a San Nicola la Strada: “Sono erasmiano, l’importanza di come si deve comportare un governante”.
-di Antonio Dentice d’Accadia-
«Se non posso andare alla montagna, la montagna deve venire da me»: parole del Prof. Angelo Calabrese, giornalista, critico d’arte, critico letterario, storico dell’arte, docente di lettere classiche e letteratura italiana.
L’idea di tracciare una sintesi della sintesi di un mondo multicolore che una personalità culturale del suo livello rappresenta è ardua, ma allettante.
La sua abitazione di San Nicola la Strada è un museo vivente in continua trasformazione, con ogni angolo deputato ad una pittura o una scultura. Uno spettacolo per gli occhi, per il tatto e l’anima. E’ immergersi in un nuovo spazio, non grande, eppure diversamente amplificato, in cui disorienta la differenza tra ciò che si trova oltre la porta d’ingresso e ciò che si trova fuori. In questa porzione di mondo il Professore svolge un’attività che definire “semplicemente intellettuale” stride con ciò che si osserva e si ascolta.
L’insieme delle sue attività è un momento complesso e assolutamente irrisolvibile, ma ci proviamo a sintetizzarlo.
Autore di centinaia di pubblicazioni, centinaia e centinaia di articoli, convegni ed eventi (in mezze Università italiane, con esperienze anche in Francia, Inghilterra e Grecia), Angelo Calabrese è, oppure è stato, fondatore del giornale Service, nonché collaboratore del Gazzettino di Napoli e Direttore Responsabile di numerose riviste d’arte, tra cui V.O.G.U.T. 5; e poi Direttore scientifico dell’Accademia Vesuviana di tradizioni Etnostoriche (nel cui archivio vivono moltissime sue opere), Direttore della Biennale d’arte contemporanea di Salerno, autore di trentasei titoli con l’editore Rubino, redattore della rivista svizzera di arte internazionale Futuro. E’ stato, altresì, il primo in Italia (assieme a Di Bartolomeo e Capri) a far pubblicare all’editore Sistina (Torino) l’opera in due volumi di tutti gli artisti degli anni Sessanta-Settanta con le valutazioni di mercato (“gli altri sono venuti dopo”). Ha coordinato numerose iniziative, come l’indagine archeologica a Pompei sulla “porta di Eumachia”, condotta assieme ad altri studiosi, nella comprensione del simbolo e dell’interpretazione di miti e riti. Ricordiamo, inoltre, il monumentale lavoro con Pianeta Stelle, tradotto in lingua inglese e di successo internazionale, nella raccolta dei maggiori e storici alberghi di tutto il mondo: si tratta dello studio dell’albergo come concretizzazione della cultura dell’accoglienza di un popolo e nel rapporto tra “albergo e opere d’arte” quanto riescono ad essere una cosa sola.
Doveroso, anche se rapidissimo, uno “sguardo” alla sua formazione.
Il Professore Calabrese non ha esitazioni a riconoscere che: «I miei maestri sono la mia ricchezza. Loro mi hanno dato quello che ho. Devi saper imparare per poter comunicare. Ecco la necessità di avere un grande maestro».
Il giovane Calabrese è immerso in studi giuridici, socio-psicologici e letterari. E’ allievo dell’immenso Giuseppe Toffanin e di Salvatore Battaglia. Inoltre segue con illuminata attenzione le lezioni del geniale economista Giuseppe Palomba (nato a San Nicola la Strada e tra i massimi scienziati italiani del Novecento): «Le lezioni di economia politica erano stupide quando non fatte da Giuseppe Palomba. Il niente dà il niente».
Il tentativo di stabilire un odine di idee e di concetti utili al parziale inquadramento di un uomo complesso e dal pensiero altrettanto ricco e strutturato, ci porta, necessariamente, ad argomentare di “metodo e pensiero”.
Per quanto riguarda il primo, il Prof. Calabrese segue «una linea estetica da ermeneuta», con grande attenzione alla prossemica: «La cultura è spazio che comunica e la tradizione è aria che si respira. Sono cose che cambiano la visione esistenziale. Capire e cambiare. E’ il modo di esser-ci e appartener-ci. Senza appartenenza e senza comunicazione… si è perso solo tempo». Si tratta di una indagine a tutto tondo, psicologica, dell’industria, artistica, sociologica e antropologica.
Calabrese si pone l’autentico problema culturale, in cui tutto parte e termina con la comprensione dell’Uomo: «Il mio è Umanesimo. Sono erasmiano, l’importanza di come si deve comportare un governante».
Il “Pensiero”. La linea adottata dal critico è nel contempo “d’arte e letteraria”, senza mai dividere le due dimensioni, rapportando tutto al sociale. Di fatto si è creato un nuovo campo di studio, vasto e complesso, in cui gli altri ricercatori: «difficilmente riescono a metterci piede» (senza inciampare). Il Professore così prosegue: «Io non separo le problematiche estetiche e culturali dal sociale -continua il Professore- e quindi anche l’attenzione psicologica la vado a verificare nel campo economico».
In questo percorso artistico e filosofico si arriva anche all’analisi dell’industria alimentare: «Cerco di capire il divenire dell’industria attraverso la pubblicità, quando ancora artistica, quando disegnata. Nella storica pubblicità della Pasta Diva si vede il grano che nutre una madre, che nutre a propria volta il bambino. E’ simbolismo. Man mano che la pubblicità cambia, cambia qualcos’altro. E’ indice di un qualcosa di profondo. Cambia la percezione, cambia l’idea nel corso del godimento visivo».
Altri esempi vengono mossi in direzione dei manifesti dell’Italia Agricola e della Battaglia del grano.
L’ultima attività dell’eccellentissimo critico nostro multiforme concittadino è datata 29 gennaio 2017, assieme al Dott. Luciano Guelfi (giornalista parlamentare, Rai 2), con gli “artigiani di ieri e di oggi” della città di Aversa (ideatore, Antonio Della Volpe). Il suo prossimo appuntamento, invece, sarà a Napoli, a Castel dell’Ovo.
Antonio Dentice d’Accadia
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