Si va spegnendo come un moccolo di candela giunto al suo ultimo centimetro di cera il servizio postale pubblico italiano di San Nicola, la città che amo. La corrispondenza postale non viene più recapitata da settimane, il ricambio di postini avviene su base trimestrale e fra un ricambio e l'altro uno iato anche di settimane. Avete ricevuto la "letterina della RAI"? Sono arrivate le ultime bollette luce-telefono-gas? Il PIN del bancomat? La rivista in abbonamento? Almeno a casa mia, no. E che dire del sistema dei numeri di turno allo sportello, che sarebbe una forma di grandissima civiltà se non fosse che o è rotto o non funziona in modo sincrono con le attività degli impiegati allo sportello. Maledetta tecnologia aerospaziale! Questa lenta agonia sta trascinandosi dietro un'intera popolazione, quella casertana. Sì, perché da altre parti (sempre al di qua delle Alpi, del Po e del Garigliano) sembra che le cose funzionino in modo decente (non dico ottimale). La diagnosi consta di due patologie primarie e di una secondaria.
La prima.
Incapacità gestionale. Si tratta di una malattia che colpisce solo ed esclusivamente i cosiddetti dirigenti. Chi ha provato a chiedere spiegazioni all'ufficio postale, innanzitutto si trova di fronte una persona priva di tesserino identificativo e che non osa rispondere col proprio nome e cognome all'interlocutore. Sarà veramente il dirigente? Fidiamoci! Comunque, un dirigente che risponde in sostanza "e io che ci posso fare?" non è uno che dirige, che dà una direzione e che guida un ufficio. Non è un dirigente. E' uno che al più segue i binari tracciati da qualcun altro, privo di una qualsiasi forma di autonoma intraprendenza e di efficace comando. Un banale impiegato, quindi, altro che dirigente!
La seconda.
Incapacità di controllo e pianificazione. Ammesso che il suddetto dirigente sia passato illeso dalla precedente patologia, avrebbe il dovere (non solo morale) di pianificare e controllare l'operato dei non-dirigenti, ovvero degli impiegati che afferiscono al suo ufficio in modo che le attività siano non dico conformi ai regolamenti, ma per lo meno a livelli di decenza. Non solo verso i postini, sia chiaro. Ma anche loro. Le Poste sono un ente pubblico, nel senso che è sì una SPA, ma controllata al 100% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. I meccanismi di controllo e pianificazione quindi esistono (è una SPA, accidenti!) ma non c'è chi li mettere in funzione. Non c'è chi controlla. Non c'è responsabilità. Come in tante, troppe "cose italiane".
La patologia secondaria affligge invece noi cittadini. La sonnolenza. Quella mentale intendo. Quella che ti fa dire (come il direttore dell'ufficio postale) "e io che ci posso fare?". Quella che ti fa cercare le scorciatoie, le alternative e ogni altro tipo di mezzo per aggirare il problema invece di risolverlo. Non posso che essere contento che si apra un ufficio di servizi postali privati. Un'impresa in più è certamente una cosa positiva, in assoluto. Ma se poi dovesse chiudere o attraversare vicissitudini negative, cosa potremmo mai fare? Recapitare la posta a mano di persona? Andare a Caserta o a Maddaloni sperando in una situazione sostanzialmente diversa? Non mi faranno lo sconto sulla spedizione perché ho dovuto immergermi nel traffico. Questo è certo.
E' ora di finirla, anonimo direttore dell'ufficio postale, con questa passiva inattività. E' ora di fare il DIRETTORE, onori e oneri.

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Vincenzo Romano, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
9/2/2011